Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8716 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8716 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2031/2023 R.G. proposto da : COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliate in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentate e difese dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA LOMBARDIA MILANO n. 3486/2022 depositata il 13/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/01/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con separati ricorsi alla Commissione Tributaria Provinciale di Pavia, la società RAGIONE_SOCIALE impugnava l’avviso di accertamento n. T9V03F801195/2019 per l’anno d’imposta 2013 e l’avviso n. T9VF801340/2019 per l’anno d’imposta 2014 con i quali l’ufficio accertava costi fittizi per euro 121.054 (a.i. 2013) e per euro 505.169,00 (a.i. 2014) oltre sanzioni e relativi interessi, nonché l’avviso di accertamento n. T9V07F801394 per l’anno d’imposta 2014 con cui l’ufficio accertava maggiori ritenute per euro 13.124,00 oltre sanzioni e interessi.
In particolare, a seguito di verifica fiscale condotta da RAGIONE_SOCIALE di Voghera, l’Ufficio procedeva a un controllo della posizione fiscale della società approfondendo i rapporti commerciali intercorsi tra la RAGIONE_SOCIALE e le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE a seguito dei quali evidenziava l’indebita contabilizzazione di costi riconducibili a fatture per operazioni oggettivamente inesistenti e la conseguente occulta distribuzione di utili non tassati.
La Società RAGIONE_SOCIALE cessata l’8 maggio 2017 e cancellata il 12 maggio 2017, operava in campo immobiliare svolgendo attività di costruzione di immobili per conto terzi.
La Commissione Tributaria Provinciale di Pavia, con sentenza n. 409/2020, depositata il 19 novembre 2020, accoglieva i ricorsi riuniti proposti dalla società.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto appello, che è stato accolto dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.
Il ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME in qualità di trustee del trust NOME trust, e di NOMECOGNOME è affidato a quattro motivi ed è illustrato con memoria. L’Agenzia resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità del controricorso dell’Agenzia, eccepita dalla ricorrente in memoria illustrativa.
L’art. 370 c.p.c. postula il deposito del controricorso entro il termine perentorio di quaranta giorni dalla notificazione del ricorso. Nella specie, tuttavia, a fronte della notificazione in parola perfezionatasi in data 25 gennaio 2023, l’ Avvocatura dello Stato ha provveduto a depositare il controricorso soltanto in data 6 dicembre 2023, ben oltre la scadenza del termine perentorio contemplato dal citato art. 370 c.p.c.
Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c. e dell’art. 7, c. 5 -bis , d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., avendo la CTR violato ‘ i criteri di riparto dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., addebitando l’onere della prova alla parte contribuente nonostante non si potesse ritenere raggiunta, da parte dell’Agenzia, la prova dell’oggettiva inesistenza delle operazioni ‘; la CTR, inoltre, ha ‘ violato l’art. 2697 c.c., laddove non ha ritenuto assolto dalla contribuente l’onere di dimostrare l’oggettiva esistenza delle operazioni, e l’art. 7, c. 5- bis, D.Lgs. n. 546/1992, laddove ha ritenuto fondati avvisi di accertamento basati solo su elementi indiziari inidonei, di per sé, ad assurgere al rango di prova ‘.
Il motivo è infondato.
La Commissione regionale ha diffusamente motivato in punto di inesistenza oggettiva delle operazioni, in particolare evidenziando che ‘ la Corte di Cassazione, è intervenuta con plurime sentenze, da ultima n. 21733 del 29 luglio 2021, ribadendo che l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare che l’operazione in fattura non è mai stata effettuata. Ma il contribuente deve dimostrarne l’effettiva esistenza con una prova che vada oltre la
regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento. Dunque, nel caso in cui l’Ufficio ritenga che la fattura concerna operazioni oggettivamente inesistenti, ossia sia mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere, e quindi, contesti anche l’indebita detrazione dell’I.V.A. e la deduzione dei costi, ha l’onere di provare che l’operazione fatturata non è mai stata effettuata, indicando, a tal fine, elementi anche indiziari (Cass. n.20059 del 24/9/2014; n. 15741 del 19/9/2012; n. 27718 del11/12/2013; n. 9363 del 8/5/2015; nello stesso senso C. Giust. 6 luglio 2006, C- 439/04; 21 febbraio 2006, C- 255/02; 21 giugno 2012, C. 80/11); a quel punto passerà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate. Tale prova non può tuttavia consistere nella esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poiché questi sono facilmente falsificabili o vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. n.6865/2019; n. 17619 del 5/7/2018; n. 5406 del 18/3/2016; n. 18118 del 14/9/2016; n.28683/15; n. 428 del 14/1/2015; n. 12802 del 10/6/2011; n. 15228 del 3/12/2001). Nel caso in esame, L’ufficio ha contestato le operazioni effettuate con le società RAGIONE_SOCIALE e con la RAGIONE_SOCIALE in quanto oggettivamente inesistenti. L’ufficio quanto alla società RAGIONE_SOCIALE evidenziava che la compagine societaria presentava le tipiche caratteristiche di una società cartiera, era priva di mezzi, macchinari e di personale, i DURC presentati erano successivi alla stipula dei contratti di subappalto ed i versamenti previdenziali come da F24 prodotti dall’ufficio venivano compensati con crediti IRAP per i quali l’ufficio provava esistenza a carico della RAGIONE_SOCIALE di una partita di ruolo di complessivi € 372.245,60. Quanto alla RAGIONE_SOCIALE la società non aveva mai presentato bilanci né dichiarazioni fiscali e i versamenti relativi ai contribuiti previdenziali e delle ritenute su
redditi di lavoro dipendente erano stati regolati mediante compensazione di crediti IVA e IRES inesistenti. La commissione ritiene che gli elementi indiziari adotti dall’ufficio siano connotati da gravità, precisioni e concordanza, avendo dunque assolto l’ufficio l’onere della prova e dunque il contribuente avrebbe dovuto provare l’esistenza delle operazioni contestate. Dalla documentazione prodotta dall’appellante si rileva invece che: 1. il contratto di appalto del 2011 relativo alla realizzazione dell’edificio in INDIRIZZO risulta stipulato tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE quale appaltatrice e all’art. 7 vieta di subappaltare i lavori nella loro totalità consentendo il sub appalto di eventuali parti di opere o lavorazioni particolari subordinando tale possibilità ad una specifica richiesta in forma scritta. Non si rileva dalla documentazione in atti che la RAGIONE_SOCIALE abbia avanzato una richiesta in tal senso; 2. la dichiarazione di conformità dei ponteggi del 2011 relativa al Cantiere di INDIRIZZO riguarda la società RAGIONE_SOCIALE; 3. la comunicazione di maggio 2013 della RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE riguarda la conferma delle opere edili di manutenzione per il cantiere di INDIRIZZO e prevede una richiesta scritta in caso di sub appalto documentazione non risultante agli atti; 4. dichiarazione di fine lavori e la richiesta del certificato di agibilità riportano con riferimento all’immobile in INDIRIZZO la data di ultimazione del 23/04/2013 mentre le fatture della RAGIONE_SOCIALE si riferiscono a lavori che sarebbero stati eseguiti nei mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre 2013 dunque successivi alla data dichiarata di ultimazione dei lavori. 5. Contratto di subappalto tra RAGIONE_SOCIALE (sub appaltatore) e la RAGIONE_SOCIALE relativo alla realizzazione edificio INDIRIZZO Seregno del 1/02/2012 ed il contratto di fornitura e posa in opera del 9/02/2012 stipulato sempre tra RAGIONE_SOCIALE (appaltatore) e la RAGIONE_SOCIALE relativo al suddetto cantiere prevedono il consenso scritto della Co.e.mi per subcontratti o lavori eseguiti da terzi, pena la risoluzione di diritto
del contratto. Tale documentazione non risulta prodotta. Non vi è dunque alcuna evidenza che le prestazioni siano state materialmente eseguite dalla RAGIONE_SOCIALE e quanto alle operazioni contestate effettuate con la RAGIONE_SOCIALE l’appellante non produce alcuna documentazione ‘.
Questa Corte ha condivisibilmente affermato che quando le riprese attengono ad operazioni oggettivamente inesistenti, come nel caso di specie, una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l’emittente è una “cartiera” o una società “fantasma”) dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. n. 17619 del 2018; Cass. n. 26453 del 2018).
In tema di IVA, l’onere della prova relativa alla presenza di operazioni oggettivamente inesistenti è a carico dell’Amministrazione finanziaria e può essere assolto mediante presunzioni semplici, come l’assenza di una idonea struttura organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze), mentre spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. n. 9723 del 2024; Cass. n. 28628 del 2021).
Il procedimento logico-valutativo seguito dalla Commissione tributaria regionale è pienamente coerente con i criteri di ripartizione dell’onere probatorio.
Con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza per mancanza del requisito della motivazione di cui agli artt. 111, c. 6, Cost.; 36, c. 2, D.lgs. n. 546/1992; 132, c. 2, n. 4), c.p.c., in relazione all’art. 360, c. 1, n. 4) c.p.c.; si stigmatizza la motivazione apparente della sentenza, avendo la Commissione fornito una motivazione incentrata sull’inesistenza soggettiva delle operazioni, ancorché si trattasse ‘ di decidere in ordine all’inesistenza oggettiva delle operazioni ‘.
Il motivo non coglie nel segno e va disatteso.
La sentenza ben lascia cogliere la propria ratio decidendi . Va, inoltre, rammentato che non sono ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. n. 7090 del 2022; Cass. n. 22598 del 2018).
Con il terzo motivo di ricorso si adombra la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, c. 1, n. 3), c.p.c., per avere la CTR violato il principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c., non avendo posto a fondamento della decisione un fatto non contestato, ossia l’esistenza degli immobili.
Il motivo è inammissibile.
Esso richiede una rivisitazione del merito, attraverso la valorizzazione di un elemento recessivo nell’apprezzamento compiuto dal giudice di merito.
Come chiarito da questa Corte spetta unicamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante (Cass., 13 giugno 2014, n. 13485; Cass., 15 luglio 2009, n. 16499).
Con il quarto motivo di ricorso si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 D.P.R. n. 917/1986 e dell’art. 5 D.Lgs. n. 446/1997, in relazione all’art. 360, c. 1, n. 3), c.p.c., per avere la CTR ‘ negato la deduzione ai fini Irpef e Irap di costi esistenti e dotati di tutti i requisiti previsti dagli artt. 109 D.P.R. n. 917/1986 e 5 D.Lgs. n. 446/1997 ai fini della deduzione, così violando tali norme’ .
Il motivo è infondato.
È principio sedimentato quello per cui ‘ In tema di imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 14, comma 4-bis, della l. n. 537 del 1993 nella formulazione introdotta con l’art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 44 del 2012 – l’acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, anche nell’ipotesi in cui sia consapevole del loro carattere fraudolento, salvi i limiti derivanti, in virtù del d.P.R. n. 917 del 1986, dai principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità, mentre è
esclusa la deducibilità dei costi delle operazioni oggettivamente inesistenti ‘ (Cass. n. 8480 del 2022; Cass. 4645 del 2020).
In ultima analisi, va rigettato il ricorso principale. In ragione dell’inammissibilità del controricorso non v’è luogo per liquidazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale. Nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 15/01/2025.