Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33556 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33556 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16337/2016 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’ avvocato NOME COGNOME come da procura speciale in calce al ricorso (PEC: EMAIL);
-ricorrente –
Contro
Agenzia delle Entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-resistente – e nei confronti di
Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di , come da procura speciale in calce all’istanza di partecipazione a discussione
Napoli , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME orale (PEC: EMAIL);
-resistente –
e di
Comune di San Giuseppe Vesuviano, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (PEC:
Oggetto:
Tributi
EMAIL), come da procura speciale a margine del controricorso;
-controricorrente –
e di
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) e Comune di Ottaviano
-intimati – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 2122/28/2016, depositata l’8.03.2016 .
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 24 ottobre 2024.
RILEVATO CHE
Con la sentenza in epigrafe indicata la CTR della Campania accoglieva l’appello proposto da Equitalia Sud s.p.a. contro la sentenza della CTP di Napoli che aveva accolto il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALEn.cRAGIONE_SOCIALE avverso la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria n. 07176201288000520000 e le sottese cartelle di pagamento;
dalla sentenza impugnata si evince, per quanto ancora qui rileva, che:
il primo giudice aveva accolto il ricorso affermando che non era stata provata la notificazione delle cartelle di pagamento e, pertanto, andava annullata l’iscrizione ipotecaria ;
Equitalia aveva legittimamente prodotto in appello, ai sensi dell’art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992, le fotocopie delle ricevute postali di consegna delle cartelle di pagamento, sottese alla comunicazione di iscrizione ipotecaria, perfettamente leggibili ed univocamente riferibili alle cartelle, in ragione del numero cronologico corrispondente, con riferimento alle quali non era stata mossa alcuna specifica contestazione e non era stata proposta querela di falso;
non vi era alcuna ragione di pretendere il deposito delle cartelle di pagamento, che vengono stampate in un unico originale per la spedizione al contribuente e che rappresentano le risultanze del ruolo, il cui estratto era stata versato in atti e non contestato;
-l’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973 autorizza gli ufficiali della riscossione la notificazione a mezzo posta;
le ricevute prodotte dimostravano che le cartelle di pagamento erano state recapitate presso il domicilio del destinatario, mediante la consegna allo stesso o a persona incaricata;
poichè le cartelle di pagamento erano state regolarmente notificate e non impugnate, non potevano essere eccepiti vizi riguardanti il rapporto tributario sottostante o l’iscrizione a ruolo o relativi alle stesse cartelle esattoriali o al successivo preavviso di iscrizione ipotecaria;
la contribuente impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
il Comune di San Giuseppe Vesuviano resisteva con controricorso, l’Agenzia delle entrate e la Camera di Commercio si costituivano al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione, mentre le altre parti rimanevano intimate.
CONSIDERATO CHE
Deve preliminarmente rilevarsi che poiché l’atto depositato dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Napoli, non notificato alla controparte, non può qualificarsi come controricorso, il controricorrente, pure in presenza di regolare procura speciale ad litem , non è legittimato a depositare neppure memorie illustrative (cfr. Cass. n. 25735 del 2014); il principio, affermato con riferimento alla trattazione della causa in pubblica udienza, deve essere esteso anche al procedimento in camera di consiglio di cui all’art. 380 bis.1 c.p.c., introdotto dal d.l. 31 agosto 2016 n. 168
conv. in legge 25 ottobre 2016 n. 197 (Cass. n. 26974 del 2017; Cass. n. 24422 del 2018);
ciò posto, con il primo motivo di ricorso, la contribuente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 7, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992 (abrogato dall’art. 3 -bis, comma 5, del d.l. n. 203 del 2005), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR esercitato illegittimamente il proprio potere istruttorio, mediante pronuncia dell’ordinanza n. 333/28/15, disponendo l’acquisizione e la produzione da parte dell’Agenzia delle entrate e di Equitalia delle cartelle impugnate, non prodotte precedentemente dalla parte appellante, ritenendole necessarie ai fini del decidere e della riferibilità alle stesse al condono a cui aveva aderito la contribuente, con conseguente violazione delle regole di distribuzione dell’onere probatorio ;
il motivo è infondato;
sul punto occorre premettere che, in tema di contenzioso tributario, l’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, nell’attribuire al giudice il potere di disporre l’acquisizione d’ufficio di mezzi di prova, dev’essere interpretato alla luce del principio di terzietà sancito dall’art. 111 Cost., il quale non consente al giudice di sopperire alle carenze istruttorie delle parti, sovvertendo i rispettivi oneri probatori: tale potere, pertanto, può essere esercitato soltanto ove sussista un’obiettiva situazione di incertezza, al fine d’integrare gli elementi di prova già forniti dalle parti, e non anche nel caso in cui il materiale probatorio acquisito agli atti imponga una determinata soluzione della controversia (Cass. n. 4762 del 24.02.2020);
-dallo stralcio dell’ordinanza istruttoria del 2.03.2015, riportato a p. 6 del ricorso per cassazione, si evince che la CTR, proprio perché la contribuente aveva dedotto di avere definito l’intera pretesa mediante la rottamazione dei carichi esattoriali pendenti ai sensi della l. n. 289
del 2002, ha rilevato la necessità di acquisire ‘le cartelle impugnate e l’asserita riferibilità delle stesse del condono effettuato dalla parte ‘;
per quanto riguarda le copie delle ricevute postali di consegna delle cartelle di pagamento, invece, dalla sentenza impugnata si evince che le stesse erano state prodotte da Equitalia ai sensi dell’art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992 e non su ordine della Commissione regionale;
-la decisione di ritenere regolarmente notificate le cartelle di pagamento impugnate si è fondata sulla produzione di dette ricevute postali e non sulle cartelle di pagamento, la cui produzione era stata ritenuta, peraltro, superflua, per verificare la regolarità della notificazione, in quanto le stesse si limitavano a riprodurre le risultanze del ruolo, il cui estratto era stato già versato in atti dall’agente dell a riscossione e non contestato;
non avendo la censurata ordinanza istruttoria riguardato la ricevute postali, per quello che è dato desumere dal contenuto del ricorso per cassazione, non si ravvisa alcuna violazione delle norme censurate con il primo motivo di ricorso;
-con il secondo motivo, deduce l’omesso esame della eccezione di prescrizione, quale punto decisivo della controversia, nonché motivazione assolutamente mancante, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., avendo la CTR omesso di valutare l’eccezione preliminare riproposta dalla parte appellata circa la intervenuta prescrizione quinquennale delle cartelle impugnate, elencate nel preavviso di iscrizione ipotecaria;
anche questo motivo è inammissibile;
alla fattispecie in esame, infatti, si applica l’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. nel testo novellato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134 (essendo stata la sentenza impugnata pubblicata in data 8.03.2016). A seguito di detta modifica normativa, non trovano più accesso al sindacato di
legittimità della Corte le censure riguardanti il vizio di insufficienza o incompletezza della motivazione della sentenza di merito impugnata, essendo denunciabile con il ricorso per cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053);
-la nuova formulazione del vizio di legittimità, introdotta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, che ha sostituito l’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. (con riferimento alle impugnazioni proposte avverso le sentenze pubblicate dopo l’11.09.2012), ha limitato il ricorso alla sola ipotesi di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti “, con la conseguenza che, al di fuori dell’indicata omissione, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte – formatasi in materia di ricorso straordinario – in relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. e che
determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità (Cass. 2.10.2017, n. 23940);
laddove non si contesti la inesistenza del requisito della motivazione del provvedimento impugnato, quindi, il vizio di motivazione può essere dedotto solo in caso di omesso esame di un ‘fatto storico’ controverso, che sia stato oggetto di discussione ed appaia ‘decisivo’ ai fini di una diversa decisione, non essendo più consentito impugnare la sentenza per contestare la sufficienza della sua argomentazione sulla base di elementi fattuali ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit. e Cass. Sez. U. 22.09.2014, n. 19881);
-è stato poi precisato che il controllo previsto dal nuovo n. 5 dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ. concerne l’omesso esame di un fatto ‘storico’, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); – si tratta di censura che, tuttavia, impone a chi la denunci di indicare, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato ex
oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” ( multis , Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.);
la ricorrente non ha denunciato l’omesso esame di un fatto, ma un’inammissibile omesso esame di un’eccezione che la CTR ha, peraltro, implicitamente esaminato affermando che, ‘una volta accertato che le cartelle di pagamento sono state tutte notificate, esse devono ritenersi definitive per omessa impugnazione, sicchè non
può più essere eccepito alcun vizio né del rapporto tributario sottostante, né dell’iscrizione a ruolo, né delle stesse cartelle, né della comunicazione di preavviso di iscrizione ipotecata successivamente notificata ‘;
in conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore del controricorrente, Comune di San Giuseppe Vesuviano, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo; nulla va invece disposto nei confronti delle parti resistenti Agenzia delle entrate e Camera di Commercio di Napoli e nei confronti delle parti intimate RAGIONE_SOCIALE e Comune di Ottaviano non avendo gli stessi svolto difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore del controricorrente Comune di San Giuseppe Vesuviano, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in € 4.3 00,00 per compenso, € 200,00 per esborsi, oltre al 15% sul compenso per rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale del 24 ottobre 2024.