Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2196 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2196 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/01/2025
Sisma Sicilia -istanza di rimborso- -oneri di allegazione e prova Principio di diritto
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8606/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende,
-ricorrente –
Contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME il quale elegge domicilio digitale alla pec EMAIL
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. SICILIA, SEZ. IV n. 9658/2021, depositata il 29/10/2021;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
dato atto che il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto l’accoglimento del primo mot ivo di ricorso, assorbito il secondo;
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME lavoratore autonomo residente in uno dei Comuni della Sicilia colpiti dagli eventi calamitosi del 1990, in data 27 dicembre 2007, ed ancora in data 10 luglio 2013, chiedeva il rimborso di parte dell’Irpef e dell’Ilor corrisposte per gli anni 1990, 1991 e 1992 , usufruendo dell’agevolazione di cui all’art. 9, comma 17, legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Formatosi il silenziorifiuto sull’istanza, il contribuente ricorreva innanzi alla C.t.p. di Siracusa che rigettava la domanda rilevando che questi non aveva dato la prova del pagamento delle imposte di cui chiedeva il rimborso.
La C.t.r., invece, accoglieva l’appello del contribuente. Affermava che l’Ufficio era in grado di verific are il versamento delle imposte consultando l ‘anagrafe tributaria. Rigettava pure l’eccezione di decadenza sollevata dall’Ufficio in ragione del disposto di cui all’art. 37 d.P.R. n. 602 del 1973.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate ed il contribuente resiste a mezzo controricorso.
Con ordinanza interlocutoria n. 12694 del 2024 questa Corte disponeva rinvio a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza stante il possibile contrasto registrato in alcuni precedenti della sezione sulla ripartizione dell’onere della prova quanto, in particolare, al pagamento di imposte oggetto della domanda di rimborso.
Il contribuente ha depositato memorie in vista sia dell’adunanza camerale che dell’udienza pubblica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n . 4, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 18, 19, 22, 27 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 11 5 cod. proc. civ.; denuncia, altresì, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ.
1.1 Con una prima censura assume che la C.t.r., anche di ufficio, avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il ricorso introduttivo. Osserva in proposito che il contribuente non aveva allegato all’istanza documentazione comprovante il pagamento delle imposte di cui chiedeva il rimborso, sicché non poteva nemmeno ritenersi che sulla stessa si fosse formato il silenzio rifiuto; che, di conseguenza, mancava addirittura l’atto impugnato. Aggiunge che il vizio originario dell’istanza non poteva essere sanato assolvendo all’onere della prova in sede giudiziale.
1.2. Con una seconda censura assume che la C.t.r. avrebbe dovuto considerare che il contribuente – attore in senso sostanziale nei giudizi di rimborso è gravato dell’onere di provare il pagamento delle somme richieste; che, invece, questi aveva erroneamente ritenuto di esserne esonerato sul presupposto che i dati rilevanti fossero già in possesso dell’Amministrazione; che la C.t.r., a propria volta, aveva ribaltato l’onere della prova sull’Ufficio, assumendo che quest’ultimo fosse in grado di verificare i versamenti a mezzo dell’anagrafe tributaria. Aggiunge che alla fattispecie non è applicabile il principio di non contestazione.
Il motivo non è fondato.
2 .1. L’art. 10 comma 1, legge n. 212 del 2000 impone che i rapporti tra contribuente ed Amministrazione siano improntati al principio della collaborazione e della buona fede. L’art. 6, comma 4, legge cit. aggiunge che al contribuente non possono essere richiesti documenti
già in possesso dell’Amministrazione , così ribadendo il più generale principio di cui all’art. 18, comma 2, legge n. 241 del 1990 il quale prevede che i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l’istruttoria del procedimento, sono acquisiti d’ufficio quando sono in possesso dell’Amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni ed aggiunge che l’Amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti.
2.2. Questa Corte ha ripetutamente affermato che, in virtù del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente, a quest’ultimo non possono essere richiesti, anche ove l’onere probatorio sia a carico dello stesso, documenti ed informazioni già in possesso dell’Ufficio (Cass. 03/0/2023, n. 23666 Cass. 22/04/2021, n. 10724, Cass. 31/05/2018, n. 13822). Tuttavia, si è condivisibilmente precisato che, sebbene la norma costituisca applicazione di un principio generale valevole anche in materia processuale, la stessa ha come presupposto che la documentazione sia sicuramente in possesso dell’Amministrazione finanziaria, o che, comunque, il contribuente dichiari e provi che il documento sia stato trasmesso all’Amministrazione medesima (ad esempio, dichiarazione dei redditi, istanza di rimborso, ecc.) (Cass. 27/10/2010, n. 95 del 2015). Anche detta precisazione, infatti è immediata conseguenza dell’obbligo di collaborazione e buona fede che deve caratterizzare la condotta di entrambe le parti.
2.3. Su un piano differente, logicamente preliminare rispetto a quello probatorio, si collocano gli oneri di allegazione che fanno capo ad entrambe le parti.
Questa Corte ha già chiarito che l’obbligo dell’Amministrazione di prendere posizione sui fatti dedotti dal contribuente è ancora più forte di quello che grava sul convenuto nel rito ordinario, proprio in ragione
delle disposizioni d i cui all’art 18 legge n. 241 del 1990, e 6 legge n. 212 del 2000 secondo le quali il responsabile del procedimento deve acquisire d’ufficio quei documenti che, già in possesso dell’Amministrazione, contengano la prova di fatti, stati o qualità rilevanti per la definizione della pratica. In applicazione del principio, con specifico riferimento alle istanze di rimborso, la Corte ha perciò affermato che, qualora il contribuente, che agisca per il rimborso di tasse o diritti non dovuti, eccepisca che i documenti comprovanti il pagamento, o la richiesta di rimborso, siano in possesso dell’Amministrazione, questa è tenuta a pronunciarsi in modo specifico e motivato sul punto, perché, in difetto, il giudice potrà desumere elementi di prova da tale comportamento (Cass. 17/07/2023 n. 20648, Cass. 03/08/2023, n. 23666, Cass, 31/05/2018, n. 13822, Cass. 05/11/2004, n. 21209).
2.4. Venendo alla disciplina specifica dettata per le domande di rimborso delle imposte corrisposte per gli anni 1990, 1991 e 1992 dai soggetti colpiti dagli eventi sismici registrati nella Regione Sicilia, è noto che l ‘art. 1, comma 665 , legge n. 190 del 2014, con norma ritenuta di interpretazione autentica, ha previsto, per quanti abbiano versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento in ragione del beneficio già concesso con l’art. 9, comma 17, legge n. 289 del 2002, il diritto al rimborso dell’eccedenza (cfr. Cass. 26/02/2020, n. 5167).
Successivamente il legislatore , intervenendo sull’art. 1, comma 665, cit. ha dettato una specifica disciplina per regolamentare il dritto al rimborso che rafforza, nello specifico settore, gli obblighi di collaborazione e buona fede che genericamente devono orientare i rapporti dell’Amministrazione tributaria con i contribuent i.
In particolare, l’art 16octies d.l. n. 91 del 2017, inserito dalla legge di conversione n. 123 del 2017, ha apportato all’articolo 1,
comma 665, cit. le seguenti integrazioni: «Il contribuente che abbia tempestivamente presentato un’istanza di rimborso generica ovvero priva di documentazione e, per gli anni d’imposta 1990, 1991 e 1992, non abbia presentato le dichiarazioni dei redditi, entro il 30 ottobre 2017 può integrare l’istanza già presentata con i dati necessari per il calcolo del rimborso. Successivamente al 30 ottobre 2017, gli uffici dell’Agenzia delle entrate richiedono i dati necessari per il calcolo del rimborso, che devono essere forniti entro sessanta giorni dalla richiesta, ai contribuenti che abbiano tempestivamente presentato un’istanza di rimborso generica ovvero priva di documentazione e, per gli anni d’imposta 1990, 1991 e 1992, non abbiano presentato le dichiarazioni dei redditi e non abbiano provveduto all’integrazione.
2.5. Nella fattispecie in esame il ricorso in primo grado del contribuente è successivo alla integrazione normativa. Questa Corte, tuttavia, ha già condivisibilmente ritenuto che da tale disposizione intervenuta su vari aspetti per chiarire i dubbi interpretativi sorti dalla norma nella sua formulazione originale -si deduce che la mancanza di documentazione in allegato alla domanda di rimborso e, quindi, in sostanza, la carenza di prova per determinare l’an ed il quantum del rimborso stesso, non sono considerati dal legislatore direttamente motivo di rigetto o di inammissibilità dell’istanza, dando vita piuttosto ad un confronto con l’Ufficio ed alla possibilità di integrazione dei documenti rilevanti (Cass. 22/05/2019, n. 13771).
2.6. In applicazione di tali principi va, pertanto, disattesa la prima censura con la quale l’Agenzia delle Entrate assume che, in presenza di una domanda generica non può nemmeno ritenersi che si formi un silenzio-rifiuto impugnabile.
2.7 . L’analisi fin qui compiuta attiene alla fase endo -procedimentale dell’istanza di rimborso. Detti principi, tuttavia, operano anche nella successiva fase processuale, sia quanto agli onere di allegazione che
quanto agli oneri di prova. Infatti, non può ragionevolmente ritenersi che l’Amministrazione che sia rimasta inerte nella fase procedimentale nella quale, invece, era tenuta ad un comportamento collaborativo, possa giovarsi di tale condotta nella fase processuale.
Il ricorrente che impugni il silenziorifiuto formatosi sull’istanza di rimborso di quanto pagato in eccedenza rispetto alle agevolazioni concesse alle vittime degli eventi sismici del 1990, è senza dubbio onerato di allegare l’an ed il quantum della pretesa. A fronte di tale allegazione, tuttavia, l’Amministrazione che intenda negare il diritto al rimborso è chiamata a prendere specifica posizione con riferimento ad entrambi gli elementi costitutivi allegando specifici fatti impeditivi, estintivi o modificativi. Dovrà pertanto chiarire se il contribuente ha presentato o meno la dichiarazione dei redditi per gli anni in questione e deve allegare l’eventuale omesso versamento di quanto richiesto a rimborso.
Si tratta, infatti, in entrambi i casi di «informazioni» necessariamente in possesso dell’Amministrazione la quale, pertanto, non può dichiarare di non esserne a conoscenza. Solo a quel punto graverà sul contribuente l’onere di documentare quanto dichiarato e quanto corrisposto, ma a tal fine questi potrà anche provare che il documento necessario (in ipotesi la dichiarazione dei redditi) è stato trasmesso all’Amministrazione medesima e, dunque, è in suo possesso.
2.7. Anche la seconda censura va, pertanto, rigettata se pure va integrata, nei termini illustrati, la motivazione resa dalla C.t.r. la quale si è limitata ad affermare che l’Ufficio era in grado di verificare i versamenti delle imposte del contribuente co nsultando l’anagrafe tributaria.
Il contribuente, infatti, come espressamente ammesso dalla stessa Agenzia, aveva chiesto il rimborso precisando l’ an ed il qauntum della
pretesa. A fronte di tale specifica allegazione l’Agenzia delle entrate non poteva limitarsi ad affermare -come riferito nel ricorso per cassazione -che il contribuente era tenuto ad assolvere all’onere della prova, sul medesimo gravante; al contrario aveva l’onere di formulare, in ragione delle informazioni già in suo possesso, specifiche contestazioni, prendendo precisa posizione in ordine all’an della pretesa, allegando di conseguenza, che alcun rimborso era dovuto in quanto nulla era stato versato, ovvero, in caso di mancata contestazione dell’an , al quantum della stessa, rideterminando le somme spettanti.
2.8. Va affermato pertanto il seguente principio di diritto « In tema di istanza di rimborso di cui all’art. 1, comma 665, legge n. 190 del 2014 -anche prima delle modifiche introdotte dall’art. 16octies d.l. n. 91 del 2017, come modificato dalla legge di conversione n. 123 del 2017 -l’Amministrazione che contesti il diritto del contribuente è tenuta ad allegare, in relazione alle informazioni in suo possesso derivanti dalla presentazione o meno della dichiarazione dei redditi e dei successivi pagamenti -quali siano gli specifici fatti impeditivi, modificativi ed estintivi ».
3. Con il secondo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. , la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9, comma 17, legge 27 dicembre 2002, n. 289; dell’art. 1, comma 665, legge 23 dicembre 2014, n. 190 ; degli artt. 107, 108 T.F.U.E.; della Decisione della Commissione Europea n. C(2015) 5549 final del 14/08/2015; del Reg CE n. 1407 del 2013; del Reg. CE n. 717 del 2014; dell’art. 112 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per non aver considerato che il contribuente era titolare di redditi di lavoro autonomo, sicché in ragione dello ius superveniens di cui all’art. 1, comma 665, legge n. 190 del
2014 (legge di stabilità per il 2015) e della decisione della Commissione Europea aveva omesso di valutare la sussistenza di uno dei requisiti previsti per il rimborso, ovvero l’eventuale superamento della c.d. soglia de minimis .
Il secondo motivo è fondato.
4.1. La Decisione della Commissione UE del 14/08/2015, C (2015) 5549 final, stabilisce all’art. 1 che le misure di aiuto di Stato che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamit à naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione dell’art.108, Par. 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, sono incompatibili con il mercato interno».
La medesima decisione, tuttavia, ha fatta salva l’ipotesi in cui si tratti di un «aiuto individuale» che «al momento sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento (CE) n. 1407/2013 o dal regolamento (CE) n. 717/2014», ovvero dai regolamenti che prevedono gli aiuti c.d. de minimis (art. 2 dec. cit.).
4.2. Ove il contribuente svolga attivit à̀̀ economica, il giudice di merito è tenuto a verificare in concreto che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile (artt. 2 e 3 dec. cit.), «tenendo conto, in specie, che la regola, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1, TFUE, può̀̀ considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, sicché quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio deve essere negato nella sua interezza» (tra le più recenti Cass. 10/10/2022, n. 29503).
Il giudice di merito deve valutare la sussistenza delle condizioni che, secondo la ridetta decisione della Commissione UE, fanno ritenere comunque compatibili gli aiuti in esame con il mercato interno, ai sensi dell’art. 107, par. 2, lett. b), TFUE, ovvero che si tratti di «aiuti destinati
a compensare i danni causati da una calamit à naturale» (§ 150, lett. b), dec. cit.), sempre che sussista «un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamit à naturali in oggetto e l’aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame» (§ 136 dec. cit.). Il che presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa nell’area colpita dalla calamit à naturale al momento dell’evento, e che sia evitata una sovracompensazione rispetto ai danni subiti dalla impresa, scorporando dal danno accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o da altre misure di aiuto:§ 148 dec cit.).
4.3. Per il rispetto del principio de minimis , non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo.
4.4. Le decisioni adottate dalla Commissione UE, nell’ambito delle funzioni ad essa conferite dal Trattato CE sull’attuazione e lo sviluppo della politica della concorrenza nell’interesse comunitario, ancorché prive dei requisiti della generalit à̀̀ e dell’astrattezza, costituiscono fonte di produzione di diritto comunitario, anche con specifico riguardo alla materia degli aiuti di Stato, e quindi vincolano il giudice nazionale nell’ambito dei giudizi portati alla sua cognizione, obbligandolo a dare attuazione al diritto comunitario, se necessario anche attraverso la disapplicazione delle norme interne che siano in contrasto con esso ( ex plurimis Cass. 26/09/2017, n. 22377, in motivazione).
Nel caso di specie, recando una normativa che, all’evidenza, detta una nuova disciplina del rapporto controverso, la decisione della Commissione costituisce ius superveniens ( ex plurimis Cass. 26/06/2019, n. 17199).
E’ quindi necessario, ai fini della spettanza a monte dell’agevolazione in questione, che sia accertato, in fatto, se il contribuente se il beneficio individuale de quo sia, o meno, in linea con il regolamento de minimis applicabile.
4.5. Questa Corte, infine, ha chiarito che il giudice nazionale, in ossequio ai principi del primato e dell’effettività del diritto comunitario, deve verificare la compatibilità del diritto interno con le norme comunitarie, dando a queste ultime applicazione anche d’ufficio; con la conseguenza che nel giudizio di legittimità, il predetto controllo di compatibilità non è nemmeno condizionato dalla deduzione di uno specifico motivo e le relative questioni possono essere conosciute anche d’ufficio, purchè l’applicazione del diritto interno sia ancora controversa, costituendo oggetto del dibattito introdotto con i motivi di ricorso (Cass. 11/05/2021, n. 12379)
4.6. La C.t.r. non si è attenuta a questi principi non avendo verificato la compatibilità del rimborso, con i c.d. regolamenti de minimis
Ne consegue, in accoglimento del secondo motivo ricorso, rigettato il primo, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2025.