Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21740 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21740 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10667/2024 R.G. proposto da
COGNOME con l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
: NOME
-ricorrente-
contro
ATO RAGIONE_SOCIALE, con l’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la decisione della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA di II GRADO della SICILIA n. 8744/2023 depositata il 31/10/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/07/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha notificato al ricorrente l’intimazione di pagamento TIA n. 005052/16 per mezzo della quale gli ha sollecitato il pagamento della complessiva somma di
€ 5.523,00 a titolo di T.I.A. (Tariffa di Igiene Ambientale), sanzioni, interessi e spese di notifica relativamente agli anni 2010, 2011 e 2012.
Avverso detta ingiunzione si è opposto il contribuente con ricorso innanzi alla C.T.P. di Messina, la quale con sentenza n. 4027/2018 ha rigettato il ricorso, condannando alle spese di giudizio nella misura di €.500,00.
Il contribuente ha indi interposto appello e, nella contumacia dell’appellato, la CTR per la Sicilia, sezione distaccata di Messina, con sentenza n. 8744/2023 ha rigettato l’appello e compensato le spese. In particolare, la Corte ha ritenuto ammissibile la produzione documentale di Equitalia Giustizia, richiamando la giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo cui, nel processo tributario, il tardivo deposito della parte resistente non preclude la possibilità di produrre documenti o contestare i fatti avversari e, in merito alla rilevanza della documentazione, la CTR ha considerato infondate le obiezioni del contribuente, evidenziando che negli avvisi di ricevimento era chiaramente indicato il numero delle raccomandate ricevute, mentre spettava al destinatario dimostrare che il contenuto della raccomandata fosse diverso da quello indicato dal mittente, cosa che nel caso concreto non era avvenuta. Pertanto, la Corte ha ritenuto valida la notifica dell’atto, rigettando l’appello e assorbendo gli altri motivi di ricorso.
Avverso la suddetta sentenza di gravame il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 5 motivi, cui ha resistito con controricorso -articolato in ‘contromotivi’ – RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare deve essere analizzata la eccezione della parte controricorrente, che ha dedotto l’ inammissibilità del ricorso per inosservanza dell’art. 366, comma 1, nn. 3 e 4 c.p., a norma del quale il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara
esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi del ricorso e la chiara e sintetica esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano.
1.1. L’eccezione appare generica. Dal tenore della stessa, riferita indistintamente a tutti i motivi cumulativamente considerati, non si riesce a comprendere quale sarebbe l’esatto rilievo, con specifico riguardo ai singoli motivi, che viene mosso quanto a scarsa intellegibilità. In ogni caso -e salvo quanto si dirà in ordine a diversi profili di non rispondenza dei motivi al modello legale – si verte di doglianze sufficientemente circostanziate e mirate su una determinata ricostruzione dei fatti di causa .
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione art. 36 co. 2 nn. 2, 3 e 4 d.P.R. 546/92 e art. 112 c.p.c. nonché art. 132 co. 2 n. 2 c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n.4 e 5 c.p.c., per avere la C.T.R., omesso totalmente l’esame e la pronuncia sul primo motivo di appello.
2.1. Nel primo motivo di appello, parte ricorrente aveva contestato la nullità e l’illegittimità della sentenza di primo grado della CTP di Messina, sollevando diverse questioni preliminari e pregiudiziali. Ha rilevato, in particolare, come il giudice avesse erroneamente affermato che l’RAGIONE_SOCIALE si fosse regolarmente costituita affrontando tutti i punti del ricorso, senza considerare che tale costituzione era avvenuta oltre i termini previsti dalla legge e senza la notifica al ricorrente, rendendo inammissibili le difese e i documenti prodotti dalla controparte. Inoltre, ha messo in dubbio la validità della procura alle liti allegata dall’Ato, ritenendola priva dei requisiti formali necessari e non riferibile con certezza al giudizio in questione, anche perché mancava il provvedimento di nomina dell’avvocato e vi erano incongruenze tra i luoghi indicati nel documento e nella comparsa. Ha infine contestato l’ammissibilità dei documenti prodotti dall’Ato in
primo grado, poiché non notificati né formalmente offerti in comunicazione, con un fascicolo privo di firma e attestazioni richieste. Per questi motivi, il ricorrente (appellante) ha sostenuto che la documentazione dell’Ato non avrebbe dovuto essere consid erata e che il suo ricorso in primo grado avrebbe dovuto essere accolto, ritenendo questo primo motivo di appello sufficiente a determinare l’annullamento della sentenza.
2.2. Il motivo è infondato.
2.3. Quand’anche la sentenza di primo grado fosse stata nulla, la sentenza di gravame, avendo effetto devolutivo, ha superato la decisione di prime cure sostituendosi in toto ad essa. Inoltre, anche con riferimento a questo motivo, vale quanto verrà detto con riferimento ai successivi motivi.
2.4. La censura va quindi rigettata.
I motivi da due a cinque possono essere trattati congiuntamente.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’ art. 36 co. 2 nn. 2, 3 e 4 d.p.r. 546/92 e art. 112 c.p.c. nonché art. 132 co. 2 n. 2 c.p.c. in relazione all’art.360 c. 1 n.4 e 5 c.p.c., per avere la C.T.R. omesso totalmente l’esame e la pronuncia sul secondo motivo di appello
4.1. Nel secondo motivo di appello, il contribuente aveva contestato la sentenza della CTP di Messina per insufficiente motivazione nel rigettare specifici e documentati motivi di ricorso. La CTP si era limitata a suo avviso ad esaminare l’eccezione di prescrizione, respingendo gli altri rilievi senza una motivazione adeguata, ivi comprese le eccezioni di nullità dell’atto di ingiunzione per vizi formali e sostanziali, la mancata prova della notifica delle fatture, l’irregolarità della firma sull’atto, la c ontraddizione tra le date degli atti, l’assenza di documenti presupposti e il difetto di legittimazione dell’ATO RAGIONE_SOCIALE a emettere atti di ingiunzione.
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione art. 24 e 32 D.Lgs 546/1992 in relazione ai commi 2 e 3 del precedente art. 16, violazione artt. 115, 116 c.p.c. e art. 118 disposizioni di attuazione c.p.c., violazione art. 112 e 132 co. 2 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 e 4 c.p.c. , ed in subordine in relazione all’art. 360 c. 1 n. 5 per omesso esame delle memorie illustrative.
5.1. In particolare, nel terzo motivo di appello, il ricorrente aveva lamentato che la CTP non avesse adeguatamente valutato l’assenza di prova della notifica delle fatture TIA, elemento essenziale per la legittimità dell’avviso di intimazione. Aveva sostenuto che, sebbene l’ATO avesse prodotto alcune fatture, solo tre avvisi di ricevimento risultavano agli atti e senza chiara connessione con le fatture indicate, ed aveva inoltre ribadito che la documentazione presentata in primo grado era inutilizzabile perché tardiva e non comunicata, e che la mancata contestazione dipendeva dalla costituzione irregolare dell’ATO. Aveva anche sottolineato l’assenza di nesso tra le fatture e gli avvisi di ricevimento, evidenziando anomalie come la ricezione da parte di soggetti non identificati o presso sedi non corrispondenti al destinatario. Infine, avev a contestato la violazione dell’art. 24 del d.lgs. 546/92 per la genericità e irregolarità del deposito documentale in primo grado e per la mancata valutazione delle memorie illustrative depositate in appello.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione art. 36 co. 2 nn. 2, 3 e 4 d.p.r. 546/92 e art. 112 c.p.c. nonché art. 132 c. 2 n. 2 c.p.c. in relazione all’art.360 c. 1 n.4 e 5 c.p.c., per avere la C.T.R. omesso totalmente l’esame e la pronuncia sul quarto motivo di appello.
6.1. Nel quarto motivo di appello, parte ricorrente aveva contestato il rigetto dell’eccezione di prescrizione da parte della CTP, sostenendo che il diritto al pagamento della TIA per il 2010 e 2011 fosse ormai prescritto secondo il termine quinquennale previsto dall’art. 2948 c.c. . Aveva ritenuto errata la valutazione della CTP che
considerava interrotta la prescrizione per effetto della sola registrazione contabile delle fatture da parte dell’ATO, evidenziando come tale atto, non essendo opponibile al contribuente, non costituisse causa di interruzione ai sensi del codice civile. Anche considerando le date di emissione delle fatture, la prescrizione sarebbe comunque maturata prima della notifica dell’ingiunzione. Inoltre, ha rilevato l’illegittimità della richiesta di un presunto saldo TIA 2 010 senza spiegazione contabile. Nelle memo rie in appello ha ribadito l’assenza di prova della consegna delle fatture, citando una precedente sentenza favorevole e sottolineando che, anche attribuendo valore agli avvisi di ricevimento, questi non coprivano tutte le fatture contestate. Infine, ha ev idenziato l’illegittima applicazione dell’IVA sulla TIA, che avrebbe certamente contestato se le fatture gli fossero state validamente notificate.
Con il quinto motivo di ricorso, contesta la violazione art. 36 co. 2 nn. 2, 3 e 4 d.p.r. 546/92 e art. 112 c.p.c. nonché art. 132 co. 2 n. 2 c.p.c. in relazione all’art.360 co. 1 n.4 e 5 c.p.c., per avere la C.T.R. omesso totalmente l’esame e la pronuncia sul quinto motivo di appello
6.1. Nel quinto motivo di appello, aveva contestato la decisione della CTP di porre le spese del giudizio a suo carico, sostenendo che, essendo la costituzione dell’ATO ME -1 SPA avvenuta tardivamente ed essendo quindi inammissibile, ciò avrebbe dovuto giustificare almeno una compensazione delle spese. Inoltre, aveva ribadito che, dato il fondamento dei motivi d’appello, il suo ricorso di primo grado avrebbe dovuto essere accolto, con conseguente condanna dell’AT O al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
6.2. Parte controricorrente, con il secondo motivo di controricorso ha dedotto l’insussistenza della presunta violazione degli artt. 36 co.2 nn. 2, 3 e 4 d.lgs. n. 546/92 e art. 112 c.p.c. nonché art. 132 co.2, n.2 c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 e 5 c.p.c.
infondatezza del primo, secondo, quarto e quinto motivo: la CTR si sarebbe pronunciata, espressamente (sull’ammissibilità e utilizzabilità dei documenti prodotti in primo grado dalla società, nonché sulla validità degli avvisi di ricevimento come atti interruttivi della prescrizione, rigettando di conseguenza l’eccezione di prescrizione) o implicitamente (sugli altri), su tutti i motivi.
6.3. Con il terzo motivo di controricorso, la controricorrente ha dedotto, infine, l’insussistenza della presunta violazione degli artt. 24 e 32 d.lgs. n. 546/1992 in relazione ai co. 2 e 3 del precedente art.16, 115, 116 c.p.c. e 118 disposizioni di attuazione c.p.c., 112 e 132 co.2 n.4 c.p.c. in relazione all’art. 360 co. 1 nn. 3 e 4 c.p.c. ed in subordine in relazione all’art.360, co.1 n.5 per omesso esame delle memorie illustrative. ATO RAGIONE_SOCIALE sostiene che la documentazione prodotta in primo grado sia stata correttamente ritenuta ammissibile e utilizzabile, poiché, secondo la Corte di Cassazione, la tardiva costituzione comporta solo alcune decadenze processuali, ma non impedisce la produzione di documenti. Contesta inoltre l’affermazione del ricorrente secondo cui tale documentazione non sarebbe stata confermata in appello, ricordando che nel processo tributario i fascicoli di parte rimangono nel fascicolo d’ufficio e sono utilizzabili anche in appello, anche se la parte è contumace. Ribadisce poi la validità degli avvisi di ricevimento come atti interruttivi della prescrizione, sottolineando che il contribuente non aveva provato che i plichi contenessero altro rispetto alle fatture. Infine, ritiene inammissibile la censura per omesso esame delle memorie illustrative, in quanto vi è una doppia conforme sulle notifiche, essendo state ritenute valide da entrambi i giudici di merito.
I motivi di ricorso da 2 a 5, come detto, vanno trattati congiuntamente, stante la stretta connessione e la sostanziale identità delle eccezioni.
Tali motivi sono inammissibili.
Innanzitutto gli stessi sono confezionati in modo misto, facendo valere, contraddittoriamente, sia la violazione di legge (che presuppone l’enucleazione del contenuto normativo della pronuncia), in linea generale sotto il profilo del n. 4 dell’art. 360 c.1 e, in un solo motivo, sotto il profilo del n. 3, sia la omessa pronuncia su un fatto oggetto di discussione ai sensi del successivo n. 5.
Tale modalità di confezionamento del motivo non è consentita, in quanto rimette di fatto alla Corte il compito di individuare ed isolare, riguardo alla eterogena ed articolata composizione di ogni motivo di appello, quale sia la parte cui il giudice del gravame avrebbe offerto una risposta in ipotetica violazione di legge e quale sia la parte del motivo di appello del tutto omessa.
10. Sotto altro profilo, la tecnica di redazione del motivo è viziata per autosufficienza per eccesso e per difetto di specificità, avendo sostanzialmente la parte ricorrente riportato in ricorso ogni motivo di appello nella sua interezza, senza però confrontarsi con la decisione resa dal giudice di appello, che pure ha fornito risposta. Non sono state cioè individuate le parti della decisione che sarebbero state in contrasto con la legge, e quelle viziate da omissione di pronuncia, in rapporto ai singoli motivi, proponendo invece una cumulativa lagnanza avverso ogni motivo considerato nella sua totalità, senza alcuna distinzione critica e specifica.
10.1. Le censure proposte nei motivi di ricorso violano perciò l’onere di specificità e di autosufficienza del ricorso, di cui agli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c., pur nella versione dell’onere di specificazione modulata in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME ed altri c/Italia), secondo i criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti per la parte d’interesse in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della
giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (cfr. Cass. 04/02/2022 n. 3612) (Cass., 28/05/2024, n. 14843).
10.2. I motivi si palesano quindi viziati da inammissibilità.
Sotto ulteriore profilo, deve comunque osservarsi che la CTR ha ritenuto legittima la produzione degli atti prodromici, che non risultano contestati.
11.1. In particolare, la CTR ha affermato che il giudice di primo grado ha respinto il ricorso dell’appellante rilevando che la controparte aveva correttamente depositato le prove della notifica degli atti (fatture di pagamento) tramite servizio postale presso la residenza del destinatario, notifiche non contestate dall’appellante. Da ciò scaturiva -quantomeno a livello di decisione implicita, ma non per questo non univoca o non immediatamente percepibile – la non contestabilità della pretesa siccome portata da atti prodromici (vertendosi di fatture significative di una chiara volontà impositiva) regolarmente notificati e non opposti.
Queste notifiche, nel ragionamento della CTR, hanno interrotto la prescrizione. L’appellante ha dunque contestato la validità e la tempestività della documentazione prodotta dalla controparte, ma il giudice di gravame ha ritenuto ammissibile ed utilizzabile tale produzione, atteso che la mancata costituzione tempestiva in giudizio comporta solo la decadenza da alcune eccezioni ed istanze, ma non impedisce alla parte resistente di contestare i fatti, le norme di diritto e di produrre documenti. Il che è del tutto conforme all’indirizzo interpretativo delle norme processuali di riferimento (v. tra le molte, Cass. n. 2585/19). Si tratta, come detto, di ragione decisoria non adeguatamente censurata.
11.2. Sulla scorta di tale considerazione, si deve concludere che la CTR non doveva pronunciarsi sugli altri motivi di appello. Non
sussiste quindi nessuno dei vizi anzidetti, riferiti ai singoli motivi di ricorso.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio , ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei requisiti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dov uto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 09/07/2025 .