Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20486 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20486 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7246/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME e domiciliato ope legis presso la Cancelleria della Corte di Cassazione
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. MARCHE n. 572/2019 depositata in data 8 luglio 2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3 luglio 2025 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di NOME COGNOME l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO ai fini IRPEF con cui l’Ufficio rettificava sinteticamente il reddito dichiarato dal contribuente per l’anno di imposta 2008 da euro 46.523,00 ad euro 79.079,35 ai sensi dell’art. 38, 4 e 5 comma, d.p.r. 20 settembre 1973, n. 600. In particolare, l’ufficio evidenziava indici di capacità
Avviso di accertamento -IRPEF – 2008
contributiva quali il possesso di una autovettura RAGIONE_SOCIALE, di un altro autoveicolo, di una abitazione di mq 163 per l’acquisito della quale era stato stipulato un mutuo annuale di € 16.737, 00, di una abitazione secondaria di mq 100 (pervenuta in eredità) per la quale sosteneva le spese nella misura del 33%, la stipula di altro contratto di mutuo corrazzata annuale pari ad euro 14.027,08
Avverso l’avviso di accertamento, il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Pesaro affermando il possesso di redditi che avrebbero giustificato gli indici contestati; si costituiva anche l’Ufficio.
Con sentenza n. 820/2015, la C.t.p. accoglieva il ricorso ritenendo giustificato il possesso dei beni per la dimostrazione da parte del contribuente dei redditi percepiti (pari ad oltre € 445.000,00).
4 . Contro tale sentenza proponeva appello l’Ufficio dinanzi alla C.t.r. delle Marche; l’Ufficio si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
La C.t.r. delle Marche, con sentenza n. 572/2019 depositata in data 8 luglio 2019, rigettava l’appello dell’Ufficio
Avverso la sentenza della C.t.r. delle Marche, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo. Il contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 3 luglio 2025.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, d.p.r. 600/1973, vigente ratione temporis ed artt. 2697, 2728 e 2729 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che il contribuente avesse giustificato il possesso di beni indice sulla base dei redditi percepiti nei dieci anni precedenti.
Il motivo è fondato.
In tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2021, n. 27811). Il sistema del ‹‹redditometro›› collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o,
più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588). Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il
semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente ‹‹sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere››; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. 28/12/2022, 37985; Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass. 16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. 8995).
2.1. Nella fattispecie in esame, la C.t.r. ha fatto mal governo dei principi normativi e giurisprudenziali teste declinati laddove ha opinato che il contribuente aveva giustificato il maggior reddito determinato dall’ufficio sulla base dei redditi percepiti dallo stesso nei 10 anni precedenti, rispetto al reddito accertato del 2008, e
soprattutto tra il 1996 ed il 1999. Così la decisione di ritenere giustificato il maggior reddito accertato dall’Ufficio sulla base della mera asserzione della sussistenza di redditi risalenti, senza alcuna indagine sulla loro permanenza nell’anno di imposta in contestazione, atta a presumere che le spese sostenute siano state sostenute proprio con quei redditi risalenti, si pone decisamente in contrasto con la disciplina normativa e giurisprudenziale consolidata in materia di onere probatorio gravante sul contribuente.
In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio del giudizio innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 3 luglio 2025