Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15792 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15792 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
Avviso accertamento Tari
-Piano finanziario Giudicato esterno
–
ORDINANZA
sul ricorso 19565/2022 proposti da: RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA; C.F.: P_IVA), in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE, con sede legale in San Giuseppe Vesuviano (NA), alla INDIRIZZO rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso, anche disgiuntamente, dagli Avv.ti NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE) (pec: EMAIL e EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO;
-ricorrente –
contro
COMUNE DI NOLA (P.IVA: P_IVA, C.F. P_IVA), in persona del Sindaco, suo legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di determinazione n. 138 del 4.3.2020, nonché di procura
speciale rilasciata su foglio separato, dall’ Avv.to NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE; PEC: EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO;
-controricorrente –
-avverso la sentenza n. 999/2022 emessa dalla CTR Campania in data 26/01/2022 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La RAGIONE_SOCIALE impugnava un avviso di accertamento con il quale il Comune di Nola le aveva ingiunto il pagamento della Tari per l’anno 2014 con riferimento ad un insediamento industriale.
La CTP di Napoli rigettava il ricorso, deducendo che la contribuente si era limitata ad allegare le circostanze senza provare gli specifici profili indicati. 3. Sull’impugnazione della contribuente, la CTR della Campania rigettava il gravame, affermando che: a) la delibera con la quale il Consiglio comunale approva il piano finanziario è connotata da una discrezionalità, oltre che tecnica, amministrativa (se non politica); b) anche a voler ritenere di disapplicare l’atto amministrativo di approvazione del piano e delle tariffe, si sarebbe dovuto applicare le tariffe vigenti nell’anno precedente (validamente approvate); c) era apodittica l’affermazione della contribuente secondo cui il piano finanziario non rispondeva ai requisiti di legge, senza una concreta censura suffragata da indicatori specifici degli elementi carenti; d) non erano indicati né risultavano presenti specifici elementi probatori tali da evidenziare i presupposti della riduzione (sia quella al 20% che quella al 40%).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di tre motivi illustrati da memoria. Il Comune di Nola ha resistito con controricorso.
Considerato che
Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 11 e 36, comma 2, n. 4), d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma,
5), c.p.c., per aver la CTR reso una motivazione apparente in ordine alla illegittimità del piano economico finanziario e della relazione illustrativa, atti prodromici alla determinazione ed approvazione delle tariffe Tari e del procedimento amministrativo di approvazione delle tariffe.
In particolare, la ricorrente censura sul piano motivazionale la sentenza impugnata sotto tre differenti profili:
mancanza della relazione illustrativa di accompagnamento al piano; b) determinazione delle tariffe ad opera di organo incompetente (Giunta comunale, anziché Consiglio comunale); c) adozione della delibera di approvazione delle tariffe fuori dai termini di cui alla legge di bilancio.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., relativamente al giudicato esterno formatosi con sentenza n. 7465/2021 resa dalla CTP di Napoli in data 2.7.2021 tra le stesse parti e per gli stessi oggetto ed annualità, passata in giudicato successivamente all’emanazione della sentenza qui impugnata, che aveva ridotto la Tari del 60% per mancata raccolta dei rifiuti nel sito industriale.
Con il terzo motivo la ricorrente rileva la violazione o falsa applicazione dell’art. 1, commi 656 e 657, l. n. 147/2013, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per aver la CTR erroneamente, a suo dire, escluso la sussistenza di prove volte ad evidenziare i presupposti della riduzione dell’imposta, nonostante la sussistenza del giudicato esterno di cui al secondo motivo.
4 . Il secondo motivo, che, sul piano dell’ordine logico di trattazione, ex art. 276, secondo comma, c.p.c., deve essere analizzato prioritariamente, si rivela inammissibile.
Invero, anche di recente questa Corte ha ribadito che, in tema di ricorso per cassazione, pur costituendo il giudicato la regola del caso concreto e conseguentemente una questione di diritto da accertare direttamente, la sua interpretazione, da parte del giudice di legittimità, è possibile solo se la sentenza da esaminare venga messa a disposizione mediante trascrizione nel corpo del ricorso, derivandone in mancanza l’inammissibilità del motivo,
con cui si denuncia la violazione dell’art. 2909 c.c., restando precluso ogni tipo di attività nomofilattica (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16227 del 16/07/2014; conf. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 1041 del 16/01/2025).
Nel caso di specie, la ricorrente si è limitata ad eccepire <>, senza trascrivere almeno degli stralci della relativa sentenza e senza provvedere neanche alla sua localizzazione, in tal guisa precludendo a questo Collegio la possibilità di scrutinare la fondatezza dei suoi assunti.
5. Il primo motivo è infondato.
E’ ormai noto come le Sezioni Unite (sentenza n. 8053 del 2014) abbiano fornito una chiave di lettura della riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, nel senso di una riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, con conseguente d’enunciabilità in cassazione della sola “anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motivazione. E’ stato altresì precisato che (in termini, Cass. n. 2876 del 2017) che il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111, sesto comma, Cost.), e cioè dell’art. 132, sesto comma, n. 4, c.p.c. (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del
1992 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’ iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata (cfr. Cass. nn. 2876/2017 e 1461/2018).
Orbene, la sentenza impugnata non si pone senz’altro al di sotto del cd. minimo costituzionale, atteso che ha affermato che: a) la delibera con la quale il Consiglio comunale approva il piano finanziario è connotata da una discrezionalità, oltre che tecnica, amministrativa (se non politica); b) anche a voler ritenere di disapplicare l’atto amministrativo di approvazione del piano e delle tariffe, si sarebbe dovuto applicare le tariffe vigenti nell’anno precedente (validamente approvate); c) era apodittica l ‘affermazione della contribuente secondo cui il piano finanziario non rispondeva ai requisiti di legge, senza una concreta censura suffragata da indicatori specifici degli elementi carenti.
Senza tralasciare che, in violazione del principio di autosufficienza, la ricorrente ha omesso di trascrivere, almeno nei suoi passaggi maggiormente significativi, il piano economico-finanziario, non ha neppure dedotto quando sarebbe stata approvata dal C.C. la delibera n. 85 della G.M. relativa alle tariffe Tari per l’anno 2014 (che risulterebbe adottata il 17.9.2014 e, quindi, prima del termine ultimo -come prorogato -del 30.9.2014 per l’adozione del bilancio di previsione dell’anno di riferimento) e si è limitata a riprodurre il motivo di appello con il quale aveva esposto, effettivamente in modo apodittico, che ‘il piano per risultare conforme al dettato normativo, necessita di essere integrato da una relazione ‘, ‘risultando lo stesso piuttosto com e un atto preconfezionato, evidentemente redatto su moduli predefiniti di carattere sterile, senza alcuna concreta e dettagliata indicazione, ‘.
A tacer del fatto che contraddittoria e, comunque, equivoca è l’affermazione secondo cui ‘non vi sono due approvazioni delle tariffe: l’una del Consiglio
e l’altra della Giunta, ma la delibera del Consiglio approva la determina di Giunta di approvazione delle tariffe’, se solo si considera che, anche a voler aderire a tale ricostruzione, in ogni caso l’organo competente (vale a dire, il Consiglio comunale), per approvare il piano finanziario e la determinazione delle tariffe proposti dalla Giunta, dovrebbe farli propri e, ancor prima, condividerli.
6. Il terzo motivo è inammissibile.
Alla luce di quanto esposto nell’analizzare il secondo motivo, la sentenza che si assume essere passata in giudicato, nell’inosservanza del principio di specificità, non può essere presa in considerazione al fine di stabilire se la contribuente abbia, per il suo tramite, assolto all’onere probatorio incontestabilmente su di essa gravante avuto riguardo alla sussistenza dei presupposti per beneficiare della riduzione al 40 ( recte , 60)% della tariffa Tari per il 2015.
Resta, pertanto, non adeguatamente contrastata l’affermazione, resa dalla CTR, secondo cui ‘Sulla annualità 2014 non sono indicati né risultano presenti specifici elementi probatori tali da evidenziare i presupposti della riduzione (sia quella al 20% che q uella al 40%)’.
Trova, infatti, applicazione il principio secondo cui, in materia di TARI, le riduzioni tariffarie cd. tecniche previste dall’art. 1, commi 656 e 657, l. n. 147 del 2013, essendo chiamate a regolare situazioni in cui si realizza una contrazione del servizio e, quindi, dei costi per il suo espletamento per motivi oggettivi ed a favore di una pluralità indistinta di utenti, spettano ope legis , a prescindere dalla loro previsione nel regolamento comunale e senza la necessità di una specifica e preventiva domanda, incombendo sul contribuente il solo onere di provarne i presupposti normativi; diversamente, le riduzioni o esenzioni di natura agevolativa di cui ai successivi commi 659 e 660, essendo meramente eventuali, sono subordinate ad un’esplicita previsione del regolamento comunale che ne condiziona l’ an e il quantum – elementi non predeterminati dalla legge – con la conseguenza che, in quanto collegate alle posizioni peculiari dei singoli utenti per poterne fruire, esse devono essere oggetto di specifica e
preventiva domanda da parte del contribuente, corredata della documentazione necessaria per giustificarne l’attribuzione (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 17334 del 19/08/2020).
Quindi è onere del contribuente dedurre e provare la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto per vincere la presunzione di produttività di rifiuti posta dal comma 641 dell’art. 1 citato.
In particolare, il diritto alla riduzione presuppone l’accertamento specifico (mirato sul periodo, sulla zona di ubicazione dell’immobile sulla tipologia dei rifiuti conferiti e, in generale, su ogni altro elemento utile a verificare la ricorrenza in concreto della richiesta riduzione) della effettiva erogazione del servizio di raccolta rifiuti in grave difformità dalle previsioni legislative e regolamentari, il cui onere probatorio grava sul contribuente che invoca la riduzione, il quale deve dimostrare il presupposto della riduzione della Tarsu ai sensi del d.lgs. n. 507 del 1993, art. 59, comma 4; che consiste nel fatto obiettivo che il servizio di raccolta, istituito ed attivato: – non sia svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione o di esercizio dell’attività dell’utente; – ovvero, vi sia svolto in grave violazione delle prescrizioni del regolamento del servizio di nettezza urbana, relative alle distanze e capacità dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio stesso (cfr. Cass. n. 3265 e n. 22767 del 2019).
Va pertanto ribadito che “In materia di imposta sui rifiuti (TARI), pur operando il principio secondo cui è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare del diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile o, addirittura, l’esenzione costituendo questa un’eccezione alla regola del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (vedi Cass. n. 22130 del 2017 e n. 12979 del 2019).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita accoglimento. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 462,00 per compensi ed € 200,00 per spese, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 30.5.2025.