LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Onere prova operazioni inesistenti: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8716/2025, ha rigettato il ricorso di una società edile, consolidando il principio sull’onere della prova operazioni inesistenti. L’Amministrazione Finanziaria deve fornire elementi presuntivi (es. fornitore è una ‘società cartiera’) per dimostrare la fittizietà delle fatture. Successivamente, spetta al contribuente fornire la prova concreta dell’effettiva esecuzione delle prestazioni, non essendo sufficienti le sole fatture o le prove di pagamento.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere prova operazioni inesistenti: la Cassazione fa chiarezza

La questione dell’onere della prova operazioni inesistenti è un tema cruciale e ricorrente nel contenzioso tributario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi fondamentali che regolano la ripartizione di tale onere tra Fisco e contribuente, offrendo importanti spunti di riflessione per le imprese. La decisione sottolinea come, a fronte di seri indizi di fittizietà presentati dall’Amministrazione finanziaria, la semplice esibizione della fattura non sia sufficiente per il contribuente a dimostrare la veridicità dell’operazione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da avvisi di accertamento notificati a una società operante nel settore edile. L’Agenzia delle Entrate contestava la deduzione di costi e la detrazione dell’IVA relative a fatture emesse da due diverse società fornitrici, ritenute mere ‘società cartiere’. Secondo il Fisco, le operazioni documentate da tali fatture erano oggettivamente inesistenti, ovvero mai state realmente eseguite.

La società contribuente aveva ottenuto una prima vittoria presso la Commissione Tributaria Provinciale, ma la decisione era stata ribaltata in appello dalla Commissione Tributaria Regionale, che aveva dato ragione all’Amministrazione Finanziaria. I rappresentanti della società hanno quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando, tra le altre cose, una violazione delle regole sulla ripartizione dell’onere della prova.

La Decisione della Cassazione e l’onere della prova operazioni inesistenti

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del contribuente, confermando la decisione di secondo grado e cogliendo l’occasione per consolidare il proprio orientamento in materia di onere della prova operazioni inesistenti.

I giudici hanno stabilito che il procedimento logico seguito dalla Commissione Regionale era pienamente coerente con i criteri di ripartizione dell’onere probatorio. La Corte ha chiarito che non è richiesta una prova ‘diabolica’ al Fisco; è sufficiente che l’Ufficio fornisca elementi indiziari, purché gravi, precisi e concordanti, per dimostrare che l’operazione fatturata non è mai stata effettuata. Una volta che l’Amministrazione ha assolto a questo compito, la palla passa al contribuente.

Il ruolo degli indizi forniti dal Fisco

Nel caso di specie, l’Agenzia aveva efficacemente dimostrato che le società fornitrici presentavano le caratteristiche tipiche delle ‘cartiere’: erano prive di mezzi, macchinari e personale, non presentavano bilanci né dichiarazioni fiscali e compensavano i versamenti previdenziali con crediti fiscali inesistenti. Questi elementi sono stati ritenuti sufficienti a costituire una prova presuntiva dell’inesistenza delle operazioni.

La prova richiesta al contribuente

Di fronte a un quadro indiziario così solido, il contribuente avrebbe dovuto dimostrare l’effettiva esistenza delle prestazioni. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: tale prova non può consistere nella mera esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili e dei pagamenti. Questi documenti, infatti, sono facilmente falsificabili e vengono normalmente utilizzati proprio per dare una parvenza di realtà a un’operazione fittizia.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un’interpretazione consolidata dell’art. 2697 del Codice Civile. L’Amministrazione Finanziaria, che contesta la deduzione di un costo, deve provare i fatti che ne dimostrano l’indebita deduzione. Questo può avvenire anche tramite presunzioni. Se il Fisco dimostra che il fornitore è una società ‘fantasma’, si crea una presunzione forte che anche le operazioni fatturate da tale soggetto siano fittizie.

A questo punto, l’onere probatorio si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve superare la presunzione fornendo la prova contraria, ovvero la prova che la prestazione è stata effettivamente e realmente eseguita. Nel caso esaminato, la documentazione prodotta dal contribuente è stata giudicata non solo insufficiente, ma anche contraddittoria. Ad esempio, le fatture di una delle società fornitrici si riferivano a lavori che sarebbero stati eseguiti mesi dopo la data ufficiale di ultimazione dell’immobile, un’incongruenza che ha ulteriormente minato la credibilità della difesa.

Conclusioni

La decisione in commento conferma che la lotta all’evasione fiscale tramite fatture false si gioca in gran parte sul campo della prova. Per le imprese, il messaggio è chiaro: non basta pagare una fattura e registrarla in contabilità per essere al sicuro da contestazioni. È fondamentale attuare procedure di due diligence sui propri fornitori e conservare ogni documentazione idonea a dimostrare, in caso di controllo, non solo l’aspetto formale ma soprattutto la sostanza e l’effettività delle operazioni economiche. In un contenzioso sull’onere della prova operazioni inesistenti, la capacità di fornire prove concrete e materiali dell’avvenuta prestazione diventa l’unica vera ancora di salvezza per il contribuente.

In caso di accertamento per operazioni oggettivamente inesistenti, su chi ricade l’onere della prova?
L’onere della prova è ripartito: inizialmente, spetta all’Amministrazione Finanziaria fornire elementi indiziari gravi, precisi e concordanti che facciano presumere l’inesistenza dell’operazione (ad esempio, dimostrando che il fornitore è una ‘società cartiera’). Una volta fornita questa prova presuntiva, l’onere si sposta sul contribuente, che deve dimostrare l’effettiva esecuzione della prestazione.

Per il contribuente è sufficiente esibire la fattura e la prova del pagamento per dimostrare l’esistenza di un’operazione contestata?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte di Cassazione, la fattura e la documentazione contabile relativa al pagamento sono elementi facilmente falsificabili e spesso utilizzati proprio per simulare la realtà di un’operazione fittizia. Il contribuente deve fornire prove concrete e materiali che vadano oltre la mera documentazione formale.

Cosa deve fare l’Amministrazione Finanziaria per assolvere al proprio onere probatorio iniziale?
L’Amministrazione Finanziaria può basarsi su presunzioni semplici, purché siano gravi, precise e concordanti. Ad esempio, è considerato sufficiente dimostrare che la società emittente delle fatture è una ‘società cartiera’, ossia un’entità priva di una reale struttura organizzativa e operativa (mezzi, personale, sede, ecc.), per far sorgere la presunzione di inesistenza delle operazioni fatturate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati