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Onere prova operazioni inesistenti: Cassazione chiarisce

Una società metalmeccanica ha impugnato un avviso di accertamento per costi ritenuti indeducibili derivanti da operazioni oggettivamente inesistenti. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la decisione di merito per errata applicazione delle regole sull’onere della prova operazioni inesistenti. È stato chiarito che spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare in primis che la società fornitrice è una ‘cartiera’, un onere che il giudice di merito aveva erroneamente invertito, ponendolo a carico del contribuente. La causa è stata rinviata per un nuovo esame.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova per Operazioni Inesistenti: La Cassazione Fa Chiarezza

Con l’ordinanza n. 12895/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema centrale del diritto tributario: l’onere della prova per operazioni inesistenti. La decisione chiarisce in modo netto la ripartizione degli obblighi probatori tra Amministrazione Finanziaria e contribuente, ribaltando una sentenza di merito che aveva erroneamente invertito tale riparto.

Il Caso: Accertamento Fiscale per Costi Indeducibili

Una società operante nel settore metalmeccanico si è vista notificare un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava la deducibilità di costi e la detraibilità dell’IVA relativi a fatture emesse da due fornitori. Secondo l’Amministrazione, si trattava di operazioni oggettivamente inesistenti, ovvero di prestazioni mai realmente eseguite, per un valore di oltre 3,6 milioni di euro.

Sia in primo che in secondo grado, i giudici tributari avevano dato ragione al Fisco, ritenendo legittimo l’accertamento. La società, tuttavia, ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando, tra le altre cose, la violazione delle norme sulla ripartizione dell’onere probatorio.

La Cruciale Differenza tra Inesistenza Oggettiva e Soggettiva

Per comprendere la portata della decisione, è fondamentale distinguere due tipologie di frode fiscale:

1. Inesistenza Oggettiva: la transazione fatturata non è mai avvenuta. Non c’è stata alcuna consegna di beni o prestazione di servizi.
2. Inesistenza Soggettiva: la transazione è realmente avvenuta, ma uno dei soggetti indicati in fattura è fittizio o diverso da quello reale. Tipicamente, la merce viene fornita da un soggetto X, ma la fattura viene emessa da una società ‘cartiera’ Y.

Questa distinzione non è puramente teorica, ma ha conseguenze dirette sulla ripartizione dell’onere della prova.

L’onere della prova nelle operazioni oggettivamente inesistenti

La Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato: quando l’Amministrazione Finanziaria contesta l’esistenza stessa di un’operazione (inesistenza oggettiva), ha l’onere di fornire elementi probatori a sostegno della propria tesi. Ad esempio, deve dimostrare che la società fornitrice è una cosiddetta ‘cartiera’, ovvero una scatola vuota priva di una reale struttura operativa (sede, dipendenti, attrezzature).

Una volta che l’Agenzia ha fornito questi elementi, la palla passa al contribuente. A questo punto, spetta a quest’ultimo dimostrare l’effettiva esistenza dell’operazione contestata. Attenzione però: non è sufficiente esibire la fattura o la prova del pagamento, poiché questi documenti sono spesso creati ad arte proprio per dare un’apparenza di realtà all’operazione fittizia.

L’Errore della Commissione Tributaria Regionale

Nel caso di specie, la Corte ha rilevato un grave errore da parte del giudice d’appello. La Commissione Tributaria Regionale aveva motivato la propria decisione affermando che non vi fossero ‘prove che la società fornitrice avesse un’azienda’. In questo modo, ha di fatto invertito l’onere della prova per le operazioni inesistenti, pretendendo che fosse il contribuente a dimostrare la struttura operativa del proprio fornitore, anziché l’Agenzia a provarne l’inesistenza.

La Cassazione ha specificato che l’onere di dimostrare che il fornitore è una ‘cartiera’ è ‘speculare’, cioè ricade sull’Amministrazione Finanziaria. Solo dopo tale prova, il contribuente è chiamato a fornire la prova contraria sull’effettività della prestazione.

le motivazioni

La Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata perché il giudice di merito non ha applicato correttamente i principi che regolano il riparto dell’onere probatorio. Invece di verificare se l’Amministrazione avesse fornito prove sufficienti a qualificare i fornitori come società fittizie, ha basato la sua decisione sulla mancata prova, da parte del contribuente, dell’esistenza della struttura aziendale di tali fornitori. Questo capovolgimento della logica probatoria viola le norme fondamentali del processo tributario e civile. Inoltre, la Corte ha sottolineato come l’insistenza del giudice di merito sulla questione dei pagamenti fosse irrilevante ai fini della prova dell’esistenza dell’operazione, sia essa oggettiva o soggettiva.

le conclusioni

La decisione rappresenta un importante monito per i giudici di merito e una garanzia per i contribuenti. Viene riaffermato che l’Amministrazione Finanziaria non può limitarsi a contestare un’operazione, ma deve supportare le proprie accuse con solidi elementi indiziari. L’inversione dell’onere della prova è un errore procedurale grave che invalida la decisione. Il caso è stato quindi rinviato alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado che dovrà riesaminare i fatti attenendosi scrupolosamente ai principi di diritto enunciati dalla Cassazione, valutando correttamente se l’Agenzia delle Entrate abbia assolto al proprio onere probatorio iniziale.

In caso di operazioni ‘oggettivamente inesistenti’, su chi ricade l’onere della prova iniziale?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova iniziale ricade sull’Amministrazione Finanziaria. Essa deve fornire elementi probatori (ad esempio, dimostrando che la società emittente è una ‘cartiera’ o una ‘società fantasma’) per sostenere l’oggettiva inesistenza delle operazioni contestate.

Qual è l’onere della prova per l’Amministrazione finanziaria in caso di operazioni ‘soggettivamente inesistenti’?
In caso di operazioni soggettivamente inesistenti, l’Amministrazione finanziaria deve provare non solo la fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario (il contribuente) che l’operazione si inseriva in un’evasione d’imposta. Tale prova può essere fornita anche in via presuntiva.

La regolarità formale dei pagamenti o della contabilità è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un’operazione contestata come fittizia?
No. La Corte chiarisce che l’esibizione della fattura, la regolarità delle scritture contabili o i mezzi di pagamento adoperati non sono sufficienti a provare l’effettiva esistenza dell’operazione, in quanto questi elementi vengono di regola utilizzati proprio per far apparire reale un’operazione fittizia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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