Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22682 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22682 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27374/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della Sicilia – SEZ.DIST. CATANIA n. 7162/2022 – depositata il 23/08/2022 e notificata il 19/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
Oggetto del giudizio è la sentenza n. 7162/06/22, depositata il 23/08/2022 dalla Commissione Tributaria regionale della Sicilia e notificata il 19/09/2022.
Con tale sentenza è stata confermata la decisione di primo grado, favorevole alla contribuente, emessa dalla CTP di Ragusa in data 28/03/2019, n. 346, la quale aveva accolto il ricorso della sig.ra COGNOME avverso l’avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE con il quale sono state richieste maggiori imposte dovute per l’anno di imposta 2009, attraverso rideterminazione sintetica del reddito effettivo sulla scorta degli appositi parametri di spesa (c.d. redditometro).
L’ Ufficio ha quindi proposto ricorso per Cassazione, sulla scorta di un motivo di impugnazione, mentre la contribuente non ha svolto difese, nonostante regolarità della notifica effettuata a mezzo PEC in data 18/11/2022.
È stata, quindi, fissata adunanza camerale per il 20.05.2025.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso proposto dall’ Ufficio avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia -Catania, n. 7162/2022, si fonda sul seguente motivo di impugnazione, di seguito schematicamente riportato:
Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 D.P.R. n. 600/1973 vigente ratione temporis nonché degli artt. 2727 e 2729 c.c. con riferimento all’art. 2697 c.c. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Tale motivo di impugnazione risulta, altresì, fondato.
Come è noto, l’accertamento sintetico costituisce un metodo di rideterminazione del reddito complessivo del contribuente persona fisica operato sulla scorta delle spese effettuate da quest’ultima nel periodo di imposta preso in esame. La rideterminazione avviene attraverso il ricorso ad appositi criteri sintomatici di capacità contributiva (c.d. redditometro) selezionati con decreto ministeriale. L’accertamento sintetico si fonda su dati presuntivi saggiati, prima dell’eventuale fase giudiziale di impugnazione, dal contraddittorio con il contribuente che -nel caso di specie -i documenti allegati attestano essersi verificato.
Rispetto a tale metodo di accertamento, questo Collegio intende dare seguito all’orientamento già espresso da questa S.C., ben sintetizzato dalle seguenti pronunce:
per Sez. 5, ord. n. 2893 del 31/01/2024 (Rv. 670252 – 01), infatti, in tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali, applicabili ratione temporis, concernenti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.
In passato, anche Sez. 5, sent. n. 27811 del 31/10/2018 (Rv. 651088 – 01), ha affermato che in tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice
della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.
L’onere della prova, pertanto, volt o a dimostrare da quale fonte derivi la maggior capacità di spesa rispetto al reddito dichiarato dal contribuente spetta a quest’ultimo, il quale naturalmente può altresì dimostrare che la spesa che gli viene imputata è stata in realtà inferiore.
Un parte della dottrina ha al riguardo affermato che ‘la prova richiesta al contribuente è libera’. Ma su tale affermazione occorre intendersi. Se con tale espressione si intende che il contribuente può a sua scelta offrire diversi elementi probatori, storici o critici, anche indiziari, purché complessivamente tali da superare la presunzione semplice che assiste l’accertamento condotto dall’amministrazione finanziaria si può certamente convenire. Ma la prova offerta deve essere coerente: non si potrà ad esempio giustificare spese esorbitanti limitandosi a dedurre il possesso di beni immobili o altri beni specifici diversi dal denaro, ma si dovrà piuttosto dimostrare che gli stessi hanno prodotto delle rendite monetarie sotto forma di canoni o interessi, oppure che sono stati liquidati ricavandone un prezzo.
Nel caso di specie la decisione impugnata ha violato l’onere probatorio come sopra ricostruito, in quanto ha desunto la prova liberatoria in capo al contribuente dal mero possesso di titoli finanziari affermando che non era suo dovere dimostrare la loro liquidazione, ma che sarebbe stata l’amministrazione a dover a quel punto fornire ulteriore prova dei propri assunti.
Afferma la decisione impugnata, con una motivazione del tutto stringata, che ‘Infatti a fronte della disponibilità di titoli bancari in giacenza, dedotti dal contribuente a spiegazione della contestata
capacità di spesa, l’Ufficio non avanza ulteriori deduzioni per confutare quanto dedotto anche in sede di contraddittorio. Né la prova della avvenuta smobilizzazione può gravare in capo al contribuente’.
Così statuendo, tuttavia, la decisione viola il riparto dell’onere probatorio sancito dall’art. 38 d.p.r. 600/1973, ratione temporis applicabile, confondendo altresì gravemente concetti ben diversi quali capacità di spesa, reddito e ricchezza patrimoniale.
Il ricorso dell’ufficio, giova aggiungere per completezza, non ha neppure carattere meritale ed è, quindi, scevro da ragioni di inammissibilità, posto che con esso non si contesta la valutazione delle prove, sebbene -a monte -la regola dell’onere probatorio di cui all’art. 2697 c.c. Sul punto, può farsi riferimento per brevità alla distinzione operata dalla seguente decisione: ‘In tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, mentre, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 c.p.c.’ (Sez. 5, sent. n. 26739 del 15/10/2024).
In definitiva, pertanto, il motivo di ricorso è fondato.
La pronuncia impugnata va quindi cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale, nel frattempo divenuta Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Sicilia – Catania affinché, in
diversa composizione, proceda ad una nuova valutazione del caso tenendo conto dei principi sopra affermati. Il giudice del rinvio provvederà altresì sulle spese, anche in relazione al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia – Catania, in diversa composizione, per un nuovo esame ed al fine di provvedere alla regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 maggio 2025