Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24841 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24841 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20873/2023 proposto da
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: EMAILavvocaturastatoEMAIL)
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME del Foro di Vibo Valentia (PEC: studiolegalebrosobagnato@pec.it) in forza di procura speciale in atti
-controricorrente –
Oggetto:
rimborso
e
compensazione
credito
iva
–
necessità di esistenza del credito
compensato
per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia di secondo grado della Calabria n. 866/01/23 depositata in data 21/03/2023; Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 10/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
-la società RAGIONE_SOCIALE impugnava il diniego del rimborso della somma versata in eccedenza con modello F24 a titolo di IRES, IVA ed IRAP per l’annualità 2013;
-la CTP accoglieva il ricorso; appellava l’Ufficio;
-con la sentenza gravata in questa sede, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado ha confermato la prima decisione;
-ricorre a questa Corte l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a un solo motivo di doglianza;
-resiste con controricorso la contribuente;
Considerato che:
-l’unico motivo di ricorso proposto deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973 e degli artt. 30 e 38 bis del d.P.R. n. 633/1972, correlato all’art. 2697 c.c. (art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.); secondo parte ricorrente la sentenza di appello è stata emessa in violazione delle norme che disciplinano i rimborsi tributari, in particolare ove vengano in considerazione crediti IVA, e la correlata ripartizione dell’onere della prova, essendosi limitata a vagliare in astratto l’ammissibilità del rimborso richiesto ex adverso e senza invece, valutare l’effettivo assolvimento da parte del contribuente dell’onere dimostrativo sullo stesso gravante in ordine alla concreta sussistenza delle condizioni giustificanti la concreta erogazione a rimborso delle somme indicate;
-in sintesi, secondo l’Ufficio la società avrebbe pagato un debito inesistente -perché oggetto di atto di autotutela già notificatole -compensandolo (tramite presentazione di un mod. F24) con un credito IVA del 2016, quindi ancora suscettibile di controllo e verifica da parte dell’Amministrazione, credito iva oggetto dell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO notificato in data 6 ottobre 2022 con cui, tra gli altri rilievi, l’Agenzia ha accertato un minor credito IVA per 551.609,00 euro;
-detto pagamento -operato in compensazione con un credito che l’Ufficio contesta con l’atto apposito appena richiamato -avrebbe avuto la sola funzione di essere strumentale alla richiesta di restituzione di tale ammontare con ingiusta locupletazione del contribuente stante l’insussistenza del credito oggetto dell’istanza di rimborso;
-il motivo è fondato;
-secondo la sentenza impugnata ‘l’Ufficio pur riconoscendo il fatto che a seguito di istanza di autotutela, la pretesa tributaria era stata ridotta, contestava il comportamento del ricorrente che aveva versato la somma originaria col preciso intento di precostituirsi un credito da monetizzare a fronte dell’ennesima compensazione. L’appellata impresa RAGIONE_SOCIALE evidenziava invece come il diritto al rimborso sia conseguenza dell’errore involontario di versare la debenza tributaria originaria, senza tener conto dello sgravio ottenuto. Evidenziava inoltre il diritto al rimborso a prescindere dal fatto che le somme siano state versate in compensazione’; così correttamente ricostruite le risultanze di fatto del processo, la sentenza di merito doveva necessariamente -per prima cosa -verificare se all’esito dell’attività dell’Ufficio, incluso il provvedimento di autotutela, e
all’esito dei comportamenti della società contribuente, incluso il pagamento operato non con il trasferimento di somme di denaro, ma per mezzo della compensazione di debiti tributari con un credito ancora suscettibile di controllo da parte dell’Amministrazione, e peraltro in seguito espressamente disconosciuto dall’Ufficio, il credito chiesto a rimborso fosse effettivamente sussistente nell’ an e nel quantum ;
-va ricordato che in forza del principio generale più volte ribadito da questa Corte (per tutte si veda Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 27580 del 30/10/2018) incombe sul contribuente, il quale invochi il riconoscimento di un credito d’imposta, l’onere di provare i fatti costitutivi dell’esistenza del credito e, a tal fine, non è sufficiente l’esposizione della pretesa nella dichiarazione, poiché il credito fiscale non nasce da questa, ma dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo;
-con riguardo alla presente fattispecie, nella quale trattasi di compensazione di debiti tributari con credito IVA, grava parimenti -in applicazione del ridetto principio – sul medesimo contribuente l’onere della prova della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del credito vantato e opposto in compensazione. Invero è sempre il contribuente, nelle controversie aventi per oggetto il rimborso di tributi ritenuti non dovuti, a rivestire il ruolo di attore in senso sostanziale (Cass. n. 28333 del 2019; Cass. 18 maggio 2018, n. 12291; 23 gennaio 2019, n. 1822) e come tale a esser gravato dell’onere di dar prova dei fatti costituenti il diritto esercitato;
-alla luce delle sopra svolte osservazioni risulta quindi evidentemente erronea l’affermazione del giudice di merito
secondo il quale ‘la circostanza che la somma versata in eccedenza sia stata oggetto di compensazione e non di un effettivo esborso monetario di denaro non fa venir meno il diritto al rimborso’ dal momento che a fronte della contestazione dell’Ufficio andava accertata in fatto ad opera del giudice di merito l’esistenza del credito compensato, che non può certo desumersi e dar per provata dalla semplice indicazione di tale credito nel suo ammontare in sede di compilazione del mod. F24;
-anche nella presente fattispecie, infatti, trova applicazione il principio generale secondo il quale (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 23814 del 11/10/2017 (Rv. 645905 – 01) i crediti di imposta possono essere utilizzati in compensazione solo ai fini del pagamento di imposte effettivamente dovute e non ai fini del pagamento di anticipazioni o acconti non corrispondenti ad effettivi debiti fiscali;
-in conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza è quindi cassata con rinvio al giudice dell’appello che rivaluterà il fatto alla luce dei sopra illustrati principi;
p.q.m.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria in diversa composizione alla quale demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di Legittimità.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2025.