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Onere della prova: spetta al contribuente dimostrarlo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4926/2025, ha ribadito un principio fondamentale in materia tributaria: in caso di impugnazione di una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato, spetta al contribuente l’onere della prova di aver effettuato i versamenti in modo corretto e puntuale. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva erroneamente posto tale onere a carico dell’Agenzia delle Entrate, chiarendo che chi contesta la pretesa fiscale basata sulla propria dichiarazione deve fornire la prova dei fatti che estinguono o modificano l’obbligazione tributaria.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della prova: la Cassazione ribadisce a chi spetta dimostrare i pagamenti

L’ordinanza n. 4926 del 25 febbraio 2025 della Corte di Cassazione riafferma un caposaldo del diritto tributario: l’onere della prova riguardo alla correttezza dei versamenti fiscali grava sempre sul contribuente. Quando si riceve una cartella di pagamento basata su controlli automatici, non è l’Agenzia delle Entrate a dover dimostrare il mancato pagamento, ma è il cittadino o l’impresa a dover provare di aver adempiuto correttamente ai propri obblighi. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Una società consortile in liquidazione si vedeva notificare una cartella di pagamento per omessi o tardivi versamenti di ritenute alla fonte, a seguito di un controllo automatizzato sulla dichiarazione dei redditi. La società impugnava la cartella, sostenendo di aver regolarizzato la propria posizione attraverso l’istituto del ‘ravvedimento operoso’.
Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale davano ragione alla società. In particolare, i giudici d’appello ritenevano che l’Ufficio fiscale non avesse fornito la prova completa della tardività di tutti i versamenti, ma solo di alcuni, e per questo motivo respingevano l’appello dell’Agenzia delle Entrate. Si verificava così un’inversione dell’onere probatorio.

L’onere della prova secondo la Cassazione

L’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando la violazione dell’articolo 2697 del codice civile, che disciplina proprio l’onere della prova. Secondo la ricorrente, una volta che l’amministrazione finanziaria iscrive a ruolo somme basate sulla dichiarazione del contribuente, spetta a quest’ultimo dimostrare l’esistenza di fatti che impediscano, modifichino o estinguano la pretesa fiscale, come ad esempio l’avvenuto e puntuale pagamento.
La Suprema Corte ha accolto pienamente questa tesi, definendo il primo motivo di ricorso ‘fondato’. I giudici hanno richiamato un orientamento consolidato, rafforzato anche da una pronuncia delle Sezioni Unite, secondo cui nel giudizio di impugnazione di una cartella di pagamento emessa ex art. 36-bis d.P.R. 600/73, è il contribuente che ‘ritratta’ la propria dichiarazione a dover fornire la prova del fatto impeditivo dell’obbligazione tributaria.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha spiegato che la decisione dei giudici di merito era errata perché ha ‘sovvertito’ il principio fondamentale sull’attribuzione dell’onere della prova. Non spetta all’Ufficio dimostrare la tardività di tutti i versamenti, ma è il contribuente che, avendo invocato il ravvedimento operoso a sostegno dell’estinzione del debito, deve fornire la prova documentale che tutti i pagamenti siano stati effettuati nei termini corretti. La possibilità per il contribuente di contestare la pretesa tributaria, anche tramite ricorso giurisdizionale, non lo esime dal dovere di provare l’esattezza della propria posizione. Il giudice di merito, prima di decidere, deve verificare che tale prova sia stata effettivamente fornita.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza in esame ha importanti implicazioni pratiche per tutti i contribuenti. Essa chiarisce senza ombra di dubbio che la responsabilità di documentare e provare la correttezza dei propri adempimenti fiscali è esclusivamente del contribuente. In caso di contenzioso, non ci si può limitare a contestare la pretesa del Fisco, ma è necessario fornire prove concrete, come le quietanze di pagamento, che dimostrino la propria regolarità. È quindi fondamentale conservare con la massima cura tutta la documentazione fiscale, poiché in sede di giudizio, l’assenza di prove si traduce inevitabilmente in una soccombenza. La Corte ha quindi cassato la sentenza e rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame, che dovrà attenersi al corretto principio sull’onere della prova.

In caso di cartella di pagamento per omessi versamenti, chi deve provare che i pagamenti sono stati effettuati?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere di provare l’avvenuto e puntuale pagamento spetta interamente al contribuente che impugna la cartella, e non all’Agenzia delle Entrate.

Perché è così importante l’articolo 2697 del codice civile in questo caso?
L’articolo 2697 c.c. stabilisce il principio generale dell’onere della prova: chi vuole far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. In questo caso, il contribuente che sostiene di aver estinto il debito deve provarlo.

Cosa succede se il contribuente prova solo una parte dei pagamenti?
La Corte ha chiarito che, anche se alcuni versamenti fossero provati, il giudice del merito non può semplicemente annullare l’atto. Dovrebbe, invece, procedere a rideterminare l’importo effettivamente dovuto, tenendo conto delle prove acquisite, anziché rigettare completamente la pretesa dell’Ufficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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