Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8576 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8576 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE nonché COGNOME NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrenti
–
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ; – controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale degli Abruzzi, sez. staccata di Pescara, n. 102/16 depositata il 28 gennaio 2016.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Si dà atto che il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RILEVATO CHE
L’Agenzia contestava alla società ricorrente un’operazione inesistente (acquisto di un escavatore da Uniprom s.r.l.) con conseguente rideterminazione del reddito d’impresa (anno
Operazioni oggettivamente soggettivamente inesistenti.
o
d’imposta 2006) e recupero di maggiori imposte (IRES, IRAP e IVA). Venivano altresì emessi avvisi di accertamento a carico dei singoli soci per il recupero degli utili extra-contabili dagli stessi percepiti proporzionalmente. La CTP accoglieva i ricorsi proposti dalla società e dai soci e la CTR, adìta dall’Agenzia in sede d’appello, accoglieva invece il gravame.
I contribuenti propongono così ricorso in cassazione affidato a tre motivi, mentre l’Agenzia resiste a mezzo di controricorso.
CONSIDERATO CHE
Col primo motivo si deduce omesso esame di fatti decisivi consistenti negli elementi connotanti l’acquisto del bene e negli elementi presuntivi acquisiti da cui si trarrebbe la prova dell’assenza di collusione con la venditrice o della negligenza della CO.GE.DIT.
1.1. Il motivo è infondato. Esso parte dal presupposto che la CTR abbia accertato nella compravendita dell’escavatore un’operazione soggettivamente inesistente. Orbene la pronuncia si fonda invece sulla natura oggettivamente inesistente dell’operazione, indicando come in tal caso vada distribuito l’onere della prova, ed in particolare quello gravante sul contribuente, che deve dimostrare infatti l’esistenza dell’operazione, senza che a tal fine rilevi l’esibizione della fattura, la regolarità formale delle scritture o dei mezzi di pagamento.
Non solo, tale inquadramento presupposto dall’intiera pronuncia, nonostante in effetti vi siano degli impropri riferimenti che evocano la natura soggettivamente inesistente ma non determinanti e non attinenti alla ratio decidendi, emerge letteralmente in più parti della pronunzia impugnata, e precisamente laddove essa: riporta (nella propria premessa) la tesi dell’Agenzia secondo cui ‘l’operazione non è mai stata posta in essere’ (inesistenza oggettiva), e tanto ritiene confermato dalla ‘irragionevolezza economica’ (pag. 3); dichiara quindi di aderire
all’impostazione suddetta, rilevando che ‘l’Ufficio ha fornito una serie di elementi a supporto delle argomentazioni afferenti la inesistenza delle operazioni poste in essere’ (pag. 4); ribadisce ‘la evidente fittizietà delle operazioni circostanze queste provate e riscontrate dai verbalizzanti’ (pag. 5), in particolare sottolineando quindi la fittizietà delle operazioni (piano oggettivo) e non della controparte (piano soggettivo).
La CTR ha dunque valorizzato gli elementi indiziari portati dall’Agenzia, come detto, esplicitamente, tra cui il fatto che il mezzo venne ‘venduto’ per un valore doppio rispetto al reale (circostanza riportata nella parte ‘svolgimento del processo’, e poi appunto valorizzata anch’essa tramite il richiamo degli elementi portati dall’Agenzia), oltre all’irrilevanza degli elementi portati dai ricorrenti e ritenuti tali dalla giurisprudenza come riportato sopra.
Tutto ciò dimostra che la CTR non ha affatto omesso di esaminare i fatti portati dalle parti, ed in particolare dai ricorrenti, ma sulla base delle premesse tratte dai precedenti giurisprudenziali citati, li ha ritenuti irrilevanti o confutati (come nel caso dell’entità del prezzo) ai fini della prova dell’oggettiva esistenza dell’operazione.
Col secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729, c.c., 54, d.p.r. n. 633/72 in materia di operazioni soggettivamente inesistenti.
2.1. Il motivo è inammissibile perché non si confronta, per quanto già indicato al paragrafo precedente, con la pronuncia impugnata, presupponendo lo stesso erroneamente che la stessa sia basata sulla qualifica dell’operazione come soggettivamente inesistente, mentre invece essa si basa sulla qualificazione della stessa come oggettivamente inesistente.
E’ dunque il motivo che, equivocando sulla ratio della pronuncia, non si confronta con la stessa.
Col terzo mezzo si denuncia violazione dell’art. 41 -bis, d.p.r. n. 600/1973, in relazione all’art. 39, stesso decreto.
3.1. Il motivo è inammissibile, in quanto non rende ragione comprensibile del fatto che l’accertamento sia stato basato su elementi acquisiti dall’ufficio aliunde, si basa su un richiamo generico contenuto nella memoria di costituzione in appello (cfr. il tenore a pag. 27 del ricorso) e non trova alcun riscontro nella sentenza impugnata, oltre a fondarsi, ancora una volta, sull’equivoco circa la natura dell’operazione come qualificata dalla CTR.
Era comunque onere della parte ricorrente riprodurre le contestazioni proposte in sede di appello, almeno riassumendone il contenuto essenziale.
I n ogni caso, la mera circostanza che l’Agenzia recepisca indizi (come dati contabili o movimentazioni bancarie) dalle verifiche operate dalla Guardia di Finanza, ad esempio, non le preclude di trarre dagli stessi elementi da porre a base, a seconda dei casi, di presunzioni semplici o legali previste dalle singole disposizioni di legge.
Il ricorso deve dunque essere respinto, con aggravio di spese in capo ai ricorrenti soccombenti.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte respinge il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese che liquida in € 5.600,00 oltre spese prenotate a debito.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2025