Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15374 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15374 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
Cartella di pagamento -Preavviso fermo amministrativo -IRPEF ed altro 2011
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7215/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME sito in INDIRIZZO Roma.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata ex lege .
–
resistente
–
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 2980/2019, depositata in data 9 luglio 2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate – Riscossione emetteva nei confronti di NOME COGNOME in qualità di sostituto di imposta, la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA per l’importo di €
21.983,13, inclusi sanzioni e interessi, per omesso o carente versamento di imposta IRPEF ex art. 36 ter , d.P.r. 29 settembre 1973, n. 600 per il periodo di imposta 2011, ed il successivo provvedimento di fermo amministrativo.
Avverso la cartella di pagamento, il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Milano, la quale con sentenza n. 2908/2017 rigettava parzialmente il ricorso, confermando la cartella di pagamento e annullando invece le sanzioni.
Contro tale sentenza proponevano appello dinanzi alla C.t.r. della Lombardia sia l’Ufficio, sia il contribuente .
Con sentenza n. 2980/2019, depositata in data 9 luglio 2019, la C.t.r. rigettava entrambi gli appelli riuniti.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a un solo motivo. L’agenzia delle entrate non ha notificato e depositato controricorso, ma ha prodotto mera nota di costituzione, al dichiarato solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza pubblica.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 14 aprile 2025 per la quale il contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «violazione dell’art. 2967 cod. civ. e dei principi in materia di onere della prova, dell’art. 2909 cod. civ. (ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ)», il contribuente lamenta l’ error in iudicando , nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. si è discostata dalla giurisprudenza tributaria che è concorde nel ritenere che il soggetto che ha subito la ritenuta non è obbligato a sborsare all’erario l’importo ad essa corrispondente , anche nell’ipotesi in cui la stessa, pur operata, non sia stata poi versata dal sostituto, con esclusione del vincolo di solidarietà. Inoltre, censura la sentenza nella parte in cui la C.t.r. ha affermato che si debba esigere una tracciabilità di pagamento. Il contribuente infatti ha operato in modo lecito ma
non tracciabile presso operatori bancari per il pagamento in contanti, permesso dal legislatore.
Il motivo di ricorso proposto è infondato.
2.1. Anche prima che intervenisse il mutamento del quadro normativo per effetto dell’art. 1 del d.l. 31 maggio 1994, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 1994, n. 473, che ha emendato l’art. 3 del d.P.R. n. 600 del 1974, sopprimendo l’obbligo di allegare alla dichiarazione dei redditi il certificato del sostituto d’imposta attestante le ritenute operate, con risalenti pronunce si è affermato che l’inosservanza dell’obbligo del sostituto d’imposta di inviare tempestivamente la suddetta certificazione non toglie al contribuente sostituito il diritto di provare la reale entità della base imponibile, evitando la duplicazione di un’imposizione già scontata alla fonte (Cass., sez. 1, 4/08/1994, n. 7251); con l’ulteriore precisazione che, anche ove non abbia allegato alla dichiarazione dei redditi il certificato del sostituto d’imposta, il sostituito può comunque contestare in giudizio il recupero della detrazione, producendo al giudice tributario la documentazione relativa alle ritenute subite, stante la generale emendabilità della dichiarazione fiscale (Cass., sez. 5, 19/02/2004, n. 3304) e che, in ogni caso, il contribuente non può essere assoggettato di nuovo all’imposta sol perché chi ha operato la ritenuta non voglia consegnargli l’attestato da esibire al fisco (Cass., sez. 5, 3/07/1979, n. 3725).
2.2. L’art. 22 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) dedicato allo scomputo delle ritenute d’acconto, subordina attualmente la detrazione dall’imposta delle ritenute alla sola condizione che esse siano state ‹‹operate››, sicché assume rilevanza il fatto oggettivo della loro applicazione, che può essere comprovato non solo con la certificazione rilasciata dal sostituto di imposta, ma anche con altri mezzi di prova equipollenti.
In questo senso si è espressa anche l’Agenzia delle entrate con la circolare n. 68/E del 19 marzo 2009, con la quale ha riconosciuto che, laddove il contribuente non abbia ricevuto, nei termini di legge, dal sostituto d’imposta la certificazione delle ritenute effettivamente subite, sia comunque legittimato allo scomputo delle stesse, ‹‹a condizione che sia in grado di documentare l’effettivo assoggettamento a ritenuta tramite esibizione congiunta della fattura e della relativa documentazione, proveniente dalle banche o altri intermediari finanziari, idonea a comprovare l’importo del compenso netto effettivamente percepito, al netto della ritenuta, così come risulta dalla predetta fattura››.
2.3. Quanto detto comporta, come ha avuto modo di chiarire questa Corte (Cass., 07/06/2017, n. 14138), che ‹‹la norma sul controllo formale delle dichiarazioni usualmente intesa come fonte del recupero delle ritenute non certificate deve essere integrata secondo i princìpi generali della prova. In altri termini, quando stabilisce che gli uffici ‘possono’ escludere lo scomputo delle ritenute d’acconto non risultanti da certificazioni dei sostituti d’imposta, l’art. 36ter d.P.R. 600/1973 deve essere interpretato nel senso che gli uffici finanziari (e a fortiori i giudici tributari) ‘possono’ apprezzare anche prove diverse dal certificato, ad esso equipollenti››.
2.4. In senso coerente a quanto sopra si pone la pronuncia a Sezioni Unite di questa Corte n. 10378 del 12 aprile 2019, la quale ha enunciato il principio secondo cui ‹‹nel caso in cui il sostituto ometta di versare le somme, per le quali ha però operato le ritenute d’acconto, il sostituito non è tenuto in solido in sede di riscossione, atteso che la responsabilità solidale prevista dall’art. 35 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 è espressamente condizionata alla circostanza che non siano state effettuate le ritenute››.
Infatti, le Sezioni Unite, con la sentenza da ultimo citata, osservando che la tesi della solidarietà è stata tradizionalmente fondata sul presupposto che l’obbligazione del versamento fosse unica, sia per il sostituto, sia per il sostituito e che, alla stessa, fosse perciò in origine tenuto in via solidale anche il sostituito, in applicazione dell’art. 1294 cod. civ., ha ritenuto di non condividere tale orientamento, sottolineando che la speciale fattispecie di solidarietà del sostituito per l’obbligazione di versamento dell’acconto d’imposta, in caso di inadempimento del sostituto, sia espressamente condizionata (anche dall’art. 35 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602) alla circostanza che non siano state operate le ritenute. Ciò significa che, sebbene sia esclusa la solidarietà passiva tra sostituto e sostituito per l’obbligazione di versamento dell’acconto d’imposta, in caso di inadempimento del sostituto, tale esclusione opera a condizione che le ritenute siano state operate (in senso conforme, da ultimo, Cass. n. 14283/2024), circostanza questa che i giudici regionali hanno ritenuto, nel caso in esame, non dimostrata.
2.5. Orbene, alla stregua di quanto sopra non può certamente ritenersi errata la decisone della C.t.r. qui impugnata. La stessa, infatti, con una disamina effettiva e concreta del materiale istruttorio con riferimento alla tracciabilità ed all’onere prudenziale di valutazione della documentazione, ha ritenuto che la documentazione esibita dal contribuente, diversa da quella bancaria, non fosse idonea a provare l’effettiva ritenuta dell’imposta da parte del sostituto d’imposta, così da escludere lo stesso contribuente (sostituito) dall’obbligazione solidale con il sostituto al versamento dell’imposta, e ciò perché l’esclusione si ha solo nel caso in cui le ritenute siano state effettivamente operate, ma poi non versate dal sostituto d’imposta (nel caso di specie, i clienti del ricorrente). Si tratta, del resto, di valutazione di merito, non sindacabile in questa sede di legittimità.
Neppure è ravvisabile violazione del divieto di doppia imposizione (art. 67 d.P.R. n. 600 del 1973), che postula la reiterata applicazione della medesima imposta in dipendenza dello stesso presupposto (Cass., sez. 5, 25/05/2016, n. 10793), poiché nel caso di specie non si chiede al sostituito il pagamento di un’imposta già effettuato dal sostituto e, quindi, si esula dall’ipotesi di imposta applicata due volte.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Nulla per le spese non avendo l’Agenzia delle Entrate svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 14 aprile 2025.