Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 35147 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 35147 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 31/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15363/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in PALERMO, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA SICILIA n. 219/14/22 depositata il 11/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 219/14/22 del 11/01/2022, la Commissione tributaria regionale della Sicilia (di seguito CTR) rigettava l’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) e
l’appello incidentale proposto da NOME COGNOME nei confronti della sentenza n. 1628/05/15 della Commissione tributaria provinciale di Palermo (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto dalla società contribuente avverso un diniego tacito di rimborso di un credito IVA relativo all’anno d’imposta 2009.
1.1. La CTR rigettava gli appelli principale di AE e incidentale del contribuente evidenziando che: a) la compilazione del modello VR non era necessaria ai fini del rimborso, essendo sufficiente la compilazione del quadro RX4 della dichiarazione; b) il diritto al rimborso non era prescritto, applicandosi il termine di prescrizione decennale; c) il diniego di rimborso era validamente sottoscritto da funzionario delegato.
Avverso la sentenza di appello AE proponeva ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.
NOME COGNOME (di seguito AE) resisteva in giudizio con controricorso e depositava memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso AE deduceva, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., per avere la CTR omesso di pronunciarsi in ordine all’eccezione, dedotta in appello, concernente la mancata prova dell’esistenza del credito IVA chiesto a rimborso, gravando il relativo onere sul contribuente.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « In tema di contenzioso tributario, il contribuente che impugni il rigetto dell’istanza di rimborso di un tributo riveste la qualità di attore in senso sostanziale, con la duplice conseguenza che grava su di lui
l’onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda e che le argomentazioni con cui l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita dal contribuente, costituiscono mere difese, come tali non soggette ad alcuna preclusione processuale, salva la formazione del giudicato interno. (Nella specie, la S.C. ha affermato che la necessità della notificazione della cessione del credito anche al concessionario della riscossione, ai fini della sua efficacia, integra una mera difesa, traducendosi nella contestazione della sussistenza, in tutti i suoi elementi, del fatto costitutivo del diritto al rimborso del credito ceduto, deducibile dall’Amministrazione per la prima volta in appello) ».
1.2.1. In buona sostanza, alla luce del superiore principio di diritto, può dirsi che: i) l’onere della prova della sussistenza di un credito da rimborsare grava sul contribuente; ii) la motivazione del provvedimento di diniego non è esaustiva, ben potendo l’Amministrazione finanziaria formulare nuove eccezioni anche in giudizio, eccezioni che -a fronte della richiesta di rimborso -costituiscono mere difese; iii) tali eccezioni possono essere formulate per la prima volta anche in appello, salvo che la questione sia coperta da un giudicato interno sull’esistenza del credito.
1.3. Nel caso di specie, come risulta anche dalla sentenza impugnata, la CTP ha chiaramente affermato che il credito IVA sussiste in quanto non contestato dall’Amministrazione finanziaria. Tale statuizione della CTP non è stata specificamente impugnata da AE, che si è limitata ad affermare in appello, in via del tutto generale, che l’onere di provare la spettanza del credito spetta al contribuente ai sensi dell’art. 2697 cod. civ. Si tratta di un’affermazione astrattamente corretta, ma che non tiene conto di quanto statuito dal
primo giudice in ordine alla sussistenza del credito, con conseguente formazione di un giudicato interno in parte qua .
1.4. Va, dunque, esclusa l’omessa pronuncia da parte della CTR in quanto il giudice regionale non aveva l’onere di pronunciarsi su di una circostanza (la violazione della regola di riparto dell’onere probatorio) del tutto superflua ai fini della decisione, posto il giudicato interno sulla sussistenza del credito.
In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente procedimento, che si liquidano come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 8.000,00.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, alle spese del presente procedimento, che si liquidano in euro 2.400,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, ad euro 200,00 per spese borsuali e agli accessori di legge. Così deciso in Roma, il 08/10/2024.