Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21968 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21968 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35034/2018 R.G., proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Napoli, in persona del l’amministratore unico pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Napoli, ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per notifiche e comunicazioniEMAIL, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliato presso l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma (indirizzi pec per notifiche e comunicazioni: EMAILcomuneEMAIL ; EMAILcomuneEMAIL ; EMAIL ), giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
TARSU TIA TARES ACCERTAMENTO
IMBALLAGGI
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Campania il 6 luglio 2018, n. 6535/03/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del l’11 giugno 2 025 dal Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
La RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Campania il 6 luglio 2018, n. 6535/03/2018, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di pagamento n. 873983/17980 del 9 novembre 2015, notificato l ‘8 febbraio 2016, da parte del Comune di Napoli, per il TARES relativ o all’anno 2013 , nella misura complessiva di € 19.911,45, con riguardo ad un opificio industriale, la cui superficie di mq. 949 era produttiva di soli rifiuti speciali smaltiti attraverso aziende terze specializzate, essendo stata omessa la denuncia di una superficie imponibile di mq. 1.686, di cui mq. 198 per uffici, mq. 194 per depositi, mq. 949 per opificio e mq. 345 per area scoperta pertinenziale, ha rigettato l’appello proposto da lla ‘ RAGIONE_SOCIALE nei confronti del Comune di Napoli avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli il 24 gennaio 2017, n. 1513/21/2017, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure -che aveva respinto il ricorso originario della contribuente sul rilievo che quest’ultima non aveva presentato la dichiarazione con l’indicazione della superficie destinata alla produzione di rifiuti speciali.
Il Comune di Napoli ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a quattro motivi.
Con il primo motivo, si denuncia v iolazione dell’art. 7 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, (verosimilmente) in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per essere stato affermato dal giudice di secondo grado che « l’omessa denuncia fiscale impedisce al giudice tributario di dare luogo agli accertamenti necessari a verificare lo stato dei luoghi al momento in cui la denunzia avrebbe dovuto venire presentata, con conseguente impossibilità di verificare retroattivamente la spettanza delle riduzioni ».
2.1 Il predetto motivo è infondato.
2.2 Secondo questa Corte, nel processo tributario, avente natura dispositiva, l’ordine di produzione ex art. 7 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, stante l’abrogazione del comma 3 (che consentiva un vero e proprio potere officioso in ” supplenza “), non allarga l’oggetto del giudizio, ma resta sempre nel perimetro delimitato dalle parti sicché il potere del giudice di disporre d’ufficio l’acquisizione di mezzi di prova non può essere utilizzato per supplire a carenze delle parti nell’assolvimento del rispettivo onere probatorio, ma solo in situazioni di oggettiva incertezza, in funzione integrativa degli elementi istruttori in atti, e sempre che la parte su cui ricade l’ onus probandi non abbia essa stessa la possibilità di integrare la prova già fornita (Cass., Sez. 5^, 31 luglio 2020, n. 16476; Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2021, n. 12383; Cass., Sez. Trib., 12 febbraio 2024, n. 3885; Cass., Sez. Trib., 23 maggio 2025, n. 13783).
2.3 Nella specie, è pacifico che la ricorrente non avesse presentato la denuncia prevista dall’art. 14, commi 33 e 34, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni,
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, per cui nessun potere istruttorio ex officio iudicis avrebbe potuto supplire o rimediare all’inosservanza di tale onere informativo.
Ora, posto che sono estensibili anche al TARES (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 27 gennaio 2022, n. 2373; Cass., Sez. Trib., 21 novembre 2023, n. 32216; Cass., Sez. Trib., 23 gennaio 2024, n. 2268; Cass., Sez. Trib., 2 giugno 2025, n. 14781) gli orientamenti di legittimità formatisi per i tributi omologhi che l’hanno preceduto, quali la TARSU e la TIA, si è affermato che, in tema di TARSU, spetta al contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza e alla delimitazione delle aree in cui vengono prodotti rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani (da lui smaltiti direttamente, essendo esclusi dal normale circuito di raccolta), che, pertanto, non concorrono alla quantificazione della superficie imponibile, in applicazione dell’art. 62, comma 3, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, posto che, pur operando anche nella materia in esame il principio secondo il quale spetta all’amministrazione comunale provare i fatti che costituiscono fonte dell’obbligazione tributaria (nella specie, l’occupazione di aree nel territorio comunale), per quanto attiene alla quantificazione del tributo, grava sull’interessato (oltre all’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 70 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507) un onere d’informazione, al fine di ottenere l’esclusione delle aree sopra descritte dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale, secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 13 settembre 2017, n. 21250; Cass., Sez. 5^, 22 luglio 2021, n. 21011; Cass., Sez. 5^, 14 giugno 2022, nn. 19110 e 19111; Cass., Sez. 5^, 27
gennaio 2022, n. 2373; Cass., Sez. 5^, 14 marzo 2022, n. 8222; Cass., Sez. Trib., 27 gennaio 2023, n. 2623; Cass., Sez. Trib., 13 aprile 2023, n. 9887; Cass., Sez. Trib., 9 luglio 2024, n. 18692; Cass., Sez. Trib., 2 giugno 2025, n. 14781).
Dunque, per quanto si è detto, analogo principio deve valere anche per il TARES , essendo stato conservato l’onere informativo a carico del contribuente dall’art. 14, commi 33 e 34, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
Con il secondo motivo, si denuncia v iolazione dell’art. 2697 cod. civ., (verosimilmente) in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per non essere stato provato in alcun modo dal Comune di Napoli il proprio credito indicato nel « verbale di accertamento in questione ».
3.1 Il predetto motivo è inammissibile sotto duplice profilo.
3.2 Anzitutto, come emerge dalla relativa formulazione in ricorso (pagine 15 e 16), la censura non attinge alcuna argomentazione o statuizione della sentenza impugnata, limitandosi a contestare la motivazione dell’atto impositivo in ordine alle fonti probatorie indicate a giustificazione della pretesa impositiva (« incrocio delle banche dati comunali, catastali e tributarie »). Ma, a ben vedere, sul punto la sentenza impugnata non si è in alcun modo pronunciata.
Vale, quindi, il principio per cui è inammissibile il motivo che non si correla alla motivazione della sentenza impugnata, dato che il motivo di impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto di impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, poiché per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la
rappresentazione, l’esercizio del diritto di impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere (tra le tante: Cass., Sez. 6^-3, 22 aprile 2020, n. 8036; Cass., Sez. 3^, 30 dicembre 2023, n. 36588; Cass., Sez. 3^, 24 settembre 2024, n. 25533; Cass., Sez. Lav., 9 maggio 2025, n. 12283).
3.3 Inoltre, nessuna contravvenzione alle regole di ripartizione dell’onere probatorio è stata imputata al giudice di appello. Difatti, l’infrazione alla regola generale dell’art. 2697 cod. civ. (che è stata lamentata in rubrica dalla ricorrente) si può configurare soltanto nell’ipotesi in cui si lamenti che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (tra le tante: Cass., Sez. 6^-3, 23 ottobre 2018, n. 26769; Cass., Sez. 1^, 20 aprile 2020, n. 7919; Cass., Sez. Lav., 19 agosto 2020, n. 17313; Cass., Sez. 5^, 20 ottobre 2021, n. 29041; Cass., Sez. 6^-5, 26 gennaio 2022, n. 2286; Cass., Sez. Trib., 7 aprile 2023, n. 9529; Cass., Sez. Lav., 23 maggio 2024, n. 14482; Cass., Sez. 1^, 25 novembre 2024, n. 30389; Cass., Sez. 1^, 14 febbraio 2025, n. 3761).
Con il terzo motivo, si denuncia vi olazione dell’art. 12 della legge 20 luglio 2000, n. 212, (verosimilmente) in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ. , per essere stata inosservata la garanzia del contraddittorio endo-
procedimentale prima della notifica dell’ avviso di accertamento, che era stato preceduto da un accesso di verificatori « presso alcuni locali periferici in INDIRIZZO destinati all’esercizio di attività commerciali ed industriali »
4.1 Il predetto motivo è inammissibile sotto duplice profilo e, comunque, infondato.
4.2 Preliminarmente, si possono richiamare le considerazioni già espresse al precedente par. 3.2, giacché la doglianza non investe alcuna argomentazione o statuizione della sentenza impugnata.
4.3 Ancora, il mezzo si risolve in una vaga e generica contestazione dell’obbligo del contraddittorio endo -procedimentale, che non ha alcuna attinenza con la fattispecie in decisione, ove non risulta l’inosservanza del termine di cui al comma 7 dell’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212, rispetto ad una presunta verifica di accertatori con accesso ad una sede secondaria, una sede operativa o unità locale della contribuente, di cui, peraltro, si ignora la data e non risulta la verbalizzazione
4.4 In ogni caso, la censura trascura di considerare, anche alla luce dell’esegesi proposta dal giudice delle leggi (Corte Cost., 21 marzo 2023, n. 47), che l’obbligo generale di contraddittorio preventivo esiste unicamente per i c.d. ‘ tributi armonizzati ‘, mentre per i c.d. ‘ tributi non armonizzati ‘ occorre una specifica previsione normativa. Difatti, in tema di tributi ” non armonizzati ” (come l’IRPEF, l’IRAP, le imposte di registro, ipotecaria e catastale, i tributi locali), l’obbligo dell’amministrazione finanziaria di instaurare il contraddittorio nel corso del procedimento non sussiste per gli accertamenti c.d. ‘ a tavolino ‘, per cui non si pone la
questione di un’eventuale inosservanza del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212; tuttavia, tale principio non vale per i tributi ” armonizzati ” come l’IVA, ipotesi nella quale, tuttavia, il contribuente che faccia valere il mancato rispetto di detto termine è in ogni caso onerato di indicare, in concreto, le questioni che avrebbe potuto dedurre in sede di contraddittorio preventivo (tra le tante: Cass., Sez. Un., 9 dicembre 2015, n. 24823; Cass., Sez. 6^-5, 29 ottobre 2018, n. 27420; Cass., Sez. 6^-5, 5 novembre 2020, n. 24793; Cass., Sez. 5^, 29 dicembre 2020, n. 29726; Cass., Sez. 5^, 6 luglio 2021, nn. 19176 e 19177; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, n. 16481; Cass., Sez. Trib., 4 dicembre 2023, n. 33699; Cass., Sez. Trib., 6 marzo 2024, n. 6094; Cass., Sez. Trib., 10 giugno 2025, n. 15522).
Viceversa, l’art. 12, comma 7, della l egge 27 luglio 2000, n. 212, prevede, nel triplice caso di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, una valutazione ex ante in merito al rispetto del contraddittorio operata dal legislatore, attraverso la previsione di nullità dell’atto impositivo per mancato rispetto del termine dilatorio, che già, a monte, assorbe la ‘ prova di resistenza ‘, senza distinguere tra tributi armonizzati e non armonizzati (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 15 gennaio 2019, nn. 701 e 702; Cass., Sez. 5^, 30 marzo 2021, n. 8718; Cass., Sez. 6^-5, 23 novembre 2021, n. 36118; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, n. 16481; Cass., Sez. Trib., 17 novembre 2023, n. 31997; Cass., Sez. Trib., 28 febbraio 2024, n. 5269; Cass., Sez. Trib., 10 giugno 2025, n. 15522).
Nella specie, comunque, esulandosi dal campo dei c.d. ‘ tributi armonizzati ‘ , in assenza di una specifica previsione della disciplina nazionale, non può affermarsi l’esistenza di un
obbligo di contraddittorio preventivo, la cui mancanza possa invalidare l’atto impositivo .
R esta, dunque, confermata l’insussistenza, in tema di T ARSU, di un obbligo di contradditorio endoprocedimentale, come anche del non necessario previo accesso ai luoghi per le relative rilevazioni, che risulta facoltativamente previsto dall’art. 73 , comma 2, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, affidando l’attività preaccertativa ivi indicata all’esercizio discrezionale dell’ ente impositore , come si desume dall’uso del predicato « possono » (in riferimento a « gli agenti di polizia urbana o i dipendenti dell’ufficio comunale ovvero il personale incaricato della rilevazione della materia imponibile ai sensi dell’articolo 71, comma 4 ») (da ultima: Cass. Sez. Trib., 2 giugno 2025, n. 14816).
Analoga facoltatività è stata mantenuta per il TARES, in forza dell’art. 14, comma 37, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, a tenore del quale -al fine di verificare il « corretto assolvimento degli obblighi tributari » – il funzionario comunale responsabile « può (…) disporre l’accesso ai locali ed aree assoggettabili a tributo, mediante personale debitamente autorizzato e con preavviso di almeno sette giorni ».
5. Con il quarto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 76 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, (verosimilmente) in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che, in caso di omessa denuncia, la contribuente dovesse pagare il tributo in misura integrale anche se non dovuto, laddove il legislatore sanziona il caso di omessa denuncia per un tributo dovuto e pone una sopratassa aggiuntiva.
5.1 Il predetto motivo è infondato
5 .2 L’obbligazione tributaria è connessa all’inosservanza dell’onere di dichiarare e documentare i presupposti di una esenzione o riduzione, in base al principio per cui, in tema di TARSU, spetta al contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza e alla delimitazione delle aree in cui vengono prodotti rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani (da lui smaltiti direttamente, essendo esclusi dal normale circuito di raccolta), che, pertanto, non concorrono alla quantificazione della superficie imponibile, in applicazione dell’art. 62, comma 3, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, posto che, pur operando anche nella materia in esame il principio secondo il quale spetta all’amministrazione comunale provare i fatti che costituiscono fonte dell’obbligazione tributaria (nella specie, l’occupazione di aree nel territorio comunale), per quanto attiene alla quantificazione del tributo, grava sull’interessato (oltre all’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 70 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507) un onere d’informazione, al fine di ottenere l’esclusione delle aree sopra descritte dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale, secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 13 settembre 2017, n. 21250; Cass., Sez. 5^, 22 luglio 2021, n. 21011; Cass., Sez. 5^, 14 giugno 2022, nn. 19110 e 19111; Cass., Sez. 5^, 27 gennaio 2022, n. 2373; Cass., Sez. 5^, 14 marzo 2022, n. 8222; Cass., Sez. 5^, 27 gennaio 2023, n. 2623; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2023, n. 9887; Cass., Sez. Trib., 24 settembre 2024, n. 25520; Cass., Sez. Trib., 2 giugno 2025, n. 14816).
Ovviamente, come si è già detto, anche tale principio è estensibile al TARES in virtù dell’invariato obbligo a carico del contribuente di denunciare l’insorgenza ed il mutamento dei presupposti impositivi ex art. 14, commi 33 e 34, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi l ‘ infondatezza/inammissibilità dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
A i sensi dell’ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del controricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi ed € 2.500,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del l’11 giugno