Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24707 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24707 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 07/09/2025
Accertamento – Indagini
bancarie
–
Prova –
lavoratore autonomo
ORDINANZA
Sul ricorso n. 9695-2022, proposto da:
COGNOME NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE rappresentato e difeso da sé medesimo –
Ricorrente
CONTRO
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE , cf 06363391001, in persona del Direttore p.t., domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato –
Controricorrente
Avverso la sentenza n. 8849/05/2021 della Commissione tributaria regionale della Sicilia, depositata l’8 .10.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’11 .04.2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L ‘Agenzia delle entrate notificò a COGNOME COGNOME l’avviso d’accertamento, c on cui contestò ai fini Irpef, Iva ed Irap un maggior reddito di lavoro autonomo, conseguito nell’anno 200 6.
L’accertamento, fondato sulla verifica delle movimentazioni bancarie relative ai conti correnti intestati al contribuente, esercente la libera professione di avvocato, fu impugnato dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catania, che con sentenza n. 4185/13/2017 ne accolse le ragioni, annullando l’atto. L’appello con cui l’Agenzia delle entrate denunciava l’erroneità delle statuizioni di primo grado, fu accolto in parte dalla Commissione tributaria regionale della Sicilia con sentenza n. 8849/05/2021.
Il giudice regionale ha riportato le ragioni del provvedimento favorevole al contribuente dinanzi alla commissione provinciale, secondo il quale, a seguito de ll’intervento della Corte Costituzionale, che con sentenza n. 228 del 2014 aveva riconosciuto l’illegittimità dell’art. 32, d.P.R. n. 600 del 1973 nella parte in cui imputava a reddito le operazioni bancarie di prelievo anche nei confronti dei lavoratori autonomi, al pari degli imprenditori, le presunzioni legali non potevano più operare nei confronti del libero professionist a. Ha quindi osservato che l’intervento della Corte Costituzionale, e poi dell’art. 7 -quater del d.l. n. 193 del 2016, conv. in legge n. 225 del 2016, a differenza di quanto asserito dal giudice di prime cure, ha escluso per i lavoratori autonomi le presunzioni legali ex art. 32 cit. solo con riguardo ai prelevamenti, non anche per i versamenti, per i quali la disciplina è rimasta invariata. Rilevando poi che la stessa Agenzia delle entrate non ha più insistito con l’appello in ordine ai prelevamenti, ma so lo ai versamenti, ha affermato che, al di là delle stesse giustificazioni riconosciute dall’ufficio in esito all’esame della documentazione allegata dal contribuente in sede endoprocedimentale, non emergevano ulteriori elementi, ai fini probatori, che autorizzavano ad escludere l’operatività della presunzione in ordine ai prelevamenti. Ha quindi concluso accogliendo l’appello erariale e per conseguenza ha confermato l’atto impositivo in ordine alle operazioni bancarie di versamento operate dal COGNOME sul proprio conto corrente.
Il ricorrente ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria, cui ha resistito con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Nell’adunanza camerale dell’11 aprile 2025 la causa è stata trattata e
RGN 9695/2022 decisa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente ha denunciato con il primo motivo l’omesso esame circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, primo comma n. 5, c.p.c. Il giudice regionale non avrebbe preso in esame tutta la documentazione in atti versata dal contribuente al fine di dimostrare l’estraneità dei versamenti alla pr opria attività professionale.
Con il secondo motivo la violazione dell’art. 36, d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. La sentenza d’appello sarebbe nulla per motivazione apparente.
Con il terzo motivo la violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. La sentenza, ignorando la documentazione allegata, dimostrativa della estraneità dei suddetti versamenti, e la circostanza che la difesa erariale non abbia contestato il contenuto delle difese del contribuente, non ha tenuto conto che il complesso difensivo costituiva prova delle ragioni del ricorrente.
Deve intanto rigettarsi l’eccepita inammissibilità del ricorso per cassazione, che, limitato ai soli ‘errori di diritto’, sarebbe stato invece utilizzato dal contribuente per denunciare errori di fatto.
L’eccezione è infondata perché nel formulare le sue censure il ricorrente ha denunciato anche errori di diritto, processuali e di interpretazione delle regole.
Per ordine logico è prioritario l’esame del secondo motivo, che, denunciando un vizio di radicale nullità della decisione, qualora fondato, assorbirebbe gli altri.
Esso è fondato.
Questa Corte ha chiarito che sussiste l’apparente motivazione della sentenza ogni qual volta il giudice di merito ometta di indicare su quali elementi abbia fondato il proprio convincimento, nonché quando, pur indicandoli, a tale elencazione ometta di far seguire una disamina almeno chiara e sufficiente, sul piano logico e giuridico, tale da permettere un adeguato controllo sulla correttezza del suo ragionamento (Sez. U, 3 novembre 2016, n. 22232; cfr. anche 23 maggio 2019, n. 13977; 1 marzo 2022, n. 6758). In sede di gravame, non è viziata la decisione quando motivata per relationem ove il giudice d’appello, facendo proprie le
RGN 9695/2022
argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purché il rinvio sia operato così da rendere possibile ed agevole il controllo, dando conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata. Essa va invece cassata quando il giudice si sia limitato ad aderire alla pronuncia di primo grado senza che emerga, in alcun modo, che a tale risultato sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (cfr. Cass., 19 luglio 2016, n. 14786; 7 aprile 2017, n. 9105). La motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione è apparente anche quando, ancorché graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regolano la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass., 1 marzo 2022, n. 6758; 30 giugno 2020, n. 13248; cfr. anche 5 agosto 2019, n. 20921). È altrettanto apparente ogni qual volta evidenzi una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio (Cass., 14 febbraio 2020, n. 3819), oppure quando carente nel giudizio di fatto, così che la motivazione sia basata su un giudizio generale e astratto (Cass., 15 febbraio 2024, n. 4166).
Nel caso di specie il giudice regionale chiarisce nitidamente il perimetro entro il quale la sentenza n. 228 del 2015 pronunciata dalla Corte Costituzionale, e l’art. 7 -quater del d.l. n. 193 del 2016 hanno inciso sull’ambito applicativo delle prove legali in materia di verifiche eseguite ai sensi dell’art. 32 cit. s ui conti bancari dei lavoratori autonomi, ossia solo sui prelievi, ribadendo dunque che quelle prove legali restano efficaci nei riguardi dei versamenti e possono essere superate solo dalla documentazione o comunque dalle controprove con cui il contribuente ha inteso dimostrare la estraneità dei versamenti bancari dai ricavi della propria attività professionale. Dopo questa utile premessa, però, quando deve spiegare se le allegazioni documentali, con cui il contribuente intendeva
superare gli esiti degli accertamenti bancari, fossero o meno sufficienti e adeguate, si limita ad affermare che ‘al di là delle giustificazioni già ammesse dall’Ufficio in esito all’esame della documentazione e delle motivazioni fornite dal contribuente, non si rilevano invero ulteriori elementi probatori che portano a dover escludere l’op eratività della presunzione legale per i versamenti sui c/c bancari che l’Ufficio ha ritenuto rilevanti ai fini della determinazione del maggior reddito di lavoro autonomo accertato in capo al contribuente’.
Ebbene, la motivazione della sentenza, graficamente esistente, è del tutto priva di contenuto, non riscontrandosi un solo riferimento o richiamo a cosa il contribuente avesse allegato, così che l’affermazione del collegio regionale resta un mero assioma privo di dimostrazione, come tale del tutto apparente.
Infatti, n el ricorso ora all’esame di questa Corte il contribuente, in osservanza del principio di specificità, ha elencato dettagliatamente la svariata documentazione allegata alle difese in primo grado e in appello. A tal fine si fa richiamo a dichiarazioni di terzi, a fatture, a corrispettivi indicati in atti pubblici, con relativo dettaglio delle singole operazioni bancarie contestate con l’atto impositivo.
A fronte del richiamo alla documentazione, l ‘apparenza si rivela tanto più evidente quando si considerino gli approdi della giurisprudenza di legittimità in tema di accertamento dei redditi a mezzo di verifiche condotte sui conti correnti del contribuente.
Questa Corte ha affermato che la presunzione ex art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 consente all’ Ufficio di riferire de plano ad operazioni imponibili i dati raccolti in sede di accesso ai conti correnti bancari del contribuente, cui è fatta salva la prova contraria; la legittimità della utilizzazione degli elementi risultanti dalle movimentazioni bancarie non è neppure condizionata alla previa instaurazione del contraddittorio preventivo (Cass., 15 maggio 2013, n. 11624; 27 febbraio 2019, n. 5777).
Peraltro, quanto al concreto atteggiarsi dell’onere probatorio, quello dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 cit., attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che
gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili (Cass., 27 giugno 2011, n. 14041; 26 aprile 2017, n. 10249; 29 luglio 2016, n. 15857; 20 marzo 2019, n. 7758; tra le più recenti, 31 gennaio 2024, n. 2928; 18 settembre 2024, 25043; 4 ottobre 2024, n. 26014). Non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sui conti correnti, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività, con conseguente non rilevanza fiscale (Cass., 18 settembre 2013, n. 21303; 11 marzo 2015, n. 4829; 5 maggio 2017, n. 11102; 3 maggio 2018, n. 10480).
Quello che viene richiesto al contribuente, a fronte delle risultanze bancarie addotte dalla Amministrazione, è dunque l ‘ analiticità della prova allegata. La sua specificità ed analiticità consente infatti di superare la presunzione di attribuzione dei versamenti e dei prelevamenti emergenti dal conto corrente dell’imprenditore , ed alla specificità della prova contraria deve far seguito una valutazione del giudice altrettanto analitica di quanto dedotto e documentato dal contribuente ( ex multis , Cass., 28 novembre 2018, n. 30786; 5 maggio 2021, n. 11696; 18 novembre 2021, n. 35258; cfr. anche 8 ottobre 2020, n. 21700).
Tutto ciò non si manifesta nella sentenza, che neppure con cenni sommari richiama la documentazione che avrebbe dovuto invece esaminare prima di giungere a qualunque conclusione.
Il motivo, in definitiva, va accolto, ed all’accoglimento del secondo motivo trova assorbimento il primo ed il terzo.
La sentenza va cassata e il giudizio va rinviato alla Corte di giustizia tributaria di II grado della Sicilia, perché, in diversa composizione, oltre che a liquidare le spese di legittimità, provveda alla decisione della causa tenendo conto dei principi enunciati sulla specificità ed analiticità della prova.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo, assorbiti il primo ed il terzo. Cassa la sentenza e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di II grado della Sicilia, cui demanda, in diversa composizione, anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, all’esito della camera di consiglio del giorno 11