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Onere della prova ricarico: chi deve dimostrarlo?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7113/2024, ha chiarito che nell’ambito di un accertamento fiscale basato su percentuali di ricarico, l’onere della prova di un mutamento delle condizioni di mercato spetta al contribuente e non all’Agenzia delle Entrate. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva erroneamente addossato tale onere all’Ufficio. È stato inoltre censurato il vizio di ultrapetizione del giudice di primo grado, che aveva annullato anche le riprese fiscali non contestate dal ricorrente.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova Ricarico: la Cassazione Stabilisce a Chi Spetta Dimostrare

Nell’ambito degli accertamenti fiscali, la determinazione dei ricavi tramite la percentuale di ricarico è una prassi consolidata. Ma cosa succede se l’Agenzia delle Entrate utilizza dati di un anno diverso per accertare un periodo d’imposta precedente? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sull’onere della prova del ricarico, stabilendo con precisione su quale delle due parti, fisco o contribuente, gravi la responsabilità di dimostrare eventuali variazioni delle condizioni di mercato.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a una società in accomandita semplice. L’Agenzia delle Entrate, per l’anno d’imposta 2004, aveva contestato maggiori ricavi basando la propria ricostruzione su una percentuale di ricarico del 39,14%, riscontrata durante una verifica relativa all’anno 2007, a fronte di quella dichiarata del 15,11%. Oltre ai maggiori ricavi, l’Ufficio aveva recuperato a tassazione anche alcuni costi ritenuti indeducibili.

La società e i soci impugnavano l’atto, ottenendo l’annullamento integrale sia in primo grado (CTP) che in appello (CTR). I giudici di merito avevano ritenuto che gravasse sull’Ufficio l’obbligo di provare che le condizioni economiche e sociali non fossero mutate tra il 2004 e il 2007, un obbligo che, a loro dire, non era stato assolto. L’Agenzia delle Entrate, insoddisfatta della decisione, proponeva ricorso per cassazione.

La Questione dell’Onere della Prova del Ricarico

Il fulcro della controversia legale si è concentrato su un principio cardine del diritto tributario: a chi spetta dimostrare la legittimità o l’illegittimità dell’applicazione di una percentuale di ricarico di un anno a un altro? L’Agenzia sosteneva che, una volta stabilita una percentuale basata su dati concreti, questa costituisse un valido elemento presuntivo. Spetterebbe quindi al contribuente, e non all’Ufficio, fornire la prova contraria, dimostrando che fattori specifici (come una crisi di mercato) avevano reso quella percentuale inapplicabile all’annualità accertata. I giudici di merito, al contrario, avevano invertito questo onere, ponendolo a carico del Fisco.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto le ragioni dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza d’appello e delineando principi chiari in materia.

L’Inversione dell’Onere della Prova

La Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato: le percentuali di ricarico accertate per un determinato anno fiscale costituiscono validi elementi indiziari per ricostruire i dati di anni precedenti o successivi. Questo perché, in base all’esperienza comune, il ricarico non è una variabile occasionale. Di conseguenza, incombe sul contribuente, in virtù del principio di vicinanza della prova, l’onere di dimostrare i mutamenti del mercato o della propria attività che possano giustificare l’applicazione di percentuali diverse. È il contribuente, infatti, il soggetto “più vicino” alle informazioni relative alla propria gestione aziendale e al contesto di mercato in cui opera.

Il Vizio di Ultrapetizione

Oltre alla questione principale sull’onere della prova del ricarico, la Corte ha accolto un altro motivo di ricorso dell’Agenzia, relativo a un grave errore procedurale. I giudici di primo grado, confermati in appello, avevano annullato l’avviso di accertamento nella sua interezza. Tuttavia, il contribuente nel suo ricorso originario si era lamentato esclusivamente della ripresa a tassazione dei maggiori ricavi, senza mai contestare il recupero dei costi indeducibili. Annullando anche questa parte dell’atto, i giudici sono andati oltre le richieste delle parti (vizio di ultrapetizione), violando l’articolo 112 del codice di procedura civile.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando la propria giurisprudenza costante. Il ragionamento si fonda sul valore probatorio delle presunzioni semplici (art. 2727 e 2729 c.c.) nell’accertamento tributario. L’applicazione di una percentuale di ricarico, calcolata su dati certi relativi a un’altra annualità, è una presunzione legale che il Fisco può legittimamente utilizzare. Per superare tale presunzione, il contribuente non può limitarsi a generiche affermazioni su una “contrazione del mercato”, ma deve fornire prove concrete e specifiche che dimostrino un effettivo e significativo cambiamento delle condizioni operative.

Affermare, come aveva fatto la CTR, che spetti all’Ufficio “provare se le condizioni economiche e sociali non abbiano subito mutamenti nel tempo” costituisce un’errata applicazione delle regole sulla ripartizione dell’onere probatorio (art. 2697 c.c.). La sentenza impugnata è stata quindi cassata con rinvio a un’altra sezione della Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame basato sui corretti principi di diritto.

Conclusioni

L’ordinanza n. 7113/2024 della Corte di Cassazione rafforza un principio fondamentale per le controversie fiscali: il contribuente che contesta un accertamento induttivo basato su percentuali di ricarico deve assumere un ruolo attivo nel processo, fornendo elementi probatori concreti a sostegno delle proprie tesi. Non è sufficiente una mera allegazione di difficoltà di mercato per invalidare la pretesa del Fisco. Questa decisione sottolinea l’importanza di una difesa ben documentata e precisa fin dal primo grado di giudizio, evidenziando altresì come i limiti della domanda iniziale definiscano l’ambito decisionale del giudice.

In un accertamento fiscale basato sulla percentuale di ricarico, a chi spetta l’onere della prova se le condizioni di mercato sono cambiate?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova di dimostrare eventuali mutamenti del mercato o della propria attività che giustifichino una diversa percentuale di ricarico spetta al contribuente, in base al principio di vicinanza della prova.

È legittimo per l’Agenzia delle Entrate utilizzare una percentuale di ricarico di un anno diverso da quello accertato?
Sì, la Corte ha confermato che le percentuali di ricarico accertate per un anno costituiscono validi elementi indiziari (presunzioni) per ricostruire i ricavi di periodi d’imposta precedenti o successivi.

Cosa significa “vizio di ultrapetizione” in questo contesto?
Significa che il giudice di primo grado ha commesso un errore annullando l’intero avviso di accertamento, comprese le parti (come i costi indeducibili) che il contribuente non aveva specificamente contestato nel suo ricorso, andando così oltre i limiti della domanda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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