Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16851 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16851 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30785/2020 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. PUGLIA n. 217/2020 depositata il 11/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME impugn ava l’atto di ingiunzione relativo ad irrogazione delle sanzioni per il periodo di imposta dal primo gennaio 2008 al 31 dicembre del medesimo anno, eccependo, tra l’altro, il difetto di sottoscrizione da parte del funzionario responsabile del procedimento, l’omessa notifica dell’avviso di accertamento. La carenza di legittimazione passiva rispetto all’imposta ingiunta e e la carenza di legittimazione della concessionaria.
L’opposizione veniva respinta dalla C.T.P. di Taranto con sentenza n. 2413/2014.
La Commissione tributaria regionale della Puglia adita dal contribuente respingeva l’impugnazione.
Per quel che qui interessa, la Corte distrettuale riconosceva la legittimazione passiva del COGNOME, come inferibile dalla visura camerale dalla quale risultava che è titolare del ristorante ubicato in Statte- strada provinciale per Statte- INDIRIZZO ove è ubicato solo il suo ristorante, indicazione corrispondente all’oggetto del messaggio pubblicitario, per il quale è stata emessa l’ingiunzione.
I giudici regionali affermavano che era irrilevante il disconoscimento della copia della visura, in quanto il disconoscimento della conformità della copia all’originale non trova applicazione nel caso di dati presenti in pubblici registri, ai sensi dell’art. 2188 c.c.; aggiungendo che comunque che il disconoscimento era stato formulato genericamente non avendo il contribuente allegato la sussistenza di elementi idonei a far dubitare delle risultanze documentali.
Concludeva la Corte d’appello che .
Il contribuente propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 217/2020.
La concessionaria replica con controricorso.
MOTIVI DI DIRITTO
1.Alla prima censura, proposta ex art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli art. 6 e 12 d.lgs. n. 50/1993, nonché dell’art. 2697 c.c. per errata distribuzione dell’onere probatorio , e degli artt. 24 Cost. e 6 CEDU.
Si prospetta la violazione del diritto di difesa e del contraddittorio per non avere la Corte regionale identificato e provato esattamente il soggetto passivo tenuto in solido al pagamento dell’imposta, sostenendo di essere , sostenendo che il messaggio pubblicitario si riferiva ad un castello che organizza eventi nella località Martina Franca. Si soggiunge che erroneamente la CTR ha fondato la decisione sulla base di una fotocopia della visura camerale che ha solo funzione di pubblicità notizia e non fornisce certezza in merito agli elementi in essa indicati, risultando privo di valenza probatoria e di valenza indiziaria.
Il secondo strumento di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., reca la denuncia di error in procedendo in violazione degli artt. 2697 c, 2727 e 2729 c.c., nonché dell’art. 116 c.p.c.; per essersi il decidente sostituito alla concessionaria del Comune nell’accertamento della legittimazione passiva del contribuente, in violazione della regola distributiva dell’onere probatorio che impone all’ente riscossore la dimostrazione della riconducibilità del ricorrente al messaggio pubblicitario. Si obietta, tra l’altro, che il ricorso alla presunzione è consentito alla sola condizione che i fatti su cui si fonda siano stati allegati e ritenuti provati, traendo da tanto il corollario che in mancanza di fatti noti e dati certi provati, la CTR è incorsa in error in procedendo non rispettando i principi che regolano il ricorso alla presunzione.
La terza censura deduce la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. ex art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c.; per avere il decidente affermato la legittimazione della concessionaria all’esercizio del potere di riscossione sul presupposto che la stessa fosse iscritta all’albo dei soggetti abitati ad effettuare attività di liquidazione di riscossione ai sensi dell’art. 4, comma 1, d.m. 11 settembre 2009, n. 289. Lamentando nell’illustrazione del mezzo l’illegittimo ricorso alle presunzioni.
Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso dedotta dalla società RAGIONE_SOCIALE
4.1. Essa è fondata con riferimento alla prima doglianza.
4.2.In tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza, che impone l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda, va inteso nel senso che occorre specificare anche in quale sede processuale il documento risulta prodotto, poiché indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso è rintracciabile, sicché la mancata ‘localizzazione’ del documento basta per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, senza necessità di soffermarsi sull’osservanza del principio di autosufficienza dal versante ‘contenutistico’ (cfr. a riguardo Corte di Cass., sez. trib., ord. 02 maggio 2023, n. 11392). Appena è il caso di ricordare come tali principi abbiano ricevuto l’espresso avallo della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte (cfr., per tutte, Sez. Un., Sentenza n. 16887 del 05/07/2013), le quali, dopo aver affermato che la prescrizione dell’art. 366, n. 6, c.p.c., è finalizzata alla precisa delimitazione del thema decidendum , attraverso la preclusione per il giudice di legittimità di porre a fondamento della sua decisione risultanze diverse da quelle emergenti dagli atti e dai documenti specificamente indicati dal ricorrente, onde non può ritenersi sufficiente in proposito il mero richiamo di atti e documenti posti a fondamento del ricorso nella narrativa che precede la formulazione dei motivi (Sez. Un., Sentenza n. 23019 del 31/10/2007, Rv. 600075), hanno poi ulteriormente chiarito che il rispetto della citata disposizione del codice di rito esige che sia specificato in quale sede processuale nel corso delle fasi di merito il documento, pur eventualmente individuato in ricorso, risulti prodotto, dovendo poi esso essere
anche allegato al ricorso a pena d’improcedibilità, in base alla previsione del successivo art. 369, comma 2, n. 4 (cfr. Sez. Un., Sentenza n. 28547 del 02/12/2008 (Rv. 605631). Con l’ulteriore precisazione che, qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito e si trovi nel fascicolo di parte, l’onere della sua allegazione può esser assolto anche mediante la produzione di detto fascicolo, ma sempre che nel ricorso si specifichi la sede in cui il documento è rinvenibile (cfr. Sez. Un., Ordinanza n. 7161 del 25/03/2010, Rv. 612109, e, con particolare riguardo al tema dell’allegazione documentale, Sez. Un., Sentenza n. 22726 del 03/11/2011; Cass. n. 21346/2024).
4.3. Il ricorrente non ha adempiuto a tale onere, violando il rispetto del principio di autosufficienza dell’impugnazione, sia da un punto di vista contenutistico omettendo di trascrivere l’atto impositivo ed il messaggio pubblicitario e di produrlo, sia sotto il profilo della localizzazione, non essendo specificato ove nel processo sono rintracciabili i documenti cui ci si riferisce nella doglianza sollevata.
4.4.Sempre in relazione ai profili di inammissibilità del motivo, occorre evidenziare che le doglianze, declinate sotto l’egida applicativa del vizio di violazione di legge, che il ricorrente rivolge alla sentenza si risolvono, in effetti, in una contestazione del cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove (non legali) da parte del giudice di merito e nella contestazione della persuasività del ragionamento nella valutazione delle risultanze istruttorie, perché con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, contrapponendovi la propria, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, trattandosi di accertamento di fatto, precluso in sede di legittimità (Cass., sez. 6-5, 15/05/2018, n. 11863; Cass., sez. 6-5, 17/12/2017, n. 29404; Cass., sez. 1, 02/08/2016, n. 16056).
Infatti, ammettere in sede di legittimità la verifica della sufficienza o della razionalità della motivazione in ordine alle questioni di fatto significherebbe consentire un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella decisione impugnata e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice del merito (Cass., sez. U, 2018, n. 28220).
La seconda censura non ha pregio, non avendo il giudicante fondato la decisione sulla base di una presunzione, bensì sulla documentazione prodotta dalla società concessionaria ed in particolare, sulla base della visura camerale che, trattandosi di certificazione rilasciata da ente pubblico ha valore di prova legale limitatamente ai fatti compiuti dal funzionario e ai fatti che egli attesta essere avvenuti in sua presenza (art. 2700 c.c.) (Cass. n. 12703/2024). E dalla visura camerale, idonea a fotografare la realtà aziendale, emerge con tutta evidenza che il ricorrente risulta proprietario dell’unico ristorante nella località indicata nel messaggio pubblicitario.
5.1. Al riguardo, giova evidenziare che «In tema di presunzioni di cui all’art. 2729 cod. civ., è deducibile come vizio di violazione e falsa applicazione di norma di diritto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.: a) l’ipotesi in cui il giudice di merito contraddica il disposto dell’art. 2729 cod. civ., primo comma, affermando (e, quindi, facendone poi concreta applicazione) che un ragionamento presuntivo può basarsi anche su presunzioni ( rectius : fatti), che non siano gravi, precise e concordanti: questo è un errore di diretta violazione della norma; b) l’ipotesi in cui il giudice di merito fonda la presunzione su un fatto storico privo di gravità o di precisione o di concordanza ai fini della inferenza da esso della conseguenza ignota, così sussumendo sotto la norma dell’art. 2729 cod. civ. fatti privi di quelle caratteristiche e, quindi, incorrendo in una sua falsa applicazione, giacché dichiara di
applicarla assumendola esattamente nel suo contenuto astratto, ma lo fa con riguardo ad una fattispecie concreta che non si presta ad essere ricondotta sotto tale contenuto, cioè sotto la specie della gravità, precisione e concordanza; c) l’ipotesi, opposta a quella sub b) in cui espressamente, cioè motivando, il giudice di merito abbia ritenuto un fatto storico privo di gravità o di precisione o di concordanza ai fini della inferenza da esso della conseguenza ignota, così rifiutandosi di sussumere sotto la norma dell’art. 2729 cod. civ. fatti che avrebbero avuto le caratteristiche per esservi sussunti e, quindi, incorrendo per tale ragione in una sua falsa applicazione» (Cass. n. 17720 del 2018; Cass. sez. U., n. 1785 del 2018; Cass. n. 9054 del 2022).
5.2. Ebbene, nella fattispecie sub iudice , il giudice di merito si è avvalso della visura camerale prodotta dal ricorrente, il quale si è limitato a disconoscere genericamente la conformità della copia all’originale, trascurando di dimostrare invece l’assenza della titolarità del ristorante.
5.3. Nessuna delle già menzionate ipotesi ricorre nella fattispecie in rassegna.
5.4. Sotto altro profilo, essa è inammissibile. È del tutto evidente che il ricorrente, enunciando i principi regolanti la materia mira a un improprio riesame di merito, nella specie a una revisione del giudizio positivo sul contenuto del messaggio pubblicitario e sulla corrispondenza all’oggetto dell’ingiunzione, di talché, nella sostanza, la censura investe inammissibilmente l’apprezzamento delle prove effettuato dal giudice del merito, in questa sede non sindacabile, neppure attraverso l’escamotage dell’evocazione dell’art. 116, cod. proc. civ., in quanto, come noto, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale
istruttorio compiuta dal giudice di merito (cfr. Sez. 6, n. 27000, 27/12/2016, Rv. 642299 e, da ultimo, da ultimo, S.U. n. 20867/2020 e successivamente, Sez. 5, n. 16016/2021; Cass. n,18036/2022).
5.5.Inoltre, la denunzia di violazioni di legge non determina, per ciò stesso, nel giudizio di legittimità lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente (da ultimo, S.U. n. 25573, 12/11/2020, Rv. 659459).
L’ultimo mezzo in parte infondato ed in parte inammissibile.
6.1. Il contribuente si duole del fatto che non sia elemento idoneo a dimostrare la legittimazione della concessionaria, l’iscrizione all’albo nazionale dei concessionari, come accertato dal Collegio d’appello.
6.2. Segnatamente, si legge nella sentenza d’appello che con la conseguenza che la mancanza della data di iscrizione della società risultava irrilevante, trattandosi di atto di ingiunzione notificato nell’anno 2009. Ragionamento del tutto logico e coerente con la documentazione esaminata e la normativa di riferimento.
6.3. Dall’altra, il COGNOME contesta l’assenza della prova di una delega ovvero del rapporto concessorio, censura che non risulta proposta in sede di appello.
6.4. Il motivo, con riferimento a detto ultimo profilo è dunque inammissibile, in quanto che presuppone la proposizione delle relative questioni già nella fase di merito, in primis, nel giudizio di prime cure. Il ricorrente che proponga una questione ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione nel giudizio di appello ed anche di indicare in quale atto processuale del giudizio precedente, in modo da consentire alla C orte l’accertamento ex actis della veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. n. 16502/2017, in motiv.; n. 9138/2016). Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, difatti, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (v. Cass. Sez. 3, 09/01/2002 n. 194; più di recente, v. Cass. Sez. 6 – 1, 09/07/2013 n. 17041; n. 25319/2017; n. 907/2018); non potendo la parte mutare – salvo che tale esigenza origini dalla sentenza impugnata – la posizione assunta nel giudizio di appello, attraverso il proprio atto introduttivo o difensivo, per sostenere un motivo di ricorso, giacché, diversamente, si consentirebbe tanto all’appellante di modificare, in un successivo grado di giudizio, il contenuto dell’atto di gravame ed i relativi motivi, con manifesta contraddizione rispetto alla logica che presiede l’esercizio stesso del diritto di impugnazione in appello, le cui ragioni e conclusioni vanno esposte in detta fase processuale, quanto, correlativamente, all’appellato, di mutare le proprie difese rispetto a quelle svolte nell’atto di costituzione ( Cass. 2033/2017).
7.Segue il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
-Rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere alla società concessionaria le spese del presente giudizio che liquida in euro 2.410,00, per compensi, oltre 200, 00 euro per esborsi, rimborso forfettario ed accessori come per legge.
-v.to l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012; – dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della