Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29223 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29223 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 759/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, (C.F.: P_IVA) in persona del legale rappresentante pro-tempore, nella qualità di concessionaria della gestione del servizio per conto del RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa, congiuntamente e in via disgiunta, dagli Avvocati NOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE PER LA CAMPANIA n. 4440/2021, depositata il 21/05/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/10/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha impugnato, innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Caserta, l’avviso di pagamento della tassa rifiuti (TARI) dovuta per l’annualità 2018, per complessivi €. 28.872,00, notificatole da RAGIONE_SOCIALE nella qualità di concessionaria del servizio di gestione rifiuti per il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
2.Il ricorso è stato parzialmente accolto in primo grado, ma rigettato all’esito dell’appello di RAGIONE_SOCIALE La Commissione tributaria regionale della Campania ha rilevato, con sentenza n. 4440/07/2021, che non era stata fornita, da parte della società contribuente, prova adeguata della sussistenza dei requisiti di esenzione dall’obbligazione tributaria. Nella decisione del giudice del gravame si legge «È evidente che, nel caso di specie, la contribuente non ha allegato al RAGIONE_SOCIALE la descrizione delle aree sulle quali sono prodotti o stoccati rifiuti speciali, per cui non poteva essere applicata l’esenzione».
3.La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza – già impugnata per revocazione innanzi alla Commissione tributaria provinciale ai sensi dell’art. 395 n. 4 cod. proc. civ. – articolando quattro motivi.
4.RAGIONE_SOCIALE si è costituita con controricorso.
5.La causa è stata trattata e decisa all’adunanza camerale del 30 ottobre 2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente devono essere rigettate entrambe le eccezioni di inammissibilità formulate da RAGIONE_SOCIALE
Quanto alla dedotta omessa indicazione dei motivi per i quali si chiede la cassazione, sotto i profili dell’esclusivo riferimento alle norme violate e della omessa indicazione delle ipotesi specifiche dei vizi denunziati, va premesso che il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, c.p.c., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione. Tuttavia, ciò non può intendersi nel senso della necessaria adozione di formule sacramentali o dell’esatta indicazione numerica di una delle menzionate ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti la violazione o la mancata applicazione, da parte dell’impugnata sentenza, di specifiche norme, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 3 del primo comma dell’art. 360 c.p.c., con riguardo alle disposizioni violate, purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla violazione o falsa applicazione di legge. (Sez. III 28.12.2021 n. 41790).
Parimenti infondata è l’eccezione di inammissibilità per la mancanza di puntuali indicazioni in ordine alle ragioni giuridiche per le quali la sentenza impugnata risulti in contrasto con la legge, avendo la società ricorrente enunciato sotto quali specifici profili la decisione della Corte di Giustizia appaia in contrasto con le norme richiamate.
2.Con il primo motivo e il secondo motivo, formulati ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la società contribuente ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, co. 649, L. 147/2013 e 62, commi 2 e 3, D. Lgs. n. 507/1993, assumendo che il giudice del gravame non avrebbe concretamente applicato i criteri tassativamente previsti dalle norme richiamate in tema di
esenzioni dal pagamento del tributo, ai sensi dell’art. 62, commi 2 e 3, D. Lgs. n. 507/1993. Ad avviso di parte ricorrente, la Commissione tributaria regionale non avrebbe riconosciuto valore probatorio alla perizia descrittiva dell’immobile e alla visura catastale, benché incontestate, reputando non soddisfatto l’onere probatorio da parte della stessa. È stata, inoltre, prospettata la violazione delle norme surrichiamate sotto ulteriori profili, riferiti: 1) al mancato riconoscimento – a fronte di una perizia descrittiva di tutte le aree, incluse quelle assolutamente improduttive di rifiuti urbani assimilabili e quindi non imponibili – del diritto a una rideterminazione dell’imposta; 2) alla mancata applicazione della disciplina relativa ai rifiuti speciali, così escludendo dalla superficie imponibile aree nelle quali è stata ampiamente provata l’utilizzazione per l’attività industriale; 3) alla ritenuta necessità della denunzia, ex art. 70 d. lgs. n. 507/1993, da parte della società contribuente, essendo il regolamento del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE illegittimo e dovendosi, inoltre, considerare il giudizio tributario un procedimento volto all’accertamento del rapporto sostanziale.
La società ricorrente ha, altresì, dedotto (secondo motivo) la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 115 c od. proc. civ. evidenziando che non sarebbe stato riconosciuto valore probatorio alla consulenza di parte descrittiva delle aree, mai contestata da RAGIONE_SOCIALE, e alla circostanza, anch’essa incontestata, che la perizia fosse già in possesso del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, in quanto allegata alla domanda per il rilascio delle necessarie autorizzazioni.
2.1 Il primo e il secondo motivo, da trattarsi congiuntamente in quanto incentrati sulle medesime questioni e involgenti la valutazione di documenti e circostanze, compiuta dal giudice del gravame, sono inammissibili.
La ricorrente censura, in sostanza, l’accertamento dei fatti compiuto dai giudici di merito, che hanno ritenuto non provato l’adempimento, da parte della società contribuente, degli obblighi informativi finalizzati a ottenere l’esclusione di alcune aree dalla superficie tassabile. La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, ha evidenziato che la società contribuente non ha allegato al RAGIONE_SOCIALE la descrizione delle aree sulle quali sono prodotti o stoccati rifiuti speciali, per cui non poteva essere applicata l’esenzione. Le critiche mosse dalla ricorrente alla valutazione dei giudici del gravame si risolvono in censure di merito inammissibili in sede di legittimità. I profili di doglianza riguardano, invero: il preteso valore probatorio della consulenza di parte descrittiva dell’immobile e della visura catastale, rafforzato, ad avviso di parte ricorrente, dalla mancata contestazione delle relative risultanze, da parte del RAGIONE_SOCIALE e della società concessionaria della gestione del servizio; il dato, non valorizzato ai fini della decisione, dell’allegazione della consulenza, mai contestata, alla domanda presentata al RAGIONE_SOCIALE per il rilascio delle necessarie autorizzazioni; il mancato riconoscimento del diritto a una rideterminazione dell’imposta a fronte del contenuto della perizia, recante descrizione di tutte le aree, incluse quelle assolutamente improduttive di rifiuti urbani assimilabili; l’esclusione dalla superficie imponibile di quelle parti dell’immobile nelle quali è stata ampiamente provata l’utilizzazione per l’attività industriale. Si tratta, all’evidenza, di censure finalizzate a una rivalutazione del ragionamento decisorio del giudice del merito. La ricorrente pur prospettando, in apparenza, una violazione o una falsa applicazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 04/07/2017, n. 8758). Ogetto del giudizio che si vorrebbe demandare a questa Corte non
è l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13/05/2022, n. 17744, Cass. 05/02/ 2019, n. 3340; Cass. 14/01/ 2019, n. 640; Cass. 13/10/ 2017, n. 24155; Cass. 04/04/ 2013, n. 8315). Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 29/10/2020, n. 23872, Cass. 07/04/2017 n. 9097).
2.2. La ricorrente censura la sentenza anche sotto l’ulteriore profilo della ritenuta necessità della denunzia, ex art. 70 d. lgs. n. 507/1993, da parte della società contribuente, deducendo a tal fine, da un lato, l’illegittimità del regolamento del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in quanto privo dei criteri quantitativi di assimilazione dei rifiuti e, dall’altro, che il giudizio tributario è un procedimento di ‘impugnazione -merito’ finalizzato alla pronunzia di una decisione di merito sul rapporto tributario, sostitutiva dell’accertamento dell’amministrazione finanziaria, per cui essendo state prodotte in giudizio le ragioni dell’esenzione, il giudice non può non tenerne conto.
La critica, manifestamente generica oltre che non supportata dalla allegazione del regolamento comunale, che non figura tra gli atti
prodotti in giudizio, è inammissibile sia perché introduce un tema -quello della legittimità del regolamento comunale -prospettato esclusivamente in occasione dell’appello e non trattato nel giudizio di merito, sia perché mira comunque a sollecitare una nuova valutazione del rapporto, prescindendo dalle dichiarazioni rese all’ente impositore e dall’assolvimento degli obblighi informativi. Il motivo, inoltre, non precisa sotto quale profilo il prospettato vizio di legittimità del regolamento possa interferire con l’obbligo di denunzia di cui al citato articolo 70 d. lgs. n. 507/1993.
In ogni caso, secondo l’indirizzo di questa Corte, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti, spetta al contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza e alla delimitazione delle aree in cui vengono prodotti rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani (da lui smaltiti direttamente, essendo esclusi dal normale circuito di raccolta), che non concorrono alla quantificazione della superficie imponibile, in applicazione dell’art. 62, comma 3, del d.lgs. n. 507 del 1993, posto che, pur operando anche nella materia in esame il principio secondo il quale spetta all’amministrazione provare i fatti che costituiscono fonte dell’obbligazione tributaria, per quanto attiene alla quantificazione del tributo, grava sull’interessato, oltre all’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 70 del d.lgs. n. 507 del 1993, un onere d’informazione, al fine di ottenere l’esclusione delle aree sopra descritte dalla superficie tassabile, che integra un’eccezione alla regola generale secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (Cass. n. 21250 del 13/09/2017; Cass. n. 16235 del 31/07/2015; Cass. n. 19469 del 15/09/2014; Cass. n. 3772 del 15/02/2013; Cass. n. 2623/2023). L’assolvimento dell’obbligo di denuncia, ai sensi dell’art. 70 d. lgs. n. 507/1993, e degli obblighi informativi da parte del contribuente deve, pertanto, reputarsi sempre necessario. Né
può ammettersi che tale dichiarazione possa essere sostituita da documentazione diversa o da altre comunicazioni, compiute a fini diversi, che possano considerarsi equipollenti alla dichiarazione fiscale. Questa Corte ha ribadito, infatti, (Cass. n. 24580/2025), che la dichiarazione deve contenere informazioni specifiche e strutturate per quel determinato tributo e che, conseguentemente, non può essere sostituita da altre dichiarazioni o comunicazioni presentate al RAGIONE_SOCIALE.
Con il terzo motivo la società ricorrente ha rappresentato che tra le parti si è formato il giudicato sulla circostanza che la base imponibile per la tassa rifiuti della RAGIONE_SOCIALE fosse solo un’area pari a 205,55 mq., con riferimento alla TARI per l’anno 2019, e che, conseguentemente, tale accertamento deve far stato anche nel presente giudizio. La società ha fatto, in particolare, riferimento alla sentenza n. 5405 del 2019, pronunziata dalla Commissione tributaria provinciale di Caserta, non appellata dall’ente impositore, che ha parzialmente accolto il ricorso avverso l’avviso di pagamento, Tari dell’anno 2019, affermando in motivazione: ‘In effetti dalla documentazione in atti emerge con tutta evidenza che vi è una parte della superficie che deve essere esclusa e deve essere ritenuta tassabile solo una superficie pari a mq. 205,55 come da relazione tecnica in atti (…) va accolto parzialmente il ricorso e rideterminata in mq. 205,55 la superficie tassabile ai fini della TARI’.
3.1. Il motivo è inammissibile.
La sentenza, emessa in data 25 novembre 2019 e pubblicata in data 3 dicembre 2019, è divenuta irrevocabile in data 25 maggio 2020, anteriormente alla pronunzia impugnata con l’odierno ricorso. Questa Corte ha più volte ribadito (SS.UU. n. 13916/2006; n. 1534/2018; n. 1616/2020), che la produzione del documento
che attesta il giudicato esterno è impedita dall’art. 372 c.p.c. nel caso in cui si invochi l’efficacia di giudicato di una pronuncia anteriore a quella impugnata, che non sia stata prodotta nei precedenti gradi del processo.
Va, in ogni caso, rilevato che, come in più occasioni affermato da questa sezione, in materia di TARI, l’accertamento relativo allo smaltimento in proprio di rifiuti speciali integra un elemento della fattispecie privo di durevolezza, in quanto suscettibile di modifiche e variazioni, dall’uno all’altro periodo di imposta, con la conseguenza che la parte non può utilmente invocare, sotto tale profilo, il giudicato esterno relativo ad altre annualità (Cass. Civ., n. 2305 del 23.1.2024). Nel caso di specie, peraltro, l’accertamento della superficie tassabile che la ricorrente richiama come avente efficacia di giudicato esterno, si fonda su una consulenza di parte i cui riferimenti concreti e specifici, innanzitutto con riguardo alla data di redazione, non figurano in alcun modo menzionati nella sentenza, non consentendo quindi di verificare che si sia trattato, in quella sede, della relazione di consulenza allegata all’odierno ricorso.
Con il quarto motivo, la società ricorrente ha dedotto la nullità della sentenza impugnata, sotto il profilo della violazione dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., lamentando l’omessa disamina dei profili di doglianza formulati nelle controdeduzioni in appello, laddove si era fatto riferimento alla carenza assoluta di motivazione dell’atto impositivo sia relativamente alla determinazione dell’estensione della superficie tassabile sia avuto riguardo alla confutazione dell’estensione dell’area asseritamente imponibile, come dimostrato dalla consulenza. La ricorrente si duole quindi dell’omessa pronunzia sulla domanda subordinata di
rideterminazione del tributo sulla superficie di mq. 117,20, sulla scorta della allegata consulenza di parte.
4.1 La censura richiama in primo luogo il prospettato difetto di motivazione dell’avviso di pagamento sotto i profili enunciati. Il motivo appare tuttavia non autosufficiente atteso che la ricorrente n on ha riportato in ricorso o allegato l’avviso di pagamento del quale ha contestato l’omessa motivazione, avviso strettamente funzionale alla comprensione del motivo, né ha specificato la sede dove reperirlo. Il ricorso non riproduce, infatti, il contenuto dell’atto impugnato, così incorrendo nella violazione del principio di autosufficienza di cui all’art. 366, comma I, n. 6 cod. proc. civ.. La copia dell’avviso di pagamento non risulta inoltre essere stata prodotta in giudizio.
4.2 Quanto alla dedotta violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., derivante dalla omessa pronunzia sulla domanda formulata con le controdeduzioni in appello, si tratta di profilo inammissibile, risultando la già citata domanda formulata per la prima volta nelle conclusioni del controricorso nel giudizio d’appello. Peraltro, siffatto motivo si palesa anche eccentrico rispetto alla decisione, che, comunque, implicitamente supera la problematica in esame. In particolare, la sentenza impugnata, avendo considerato come non assolto l’onere probatorio, a carico della società contribuente, relativamente alla descrizione delle aree sulle quali sono prodotti o stoccati rifiuti speciali, ha implicitamente deciso in senso negativo anche la domanda di rideterminazione della superficie.
4.3 Inammissibile appare, infine, anche il dedotto mancato esame di un documento decisivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. Il ricorso censura formalmente il vizio di omesso esame del documento -la consulenza – ma in realtà contiene doglianze sulla valutazione dei fatti operata dal giudice di merito e dunque sollecita la Corte a svolgere un compito incompatibile col proprio ruolo istituzionale. Le SS. UU. Hanno in proposito ribadito
che ‘ è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito ‘ (cfr. Cass. SSUU n. 34476/2019).
5.In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €. 4.305,00 per compensi, oltre 200,00 euro per esborsi e accessori di legge.
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 30/10/2025.
Il Presidente NOME COGNOME