Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1854 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1854 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/01/2025
Avv. Acc. IRPEF 2009
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22678/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME rappresentati e difesi dagli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio di questi ultimi due in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-Controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. EMILIA ROMAGNA n. 177/01/2018, depositata in data 18 gennaio 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 dicembre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate direzione provinciale di Rimini provvedeva ad emettere avviso di accertamento ai fini IRPEF per
l’anno 2009 con il quale rideterminava sinteticamente il reddito complessivo di NOME COGNOME ex art. 38, quarto comma e ss., d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, accertando un reddito di € 594,952,00; la rettifica operata dall’Ufficio originava dalla disponibilità del contribuente di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva quali, segnatamente: acquisto di quote societarie.
Avverso l’avviso di accertamento il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Rimini; si costituiva anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La RAGIONE_SOCIALE Rimini, con sentenza n. 81/02/2016, rigettava il ricorso.
Contro tale sentenza proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. dell’Emilia -Romagna; si costituiva anche l’Agenzia delle Entrate, chiedendo conferma della sentenza impugnata.
Con sentenza n. 177/01/2018, depositata in data 18 gennaio 2018, la C.t.r. adita rigettava il gravame del contribuente.
Avverso la sentenza della C.t.r. dell’Emilia -Romagna, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo e l’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 19 dicembre 2024.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, cosi rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r., pur affermando la natura di presunzione semplice del redditometro, ha ritenuto che la prova dell’effettivo esborso per l’acquisto di quote societarie fosse a carico del contribuente, mentre ciò costituiva il fatto noto da cui
l’Ufficio presume il maggior reddito, motivo per cui l’onere era a carico di quest’ultimo.
Il motivo di ricorso proposto è infondato.
2.1. All’esame del motivo risulta funzionale un excursus sullo strumento del «redditometro». Esso collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione.
L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la L. 30 dicembre 1991, n. 413 e il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla L. 30 luglio 2010, n. 122), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.
2.2. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto
(certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. n. 1980/2020, Cass. n. 10266/2019, Cass. n. 5544/2019, Cass. n. 8933/2018, Cass. n. 8539/2017, Cass. n. 17487/2016, Cass. n. 930/2016 e Cass. n. 21335/2015).
Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. n. 21142/2016, Cass. n. 18604/2012 e Cass. n. 20588/2005).
2.3. Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente «sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere»; è la norma stessa
infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Né la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. n. 37985/2022, Cass. n. 19082/2022, Cass. n. 12600/2022, Cass. n. 12889/2018, Cass. n. 12207/2017, Cass. n. 1332/2016 e Cass. n. 8995/2014). 2.4. Ora, la decisione della C.t.r. qui impugnata è conforme ai principi suddetti: essa, infatti, ritiene che il redditometro ponga una presunzione legale, in ciò conformandosi ai principi giurisprudenziali poc’anzi richiamati, e valuta non adempiuto l’onere probatorio in capo al contribuente, il quale, secondo il giudice di appello, ha dedotto, ma non adeguatamente dimostrato, l’avvenuto pagamento delle quote societarie già nel 2008 e non nel 2009. Con giudizio in fatto, non sindacabile in sede di legittimità, la C.t.r. ha rilevato l’inconsistenza probatoria dell’intero quadro indiziario fornito dal contribuente ed, in particolare, delle scritture private redatte dopo l’atto di acquisto del 22/1/2009, prive dei necessari requisiti di forma e di sostanza.
2.5. Orbene, deve rilevarsi come la censura in esame, in realtà, non faccia che risolversi nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal Giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa possano ancora legittimamente porsi dinanzi al Giudice di legittimità (Cass., SS.UU., sent. n. 34476/2019).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali che si liquidano in € . 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 19 dicembre 2024.
La Presidente NOME COGNOME