Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15679 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15679 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/06/2024
Oggetto: Tributi
Regime agevolato di non imponibilità Iva – esportatori abituali – beni e servizi per i quali l’Iva è oggettivamente indetraibile – esclusione
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 29971 del ruolo generale dell’anno 2022, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale del 16 gennaio 2023, autenticata nella firma dal AVV_NOTAIO, dall’AVV_NOTAIO, NOME COGNOME e
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso gli indirizzi di posta elettronica dei difensori EMAIL; EMAIL;EMAIL
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Veneto n. 692/06/2022, depositata in data 18 maggio 2022, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 aprile 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, propone ricorso affidato a due motivi per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione Tributaria Regionale del Veneto aveva rigettato l’appello proposto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , avverso la sentenza n. 451/04/2020 della Commissione Tributaria Provinciale di Venezia con la quale erano stati accolti i ricorsi riuniti della suddetta società avverso: 1) tre avvisi di accertamento con i quali, per gli anni di imposta 2014-2017, veniva recuperata l’IVA stante l’assunta illegittimità del regime agevolato di non imponibilità utilizzato dalla contribuente in diverse cessioni effettuate, in base a contratti di leasing, di autoveicoli da strada – beni per i quali la detrazione dell’Iva era limitata al 40%, ai sensi dell’art. 19 bis 1, comma 1, lett. c) e d) del d.P.R. n. 633/1972 salvo specifiche eccezioni di detraibilità integrale – ad acquirenti passivi che avevano
presentato la dichiarazione di intento quali esportatori abituali ex artt. 8, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 633/72 e 1, comma 1, lett. b) e c) del d.l. n. 746/1983, conv. in l. n. 17/1984, irrogando anche le relative sanzioni; 2) un provvedimento di diniego parziale di rimborso emesso in riferimento al minor credito Iva accertato con i suddetti avvisi.
2. In punto di diritto, per quanto di interesse la CTR ha affermato che: 1) con riguardo all’emissione di fatture relative all’esportazione non imponibili ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 633/72, RAGIONE_SOCIALE non disponeva ‘ degli strumenti sufficienti per verificare la detraibilità piena o limitata in capo ai clienti non potendo (e non dovendo) in questo sostituirsi all’Amministrazione finanziaria, unico soggetto dotato dei poteri istruttori di carattere autoritativo necessari per acclarare le effettive modalità di utilizzo dei beni in corso di acquisto ‘; oltre alla verifica della presentazione in conformità alle disposizioni di legge da parte dei clienti esportatori abituali della propria dichiarazione di intenti al fine di usufruire del regime in sospensione di imposta, ‘ in capo al cedente non sussisteva l’obbligo di alcuna altra verifica anche nell’ipotesi che per il cliente cessionario operassero limitazioni di carattere oggettivo per la detraibilità previste dall’art. 19bis 1 comma1,lett. c) e d) del d.P.R. n. 633/72 ‘ ; peraltro, anche nel caso di dichiarazione di intento non veritiera da parte del cessionario, il cedente una volta riscontratane la conformità alle disposizioni di legge, non era tenuto ad eseguire alcun altro controllo, rimanendo totalmente a carico di chi emette tale dichiarazione la responsabilità, anche penale, derivante da un’eventuale falsità; né poteva al caso di specie, applicarsi il decisum -invocato in appello dall’Ufficio di cui alla sentenza della Corte di Cassazione n. 6509/2015 (circa la configurazione di un possibile concorso del cedente nella frode da falsa dichiarazione di intento compiuta dai cessionari ) atteso che, nella specie, l’RAGIONE_SOCIALE non aveva chiarito i
termini di un ipotizzato concorso (se di persone o di cause, con una mera connivenza o un consapevole apporto morale) della società contribuente nelle falsità – peraltro né specificate né dimostrate RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di intenti dei clienti.
Resiste la società contribuente con controricorso illustrato con memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 8, comma 1, lett. c) e 2 e 19bis1 comma 1 lett. c); 1, comma 1, del d.l. n. 746/1983, conv. in l. n. 17/1984; 2697 c.c. per avere la CTR ritenuto legittima l’applicazione da parte della contribuente-cedente del regime di sospensione di imposta ex art. 8, comma 1, lett. c) cit. per le cessioni di autoveicoli da strada ad esportatori abituali, che avevano presentato la dichiarazione di intento, non potendosi addossare al cedente anche nell’ipotesi in cui per i clienti cessionari operassero limitazioni di carattere oggettivo per la detraibilità previste dall’art. 19 bis , comma 1, lett. c) e d) del d.P.R. n. 633/72 – altro onere se non quello di verificare meramente l’esistenza della dichiarazione di intento e la sua rispondenza ai requisiti di forma e di contenuto di cui all’art. 1 del d.l. n. 746/83 e non essendo, nella specie, stata provata dall’Ufficio alcuna frode da parte dei cessionari né tantomeno un concorso nella stessa da parte della cedente; diversamente, ad avviso dell’RAGIONE_SOCIALE, la CTR, avrebbe violato le norme richiamate in rubrica, in quanto, lungi dall’essere sufficiente al fine di applicare il regime derogatorio di non imponibilità Iva, la presentazione della dichiarazione di intento da parte dei cessionari – esportatori abituali, titolari di plafond utilizzabile, la contribuente -cedente -a prescindere dalla presentazione di tale dichiarazione – era tenuta a verificare la sussistenza dei presupposti fattuali caratterizzanti le dette cessioni
effettuate in sospensione d’imposta, in deroga alla disciplina ordinaria, e in particolare, che le operazioni poste in essere rientrassero tra quelle che davano diritto alla detrazione Iva in capo ai cessionari (quale presupposto implicito per applicare il regime di non imponibilità Iva), il che, nella specie, era da escludere trattandosi di beni ceduti (autoveicoli da strada) per i quali l’Iva era indetraibile ai sensi dell’art. 19 bis 1 comma 1, lett. c) e d) cit., salvo la ricorrenza di ipotesi eccezionali (operatori esercenti la rivendita di autoveicoli; agenti o rappresentanti di commercio; eventuali operatori per i quali l’uso del veicolo poteva considerarsi oggettivamente strumentale). La CTR avrebbe, pertanto, secondo l’RAGIONE_SOCIALE, errato nell’affermare l’inesigibilità di tali oneri di controllo sostanziale in capo al cedente, essendo invece agevole per quest’ultimo appurare , prima di riconoscere il trattamento esentativo a tutti gli operatori, la tipologia d ell’ attività esercitata dai cessionari tramite visura in CCIAA o richiesta di autocertificazione (nella specie, come si evinceva dallo stesso avviso, effettuata dal cedente ma evasa solo da alcuni clienti).
2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546/1992 per avere la CTR, violando il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, e comunque, in via alternativa, con una motivazione totalmente omessa o apparente, ritenuto legittima l’applicazione del regime di non imponibilità dell’Iva in mancanza di prova da parte dell’Ufficio di frodi commesse dai ce ssionari mediante false dichiarazioni di intento e di un ipotetico concorso in esse da parte del cedente, sebbene la contestazione dell’Ufficio afferisse , non già alla veridicità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni, ma alla inapplicabilità del regime esentativo per il fatto che le cessioni in questione avevano ad oggetto autoveicoli da strada per i quali l’Iva era indetraibile ai sensi dell’art. 19bis1 del d.P.R. n. 633/72 .
Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per asserita carenza di interesse avendo l’RAGIONE_SOCIALE impugnato la sentenza di appello esclusivamente nella parte in cui aveva confermato l’illegittimità degli avvisi di accertamento e no n già nella parte relativa al disposto annullamento anche del diniego di rimborso; invero, atteso che -come si evince dalla sentenza impugnata e dallo stesso controricorso (pag. 3)- il provvedimento di diniego parziale di rimborso era stato emesso proprio in riferimento al minor credito Iva accertato con gli avvisi stante la ritenuta illegittima applicazione del regime di non imponibilità dell’imposta da parte del cedente riguardo alle cessioni di autoveicoli da strada ad acquirenti passivi che avevano presentato la dichiarazione di intento quali esportatori abituali ex artt. 8, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 633/72 e 1, comma 1, lett. b) e c) del d.l. n. 746/1983, è chiaro che l’impugnativa, con i motivi formulati, da parte dell’Ufficio della sentenza di a ppello, involge sostanzialmente l’intera pronuncia del giudice di seconde cure di annullamento degli atti impositivi e del conseguenziale diniego di rimborso.
Il secondo motivo -che involge l’esame di due sub motivi proposti in via alternativa e da trattarsi logicamente in via pregiudiziale -è infondato.
Quanto all’assunto vizio di extrapetizione, premesso che “E’ ravvisabile vizio di extrapetizione soltanto allorquando il giudice d’appello pronunci oltre i limiti RAGIONE_SOCIALE richieste e RAGIONE_SOCIALE eccezioni fatte valere dalle parti, oppure su questioni non dedotte e che non siano rilevabili d’ufficio, attribuendo alle parti un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato; non è invece precluso al giudice del gravame l’esercizio del potere-dovere di qualificare diversamente i fatti, con il solo limite di non esorbitare dalle richieste contenute nell’atto di impugnazione e di non introdurre nuovi elementi di fatto nell’ambito RAGIONE_SOCIALE questioni sottoposte al
proprio esame (tra varie, Cass., sez. 5°, n. 21057 del 2021; Cass., sez. 5, n. 8716 del 2021; Cass. 18830 del 2017; Cass. 12 gennaio 2016, n. 296; 31 luglio 2015, n. 16213) nella specie, la CTR – a fronte della contestazione da parte dell’Ufficio della illegittima applicazione da parte della contribuente-cedente del regime di non imponibilità Iva sulle cessioni, in forza di contratti di leasing, ai clienti esportatori abituali, titolari un plafond utilizzabile, di beni (autoveicoli da strada) per i quali l’Iva era indetraibile ai sensi dell’art . 19bis1, comma 1, lett. c) e d) del d.P.R. n. 633/72 -ha ritenuto, non incorrendo nella supposta violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, non tenuto il cedente all’obbligo di alcuna altra verifica (oltre a quella concernente la presentazione da parte dei cessionari della propria dichiarazione di intento in conformità alle disposizioni di legge) anche nell’ipotesi in cui ‘ per il cliente cessionario operassero limitazioni di carattere oggettivo per la detraibilità previste dall’art. 19bis1, comma 1, lett. c) e d) del d.P.R. n. 633/1972 ‘; in particolare, ad avviso della CTR, RAGIONE_SOCIALE non disponeva ‘ degli strumenti sufficienti per verificare la detraibilità piena o limitata in capo ai clienti non potendo (e non dovendo) in questo sostituirsi all’Amministrazione finanziaria, unico soggetto dotato dei poteri istruttori di carattere autoritativo necessari per acclarare le effettive modalità di utilizzo dei beni in corso di acquisto ‘; il giudice di appello ha poi aggiunto RAGIONE_SOCIALE considerazioni in replica a quanto dedotto dall’RAGIONE_SOCIALE, nell’atto di appello in cui era stato invocato, a sostegno della propria tesi, il decisum della Corte di cassazione (sentenza n. 6509/2015), ritenendo che nella fattispecie in esame tale precedente (circa la configurazione di un possibile concorso del cedente nella frode da falsa dichiarazione di intento compiuta dai cessionari) non potesse trovare applicazione non essendo stata dimostrata dall’Ufficio alcuna frode da parte dei cessionari né tantomeno chiariti i termini di un ipotetico concorso della cedente nella stessa.
Ugualmente infondata è l’altra sub censura proposta, in via alternativa, di assunta omessa radicale motivazione o motivazione apparente in quanto premesso che «ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento» (Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 25456 del 2018; n. 22949 del 2018; Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 6-5, 28829 del 2021), nella specie, alla luce di quanto sopra esposto, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia carente o incoerente sul piano della logicagiuridica, contenendo una sufficiente esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni sottese al rigetto dell’appello, ancorché l’illustrazione RAGIONE_SOCIALE argomentazioni giustificative della decisione (al di là della loro fondatezza) risulti stringata e concisa.
Quanto al primo motivo va preliminarmente disattesa l’eccezione d’inammissibilità che la controricorrente prospetta in base alla considerazione che l’RAGIONE_SOCIALE tenderebbe ad ottenere la rivalutazione del merito; in realtà, la ricorrente non ha contestato la ricostruzione in fatto operata in sentenza, ma la violazione RAGIONE_SOCIALE norme in tema di regime di non imponibilità Iva RAGIONE_SOCIALE cessioni all’esportazione e di riparto dell’onere della prova e di regime .
7.1. Il mezzo è fondato.
7.2. Come questa Corte ha già avuto occasione di sottolineare (si veda, in particolare, Cass. 15 giugno 2018, n. 15835), per quanto riguarda le cessioni all ‘ esportazione di cui all’art. 8 del d.P.R. n. 633/1972, la non imponibilità contemplata dalla lett. c) del comma 1 di tale norma (e dal successivo comma 2) non riguarda la sussistenza del debito IVA (né la relativa responsabilità, principale
o solidale), bensì l’esecutività di esso, in ragione della possibilità dell’estinzione satisfattiva di quel debito mediante compensazione con i crediti IVA dell’esportatore abituale ( v. Sez. 5, 14 marzo 2012, n. 4022, secondo cui la dichiarazione di intento, concernendo le condizioni dell’importatore, le quali rilevano ai soli fini del pagamento dell’imposta, che resta sospesa per coloro che versino nelle condizioni previste dalla legge e lo dichiarino sotto la propria responsabilità, incide soltanto sulla procedura di riscossione; conf., Sez. 5, 27 marzo 2013, n. 7720). Le cessioni all’esportazione non difettano dell’elemento della territorialità, come conferma il loro assoggettamento agli obblighi formali di fatturazione e dichiarazione. Il che le renderebbe assoggettabili a imposta, se non fossero state configurate dal legislatore come non imponibili, in base al principio della detassazione dei beni in uscita dal territorio unionale, e dell’applicazione dell’IVA italiana a quelli in entrata (Sez. 5, 24 marzo 6 2016, nn. 5853 e 5854; 22 ottobre 2014, n. 22430; 8 marzo 2013, n. 5894). La disposizione contenuta nella lett. c) dell’art. 8 considera, invece, non imponibili – sebbene si tratti di merci o prestazioni di servizi destinate ad entrare o ad essere eseguite nel territorio comunitario – le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte a soggetti che abbiano compiuto abitualmente cessioni all’esportazione od operazioni intracomunitarie, e chiedano al loro fornitore di non applicare l’imposta sull’operazione di acquisto o di importazione. In sintesi, il legislatore consente ai contribuenti che rivestono la qualifica d’esportatore abituale di acquistare beni e servizi senza applicazione dell’IVA nei limiti di un dato plafond quantitativo, temporalmente definito, rapportato al volume complessivo dei corrispettivi per le cessioni. La ratio è di agevole comprensione, ove si consideri che le cessioni all’esportazione – come le operazioni intracomunitarie non limitano la detrazione dell’imposta sugli acquisti (Sez. 5, 19 giugno 2015, n. 12763), sicché gli esportatori
abituali che eseguano operazioni di tal fatta finirebbero per trovarsi costantemente in credito con l’erario, giacché l’esiguità RAGIONE_SOCIALE operazioni imponibili compiute (a debito) non varrebbe a compensare quelle sugli acquisti (a credito). Al fine, dunque, di evitare che taluni operatori siano in permanente attesa del rimborso dell’eccedenza d’imposta, il legislatore consente loro di effettuare acquisti senza applicazione dell’IVA, includendo tra le operazioni non imponibili anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi compiute nei loro confronti (Cass. sez. 5, n. 32429 del 2018; nello stesso senso, Cass. Sez. 5, n. 14979 del 2020). In definitiva, il plafond disciplinato dall’art. 8, comma 1, lett. c, rappresenta un semplice limite quantitativo monetario utilizzabile nell’anno successivo per procedere ad acquisti in sospensione d’imposta (Cass. 6 marzo 2015, n. 4556).
7.3. Questa Corte ha precisato che, in termini generali, il plafond rappresenta il limite entro il quale le imprese, che hanno acquisito la connotazione di esportatore abituale, possono effettuare acquisti senza addebito d’imposta, ed è costituito dalla somma dei corrispettivi registrati ai fini Iva relativi alle operazioni internazionali messe in atto dall’esportatore in parola; l’istituto rappresenta una deroga rispetto all’ordinario sistema dell’IVA, la cui ratio risponde all’esigenza di evitare che determinate categorie di operatori economici, che effettuano un notevole volume di cessioni all’esportazione si trovino gravati da un consistente credito di imposta nei confronti dell’Erario; il plafond di cui all’art. 8 del d.P.R. n. 633 del 1972 individua il limite quantitativo entro il quale l’esportatore abituale può esercitare la facoltà di acquistare ed importare beni e servizi senza pagamento dell’imposta (ad eccezione di fabbricati, aree edificabili e beni e servizi per i quali l’IVA è indetraibile); l’ ‘ammontare del plafond è determinato dalle cessioni all’esportazione o dalle altre operazioni non imponibili ad esse assimilate registrate nell’anno solare o nei dodici mesi
precedenti; sul piano funzionale il meccanismo del plafond elimina, pertanto, lo “svantaggio economico” derivante dal credito IVA maturato dal produttore-esportatore che fisiologicamente non è possibile ottenere a rimborso in tempi sufficientemente brevi, con conseguente penalizzazione, sotto il profilo finanziario, dello stesso soggetto e, più in generale, RAGIONE_SOCIALE operazioni di esportazione (Cass. sez. 5, n. 13998 del 2019; Cass. sez. 5, n. 4158 del 2016).
7.4. Ciò premesso, la detraibilità limitata dell’IVA in caso di acquisto o importazione di veicoli stradali a motore, prevista dall’art. 19bis.1 DPR 633/72, trova le sue origini nella sentenza della C.Giust. UE 14 settembre 2006 C-228/05. In particolare, la Corte di Giustizia UE, interpellata sulla compatibilità comunitaria dell’art. 19-bis1 D.P.R. 633/1972 (nella sua formulazione risultante dall’art. 3 del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 313), con la sentenza relativa alla causa C-228/05, Stradasfalti, ha stabilito che i limiti posti dalla legislazione italiana alla detrazione Iva per le autovetture erano contrari alle disposizioni del diritto comunitario; pertanto, i contribuenti ai quali la normativa italiana non aveva consentito di detrarre l’Iva assolta sull’acquisto di autovetture e le relative spese di impiego avrebbero potuto recuperare tale imposta conformemente alle disposizioni contenute nell’art. 17 della sesta direttiva comunitaria (“nella misura in cui i beni e i servizi sono stati impiegati ai fini di operazioni soggette ad imposta”) a partire dal 15 settembre 2006 anche per le annualità pregresse ( Cass. sez. 5, n. 4150 del 2018).
Successivamente, con la Decisione 18 giugno 2007 2007/441/CE del Consiglio europeo (la cui scadenza è stata prorogata dal 31 dicembre 2022 al 31 dicembre 2025), l’RAGIONE_SOCIALE è stata autorizzata a limitare al 40% il diritto a detrarre l’IVA sulle spese relative ai veicoli stradali a motore non utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’attività d’impresa, arte o professione.
7.4. L ‘art. 19bis1 del d.P.R. n. 633/1972 , nella versione vigente ratione temporis , stabilisce che ‘ In deroga alle disposizioni di cui all’articolo 19: c) l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di veicoli stradali a motore , diversi da quelli di cui alla lettera f) dell’allegata tabella B, …e dei relativi componenti e ricambi è ammessa in detrazione nella misura del 40 per cento se tali veicoli non sono utilizzati esclusivamente nell’esercizio dell’impresa, dell’arte o della professione. La disposizione non si applica, in ogni caso, quando i predetti veicoli formano oggetto dell’attività propria dell’impresa nonché’ per gli agenti e rappresentanti di commercio… d) l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di carburanti e lubrificanti destinati a …veicoli stradali a motore, nonché’ alle prestazioni di cui al terzo comma dell’articolo 16 … è ammessa in detrazione nella stessa misura in cui è ammessa in detrazione l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di detti aeromobili, natanti e veicoli stradali a motore ‘.
7.5. Pertanto, l’art. 19bis1 cit. relativamente all’acquisto/impostazione di veicoli stradali a motore limita la detrazione d’imposta al 40%, prevedendo la detraibilità integrale dell’Iva (che consente l’applicazione dell’istituto del plafond ) a condizione, anche disgiuntamente, che tali beni formino oggetto dell’attività dell’impresa, dell’arte o della professione; siano utilizzati esclusivamente nell’esercizio dell’impresa, dell’arte o della professione; siano acquistati da agenti o rappresentanti di commercio.
7.6. Sul criterio di riparto dell’onere probatorio per l’applicazione del regime di non imponibilità Iva, questa Corte ha statuito che «In tema di IVA, il regime di cessione (all’esportazione) in sospensione d’imposta, di cui all’art. 8 del d.P.R. n. 633 del 1972 ( ratione
temporis applicabile), può essere legittimamente applicato dal cedente anche prima dalla ricezione, da parte dello stesso, della dichiarazione di cui all’art. 1, del d.l. 29 dicembre 1983, n. 746 (ratione temporis applicabile), a condizione che egli provi la sussistenza di tutti i presupposti fattuali caratterizzanti la detta cessione, in quanto derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria» ( Cass. sez. 5, n. 9586 del 2019).
7.7. Ne consegue l’enunciazione del seguente principio di diritto: « In tema di Iva, il regime di sospensione d’imposta di cui all’art. 8, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 633 del 1972 per le cessioni ad esportatori abituali di autoveicoli da strada beni per i quali l’Iva è di regola non integralmente detraibile ai sensi dell’art. 19bis 1, comma 1, lett. c) e d) del d.P.R. n. 633/1972 – può essere legittimamente applicato dal cedente a condizione che provi la sussistenza dei presupposti fattuali per l’applicazione del regime fiscale derogatorio di non imponibilità Iva, e, in particolare, la sussistenza RAGIONE_SOCIALE ipotesi eccezionali – con riguardo alla tipologia degli acquirenti di operatori esercenti la rivendita di autoveicoli ovvero di agenti o rappresentanti di commercio ovvero di operatori per i quali l’uso del veicolo può considerarsi oggettivamente strumentale – per le quali è ammessa da parte dei cessionari la detrazione integrale dell’Iva ».
7.7. Nella sentenza impugnata, la CTR non ha fatto buon governo dei suddetti principi nel ritenere legittima l’applicazione da parte della contribuente-cedente del regime di sospensione di imposta ex art. 8, comma 1, lett. c) cit. per le cessioni di autoveicoli da strada (autovetture a marchio RAGIONE_SOCIALE o di altre prestigiose case automobilistiche) ad esportatori abituali, che avevano presentato la dichiarazione di intento, atteso che ‘RAGIONE_SOCIALE non disponeva ‘ degli strumenti sufficienti per verificare la detraibilità piena o limitata in
capo ai clienti non potendo (e non dovendo) in questo sostituirsi all’Amministrazione finanziaria, unico soggetto dotato dei poteri istruttori di carattere autoritativo necessari per acclarare le effettive modalità di utilizzo dei beni in corso di acquisto ‘ e che non poteva addossarsi al cedente l’obbligo di alcuna altra verifica (oltre a quella concernente la presentazione da parte dei cessionari della propria dichiarazione di intento in conformità alle disposizioni di legge) anche nell’ipotesi in cui ‘ per il cliente cessionario operassero limitazioni di carattere oggettivo per la detraibilità previste dall’art. 19bis1, comma 1, lett. c) e d) del d.P.R. n. 633/1972 ‘ laddove, invece, per l’applicazione del regime di sospensione dal pagamento dell’imposta, prevista per le cessioni all’esportazione, non bastava l’assunzione di responsabilità, attraverso la cd. dichiarazione di intenti, da parte dei cessionari, ma era necessario che il cedente provasse la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del regime fiscale derogatorio di non imponibilità Iva, e, in particolare, nella specie, trattandosi di cessioni, in base a contratti di leasing, di autoveicoli da strada beni per i quali l’Iva non era , di regola, integralmente detraibile ai sensi dell’art. 19 bis 1, comma 1, lett. c) e d) del d.P.R. n. 633/1972- la sussistenza RAGIONE_SOCIALE ipotesi eccezionali (ovvero della tipologia degli acquirenti di operatori esercenti la rivendita di autoveicoli; di agenti o rappresentanti di commercio; di operatori per i quali l’uso del veicolo poteva considerarsi oggettivamente strumentale) per le quali, in base al medesimo articolo, era ammessa da parte dei cessionari la detrazione integrale dell’Iva, quale presupposto che consentiva l’ utilizzo dell’istituto del plafond.
8. In conclusione, va accolto il primo motivo, rigettato il secondo, con cassazione della sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 12 aprile 2024