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Onere della prova rimborso: La Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2196/2025, ha definito l’onere della prova nel rimborso fiscale per le vittime del sisma in Sicilia. Ha stabilito che l’Agenzia delle Entrate, in virtù del principio di collaborazione, non può limitarsi a negare il rimborso per mancata prova da parte del contribuente. Deve, invece, allegare fatti specifici e contestazioni puntuali basate sui dati in suo possesso. Solo a quel punto l’onere probatorio si sposta sul cittadino. La Corte ha inoltre cassato la sentenza per un altro motivo: il mancato controllo del rispetto della normativa UE sugli aiuti di Stato (regola “de minimis”), rimandando il caso al giudice di secondo grado per questa verifica.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova Rimborso: La Cassazione detta le regole per Fisco e Contribuente

Con la sentenza n. 2196 del 30 gennaio 2025, la Corte di Cassazione è intervenuta su un tema cruciale nei rapporti tra Fisco e cittadino: la ripartizione dell’onere della prova rimborso fiscale. Il caso, nato da una richiesta di rimborso per le agevolazioni concesse alle vittime del sisma in Sicilia del 1990, ha permesso ai giudici di delineare un principio di diritto fondamentale basato sulla collaborazione e la buona fede, che impone all’Amministrazione Finanziaria un ruolo attivo e non meramente passivo.

I Fatti di Causa

Un lavoratore autonomo, residente in uno dei comuni siciliani colpiti dal terremoto del 1990, presentava istanza per ottenere il rimborso di parte delle imposte (Irpef e Ilor) versate per gli anni dal 1990 al 1992, in virtù di una specifica agevolazione di legge. Di fronte al silenzio dell’Agenzia delle Entrate, il contribuente impugnava il cosiddetto silenzio-rifiuto.

Il giudizio di primo grado gli dava torto, sostenendo che non avesse fornito prova dei pagamenti di cui chiedeva il rimborso. La Commissione Tributaria Regionale, invece, ribaltava la decisione, affermando che l’Ufficio avrebbe potuto facilmente verificare i versamenti tramite l’accesso all’anagrafe tributaria. L’Agenzia delle Entrate ricorreva quindi in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti: l’errata ripartizione dell’onere della prova e la mancata verifica della compatibilità dell’agevolazione con le norme europee sugli aiuti di Stato.

La Ripartizione dell’Onere della Prova Rimborso secondo la Corte

Il cuore della sentenza risiede nella disamina del primo motivo di ricorso. La Cassazione ha rigettato la tesi dell’Agenzia, secondo cui una domanda di rimborso priva di allegati sarebbe inammissibile e il contribuente sarebbe sempre e comunque l’unico onerato a provare ogni elemento.

I giudici hanno invece valorizzato i principi di collaborazione e buona fede che devono governare i rapporti tra Amministrazione e contribuente. L’Agenzia delle Entrate non è un semplice convenuto in un processo civile; è un ente che detiene tutte le informazioni necessarie (dichiarazioni dei redditi, dati sui versamenti). Pertanto, non può rimanere inerte.

La Corte ha stabilito che, a fronte di un’istanza di rimborso, l’Amministrazione che intende negare il diritto è tenuta a:
1. Prendere una posizione specifica: non basta un generico diniego.
2. Allegare fatti impeditivi, estintivi o modificativi: deve chiarire, ad esempio, se la dichiarazione dei redditi per quell’anno non è stata presentata o se non risultano versamenti a sistema.

Solo dopo questa specifica contestazione da parte del Fisco, l’onere di fornire la prova documentale contraria si sposta (o meglio, si consolida) in capo al contribuente. Questa impostazione impedisce all’Amministrazione di avvantaggiarsi di una propria inerzia procedimentale nella successiva fase giudiziale.

Aiuti di Stato e la Regola “De Minimis”

Se sul primo punto la Corte ha dato ragione al contribuente, sul secondo ha accolto il ricorso dell’Agenzia. Il beneficio fiscale in questione, essendo destinato a un lavoratore autonomo (e quindi a un’impresa, in senso lato), costituisce un aiuto di Stato.

La normativa europea, recepita in Italia, stabilisce che tali aiuti sono legittimi solo se non superano una determinata soglia nell’arco di tre anni (la regola “de minimis”). Il giudice di merito aveva completamente omesso di verificare questa compatibilità. La Cassazione ha ribadito che il giudice nazionale ha il dovere, anche d’ufficio, di disapplicare la norma interna in contrasto con il diritto comunitario e di verificare il rispetto di tali condizioni. Questo controllo è imprescindibile per la legittimità del rimborso.

Le Motivazioni della Corte

La decisione si fonda su un bilanciamento tra i diritti del contribuente e i doveri della Pubblica Amministrazione. La motivazione sul rigetto del primo motivo si basa sull’applicazione combinata della Legge 241/1990 (sul procedimento amministrativo) e dello Statuto del Contribuente (Legge 212/2000), che impongono un dialogo collaborativo. L’Amministrazione non può chiedere al cittadino documenti che già possiede. Di conseguenza, nel processo, non può limitarsi a una difesa passiva ma deve contestare i fatti in modo puntuale. Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha sottolineato il primato del diritto dell’Unione Europea. La decisione della Commissione Europea sugli aiuti di Stato è considerata ius superveniens, una normativa sopravvenuta che il giudice deve applicare, garantendo che i benefici nazionali non violino le regole sulla concorrenza del mercato unico.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce due principi di grande rilevanza pratica:
1. Per l’onere della prova rimborso, l’Amministrazione Finanziaria ha un obbligo di allegazione specifica. Non può più trincerarsi dietro la semplice affermazione che il contribuente non ha provato il suo diritto. Deve collaborare e motivare il suo diniego con fatti precisi desunti dalle proprie banche dati.
2. Qualsiasi beneficio fiscale concesso a soggetti che svolgono attività economica deve essere vagliato alla luce della normativa europea sugli aiuti di Stato. I giudici tributari sono tenuti a effettuare questa verifica in ogni stato e grado del giudizio, anche senza una specifica richiesta delle parti.

La Corte ha quindi cassato la sentenza e rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questi principi, in particolare verificando il rispetto della soglia de minimis.

Chi ha l’onere della prova quando un contribuente chiede un rimborso fiscale?
Inizialmente, il contribuente deve allegare i fatti costitutivi della sua pretesa. Tuttavia, questa sentenza chiarisce che l’Amministrazione Finanziaria, che possiede i dati, non può negare il rimborso limitandosi a dire che il contribuente non ha provato il suo diritto. Deve invece prendere una posizione specifica, contestando puntualmente i fatti (es. ‘non risulta alcun versamento’). Solo dopo questa contestazione, l’onere della prova documentale ricade pienamente sul contribuente.

Una domanda di rimborso senza documenti allegati è valida?
Sì. Secondo la Corte, e in base alla normativa specifica per questo caso, anche un’istanza di rimborso generica o priva di documentazione è sufficiente a instaurare il procedimento. Se l’Amministrazione non risponde, si forma un ‘silenzio-rifiuto’ che può essere legittimamente impugnato in tribunale. La legge stessa prevedeva la possibilità di integrare la documentazione in un secondo momento.

Un giudice nazionale deve sempre applicare le regole europee sugli aiuti di Stato?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il giudice nazionale ha il dovere di verificare, anche d’ufficio (cioè di propria iniziativa), la compatibilità delle norme e dei benefici nazionali con il diritto dell’Unione Europea, come le regole ‘de minimis’ sugli aiuti di Stato. Questo dovere deriva dal principio del primato del diritto europeo su quello nazionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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