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Onere della prova redditometro: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22682/2025, si è pronunciata sul tema dell’onere della prova redditometro. Ha stabilito che, per contrastare un accertamento sintetico, il contribuente non può limitarsi a dimostrare il possesso di capitali o beni, ma deve fornire la prova concreta che tali risorse siano state liquidate o abbiano prodotto un reddito sufficiente a giustificare le spese contestate. La Corte ha cassato la decisione dei giudici di merito che avevano erroneamente invertito l’onere probatorio a carico dell’Amministrazione finanziaria.

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Pubblicato il 19 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Redditometro e onere della prova: non basta avere i soldi, bisogna dimostrare di averli usati

L’accertamento sintetico tramite redditometro è uno degli strumenti più discussi del diritto tributario. Con la recente ordinanza n. 22682 del 5 agosto 2025, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza su un punto cruciale: l’onere della prova redditometro. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: per contestare la presunzione di maggior reddito, non è sufficiente per il contribuente dimostrare di possedere un patrimonio, ma è necessario provare che quel patrimonio sia stato effettivamente utilizzato per sostenere le spese che hanno generato l’accertamento.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a una contribuente per l’anno d’imposta 2009. L’Ufficio, utilizzando il metodo del redditometro, aveva rideterminato sinteticamente il reddito della signora, contestandole una capacità di spesa superiore a quanto dichiarato. La contribuente aveva impugnato l’atto, sostenendo che le spese contestate erano state coperte grazie alla disponibilità di titoli bancari in suo possesso.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione alla contribuente, ritenendo che la sola dimostrazione della disponibilità di tali titoli fosse sufficiente a superare la presunzione dell’Amministrazione finanziaria. Secondo i giudici di merito, sarebbe spettato all’Ufficio provare che quei titoli non fossero stati smobilizzati. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando la violazione delle norme sull’onere della prova.

L’onere della prova redditometro secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza impugnata. Il ragionamento dei giudici di legittimità è lineare e si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale.

L’accertamento sintetico basato sul redditometro inverte l’onere della prova: è l’Amministrazione che, sulla base di elementi certi (le spese sostenute), presume un maggior reddito. Questa presunzione, tuttavia, non è assoluta. Spetta al contribuente fornire la prova contraria. Ma in cosa consiste questa prova?

La Corte chiarisce che la prova deve essere ‘libera’ ma ‘coerente’. Il contribuente non può limitarsi a dedurre genericamente il possesso di beni o capitali (ricchezza patrimoniale), ma deve dimostrare che questi hanno prodotto un reddito monetario (es. canoni di locazione, interessi) o che sono stati liquidati per ricavarne un prezzo. In altre parole, deve provare l’effettivo flusso finanziario che ha coperto la spesa. Il semplice possesso di un immobile o di titoli finanziari non è, di per sé, prova di disponibilità liquida.

Le Motivazioni

I giudici della Suprema Corte hanno censurato la decisione dei giudici di merito per aver violato il riparto dell’onere probatorio sancito dall’art. 38 del D.P.R. 600/1973 e dall’art. 2697 del codice civile. La sentenza impugnata aveva erroneamente desunto la prova liberatoria dal mero possesso di titoli finanziari, affermando che non fosse dovere della contribuente dimostrarne la liquidazione. Questo ragionamento, secondo la Cassazione, confonde gravemente concetti diversi come la capacità di spesa (che si manifesta con uscite di denaro), il reddito e la ricchezza patrimoniale.

L’Amministrazione finanziaria, una volta stabiliti i fatti-indice (le spese), è dispensata dal fornire ulteriori prove. È il contribuente che, per vincere la presunzione legale, deve dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Per farlo, deve fornire la prova puntuale della provenienza delle somme utilizzate, ad esempio attraverso estratti conto che attestino la vendita dei titoli e il conseguente accredito della somma sul conto corrente, da cui poi sono state pagate le spese contestate.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio cardine in materia di accertamenti sintetici: la difesa del contribuente deve essere documentata e concreta. Affermare di avere un patrimonio non è sufficiente. È indispensabile tracciare e provare il percorso che il denaro ha fatto dal patrimonio (es. titoli, immobili) alla spesa. Per i contribuenti, ciò significa conservare meticolosamente tutta la documentazione relativa a disinvestimenti, vendite o altre fonti di reddito extra-dichiarazione, al fine di poterla esibire in caso di contraddittorio con il Fisco. La decisione della Cassazione serve da monito: di fronte al redditometro, la prova deve essere specifica e non può basarsi su mere affermazioni di possesso patrimoniale.

In un accertamento basato sul redditometro, chi deve fornire la prova?
L’onere della prova grava sul contribuente. Una volta che l’Amministrazione finanziaria ha stabilito la capacità di spesa sulla base di elementi certi (fatti-indice), spetta al contribuente dimostrare che il reddito presunto non esiste o è inferiore, provando da quale fonte derivino le somme utilizzate per le spese contestate.

È sufficiente dimostrare di possedere beni o titoli finanziari per contestare un accertamento da redditometro?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte di Cassazione, il mero possesso di beni o titoli rappresenta una ricchezza patrimoniale, non una disponibilità liquida. Il contribuente deve dimostrare che tali beni sono stati liquidati (venduti) o hanno prodotto redditi monetari (es. interessi, canoni) in misura tale da coprire le spese.

Cosa deve fare in pratica un contribuente per fornire la prova contraria al redditometro?
Il contribuente deve offrire elementi probatori, anche indiziari, purché coerenti e complessivamente idonei a superare la presunzione. Ad esempio, non basta affermare di possedere titoli bancari; occorre dimostrare la loro effettiva vendita e l’accredito delle somme sul proprio conto corrente in un momento compatibile con le spese effettuate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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