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Operazione elusiva: quando è legittimo risparmio?

La Corte di Cassazione interviene sul tema dell’operazione elusiva, analizzando un caso di cessione di partecipazioni societarie tramite una società holding. L’Agenzia delle Entrate aveva contestato la manovra, ritenendola un abuso del diritto finalizzato a un risparmio fiscale indebito. La Suprema Corte ha cassato la decisione di merito, stabilendo che la scelta di un percorso fiscalmente più vantaggioso non costituisce automaticamente un’operazione elusiva, se l’operazione persegue un reale obiettivo economico. Spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare in modo specifico la natura artificiosa dell’operazione e l’assenza di sostanza economica.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazione Elusiva: La Cassazione Traccia i Confini tra Risparmio Fiscale Legittimo e Abuso

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 12823 del 10 maggio 2024, offre un’importante chiave di lettura sulla complessa distinzione tra pianificazione fiscale legittima e operazione elusiva. Questo intervento chiarisce i presupposti necessari affinché l’Amministrazione Finanziaria possa contestare un’operazione come abuso del diritto, sottolineando l’importanza della sostanza economica e la corretta ripartizione dell’onere della prova. Il caso analizzato riguarda una cessione di partecipazioni societarie effettuata attraverso passaggi intermedi, una pratica spesso al centro di contenziosi tributari.

I Fatti del Caso: Una Cessione di Quote Sotto la Lente del Fisco

La vicenda ha origine dalla decisione di due soci di una società di capitali di cedere la loro quota di partecipazione del 40% a un soggetto terzo. Anziché procedere con una vendita diretta, l’operazione è stata strutturata in più fasi:

1. Primo Passaggio: I due soci persone fisiche hanno ceduto le loro quote a una società finanziaria (holding) facente parte dello stesso gruppo societario.
2. Secondo Passaggio: La holding finanziaria ha successivamente ceduto la stessa partecipazione alla società acquirente finale, esterna al gruppo.

L’Agenzia delle Entrate ha ritenuto questa sequenza di atti una operazione elusiva ai sensi dell’art. 37-bis del d.P.R. n. 600/1973. Secondo il Fisco, l’unico scopo di questa costruzione era ottenere un indebito vantaggio fiscale, aggirando la tassazione che sarebbe derivata da una cessione diretta dai soci persone fisiche all’acquirente finale. Di conseguenza, l’Agenzia ha emesso avvisi di accertamento sia nei confronti della società (per recuperare un credito d’imposta ritenuto non spettante) sia nei confronti dei soci (per tassare i redditi da capitale come se i dividendi fossero stati distribuiti a loro direttamente).

La Decisione della Corte di Cassazione e l’onere della prova nell’operazione elusiva

Dopo un percorso giudiziario altalenante, con una decisione di primo grado favorevole ai contribuenti e una di secondo grado favorevole all’Agenzia, la questione è giunta in Cassazione. La Suprema Corte ha accolto i motivi principali del ricorso dei contribuenti, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo esame.

Il fulcro della decisione risiede nel principio secondo cui non basta che un’operazione produca un risparmio d’imposta per qualificarla come elusiva. È necessario che l’Amministrazione Finanziaria dimostri in modo puntuale e specifico la sussistenza di tutti i presupposti dell’abuso del diritto.

Le Motivazioni: Sostanza Economica e Indebito Vantaggio Fiscale

La Corte ha censurato la decisione dei giudici d’appello per la sua genericità. Secondo gli Ermellini, la Commissione Tributaria Regionale si era limitata a condividere la tesi dell’Ufficio, secondo cui l’unica via “fisiologica” sarebbe stata la cessione diretta, senza però analizzare in concreto gli elementi costitutivi dell’elusione.

I principi chiave ribaditi dalla Cassazione sono i seguenti:

* Necessità di una Costruzione Artificiosa: L’elusione si configura in presenza di una “costruzione di puro artificio”, priva di sostanza economica, posta in essere al solo scopo di eludere l’imposizione.
* Onere della Prova a Carico del Fisco: Spetta all’Agenzia delle Entrate dimostrare non solo il disegno elusivo, ma anche le modalità concrete con cui gli schemi negoziali sono stati manipolati per raggiungere un risultato fiscale anomalo.
* Libertà di Scelta del Contribuente: Un’operazione che raggiunge un obiettivo economico reale (in questo caso, l’uscita della partecipazione dal gruppo) non può essere considerata elusiva solo perché il contribuente ha scelto, tra le varie opzioni possibili, quella fiscalmente meno onerosa. Il risparmio d’imposta è illecito solo se è il frutto di un aggiramento di norme e principi dell’ordinamento, non della semplice scelta di un percorso più efficiente.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che non fosse stato adeguatamente provato come la sequenza di cessioni si fosse concretizzata in un indebito risparmio d’imposta e, quindi, in un’illecita operazione elusiva.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Imprese e Contribuenti

La sentenza rappresenta un importante baluardo a tutela della libertà di iniziativa economica e della pianificazione fiscale. Le conclusioni che possiamo trarre sono chiare: la lotta all’abuso del diritto non può tradursi in una penalizzazione della scelta dell’opzione fiscalmente più efficiente, a patto che questa sia supportata da valide ragioni economiche e non si risolva in un mero artificio. Per le imprese e i consulenti, questa pronuncia rafforza la necessità di documentare sempre le ragioni extrafiscali che sottendono le operazioni societarie complesse, al fine di poter validamente contrastare eventuali contestazioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria. L’onere di provare l’abuso resta saldamente in capo al Fisco, che non può basare le proprie pretese su ricostruzioni generiche o apodittiche.

Quando un’operazione fiscalmente vantaggiosa è considerata un’operazione elusiva?
Un’operazione è considerata elusiva quando è una costruzione di puro artificio, priva di sostanza economica, realizzata al fine di eludere l’imposizione e che contrasta con l’obiettivo e la finalità delle disposizioni fiscali. La semplice scelta di un’operazione fiscalmente meno onerosa per raggiungere un reale obiettivo economico non costituisce di per sé elusione.

A chi spetta l’onere di provare che un’operazione è elusiva?
L’onere di provare l’esistenza del disegno elusivo e le modalità di manipolazione degli schemi negoziali grava sull’Amministrazione Finanziaria. Una volta fornita questa prova, spetta al contribuente dimostrare l’esistenza di ragioni economiche alternative e non marginali che giustifichino l’operazione.

La scelta dell’operazione fiscalmente meno onerosa è sempre vietata?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che la scelta, tra più operazioni volte ad assicurare una finalità economica, di quella che garantisce il trattamento fiscalmente meno oneroso costituisce un legittimo risparmio d’imposta, a condizione che ciò non culmini in un risparmio d’imposta illecito e che l’operazione non sia priva di sostanza economica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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