Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14781 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14781 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/06/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
– SEZIONE TRIBUTARIA –
OGGETTO
composta dai seguenti magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere – rel.-
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 23/01/2025
TARES
ha deliberato di pronunciare la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9154/2018 del ruolo generale, proposto
DA
NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
il COMUNE DI PONTASSIEVE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso e di deliberazione della Giunta comunale n. 60 del 5 aprile 2015, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE.
per la cassazione della sentenza n. 172/5/2018 della Commissione tributaria regionale della Toscana, depositata il 1° febbraio 2018, non notificata. Numero sezionale 447/2025 Numero di raccolta generale 14781/2025 Data pubblicazione 02/06/2025
UDITA la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio celebratasi in data 23 gennaio 2025.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è l’avviso di accertamento indicato in atti con cui il Comune di Pontassieve liquidava la Tares relativa all’anno 2013 in relazione ad un serie di immobili di proprietà del contribuente.
La suindicata Commissione regionale, dopo aver premesso che il primo Giudice aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dall’COGNOME e che, dunque, il gravame riguardava solo le restanti posizioni contrassegnate con i nn. 1422, 1426, 1428 e 1430, respinse l’appello da questi avanzato avverso la sentenza n. 1636/2/2016 della Commissione tributaria provinciale di Firenze, osservando che:
-non avevano fondamento le eccezioni di legittimità dell’accertamento per mancata istruttoria ed omessa verifica delle superfici e delle destinazioni degli immobili oggetto di tassazione, avendo il Comune dimostrato di aver inviato al contribuente la lettera del 27 ottobre 2015 allo scopo di avere delucidazioni in contraddittorio sulla differenza dei metri quadri dichiarati e riscontrati, senza però ottenere sul punto alcuna risposta.
quanto alla posizione n. 1422 relativa ad immobile che il contribuente dichiarava essere vuoto e senza allaccio ad alcuna utenza, già locato in forza di contratto registrato in 16 marzo 2016 e cessato il 31 ottobre 2010, « non esiste(va) alcuna prova del
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suo rilascio al proprietario ricorrente » (così a pagina nella sentenza impugnata); Numero di raccolta generale 14781/2025 Data pubblicazione 02/06/2025
quanto alle posizioni nn. 1426 e 1428, relative ad immobili rispetto ai quali il contribuente affermava di non essere proprietario, nonché per la posizione n. 1430, concernente un bene asseritamente inesistente, risultava, invece, dalle visure storiche la loro intestazione al contribuente, per cui, in assenza di prova contraria, la tassa era dovuta.
Avverso tale pronuncia NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, notificandolo al Comune di Pontassieve il 14/15 marzo 2018, formulando sette motivi d’impugnazione.
Il Comune di Pontassieve resisteva con controricorso notificato il 23 aprile 2018, depositando in data 13 gennaio 2025 memoria ex art. 380bis .1, c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va premesso che l’impostazione di gran parte dei motivi di ricorso (segnatamente i motivi dal quarto al settimo) omette di considerare le ragioni della decisione impugnata e si contraddistingue per la logica volta a considerare l’impugnazione in oggetto come una forma di terzo grado di giudizio di merito, mascherando, sotto il prescelto canone censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la riproposizione di rilievi che coinvolgono questioni di natura fattuale, come tali inammissibili nella presente sede, così disvelando un uso improprio del parametro della violazione di legge.
1.1. Ciò premesso, si procede all’esame singolo dei primi quattro motivi e congiunto dei restanti tre, essendo del tutto analoghe le ragioni della decisione e dell’impugnazione sui punti considerati nelle predette censure.
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2. Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente ha eccepito, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 64, 70, 71, 73 d.lgs. n. 507/1993 e 14 d.l. n. 201/2011, convertito dalla legge n. 214/2011, nonché degli artt. 1, commi 161-170, della legge n. 296/2006, 3 della legge n. 241/1990, 7 della legge n. 212/2000 e 2729 c.c. Data pubblicazione 02/06/2025
L’istante ha ribadito le ragioni di illegittimità dell’accertamento impugnato, essendo mancata l’istruttoria e la puntuale verifica delle superfici e delle destinazioni degli immobili oggetto di tassazione, osservando come fosse obbligo del Comune fornire la prova dell’obbligazione tributaria e che la verifica delle dichiarazioni dell’utente doveva essere effettuata mediante l’adozione di un avviso motivato, giacchè la fase procedimentale prevede l’obbligatoria rilevazione delle utenze assoggettate al tributo, per cui erroneamente il Giudice regionale aveva ritenuto dovuta la tassa sul semplice rilievo della mancata risposta del ricorrente alla lettera del 27 ottobre del 2015, nonostante la pacifica circostanza dell’assenza di una puntuale verifica delle superfici e delle destinazioni dei beni.
Il ricorrente ha aggiunto che l’utilizzo legittimo delle presunzioni semplici nella determinazione della tassa postula un’inerzia del contribuente non solo rispetto all’invito di esibire o trasmettere la documentazione richiesta, ma anche nella successiva fase di rilevazione dell’utenza, laddove con l’avviso impugnato l’ente territoriale aveva proceduto a determinare in via presuntiva la tassa sulla base delle risultanze catastali per le utenze di cui alle posizioni nn. 1426, 1428 e 1430 ed in base al rilievo della mancata prova del rilascio degli immobili per l’utenza n. 1422, omettendo la necessaria rilevazione della consistenza e della destinazione ed utilizzo delle relative unità immobiliari, che risultavano in realtà vuote e prive di allaccio a qualsiasi servizio.
2.1. La censura non ha fondamento.
L’istante invoca, quanto alle verifiche esercitabili dal Comune sull’effettiva superfice occupata e sulla destinazione dei beni, l’applicazione della disciplina di cui all’art. 73 d.lgs. n. 507/1993 (TARSU), che risulta essere stata abrogata dall’art. 49 d.lgs. n. 22/1997, laddove nella specie riceve applicazione la previsione di cui al d.l. n. 201/2011 (TARES), il cui art. 14, comma 9, stabiliva che «Ai fini dell’attività di accertamento, il comune, per le unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano, può considerare come superficie assoggettabile al tributo quella pari all’80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138».
Nel medesimo senso, si esprimeva l’art. 34, comma 3, del regolamento comunale approvato dal Comune con delibera n. 24 del 14 maggio 2013 (prodotto in atti), nei termini ricapitolati nel controricorso (v. pagina n. 16).
Alla luce di tali evidenze, tre osservazioni si impongono.
La prima. L’invito formulato dal Comune in data 27 ottobre 2015 aveva posto il contribuente nelle condizioni di coltivare una fase istruttoria volta a rappresentare le effettive consistenze superficiarie dei beni, le concrete destinazioni e, quindi, le asserite condizioni di non tassabilità, per cui è al suo omesso riscontro che deve ricondursi la mancata interlocuzione.
La seconda. In assenza dell’esigibile riscontro al predetto invito, correttamente il Comune ha provveduto a tassare i beni secondo il suindicato criterio legale e regolamentare.
La terza. Questa Corte ha più volte ritenuto che alla TARES sono estensibili gli orientamenti di legittimità formatisi per i tributi
omologhi che l’hanno preceduta, quali la TARSU e la TIA (cfr. Cass. n. 19631/2024, che richiama Cass. n. 13455/2024, ma anche Cass. n. 21490/22; Cass. n. 8088/2020; Cass. n. 8089/2020, Cass. n. 12979 /2 019; Cass. n. 1963/2018; Cass. n. 22130/2017), precisando che il presupposto impositivo è costituito dalla disponibilità dell’area produttrice di rifiuti e, dunque, che la tassa è dovuta unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, con una presunzione iuris tantum di produttività che può essere superata solo dalla prova contraria del detentore dell’area (v., tra le tante, Cass. n. 30505/2024, che richiama Cass. n. 6551/2020; Cass. n. 14037/2019; Cass. n. 18054/2016; Cass. n. 19173/2004; Cass. n. 19459/2003), gravando sull’interessato (oltre l’obbligo di denuncia ai sensi del d.lgs. n. 507/1993, art. 70), un onere di informazione, al fine di ottenere l’esclusione delle aree dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale, secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (cfr., tra le tante, Cass. n. 14318/2023, che richiama Cass. n. 11438/2018; Cass. n. 9790/2018; Cass. n. 21250/2017; Cass. n. 17622/2016; Cass. n. 19469/2014). Numero di raccolta generale 14781/2025 Data pubblicazione 02/06/2025
Dunque, in assenza di una dichiarazione volta a rappresentare le condizioni di non tassabilità dei beni per la loro oggettiva incapacità di produrre rifiuti o per altre condizioni giuridico-fattuali, correttamente il Comune ha sottoposto a prelievo fiscale i beni in proprietà del ricorrente.
Va solo aggiunto che non si rivelano pertinenti, in considerazione delle suindicate ragioni di contestazione, i riferimenti alla violazione degli artt. 3 della legge n. 241/1990 e 7 della legge n. 212/2000, che attengono alla motivazione dell’avviso, il cui contenuto, peraltro, in violazione del requisito di
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autosufficienza del ricorso, nemmeno è stato trascritto o quantomeno riassunto. Numero di raccolta generale 14781/2025 Data pubblicazione 02/06/2025
Va disattesa anche la seconda censura con cui l’istante ha dedotto, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo e poi, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 d.lgs. n. 546/1992, 70, 71, 73 d.lgs. n. 507/1993, 14 d.l. n. 201/2011, 1, comma 161-170, della legge n. 296/2006, nonché degli artt. 3 della legge n. 241/1990 e 7 della legge n. 212/2000, il tutto per lamentare l’omessa statuizione o l’illegittimo implicito rigetto dell’istanza del contribuente di ordinare all’Enel il deposito della documentazione inerente i consumi sulle utenze di cui alle posizioni nn. 1422/1426 e 1430.
3.1. Va, in primo luogo, osservato che il motivo di ricorso si caratterizza per il suo carattere misto, essendo stato dedotto il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti e di violazione di legge.
Ebbene, questa Corte ha affermato il principio dell’inammissibilità della mescolanza e della sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti cioè riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, e ciò in quanto una simile formulazione mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili all’interno di ciascun motivo, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, alla Corte il compito di dare forma e contenuto giuridico alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (così, anche da ultimo, Cass. n.
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3397/2024, che richiama Cass. n. 26874/2018; Cass. n. 7009/2017, Cass. n. 21611/2013; Cass. n. 19443/2011), contrastando tale tecnica espositiva con il principio di tassatività dei motivi di impugnazione per cassazione (v., ancora, Cass. n. 13809/2022, che richiama, « ex plurimis , Cass. n. 6866/2022, Cass. n. 33348/2018, Cass. n. 19761/2016, n. 19040/2016, n. 13336/2016, n. 6690/2016, Cass. n. 5964/2015; Cass. n. 26018/2014 e Cass. n. 22404/2014). Numero di raccolta generale 14781/2025 Data pubblicazione 02/06/2025
Sotto tale profilo, è indiscutibile la non sovrapponibilità logicogiuridica del vizio di violazione di legge con quello di un omesso esame di un fatto sostanziale e l’operazione di risistemazione e di riorganizzazione dei motivi da parte del giudice di legittimità si rivela, per quanto sora detto, compito improprio.
3.2. Ad ogni buon conto, l’inammissibilità resta, sia pure sotto altro profilo, con riferimento al parametro di cui all’art. 360, primo comma, num., 5 c.p.c., in quanto la doglianza è stata rivolta con riguardo all’omesso esame di un’istanza istruttoria (la richiesta di esibizione al terzo), che è ipotesi del tutto estranea alla fattispecie contemplata da detta disposizione, la quale attiene, invece, all’omesso esame di un fatto in senso storico e normativo, ossia un fatto principale, ex art. 2697 c.c., cioè un «fatto» costitutivo, modificativo impeditivo o estintivo, o anche un fatto secondario, vale a dire un fatto dedotto ed affermato dalle parti in funzione di prova di un fatto principale (cfr., tra le tante, Cass. n. 13555/2023; Cass. n. 18318/2023; Cass. n. 17005/2024).
3.3. Resta poi inteso che nemmeno è configurabile un vizio di omessa pronuncia o di «statuizione» (come dedotto dall’istante), rilevante ai fini -qui nemmeno dedotti – di cui all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., giacchè tale ipotesi si configura esclusivamente con riferimento a domande attinenti al merito e non anche in relazione ad istanze istruttorie per le quali l’omissione è
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denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione (cfr. tra le tante, Cass. n. 13716/2016), nei limiti residuali in cui è ora possibile individuare la radicale assenza della motivazione della sentenza, ipotesi, anche questa, non dedotta con la censura in esame ed in ogni caso preclusa, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., dalla presenza, con riferimento alla tassazione sui i beni oggetto di contestazione, della cd. doppia conforme Data pubblicazione 02/06/2025
3.4. Oltre che inammissibile per la ragione innanzi esposta è, in ogni caso, infondata la dedotta violazione di legge di cui all’art . 7 d.lgs. n. 546/1992, dovendo ricordarsi, sul piano dei principi, come questa Corte abbia già rilevato che « (cfr. Cass. ord. n. 33506/2018), a seguito della soppressione del terzo comma dell’art. 7 d.lgs. n.546/1992, al giudice tributario è consentito ordinare l’esibizione dei documenti, ai sensi dell’art. 210 cod. proc. civ., quando è impossibile acquisire altrimenti la prova ovvero in situazioni di oggettiva incertezza, al fine di integrare gli elementi istruttori in atti » (v. Cass. n. 38062/2021 ed anche Cass. 3885/2024).
L’emanazione dell’ordine di esibizione è rimessa all’esercizio di un potere discrezionale del giudice e la valutazione di indispensabilità non deve essere neppure esplicitata, con la conseguenza che il relativo esercizio è svincolato da ogni onere di motivazione ed il provvedimento di rigetto dell’istanza non è sindacabile in sede di legittimità, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, trattandosi di strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa in alcun modo essere acquisita con altri mezzi e l’iniziativa della parte istante non abbia finalità esplorativa. (cfr. Cass. n. 27412/2021, che richiama Cass. n. 4504/2017; Cass. n. 23120/2010).
Le considerazioni che precedono assorbono l’esame delle altre dedotte violazioni di legge, aventi natura conseguenziale e
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presupponenti l’accoglimento della censura relativa all’illegittimità del mancato esercizio dei poteri officiosi. Numero di raccolta generale 14781/2025 Data pubblicazione 02/06/2025
Con la terza censura il contribuente ha eccepito, con riferimento al canone di all’art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c. e, dunque, la nullità della sentenza per l’omesso esame del motivo di appello concernente il bene di cui alla posizione n. 1429, assumendo l’istante che la decisione di primo grado aveva disposto l’annullamento dell’avviso in relazione a tale unità immobiliare, considerandola locata alla RAGIONE_SOCIALE trascurando di considerare che l’immobile era stato sublocato a tale Sig. COGNOME che doveva quindi essere indicato come effettivo soggetto passivo.
4.1. La doglianza si mostra palesemente inammissibile, non avendo il ricorrente titolo giuridico per l’impugnazione, cioè a dire legittimazione attiva, giacchè -al netto di ogni altra valutazione la sua dedotta qualità di legale rappresentante della predetta società (RAGIONE_SOCIALE non è stata spesa nel presente ricorso, che è stato, invece, proposto in proprio.
Pure inammissibile si presenta la quarta censura con cui l’istante ha lamentato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 62, 63, 64, 70, 71, 73 d.lgs. n. 507/1993, 14 d.l. n. 201/2011, convertito dalla legge n. 214/2011, nonché degli artt. 1, commi 161-170, della legge n. 296/2006, 3 della legge n. 241/1990, 7 della legge n. 212/2000, oltre che degli artt. 2729 e 2697 c.c.
La doglianza concerne l’immobile di cui alla posizione n. 1422 rispetto alla quale il ricorrente assume -diversamente da quanto ritenuto dal Giudice regionale -di aver dimostrato che trattavasi di bene rilasciato dal locatore e che si presentava nell’anno di imposta
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vuoto e privo di allaccio ad ogni utenza, come tale esente dal tributo ai sensi dell’art. 62, comma 2, d.lgs. n. 507/1993. Numero di raccolta generale 14781/2025 Data pubblicazione 02/06/2025
In siffatti termini, la contestazione si pone in frontale contrasto con la diversa valutazione della Commissione che aveva ritenuto non dimostrata la circostanza del rilascio del bene al ricorrente e coinvolge la Corte in un’inammissibile riesame degli elementi probatori che si assumono prodotti, certamente precluso nella sede che occupa, senza tacere che tale prospettiva risulta del tutto estranea al canone censorio prescelto (violazione di legge), in realtà impropriamente utilizzato per rimettere in discussione la valutazione del quadro probatorio fornita dal Giudice regionale.
5.1. Va, da ultimo, considerato che non sussiste nessuna violazione del criterio di riparto dell’onere probatorio, avendo il Giudice d’appello considerato tenuto al pagamento il ricorrente proprietario del bene, come previsto dall’art. 14 d.l. n. 201/2011 ricadendo, piuttosto, nell’onere probatorio di questi, alla luce di quanto sopra chiarito (v. § 2.1.), la prova dell’oggettiva inutilizzabilità del bene e la preventiva dichiarazione al Comune di tale stato di fatto.
Vanno esaminati congiuntamente il quinto, il sesto ed il settimo motivo di impugnazione, siccome connessi in relazione alle analoghe questioni trattate.
6.1. Difatti, con il quinto motivo, il ricorrente ha eccepito, a mente dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 64, 70, 71, 72 d.lgs. n. 507/1993, 14 d.l. n. 201/2011, convertito dalla legge n. 214/2011, nonché degli artt. 1, commi 161-170, della legge n. 296/2006, 3 della legge n. 241/1990, 7 della legge n. 212/2000, oltre che degli artt. 2729 e 2697 c.c.
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La censura concerne l’immobile di cui alla posizione n. 1428 in relazione alla quale il ricorrente assume che si trattava di unità destinata a suo uso diretto, di consistenza pari a 260 mq., a suo tempo (nell’anno 1991) denunciata, con effetti ultrattivi, non essendo intervenute variazioni e per il quale la tassa era stata corrisposta. Numero di raccolta generale 14781/2025 Data pubblicazione 02/06/2025
6.2. Con la sesta ragione di impugnazione, l’istante ha dedotto, con riferimento al parametro di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 62, 64, 70, 71, 72 d.lgs. n. 507/1993, 14 d.l. n. 201/2011, convertito dalla legge n. 214/2011, nonché degli artt. 1, commi 161-170, della legge n. 296/2006.
La contestazione riguarda l’immobile di cui alla posizione n. 1426, con riguardo alla quale il ricorrente sostiene che si trattava di unità destinata ad immemorabile cappella ad uso privato, priva di allaccio ad utenze e, quindi, esente da imposta, lamentando l’istante che di tanto il Giudice dell’appello non avrebbe tenuto conto, limitandosi a considerare l’immobile di proprietà del ricorrente in base all’intestazione catastale.
6.3. Con la settima contestazione, il contribuente ha denunciato, con riguardo al canone di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., ancora una volta, la violazione o falsa applicazione degli artt. 62, 64, 70, 71, 72 d.lgs. n. 507/1993, 14 d.l. n. 201/2011, convertito dalla legge n. 214/2011, nonché degli artt. 1, commi 161170, della legge n. 296/2006, nonché dell’art. 9 del regolamento Tares.
La doglianza concerne riguarda l’immobile di cui alla posizione n. 1430, con riguardo alla quale il ricorrente assume che si trattava di unità destinata a magazzino agricolo/rurale, saltuariamente adibito a ricovero di attrezzi agricoli, accatastato solo nell’anno
2012, vuoto e privo di allacci ad utenze, esente a mente dell’art. 9 del citato regolamento comunale, in quanto produttivo di rifiuti speciali non assimilati. Numero sezionale 447/2025 Numero di raccolta generale 14781/2025 Data pubblicazione 02/06/2025
Il ricorrente si è doluto del fatto che di tanto il Giudice regionale non avrebbe tenuto conto, limitandosi a considerare l’immobile di proprietà del ricorrente in base all’intestazione catastale.
6.4. Detti motivi si palesano inammissibili.
La Commissione regionale -giova ripeterlo -ha osservato che tutti i beni sopra considerati risultavano intestati catastalmente al ricorrente, per cui, in assenza di prova contraria, questi è stato ritenuto tenuto al pagamento della tassa.
Ebbene, non può non osservarsi che con i suddetti motivi l’istante abbia introdotto in sede di gravame nuove circostanze fattuali, come eccepito dalla difesa del Comune.
6.5. In tale direzione, integrando sul punto la motivazione del Giudice regionale, sulla base di quanto dedotto dallo stesso ricorrente, eccepito dalla difesa del Comune e risultante dalla sentenza impugnata, va, innanzitutto, dato conto, in punto di fatto, che:
-con l’originario ricorso il contribuente aveva eccepito, per quel che ora interessa, di aver presentato per tutte le utenze oggetto di tassazione la denuncia originaria, che taluni immobili dovevano considerarsi esenti in quanto non utilizzabili, vuoti e non allacciati alle utenze, altri invece risultavano locati (v. pagina n. 4 del ricorso);
-l’istante ha, quindi, rappresentato che con l’atto di appello aveva dedotto, in relazione agli immobili di cui alle posizioni 1426,
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1428 e 1430, le relative destinazioni a cappella, ad uso proprio ed a magazzino agricolo (v. pagina n. 6 del ricorso). Numero sezionale 447/2025 Numero di raccolta generale 14781/2025 Data pubblicazione 02/06/2025
nella sentenza impugnata il Giudice regionale ha precisato che con il ricorso di primo grado il contribuente aveva dedotto che taluni immobili erano stati locati, altri erano vuoti e privi di allacci alle utenze e che con il gravame l’istante aveva richiesto l’accoglimento del ricorso introduttivo;
infine, a più riprese, la difesa del Comune ha segnalato che « le doglianze fattuali e di merito esposte da controparte in primo grado sono state in gran parte mutate in appello» (così a pagina n. 8 del controricorso e, nello stesso senso, alle pagine nn. 10, 28, 29 del controricorso).
6.6. Alla stregua di quanto precede, deve, dunque, riconoscersi, con valutazione ovviamente assorbente rispetto all’esame delle censure in oggetto, che le riferite circostanze fattuali, confluite nei motivi di appello e non esaminate dal Giudice regionale, vanno considerate inammissibilmente introdotte in sede di gravame ai sensi dell’art. 57, comma 1, d.lgs. n. 546/1992, siccome integranti diverse ragioni di fatto rispetto a quanto dedotto con l’originario ricorso e dunque una inammissibile nuova causa petendi .
Dunque, integrando -lo si ripete -in tali termini la motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, c.p.c., la decisione del Giudice regionale di confermare la pronuncia di primo grado risulta corretta.
Alla stregua delle complessive ragioni che precedono il ricorso va complessivamente respinto.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza.
Va, infine, dato atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento da parte del ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso. Numero sezionale 447/2025 Numero di raccolta generale 14781/2025 Data pubblicazione 02/06/2025
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna NOME COGNOME al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in favore del Comune di Pontassieve nella misura di 3.000,00 € per competenze, ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte del ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 gennaio 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME