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Onere probatorio redditometro: la prova dei fondi

Un contribuente, soggetto a un accertamento sintetico del reddito per l’anno 2007 a causa di beni di lusso, si è difeso sostenendo di possedere provviste non reddituali sufficienti. La Commissione Tributaria Regionale gli ha dato ragione, ma la Corte di Cassazione ha annullato tale decisione. La Suprema Corte ha chiarito che, per superare la presunzione del redditometro, l’onere probatorio del contribuente non si limita a dimostrare la disponibilità di fondi extra, ma richiede anche la produzione di documenti, come estratti conto, che provino l’effettivo utilizzo di tali somme per coprire le spese contestate.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere Probatorio Redditometro: Non Basta Avere i Soldi, Bisogna Provarne l’Uso

L’onere probatorio nel redditometro è un tema cruciale per ogni contribuente che si trovi ad affrontare un accertamento sintetico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 12805/2025) ha ribadito un principio fondamentale: per vincere la presunzione del Fisco non è sufficiente affermare di avere a disposizione provviste non reddituali, ma è necessario documentare in modo puntuale la loro entità, la durata del possesso e, soprattutto, fornire elementi che ne dimostrino l’effettivo impiego per le spese contestate. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa: Un Tenore di Vita Superiore al Reddito Dichiarato

Il caso ha origine da una verifica fiscale condotta dall’Amministrazione Finanziaria nei confronti di un contribuente. Per l’anno d’imposta 2007, a fronte di un reddito dichiarato di circa 19.500 euro, l’ufficio accertava un reddito presunto di oltre 74.000 euro. La discrepanza era emersa applicando il c.d. “Redditometro”, che aveva preso in considerazione alcuni beni indicativi di una notevole capacità di spesa: l’acquisto di un’imbarcazione da diporto in leasing (valore 264.000 euro), l’acquisto di un immobile di pregio (valore 2.200.000 euro) e il possesso di un’auto di lusso (valore 120.000 euro).

Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento sostenendo di aver avuto la disponibilità di provviste non reddituali, derivanti dalla vendita di altri beni e titoli, per un ammontare complessivo di oltre 500.000 euro, più che sufficienti a giustificare le spese contestate.

La Decisione dei Giudici di Merito

Mentre la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) respingeva il ricorso del contribuente, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) ribaltava la decisione. I giudici d’appello ritenevano che il contribuente avesse dimostrato la disponibilità di un’ampia provvista economica, sufficiente a giustificare l’acquisto e il mantenimento dei beni. Secondo la CTR, non era necessario provare il collegamento diretto tra la provvista finanziaria pregressa e la spesa effettuata, annullando così l’atto impositivo.

L’Onere Probatorio nel Redditometro secondo la Cassazione

L’Amministrazione Finanziaria ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione delle norme sull’accertamento sintetico (art. 38 del Dpr 600/1973) e sull’onere della prova (art. 2697 c.c.). La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendo l’argomentazione della CTR “non convincente” e incompleta. I giudici di legittimità hanno colto l’occasione per fare chiarezza sull’onere probatorio che grava sul contribuente nel contesto del redditometro.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha evidenziato come la CTR si sia limitata a prendere atto delle affermazioni del contribuente senza specificare quali prove concrete fossero state prodotte a sostegno della disponibilità di tali fondi. Secondo la Cassazione, non è sufficiente dimostrare il possesso di una provvista adeguata. La giurisprudenza consolidata richiede un passo ulteriore: il contribuente, sebbene non debba dimostrare un utilizzo diretto e nominale di quelle somme, è tenuto a “produrre documenti, quali gli estratti conto bancari, dai quali emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere”.

In altre parole, la prova contraria a carico del contribuente deve riguardare non solo la disponibilità di redditi ulteriori (esenti o già tassati), ma anche la documentazione di “circostanze sintomatiche che ne denotano l’utilizzo per effettuare le spese contestate e non altre”. La CTR, invece, non ha illustrato quale documentazione fosse stata prodotta né ha specificato l’entità di tali supposti redditi e la durata del loro possesso.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La decisione della Cassazione rafforza un principio chiave in materia di accertamento sintetico: la difesa del contribuente deve essere solida, documentata e specifica. Affermare genericamente di possedere fondi pregressi non è sufficiente. È indispensabile fornire al giudice prove documentali (come estratti conto, atti di vendita, donazioni, etc.) che non solo attestino l’esistenza di tali somme, ma che creino anche un quadro logico e verosimile del loro impiego per sostenere il tenore di vita che ha fatto scattare l’accertamento. Questa ordinanza serve da monito: di fronte al redditometro, la trasparenza e la documentazione puntuale sono le migliori alleate del contribuente.

Cosa deve fare un contribuente per contestare un accertamento basato sul redditometro?
Deve fornire la prova contraria, che non si limita a dimostrare la disponibilità di redditi ulteriori (esenti o già tassati alla fonte), ma deve anche includere la documentazione di circostanze che ne indichino l’utilizzo per sostenere le spese specifiche che hanno generato l’accertamento.

È sufficiente dimostrare di possedere somme di denaro non tassate per giustificare le spese contestate dal Fisco?
No, secondo la Corte di Cassazione non è sufficiente. Oltre a provare la mera disponibilità dei fondi, il contribuente è onerato di produrre documenti, come estratti conto bancari, dai quali emergano elementi sintomatici del fatto che tali somme siano state utilizzate, o avrebbero potuto essere utilizzate, per sostenere le spese contestate.

Qual è l’onere probatorio a carico del contribuente in caso di accertamento sintetico?
L’onere probatorio del contribuente consiste nel dimostrare che le spese effettuate derivano dalla percezione di ulteriori redditi. Questa prova deve riguardare la loro disponibilità, l’entità, la durata del possesso e deve essere supportata da documenti che ne suggeriscano l’impiego per le spese oggetto di verifica fiscale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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