Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4638 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 4638 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa a margine del ricorso, dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, che hanno indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, alla INDIRIZZO in Roma ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’RAGIONE_SOCIALE, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-intimata –
Oggetto: Ires 2008 -Responsabile del provvedimento impoesattivo Contraddittorio preventivo -Ammortamento -Scrittore contabili -Tempo di obbligatoria conservazione Oneri probatori – Modalità di calcolo RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
la sentenza n. 3483, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 26.6.2018, e pubblicata il 27.7.2018; ascoltata la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; raccolte le conclusioni del AVV_NOTAIO.M., sAVV_NOTAIO, il quale ha confermato la richiesta di rigetto del ricorso; ascoltate le conclusioni rassegnate, per la ricorrente, dal delegato AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento dell’impugnativa;
la Corte osserva:
Fatti di causa
In data 25.11.2013 (ric., p. 11) l’RAGIONE_SOCIALE notificava all’RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, attinente al tributo dell’Ires in relazione all’anno 2008, mediante il quale l’Amministrazione finanziaria richiedeva il pagamento di maggiori tributi riprendendo a tassazione, con due rilievi, gli imponibili di Euro 337.864,49 (plusvalenza) e 394.866,00 (indebita compensazione).
La società impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano e contestava, tra l’altro e per quanto ancora di interesse, il vizio di motivazione dell’avviso di accertamento, l’infondatezza di tutti i rilievi proposti dall’RAGIONE_SOCIALE, l’omessa indicazione del responsabile dell’intero procedimento c.d. impoesattivo, il difetto di legittimazione del firmatario dell’atto impositivo e l’illegittimità dell’elevato valore dell’aggio imposto, peraltro null’affatto commisurato alla modesta prestazione meramente esecutiva richiesta all’esattore. La CTP accoglieva il ricorso ed annullava l’atto impoesattivo.
Avverso la decisione adottata dalla CTP spiegava appello l’RAGIONE_SOCIALE, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che accoglieva integralmente il
gravame, riaffermando la piena validità ed efficacia dell’avviso di accertamento.
La pronuncia dei giudici di secondo grado è stata impugnata per cassazione dalla RAGIONE_SOCIALE, che si affida a dieci motivi di ricorso. L’Amministrazione finanziaria ha ricevuto la notificazione del ricorso il 27.2.2019, ma non ha svolto difese nel giudizio di legittimità. La ricorrente ha pure depositato memoria.
4.1. Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il P.M., nella persona del AVV_NOTAIO.AVV_NOTAIO, che ha domandato rigettarsi il ricorso proposto dalla contribuente.
Ragioni della decisione
Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., la società contesta la nullità della decisione impugnata in conseguenza della omessa pronuncia sul punto, e comunque la violazione degli artt. 42, commi 1 e 3, del Dpr n. 600 del 1973, e 62, comma primo, del D.Lgs. n. 546 del 1992, per non avere la CTR rilevato il vizio di legittimazione del soggetto firmatario dell’avviso di accertamento (NOME COGNOME), neppure appartenente alla carriera direttiva dell’RAGIONE_SOCIALE.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., la ricorrente censura la nullità della decisione adottata dalla CTR per non aver pronunciato in merito, e comunque per essere incorsa nella violazione dell’art. 36, comma 4 ter , del Dl. n. 248 del 2007, come conv. e mod., e dell’art. 29, comma 1, lett. g), del Dl. n. 78 del 2010, come conv., nonché dell’art. 62, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, non avendo il giudice dell’appello rilevato l’invalidità dell’atto impositivo, ove risulta indicato solo il ‘funzionario responsabile del procedimento di accertamento’, NOME COGNOME, ‘senza tener minimamente conto che l’atto impositivo comprende
anche il procedimento di formazione del titolo esecutivo, del precetto e della notificazione’ (ric., p. 52).
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., la società critica la nullità della sentenza pronunciata dal giudice dell’appello, in conseguenza della violazione del disposto di cui all’art. 112 cod. proc. civ., nonché la violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, anche in relazione all’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nonché degli artt. 3, 53 e 97 Cost., e dell’art. 62, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR omesso di pronunciare in ordine alla contestazione relativa alla violazione del diritto di difesa della contribuente, cui non è stato neppure assicurato l’accesso al contraddittorio preventivo.
Mediante il quarto mezzo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 109, quarto comma, lett. b), e 103 del Tuir, dell’art. 22, comma 2, del Dpr n. 600 del 1973, in considerazione del principio generale sancito dall’art. 8, comma 5, della legge n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente), e dell’art. 62, primo comma, del D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR negato il diritto all’ammortamento pro quota del fondo COGNOME RAGIONE_SOCIALE, acquistato nel 1998, ritenendo di dover porre a carico dell’esponente l’onere di esibire documentazione contabile con riferimento ad annualità anteriori al 2002, sebbene la contribuente abbia avuto notizia dell’estensione al periodo 2008 dell’accertamento tributario il 25.11.2013, quando era ormai scaduto il termine decadenziale di quattro anni di cui all’art. 43 del Dpr n. 600 del 1973, ed era pure maturata la prescrizione ordinaria decennale del preteso credito tributario.
Con il quinto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., la società contesta la
violazione dell’art. 22, comma 2, del Dpr n. 600 del 1973, in considerazione del disposto di cui all’art. 8, comma 5, della legge n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente), e dell’art. 62, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere il giudice del gravame negato l’ammortamento pro quota del fondo svalutazione crediti ‘tassato’, ritenendo di dover porre a carico dell’esponente l’onere di esibire documentazione contabile con riferimento ad annualità anteriori al 2002, sebbene la contribuente abbia avuto notizia dell’estensione al periodo 2008 dell’accertamento tributario il 25.11.2013, quando era ormai scaduto il termine decadenziale di quattro anni di cui all’art. 43 del Dpr n. 600 del 1973 ed era pure maturata la prescrizione ordinaria decennale del preteso credito tributario.
Mediante il sesto strumento d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente censura la nullità della decisione impugnata, in conseguenza della violazione degli artt. 39, comma 1 bis , e 62 del D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere il giudice del gravame ritenuto legittima la ripresa a tassazione dell’imponibile di Euro 394.866,00, che era stato compensato con perdita fiscale di uguale importo riportata nell’anno precedente, in conseguenza del disconoscimento della legittimità della compensazione, contestata in relazione al mancato riconoscimento della perdita riportata nell’anno precedente con atto impositivo che non era però divenuto definitivo.
Con il suo settimo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., la contribuente critica la nullità della decisione, in conseguenza dell’omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., e comunque la violazione degli artt. 54, comma secondo, e 62, primo comma, del D.Lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 29, comma 1, lett. f), del Dl. n. 78 del 2010, come conv., in combinato disposto con l’art. 17 del D.Lgs. n. 112 del 1999, nonché dell’art. 2 del D.Lgs. n. 472
del 1997, anche in relazione agli artt. 3, 53 e 97 Cost., e dell’art. 5, comma 4, T.U.E., dell’art. 49 della Carta Europea dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e dell’art. 107 T.F.U.E., in cui è incorsa la CTR per aver ritenuto legittima l’elevata misura dell’aggio applicato dall’Agente della riscossione, ‘senza minimamente tener conto del servizio reso’ (ric., p. 73).
Mediante il suo ottavo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., la ricorrente lamenta la nullità della sentenza a causa dell’omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., e dell’art. 62, primo comma, del D.Lgs. n. 546 del 1992, e comunque la violazione di legge per avere l’impugnata CTR omesso di pronunciare sul contestato vizio dell’atto impositivo impugnato, in conseguenza dell’omesso riferimento alla sospensione ex lege di centottanta giorni, ‘in violazione dell’art. 29 del Dl. n. 78 del 2010’ (ric., p. 76) come conv., nonché in relazione alla mancata indicazione RAGIONE_SOCIALE modalità di calcolo degli interessi.
Con il nono motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., la contribuente contesta la nullità della sentenza a causa della omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., e comunque la violazione dell’art. 62, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, e dell’art. 12 del D.Lgs. n. 472 del 1997, per non avere il giudice dell’appello ritenuto l’illegittimità dell’avviso di accertamento con riferimento alle modalità di calcolo RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
Mediante il decimo mezzo d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente censura la violazione dell’art. 32 del D.Lgs. n. 472 del 1997, e dell’art. 62, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, per non avere la CTR applicato la riduzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni in considerazione del disposto di cui al D.Lgs. n. 158 del 2015, in attuazione del principio del favor rei .
Mediante il primo motivo di ricorso la contribuente, in relazione ai profili della nullità della decisione a causa dell’omessa pronuncia, e comunque della violazione di legge, contesta alla CTR di non aver rilevato l’invalidità dell’avviso di accertamento per cui è causa, in conseguenza del difetto di legittimazione a sottoscrivere l’atto del firmatario, NOME COGNOME (Capo Area RAGIONE_SOCIALE).
11.1. Deve allora rilevarsi che, con provvedimento del Direttore Provinciale NOME COGNOME (atto dispositivo 2/2012, prot. 2012NUMERO_DOCUMENTORAD, del 3.1.2012), a NOME COGNOME, Capo Area RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sono state attribuite, tra l’altro, le deleghe per la sottoscrizione RAGIONE_SOCIALE comunicazioni ai contribuenti, RAGIONE_SOCIALE procedure di rettifica o archiviazione, ed anche dei provvedimenti per l’irrogazione di sanzioni. La ricorrente critica, però, che non risulta provata la qualifica dirigenziale dell’COGNOME, e che la delega risulta invalida perché non esplicita le ragioni per la quale è stata conferita ed il suo limite temporale.
11.2. Premesso che le mansioni attribuite al sottoscrittore implicano, nel caso di specie, l’esercizio di funzioni dirigenziali, e che le ragioni proprie dell’Ufficio le quali hanno indotto il dirigente a conferire la delega non devono necessariamente essere esternate, questa Corte regolatrice ha già avuto occasione di precisare che ‘in tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva , cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 20022005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito dalla l. n. 44 del 2012’, Cass.
sez. V, 26.2.2020, n. 5177 (evidenza aggiunta); e non si è mancato di chiarire che ‘la delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita dal dirigente ex art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, è una delega di firma e non di funzioni : ne deriva che il relativo provvedimento non richiede l’indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega , che pertanto può avvenire mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, “ex post”, la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto’, Cass. 29.3.2019, n. 8814 (evidenza aggiunta).
Il primo motivo di ricorso risulta pertanto infondato e deve essere rigettato.
Mediante il secondo strumento di impugnazione la ricorrente censura la nullità della decisione adottata dalla CTR per non aver pronunciato in merito, e comunque per essere incorsa nella violazione di legge, non avendo il giudice dell’appello rilevato l’invalidità dell’atto impositivo, in cui risulta indicato solo il funzionario responsabile del procedimento di accertamento, NOME COGNOME, ‘senza tener minimamente conto che l’atto impositivo comprende anche il procedimento di formazione del titolo esecutivo, del precetto e della notificazione’ (ric., p. 52).
12.1. Questa Corte regolatrice, invero, ha già avuto modo di esaminare la questione proposta dalla ricorrente in giudizio svoltosi tra le stesse parti in relazione a diverso anno di imposta (Cass. sez. V, 21.2.2022, n. 5517), ed ha espresso un orientamento interpretativo che le critiche proposte dalla contribuente non inducono a rivedere.
Appare quindi opportuno ricordare che al contribuente è stato notificato un unico e peculiare avviso di accertamento, un c.d. atto impoesattivo. La funzione di questo documento è di contestare al contribuente l’obbligo di pagamento di oneri tributari, ed ha
pertanto natura di atto impositivo, ma il documento assolve anche alla funzione di costituire un titolo esecutivo, il primo atto della procedura esattiva.
Nel testo dell’atto è indicato il responsabile del procedimento di accertamento, evidentemente da intendersi quale responsabile dell’intero e specifico procedimento, e pertanto anche in riferimento a tutte le diverse possibili funzioni dell’atto.
12.2. Pertanto, ai fini della regolarità dell’avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione finanziaria, qualora esso – in conformità alle previsioni normative vigenti per il caso di specie – consista in un atto c.d. impoesattivo, documento che assolve alla funzione di contestare al contribuente l’obbligo di pagamento di oneri tributari, avendo pertanto natura di atto impositivo, ed assolve anche alla funzione di costituire il primo atto della procedura esecutiva, l’indicazione del responsabile del procedimento di accertamento vale ad indicare il soggetto responsabile della complessiva procedura, non essendo necessaria l’indicazione che egli risulti il responsabile sia della procedura di accertamento sia della procedura esecutiva.
Il secondo motivo di ricorso deve pertanto essere rigettato.
Mediante il terzo motivo di ricorso la società critica la nullità della sentenza pronunciata dal giudice dell’appello, in conseguenza della omessa pronuncia, e comunque della violazione di legge, per avere la CTR omesso di pronunciare in ordine alla contestazione relativa alla violazione del diritto di difesa della contribuente, cui non è stato neppure assicurato l’accesso al contraddittorio preventivo.
La contribuente ha cura di specificare che in relazione all’anno d’imposta oggetto del presente giudizio, il 2008, non le è stato notificato alcun Processo Verbale di Costatazione, e le è stato solo inviato un questionario informativo, prima che le fosse notificato l’atto impoesattivo.
13.1. Occorre quindi premettere che, pacificamente, nel caso di specie ricorre l’ipotesi di un accertamento tributario c.d. ‘a tavolino’, senza accessi o ispezioni presso la contribuente, e tanto motiva anche la legittima omissione della redazione di un Processo Verbale di Costatazione.
Deve quindi confermarsi che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, come chiarito pronunciando a Sezioni Unite, in base alla legislazione applicabile a questo giudizio, ‘in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi ‘armonizzati’, mentre, per quelli ‘non armonizzati’, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito’, Cass. S.U., 9.12.2015, n. 24823.
Il terzo motivo di ricorso risulta pertanto infondato, e deve perciò essere respinto.
Mediante il quarto mezzo di impugnazione la ricorrente censura la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame per avere negato l’ammortamento pro quota del fondo RAGIONE_SOCIALE, acquistato nel 1998.
Mediante il quinto strumento di impugnazione la ricorrente lamenta la nullità della sentenza, e comunque la violazione di legge, in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame per avere negato l’ammortamento pro quota , nella misura di Euro 217.511,60, del fondo svalutazione crediti ‘tassato’, trasferito con il ramo d’azienda ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nel 2007. I due strumenti di impugnazione presentano ragioni di connessione, e possono essere
esaminati congiuntamente, per ragioni di chiarezza e sintesi espositiva.
La CTR osserva, in materia, che ‘l’avviamento del fondo ‘DU PONT’ di € 1.961.006,45 scaturito dall’acquisto nel 1998 del ramo di azienda relativo alle attività arti grafiche e lastre di stampa’ è ‘risultato completamente ammortizzato atteso che nel 2004 viene evidenziato a valore zero. Conseguentemente l’Ufficio in assenza di ulteriori elementi, sebbene richiesti alla società, che consentissero di addivenire ad una diversa valorizzazione dell’ammortamento, ha legittimamente considerato inibita, in violazione degli artt. 83, 86 e 105 comma 5 del TUIR, la variazione in diminuzione per € 370.412,00 del reddito imponibile dovuta alla quota di ammortamento disconosciuta’ (sent. CTR p. 3).
Quindi il giudice del gravame rileva, in relazione al fondo svalutazione crediti ‘tassato’, che ‘con la cessione del ramo d’azienda sono stati ceduti crediti per € 42.244.714,52 al netto del fondo svalutazione crediti. La società ha valutato il fondo come interamente tassato in quanto nel moRAGIONE_SOCIALE SC/2008 ha effettuato una variazione in diminuzione pari all’intero importo del fondo ceduto. Atteso però che la valutazione dei crediti non è stata effettuata per massa ma per singolo credito e, quindi, il fondo svalutazione crediti è inerente solo ad alcuni dei crediti ceduti all’interno del ramo di azienda, il fondo è stato ricalcolato dell’Ufficio in € 1.087.558,00 in quanto la società è stata in grado di ricostruire il valore del fondo solo dal 2002. Anche in questo caso tenuto conto che la società ha optato per la ripartizione della plusvalenza in 5 anni’, l’Amministrazione finanziaria ‘ha recuperato a fini Ires per il periodo d’imposta 2008 l’importo di € 217.511,60 pari ad 1/5 della quota di fondo ceduto come ricalcolata’ ( ibidem ).
La contribuente propone invero una pluralità di contestazioni, in particolare con riferimento al fondo Du RAGIONE_SOCIALE. Rileva, in primo luogo, che l’ammortamento del fondo è stato
negato dall’Amministrazione finanziaria in relazione all’anno 2007, e l’RAGIONE_SOCIALE ha esteso gli effetti della negazione all’anno 2008, sebbene il giudizio sull’accertamento relativo all’anno 2007 fosse ancora oggetto di contenzioso.
15.1. Sostiene, poi, in relazione ad entrambi i rilievi in esame, di aver provato documentalmente la legittimità dell’ammortamento.
15.2. Interpreta quindi la negazione del riconoscimento del diritto all’ammortamento del fondo ‘Du RAGIONE_SOCIALE‘ da parte dell’Ente impositore come dipendente dalla mancata esibizione di documentazione contabile con riferimento alle annate precedenti il 2001, ma trattasi di documentazione che la legge non richiede fosse conservata per tanto tempo, ed anche questa contestazione è in comune con le censure proposte dalla ricorrente in relazione al fondo svalutazione crediti ‘tassato’.
15.3. Può quindi in primo luogo rilevarsi, con riferimento all’ammortamento del fondo COGNOME, che la valutazione espressa dal giudice del gravame prescinde da ogni riferimento alle vicende relative ad altro anno d’imposta, e la critica espressa in materia dalla società è pertanto infondata.
15.4. Inoltre, anche a prescindere dalla valutazione espressa nelle sue conclusioni dal P.M. il quale ha ritenuto che, in relazione ad entrambi i casi, la parte solleciti in realtà un inammissibile riesame del fatto processuale in sede di giudizio di legittimità, la ratio decidendi proposta dalla CTR non risulta efficacemente contrastata. Nel caso del fondo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la CTR rileva che il fondo risulta completamente ammortizzato da tempo, nell’anno 2008, visto che già nel 2004 viene evidenziato a valore zero. La società non si confronta con la decisione adottata dal giudice dell’appello, non ne confuta il fondamento, e si limita a proporre una propria diversa ricostruzione dei fatti di causa, basata sui diversi termini di ammortamento ai fini civilistici e fiscali.
Analoghe considerazioni possono proporsi relativamente al fondo svalutazione crediti ‘tassato’. La CTR ha ritenuto di condividere il rilievo contestato dall’Amministrazione finanziaria alla società segnalando, in primo luogo, che il fondo svalutazione crediti che la società sostiene essere stato regolarmente tassato, costituisce in realtà il coacervo di una pluralità di poste formatesi nel tempo in considerazione di causali diverse. L’Ente impositore ha quindi rilevato che la contribuente non ha prodotto la documentazione fiscale necessaria per ricostruire analiticamente le singole voci componenti del complessivo fondo in anni precedenti il 2001, e l’Amministrazione finanziaria ha pertanto recuperato a tassazione l’importo dell’ammortamento indicato ai fini Ires in relazione alla cessione del ramo d’azienda ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
15.5. A quanto è dato comprendere, l’esponente ritiene sufficiente la documentazione prodotta per dimostrare che l’ammortamento ai fini fiscali è stata legittimamente effettuata in più anni rispetto a quelli previsti per l’ammortamento ai fini civilistici, e ritiene di assicurare la prova del giusto fondamento RAGIONE_SOCIALE proprie ragioni, in entrambi i casi, in considerazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei redditi da essa redatte, e del registro dei beni ammortizzabili a far data dal 31.12.2001. L’Amministrazione finanziaria, invece, riteneva necessaria, in relazione al fondo COGNOME RAGIONE_SOCIALE, la produzione del libro cespiti, a far data dall’acquisto del ramo d’azienda. La società, in entrambi i casi, non ha prodotto i documenti richiesti ed afferma che neppure era tenuta a farlo, stante il tempo trascorso tra l’acquisto del ramo d’azienda e la conoscenza dell’accertamento fiscale.
In memoria, quindi, la contribuente sollecita questa Corte anche a fare applicazione RAGIONE_SOCIALE jus superveniens costituito dall’art. 1, comma 1, lett. h), n. 1, del D.Lgs. n. 219 del 2023, da intendersi quale norma interpretativa e perciò avente efficacia retroattiva. Invero, l’art. 8, comma 5, della legge n. 212 del 2000
(c.d. Statuto del contribuente) come modificato dall’art. 1, comma 1, lett. h), n. 1, del D.Lgs. n. 219 del 2023, dispone ora ‘ 5. L’obbligo di conservazione di atti e documenti, incluse le scritture contabili, stabilito a soli effetti tributari, non può eccedere il termine di dieci anni dalla loro emanazione o dalla loro formazione o utilizzazione. Il decorso del termine preclude definitivamente la possibilità per l’amministrazione finanziaria di fondare pretese su tale documentazione ‘. Ora, a parte ogni altra considerazione, occorre in questa sede rilevare che, nel caso di specie, non si verte in un’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria abbia fondato proprie pretese su documentazione contabile ultradecennale della contribuente, bensì in un caso in cui è la stessa contribuente ad invocare un vantaggio fiscale, dichiarando però di non essere in grado di produrre quella documentazione contabile che pure l’Ente impositore ritiene indispensabile perché possa affermarsi il giusto fondamento della pretesa tributaria della società.
15.5.1. Rappresenta tuttavia un principio generale, in materia fiscale, che chi intende avvalersi di un vantaggio tributario debba provare di avervi diritto, ed appare corretta anche l’osservazione del Pubblico Ministero secondo cui la parte che intende invocare un vantaggio fiscale è tenuta a conservare le scritture necessarie a provare di essere in possesso del titolo legittimante, anche oltre il termine decennale previsto in generale dalla legge per la conservazione RAGIONE_SOCIALE scritture contabili. Tanto deve affermarsi in considerazione del disposto di cui all’art. 22, secondo comma, del Dpr n. 600 del 1973, che infatti detta ‘ Le scritture contabili obbligatorie ai sensi del presente decreto, di altre leggi tributarie, del codice civile o di leggi speciali devono essere conservate fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo di imposta, anche oltre il termine stabilito dall’art. 2220 del codice civile o da altre leggi tributarie … ‘, e trattasi, pertanto, di
norma speciale che prevale anche sul disposto di cui all’art. 8, comma 5, della legge n. 212 del 2000.
Anche il quarto ed il quinto mezzo d’impugnazione risultano pertanto infondati e devono essere respinti.
16. Mediante il sesto motivo di ricorso la ricorrente censura la nullità della decisione impugnata, per avere la CTR ritenuto legittima la ripresa a tassazione dell’imponibile di Euro 394.866,00, che era stato oggetto di compensazione con perdita fiscale di uguale importo riportata nell’anno precedente, sol perché quest’ultima era stata ritenuta non disponibile in quanto assorbita dalle riprese a tassazione di cui all’avviso di accertamento per il 2007, ‘che tuttavia … alla data di emissione dell’avviso di accertamento riferito al 2008, per cui qui è causa, non era definitivo, essendo stato impugnato dall’odierna ricorrente e in relazione al quale, ad oggi, pende la lite dinanzi a codesta Ecc.ma Suprema Corte, RG 15322/2015’ (ric., p. 70).
16.1. In sostanza la contribuente lamenta, in relazione al profilo della nullità della sentenza, che una ripresa a tassazione operata dall’Amministrazione finanziaria in relazione all’anno 2008, negando la richiesta compensazione con perdita riportata nell’anno precedente, risulterebbe illegittima perché fondata sul disconoscimento della perdita operata nell’avviso di accertamento notificato in relazione all’anno precedente, con atto impositivo che non era però divenuto definitivo, in quanto impugnato e tutt’ora oggetto di ricorso per cassazione. Nella prospettazione della società, sussistendo rapporto di pregiudizialità, il giudice impugnato ‘è tenuto a disporre la sospensione del processo’ (ric., p. 72), come chiarito anche dalla giurisprudenza di legittimità.
16.2. La CTR ha ritenuto che la mancata definizione della causa avente ad oggetto l’avviso di accertamento pregiudicante, relativo all’anno 2007, trattandosi comunque di ‘accertamento tuttora valido, peraltro confermato in primo e secondo grado …
impregiudicata qualsiasi decisione che verrà assunta in sede di legittimità’, non dovesse comportare effetti in questo giudizio, ed ha concluso che ‘con riferimento all’indeducibilità della perdita 2007 la decisione di primo grado sull’omessa prova della sussistenza del presupposto impositivo non è condivisibile, ed il motivo di impugnazione proposto dall’Ufficio appare fondato con conferma dell’accertamento 2008 in parte qua’ (sent. CTR, p. 2).
16.3. Deve allora innanzitutto rilevarsi che è di per sé corretta l’osservazione proposta dal Pubblico Ministero nelle sue conclusioni, secondo cui la società ricorrente, in sede di appello, non aveva domandato la sospensione del giudizio relativo all’avviso di accertamento riferito all’anno 2008, in attesa della definizione del giudizio sull’atto presupposto relativo all’anno 2007, bensì l’annullamento sul punto del presente giudizio, ma deve stimarsi quale effetto sortisca il rilievo.
16.4. Può quindi evidenziarsi che non è precluso all’Amministrazione finanziaria contestare una indebita compensazione con una pretesa perdita registrata dal contribuente in anno precedente, e disconosciuta con diverso accertamento relativo all’annualità precedente. Nondimeno, se l’atto impositivo presupposto non è ancora divenuto definitivo, il giudice deve tenerne conto.
16.4.1. Questa Corte di legittimità ha invero chiarito che ‘in tema di sospensione del processo, nel caso in cui il giudizio pregiudicante sia stato deciso con una sentenza impugnata, trova applicazione l’art. 337, comma 2, c.p.c., e, poiché la sentenza, ancor prima e indipendentemente dal suo passaggio in giudicato, esplica una funzione di accertamento al di fuori del processo, l’ambito di applicazione del predetto art. 337, comma 2, deve essere esteso alle impugnazioni diverse dalla revocazione straordinaria e dalla opposizione di terzo, e la stessa disposizione deve essere interpretata nel senso che essa impone al giudice
l’alternativa di tenere conto della sentenza invocata – che è quella sulla quale può essere fondata un’azione o un’eccezione – senza alcun impedimento derivante dalla sua impugnazione o dalla sua impugnabilità, o di sospendere il processo nell’esercizio del suo potere discrezionale’, Cass. sez. V, 17.11.2021, n. 34966.
16.4.2. Nel caso di specie occorre ancora rilevare che la causa pregiudicante, avente ad oggetto l’avviso di accertamento relativo all’anno 2007, iscritta con RGN. NUMERO_DOCUMENTO, pendeva innanzi a questa Corte di legittimità che ha deciso la controversia con sent. 21.2.2022, n. 5517, disponendo la cassazione con rinvio della decisione impugnata, e non si è pertanto formato il giudicato, se non in relazione a questioni che non riguardano il presente giudizio. Risulta comunque, allo stato, caducato il titolo su cui l’Amministrazione finanziaria ha fondato la propria valutazione.
Il sesto motivo di ricorso appare quindi fondato, negli esposti limiti di ragione, e deve essere perciò accolto.
17. Mediante il settimo strumento d’impugnazione la ricorrente contesta, in relazione ai profili della nullità di sentenza a causa della mancata motivazione sul punto, e comunque della violazione di legge, la pronuncia del giudice del gravame per non aver rilevato l’illegittimità, anche alla luce del diritto eurounitario, dell’applicazione di un importo quale aggio esattoriale per la riscossione, pari all’8% della pretesa tributaria, senz’altro eccessivo e pure completamente privo di correlazione con il servizio di riscossione effettivamente reso, che ha richiesto un modesto impegno di natura meramente esecutiva.
17.1. In materia la CTR scrive che ‘con riferimento … all’illegittimità dell’aggio riconosciuto all’agente della riscossione’, contestazione non accolta dai giudici di primo grado, ‘non è stato proposto appello incidentale’ (sent. CTR, p. 2), e non ha quindi ritenuto di dover pronunciare sul punto. La ricorrente, però, rileva di aver riproposto la questione dell’illegittimità dell’aggio applicato,
e trascrive la censura come reintrodotta in sede di appello. Trattasi di questione di diritto su cui questa Corte di legittimità è comunque tenuta a pronunciarsi.
17.1.1. Sembra corretto ritenere, poiché non risulta criticata l’erronea applicazione della normativa vigente, che la società intenda contestare la incostituzionalità della disciplina che regola l’ammontare dell’aggio, applicabile ratione temporis , perché prevede l’applicazione di un importo elevato e non proporzionato al servizio reso dall’Incaricato per la riscossione. Inoltre, la ricorrente censura pure la ritenuta violazione della disciplina europea sugli aiuti di RAGIONE_SOCIALE che deriverebbe dalle criticate disposizioni normative.
17.2. Invero, questa Corte regolatrice ha chiarito che l’aggio imposto non ha natura sanzionatoria, spiegando che ‘attesa la natura retributiva dell’aggio di riscossione, derivante dalla sua funzione di compenso per l’attività esattoriale del soggetto incaricato, è manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 17 d. Lgs. n. 112 del 1999 come modificato dall’art 2 del d.l. n. 262 del 2006, convertito con modificazioni dalla legge n. 286 del 2006, fondata sull’asserita violazione della capacità contributiva prevista dall’art. 53 Cost.’, Cass. sez. V, 14.2.2018, n. 3524; e la Corte di legittimità ha statuito pure che ‘in tema di riscossione, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1999, come modificato dall’art. 2, comma 3, lett. a), del d.l. n. 262 del 2006, convertito dalla l. n. 286 del 2006, per violazione degli artt. 3, 25, 53 e 97 Cost., nella misura in cui detta disposizione, onerando il contribuente di corrispondere l’aggio esattoriale, nell’ipotesi sia di pagamento tempestivo che tardivo, in quest’ultimo caso in misura integrale, introdurrebbe una misura sostanzialmente sanzionatoria o, comunque, una vera e propria nuova tassa con effetti retroattivi, in violazione dell’art. 25 Cost., nonché dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza ex art. 3
Cost., di capacità contributiva ex art. 53 Cost. e di buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost., atteso che l’aggio ha natura retributiva e non tributaria’; Cass. sez. V, 19.1.2018, n. 1311; non avendo mancato questa Corte di legittimità di specificare recentemente, in relazione ad analoga problematica, che ‘in tema di riscossione, a seguito della sostituzione della concessione esattoriale con l’attribuzione ex lege del servizio di riscossione dei tributi a società a prevalente partecipazione pubblica strumentale all’RAGIONE_SOCIALE, permane la giustificazione alla imposizione normativa di un corrispettivo per lo svolgimento dell’attività esattoriale, e la percentuale fissata dall’art. 5, comma 1, d.l. n. 95 del 2012, conv. in l. n. 135 del 2012 non costituisce un limite quantitativo massimo, non avendo l’aggio natura di compenso modulabile proporzionalmente all’entità dell’attività di volta in volta espletata dall’esattore’, Cass. sez. V, 3.12.2020, n. 27650.
17.2.1. A tanto deve aggiungersi, conclusivamente, come lo stesso Giudice RAGIONE_SOCIALE leggi abbia di recente confermato che ‘sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate … in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 53, 76 e 97 Cost. – dell’art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 112 del 1999, come sostituito dall’art. 32, comma 1, lett. a), del d.l. n. 185 del 2008, conv., con modif., nella legge n. 2 del 2009 che, con riguardo alla remunerazione del servizio di riscossione, impone a carico del debitore un aggio in percentuale fissa, integrale o ridotta, anziché riferito all’effettivo costo del servizio. Le esigenze prospettate dal rimettente, pur meritevoli di considerazione, implicano una modifica rientrante nell’ambito RAGIONE_SOCIALE scelte riservate alla discrezionalità del legislatore’, Corte cost. 10.6.2021, n. 120, pur avendo la Consulta invitato il legislatore a procedere al riesame della disciplina vigente.
17.3. La natura remuneratoria del servizio reso dall’esattore dell’aggio, così come disciplinato dalla normativa applicabile alla
fattispecie, induce anche a ritenere non ricorrente neppure la violazione della disciplina degli aiuti di RAGIONE_SOCIALE, così come prevista in sede di legislazione europea.
Il settimo motivo di ricorso deve essere pertanto respinto.
18. Con l’ottavo strumento di impugnazione la società critica la nullità della sentenza adottata dalla CTR, per non aver pronunciato in materia di mancato riferimento, nell’avviso di accertamento esecutivo contestato, alla ‘sospensione ex lege di 180 giorni’ (ric., p. 76), e comunque la violazione di legge in cui è incorso il giudice di secondo grado, non avendo ritenuto l’invalidità dell’atto impoesattivo a causa della mancanza della comunicazione della sospensione disposta dalla legge.
18.1. Il motivo di ricorso risulta infondato. Dalle stesse parole della ricorrente si evidenzia che la sospensione di cui trattasi è prevista dalla legge, e non vi era pertanto necessità della sua indicazione nel testo dell’avviso di accertamento esecutivo.
18.2. Nel testo del motivo, peraltro, la contribuente propone lamentele anche in relazione alla mancata indicazione RAGIONE_SOCIALE modalità di calcolo degli interessi nell’avviso di accertamento. La questione, invero, di per sé assume rilievo in materia di completezza della motivazione degli atti tributari, come è stato evidenziato pure dalla recente pronuncia con cui le Sezioni Unite hanno statuito che ‘la cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il “quantum” del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati -attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della l. n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della l. n. 241 del 1990; se, invece, la cartella costituisce il primo atto riguardante la pretesa per interessi, al fine di soddisfare l’obbligo di
motivazione essa deve indicare, oltre all’importo monetario richiesto, la base normativa relativa agli interessi reclamati – la quale può anche essere implicitamente desunta dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi oggetto della pretesa ovvero del tipo di tributo a cui questi accedono – e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza che sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati o RAGIONE_SOCIALE modalità di calcolo’, Cass. S.U., 14.7.2022, n. 22281.
18.3. Nel presente giudizio, però, il rilievo proposto dalla parte in proposito appare generico, perché la società si limita ad osservare che ‘fuori dei casi di riscossione frazionata, il contribuente non è posto in condizione di quantificare con esattezza le somme dovute a titolo di interesse’ (ric., p. 77). Non indica la ricorrente se intenda contestare le modalità con le quali l’Ente impositore ha calcolato gli interessi legali, o interessi di diversa natura. Non indica in qual modo avrebbero dovuto invece calcolarsi gli interessi dovuti. Non segnala, soprattutto, quando abbia proposto la specifica questione nei gradi di merito, e mediante quali formule, non riportate neppure in sintesi, e come abbia coltivato la contestazione, impedendo a questa Corte di provvedere al controllo che le compete in materia di tempestività e congruità, oltre che di diligente coltivazione, RAGIONE_SOCIALE censure proposte, prima ancora di provvedere a valutarne la decisività. Le doglianze proposte dalla società in materia risultano pertanto inammissibili.
L’ottavo motivo di ricorso deve essere pertanto respinto.
Con il nono e decimo mezzo d’impugnazione, che presentano ragioni di connessione ed appare perciò opportuno trattare congiuntamente, la società propone le sue contestazioni in materia di ritenuta illegittima applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
19.1. In primo luogo censura la mancata applicazione del cumulo giuridico tra le sanzioni, reputando debba trovare applicazione la continuazione tra le violazioni omogenee commesse in una pluralità di anni d’imposta. In sostanza, se ben si comprende, sostiene la società che essendo state irrogate le sanzioni già in relazione ad anni precedenti, il 2005 ed il 2006, queste assorbirebbero per intero le sanzioni irrogate in relazione all’anno 2008, che dovrebbero quindi essere pari a zero. La ricorrente riporta la replica dell’Amministrazione finanziaria che, si ricorda, non ha svolto difese in questo giudizio di legittimità, secondo cui la tesi della ricorrente risulta infondata e pure incoerente, perché gli avvisi di accertamento in relazione agli anni 2005 e 2006 erano stati annullati e nessuna sanzione risultava pertanto suscettibile di essere riscossa e comunque di essere individuata quale base di calcolo, e perché la società invocava, in questo caso, gli accertamenti tributari relativi ad altri anni d’imposta, che però aveva insistentemente affermato essere irrilevanti in questo giudizio relativo all’anno 2008. In ogni caso il calcolo RAGIONE_SOCIALE sanzioni come effettuato dalla società risultava errato.
19.2. La censura proposta dalla parte risulta inammissibile per difetto di specificità. La società non ha infatti avuto cura di trascrivere in qual modo le sanzioni siano state calcolate dall’Amministrazione finanziaria, né in relazione all’anno 2008 oggetto di causa, né in relazione agli anni 2005 e 2006, impedendo ogni riscontro in concreto della fondatezza dei suoi argomenti.
19.2.1. Sulla base della prospettazione della parte, peraltro, la critica risulta comunque infondata. La società invoca l’applicazione dell’art. 12 del D.Lgs. n. 472 del 1997 e, sebbene non lo specifichi, sembra corretto ritenere che intenda operare riferimento al quinto comma, ai sensi del quale: ‘ 5. Quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo. Se l’ufficio non
contesta tutte le violazioni o non irroga la sanzione contemporaneamente rispetto a tutte, quando in seguito vi provvede determina la sanzione complessiva tenendo conto RAGIONE_SOCIALE violazioni oggetto del precedente provvedimento … ‘.
19.2.2. A quanto è dato comprendere, la società ritiene che nel caso di violazioni omogenee, commesse in più anni d’imposta, la ‘sanzione base’ dovrebbe essere calcolata in considerazione del primo anno accertato, ed alla sanzione così determinata dovrebbe essere applicato l’incremento conseguente alle omogenee violazioni commesse negli anni successivi.
Diversamente, come rilevato anche dal AVV_NOTAIO.M. nelle sue conclusioni, la sanzione base da prendere in considerazione è quella più grave, in questo caso quella irrogata con riferimento all’anno 2007 che però, applicandosi le regole della continuazione, comporterebbe per la contribuente l’irrogazione di una sanzione meno favorevole rispetto all’applicazione del cumulo materiale.
19.3. Inoltre, la parte lamenta, con il sintetico decimo motivo di ricorso, la mancata applicazione del favor rei , in considerazione del ius superveniens di cui al D.Lgs. n. 158 del 2015.
19.3.1. Anche in questo caso la censura risulta inammissibile, perché la contestazione della ricorrente difetta di specificità e non consente di valutare l’applicabilità alla fattispecie della modifica normativa. Questa Corte regolatrice ha già avuto modo di precisare, in proposito, che ‘in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, le modifiche apportate dal d.lgs. n. 158 del 2015 non operano in maniera generalizzata in “favor rei”, rendendo la sanzione irrogata illegale, sicché deve escludersi che la mera deduzione, in sede di legittimità, di uno “ius superveniens” più favorevole, senza specifiche allegazioni rispetto al caso concreto idonee ad influire sui parametri di commisurazione della sanzione, imponga la cassazione con rinvio della sentenza impugnata’, Cass. sez. V, 28.6.2018, n. 17143.
Il nono ed il decimo mezzo d’impugnazione devono quindi essere dichiarati inammissibili.
20. In definitiva deve essere accolto il sesto motivo di ricorso introdotto dalla RAGIONE_SOCIALE, rigettati o inammissibili gli ulteriori, e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia perché proceda a nuovo giudizio.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
accoglie il sesto motivo di ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , respinti gli ulteriori, cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a liquidare le spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, l’8 febbraio 2024.