Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7494 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7494 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/03/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 14197/2023 R.G., proposto
DA
NOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Lamezia Terme (CZ) , e dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, i quali dichiarano di voler ricevere le notifiche e le comunicazioni del procedimento agli indirizzi pec EMAIL e EMAIL , giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Comune di Gizzeria (GZ), in persona del Sindaco pro tempore
; INTIMATO
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria il 15 dicembre 2022, n. 3889/02/2022;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 gennaio 2025 dal Dott. NOME COGNOME
IMU ICI ACCERTAMENTO PROCEDURA DI AFFIDAMENTO DEL
SERVIZIO DI ACCERTAMENTO E RISCOSSIONE
udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. NOME COGNOME che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; dato atto che nessuno è comparso per la ricorrente;
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria il 15 dicembre 2022, n. 3889/02/2022, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento in rettifica n. 000000024069-ACCE068-2017 del 12 luglio 2017 per l’importo complessivo di € 5.823,40, notificatole dal Comune di Gizzeria (CZ) a mezzo del la ‘ RAGIONE_SOCIALE, in qualità di concessionaria del servizio di accertamento e riscossione dei tributi per conto del medesimo Comune, il 16 novembre 2017, con riferimento ad abitazione e terreni ubicati nel territorio comunale, dei quali ella era proprietaria, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti del Comune di Gizzeria (CZ) avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Catanzaro il 19 novembre 2021, n. 1934/04/2021, senza alcuna statuizione sulle spese giudiziali per la contumacia dell’appellato .
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure – che aveva rigettato il ricorso originario della contribuente sul presupposto che l’atto impositivo era stato regolarmente notificato alla contribuente; che l’eccepito difetto di legittimazione della società incaricata della riscossione del tributo (del tutto estranea al presente giudizio, in quanto mai evocata dalla contribuente) era destituito di ogni fondamento,
atteso che l’avviso di accertamento in rettifica era stato sottoscritto dal funzionario responsabile del servizio tributi del Comune, con la conseguenza che esso era certamente riferibile all’ente locale; che l’agevolazione per gli imprenditori agricoli non poteva essere riconosciuta alla contribuente, non essendovi prova alcuna sulla conduzione effettiva e diretta dei terreni e, quindi, del concreto ed effettivo svolgimento della postulata attività a titolo principale; che l’atto impositivo era adeguatamente motivato, essendo state individuate le aree oggetto della imposizione e indicati tutti gli elementi di fatto legittimanti la pretesa fiscale, gli importi dovuti e le ragioni giustificatrici; che l’eccepita limitazione di edificabilità dei terreni era generica e indimostrata; che l’ente impositore non era incorso in decadenza, né in prescrizione; che la condanna alla rifusione delle spese del giudizio di prime cure era conseguente al rigetto del ricorso originario.
Il Comune di Gizzeria (CZ) è rimasto intimato.
Con conclusioni scritte, il P.M. si è espresso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, in quanto « le distinte critiche presenti nei motivi sono illustrate con una unitaria esposizione in fatto intervallata da valutazioni in diritto che non distinguono ordinatamente le separate ragioni di impugnazione, lasciando inammissibilmente alla S.C. il compito di estrapolare le allegazioni in fatto e in diritto rilevanti ai fini delle diverse censure, mediante il compimento di un’attività che è invece riservata alla parte ».
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è affidato a tre motivi.
In proposito, va rilevato che, nonostante la mescolanza e la commistione nelle singole rubriche di più vizi denunciabili ai sensi dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., la concreta formulazione dei motivi consente, comunque, l’ esclusivo apprezzamento delle censure sotto il profilo della violazione o falsa applicazione di legge (n. 3), dovendo escludersi le deduzioni di nullità della sentenza impugnata o del relativo procedimento (n. 4) ovvero di omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti (peraltro, preclusa dalla c.d. ‘ doppia conforme ‘ ex art. 348ter , quinto comma, cod. proc. civ.) (n. 5), che non sono state sviluppate nella parte espositiva del ricorso e devono, pertanto, essere considerare come non proposte perché semplicemente indicate in rubrica, ma non argomentate (da ultima: Cass., Sez. Lav., 2 marzo 2025, n. 5505).
Ed invero, la corretta qualificazione del vizio denunciato col ricorso per cassazione deve essere rapportata alla prospettazione delle argomentazioni in fatto ed in diritto a fondamento della censura, in quanto la configurazione formale della rubrica del motivo non ha contenuto vincolante, ma è soltanto l’esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 3 agosto 2012, n. 14026; Cass., Sez. 5^, 6 ottobre 2017, n. 23381; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2018, n. 12690; Cass., Sez. 5^, 26 settembre 2019, n. 24009; Cass., Sez. 6^-5, 30 luglio 2020, n. 16443; Cass., Sez. 5^, 30 marzo 2021, n. 8744; Cass., Sez. 2^, 11 febbraio 2022, n. 4531; Cass., Sez. Trib., 7 settembre 2023, n. 26095; Cass., Sez. Trib., 12 novembre 2024, n. 29147; Cass., Sez. Lav., 2 marzo 2025, n. 5505).
Ne consegue che l’inammissibilità paventata dal P.M. non ha alcun fondamento.
Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 52 e 53 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 2 e 3 del r.d. 14 aprile 1910, n. 639, 43 e 44 del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, 13 disp. prel. cod. civ., 2697 cod. civ., nonché degli artt. 112, 115, 116, 132 e 160 cod. proc. civ., 30, comma 3, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, 43 e 49 della legge comunitaria sui contratti di appalto e servizi pubblici, 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, in relazione a ll’art. 360, primo comma, nn. 3), 4) e 5), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che: « Del tutto estranee al thema decidendum si appalesano, poi le lunghe dissertazioni, contenute nell’atto di appello, sul difetto di legittimazione della società incaricata della riscossione del tributo (del tutto estranea al presente giudizio, in quanto mai evocata dalla contribuente), atteso che, come esattamente rilevato in sentenza, l’avviso di accertamento è stato sottoscritto dal funzionario responsabile del servizio tributi del Comune, responsabile del procedimento, con la conseguenza che il provvedimento impositivo è certamente riferibile all’ente locale ».
A dire della ricorrente: « Si censura detta decisione per vizio motivazionale, caratterizzato dal fatto che era in discussione la inesistenza della notifica per l’invalidità e illegittimità della concessione alla società incaricata, anche in virtù proprio della regolarità procedural e dell’affidamento e della sua esecuzione nell’accertamento tributario, ivi compresa la validità della notifica ».
2.1 Il predetto motivo è inammissibile.
Difatti, la censura non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, giacché, secondo l’accertamento fattone dal giudice di appello, l’avviso di accertamento in rettifica era stato direttamente emesso dal l’ente impositore e non dalla concessionaria del servizio di accertamento e riscossione dei tributi, che era intervenuta per la sola notifica alla contribuente.
Tanto si può evincere anche dalla produzione in questa sede della copia dell’atto impositivo, che era stato emesso dal funzionario responsabile del l’ufficio tributi dell’ente impositore. Per cui, le ulteriori contestazioni della ricorrente sulla regolarità (in relazione alla disciplina nazionale ed euro-unitaria) del procedimento di evidenza pubblica per l’affidamento alla concessionaria del servizio di accertamento e riscossione dei tributi non si confrontano in alcun modo con l’inequivoca motivazione della sentenza impugnata, risultando dissonanti rispetto al thema decidendum .
2.2 Pertanto, va confermato l’orientamento di questa Corte secondo cui la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366, n. 4, cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso, che è rilevabile anche d’ufficio (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 22 settembre 2020, n. 19787; Cass., Sez. 6^-5, 22 dicembre 2021, n. 41220; Cass., Sez. 5^, 29 marzo 2022, n. 10004; Cass., Sez. 5^, 31 maggio 2022, n. 17509; Cass., Sez. Trib., 25 novembre 2022, n. 34760; Cass., Sez. Trib., 16 gennaio 2023, n. 998; Cass., Sez. Trib., 29 ottobre 2024, n. 27944).
Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1, co mma 161, della legge 27 dicembre
2006, n. 296, 8, 16 e 17 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, 60, comma 1, e 65 comma 4, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, 112, 115, 116, 132, 137, 156 e 160 cod. proc. civ., 60, comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3), 4) e 5), cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di appello di esaminare « le eccezioni preliminari formulate dal ricorrente e relative alla inesistenza e invalidità della notifica dell’atto di accertamento in quanto diretto a coerede di soggetto defunto, e che quindi, avrebbe dovuto essere notificato agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio del defunto ai sensi degli artt. 137 e ss. c.p.c. e 60, comma 1, D.P.R. 600/1973 che stabilisce che le notificazioni degli avvisi e degli altri atti che devono essere notificati per legge al contribuente devono essere eseguite in conformità agli artt. 137 ss. c.p.c, nonché art. 65, comma 4, D.P.R. 600/1973 che disciplina la validità della notifica se eseguita nei confronti degli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio del de cuius».
3.1 Il predetto motivo è inammissibile.
3.2 La censura non specifica quale vizio inficerebbe la notifica dell’atto impositivo, risolvendosi in una sequenza di disparate considerazioni in diritto, anche in relazione ad una successione ereditaria nell’obbligazione tributaria , di cui non è stata richiamata la deduzione in prime cure o in appello. Per cui, oltre ad apparire vago e generico, il mezzo si rivela carente di autosufficienza.
3.3 Aggiungasi che la sentenza impugnata ha ampiamente scrutinato la questione della notifica dell’atto impositivo a mezzo del servizio postale con argomentazioni conformi alla consolidata giurisprudenza di legittimità, rilevando che: « Non
sussiste, anzitutto, alcun vizio di notifica dell’avviso di accertamento. Ed infatti la notificazione di un atto impositivo può essere eseguita direttamente a mezzo posta dall’Ufficio finanziario ai sensi dell’art. 14 della l. n. 890 del 1982, trovando applicazione in questo caso le norme concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati e non quelle di cui alla suddetta legge concernenti esclusivamente la notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 149 c.p.c., (sicché non va redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, senza necessità dell’invio della raccomandata al destinatario, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., la quale opera per effetto dell’arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione ed è superabile solo se il destinatario provi di essersi trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prenderne cognizione – Cassazione civile, sez. trib., 14/11/2019, n. 29642); ovvero può avvenire anche mediante consegna diretta all’interessato, senza che ciò comporti invalidità alcuna; peraltro, il raggiungimento dello scopo varrebbe, comunque, a sanare ogni eventuale vizio della notificazione ».
Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 5 -bis , del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, quale introdotto dall’art. 6 della legge 31 agosto 2022, n. 130, 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3), 4) e 5), cod. proc. civ., per non essere stata fatta dal giudice di appello « corretta applicazione dei principi stabiliti dall’art. 7, comma 5 -bis del D.lgs. 546/1992, per come introdotti dall’art. 6 della L. 130/22 non avvedendosi che
manca la presenza di indizi gravi e concordanti, idonei a provare la pretesa tributaria », con il rilievo che: « Anche l’ulteriore doglianza, relativa alla limitata edificabilità dei terreni, si appalesa generica e priva di adeguati supporti probatori. Nel caso in esame la natura edificabile dei terreni è attestata dallo strumento urbanistico vigente mentre il valore delle aree è stato attribuito con delibere della giunta municipale sulla base delle puntuali indicazioni dell’ufficio tecnico comunale. Né la contribuente ha mai indicato quale diverso valore avrebbe dovuto essere attribuito ai terreni in questioni o prodotto all’uopo documentazione anche solo indicativa in tal senso ».
Secondo la ricorrente: « L’onere probatorio appare ancora più stringente dopo la novella legislativa che, nell’ambito della riforma della giustizia tributaria, ha rimodulato l’articolo 7 D.Lgs. 546/92 sui poteri del giudice, imponendo allo stesso un dettagliato percorso obbligato nella valutazione delle prove offerte a supporto della pretesa tributaria, in assenza delle quali è obbligato ad annullare l’atto ».
4.1 Il predetto motivo è inammissibile.
4.2 Anzitutto, secondo l’esegesi di questa Corte, in materia di giudizio tributario, il nuovo comma 5bis dell’art. 7 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, introdotto dall’art. 6 della legge 31 agosto 2022, n. 130, essendo una norma di natura sostanziale e non processuale, si applica ai giudizi introdotti successivamente al 16 settembre 2022, data di entrata in vigore della legge predetta (Cass., Sez. Trib., 9 luglio 2024, n. 18764; Cass., Sez. Trib., 25 luglio 2024, n. 20816; Cass., Sez. Trib., 31 gennaio 2025, n. 2391; Cass., Sez. Trib., 26 febbraio 2025, n. 5005). Per cui, il presente procedimento è sottratto
all’applicazione ratione temporis della nuova disposizione sull’onere probatorio.
Ad ogni modo, si è ritenuto che la nuova formulazione legislativa (nel prevedere che: « L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni ») non stabilisce un onere probatorio diverso o più gravoso rispetto ai principi già vigenti in materia, ma è coerente con le ulteriori modifiche legislative in tema di prova, che assegnano all’istruttoria dibattimentale un ruolo centrale (tra le tante: Cass., Sez. Trib., 27 ottobre 2022, nn. 31878 e 31880; Cass., Sez. Trib., 16 giugno 2023, n. 17423; Cass., Sez. Trib., 19 luglio 2024, nn. 19969, 19981 e 19993; Cass., Sez. Trib., 8 agosto 2024, n. 22565).
Si è voluto così porre in risalto che la norma in commento non ha fatto altro che confermare un principio immanente nell’ordinamento tributario, e cioè quello secondo cui spetta all’ amministrazione finanziaria dimostrare il fondamento della pretesa avanzata nei confronti del contribuente (Cass., Sez. Trib., 19 luglio 2024, n. 19969). Per cui, l’art. 7, comma 5 -bis , del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, viene a configurarsi come una ‘ speciale ‘ declinazione dell’art. 2697 cod. civ. per il processo tributario.
4.3 In ogni caso, nessuna contravvenzione alle regole di ripartizione dell’onere probatorio può imputarsi al giudice di appello. Difatti, l’infrazione alla regola generale dell’art. 2697
cod. civ. (che è stata lamentata dalla ricorrente) si può configurare soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (tra le tante: Cass., Sez. 6^-3, 23 ottobre 2018, n. 26769; Cass., Sez. 1^, 20 aprile 2020, n. 7919; Cass., Sez. Lav., 19 agosto 2020, n. 17313; Cass., Sez. 5^, 20 ottobre 2021, n. 29041; Cass., Sez. 6^-5, 26 gennaio 2022, n. 2286; Cass., Sez. Trib., 7 aprile 2023, n. 9529; Cass., Sez. Lav., 23 maggio 2024, n. 14482; Cass., Sez. 1^, 25 novembre 2024, n. 30389; Cass., Sez. 1^, 14 febbraio 2025, n. 3761), ma non anche nell’ipotesi in cui oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti, ritenendo che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è (nella prospettazione del ricorrente) un fallace apprezzamento sull’esito della prova, che è sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nei limiti in cui questa censura è ammessa (Cass., Sez. Lav., 19 agosto 2020, n. 17313; Cass., Sez. 5^, 20 ottobre 2021, n. 29041; Cass., Sez. Lav., 28 marzo 2022, n. 9933).
Laddove, nella specie, attenendosi ai criteri normativi di distribuzione dell’ onus probandi , il giudice di appello ha valutato la corretta determinazione del valore dei terreni da parte de ll’ente impositore sulla base delle risultanze convergenti degli strumenti urbanistici in vigore e delle delibere comunali in materia di valori delle aree edificabili per zone omogenee, a discapito dell’ assoluta inerzia della contribuente.
Q uindi, escludendo l’inversione dell’ onus probandi in base al contenuto del decisum e considerando la preclusione della c.d.
‘ doppia conforme ‘, anche tale censura non coglie nel segno.
In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi l’inammissibilità dei motivi dedotti, non resta che pronunziare l’ absolutio ab instantia .
Nulla deve essere disposto in ordine alla regolamentazione delle spese giudiziali, essendo rimasta intimata la parte vittoriosa.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 22 gennaio