Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4750 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 4750  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
Avv. Acc. IRPEF 2008
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19422/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro  tempore , con  sede  in  INDIRIZZO,  INDIRIZZO rappresentata  e  difesa  dall’RAGIONE_SOCIALE,  con domicilio legale in Roma,  INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-ricorrente – contro
NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME  ed  elettivamente  domiciliato  in  Roma  presso  lo  studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO sito in INDIRIZZO.
–
contro
ricorrente
–
Avverso la sentenza della COMM.  TRIB.  REG.  CAMPANIA -SEZIONE STACCATA SALERNO n. 3247/04/2016, depositata in data 07 aprile 2016.
Udita  la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  09  gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
 Il  contribuente  riceveva  notifica  dall’RAGIONE_SOCIALE  provinciale  di  Salerno -dell’avviso  di  accertamento  n.
NUMERO_DOCUMENTO, relativo ad IRPEF ed altro per l’anno di imposta 2008. Il contribuente, per l’anno di imposta oggetto di contestazione, risultava possedere beni-indice di capacità contributiva non dichiarati, ossia disponibilità finanziarie per l’acquisto e la disponibilità per 3, 10 e 12 mesi, di tre distinte autovetture con corrispettivi versamenti di canoni; locazione di una unità abitativa nella propria disponibilità con canone annuo pari ad € 6.600,00. L’ufficio, ex art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, rideterminava il reddito in € 96.773,00, a fronte di redditi dichiarati pari a zero. Il contribuente presentava istanza di accertamento con adesione che si concludeva negativamente.
 Avverso  l’avviso  di  accertamento,  il  contribuente  proponeva ricorso dinanzi la C.t.p. di Salerno; resisteva l’Ufficio con controdeduzioni.
La C.t.p. di Salerno, con sentenza n. 4551/01/2014, accoglieva parzialmente il ricorso riducendo il reddito sintetico accertato ad € 70.507,90, demandando all’ufficio la quantificazione RAGIONE_SOCIALE imposte ed oneri accessori.
Contro la sentenza proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. della Campania; resisteva l’Ufficio con controdeduzioni.
Tale Commissione, con sentenza n. 3247/04/2016, depositata in data 7 aprile 2016, accoglieva il gravame compensando le spese di lite.
 Avverso  la  sentenza  della  C.t.r.  della  Campania,  l’Ufficio  ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 09 gennaio 2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione  dell’art.  42  del  d.P.R.  n.  600  del  1973  in  relazione all’art. 38, comma quarto e quinto, d.P.R. n. 600 del 1973, nonché
in relazione al combinato disposto degli artt. 2728 e 2697 cod. civ. (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r., ha ritenuto che pure emergendo l’oggettiva incongruità del reddito dichiarato rispetto agli indici di capacità contributiva, l’Ufficio avesse illegittimamente integrato la motivazione dell’avviso di accertamento attraverso la produzione in giudizio del quadro RN della dichiarazione relativa all’anno d’imposta 2007.
1.2.  Con  il  secondo  motivo  di  ricorso,  così  rubricato:  «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21 -octies della l. 7 agosto 1990, n. 241, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta  l’ error in  iudicando nella parte  in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r.  ha  richiamato  l’art.  21 -octies citato ritenendolo  non  applicabile  ai  fini  della  sanatoria  della  presunta carenza motivazionale dell’avviso di accertamento.
Va premesso che, in tema di accertamento in rettifica RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2021, n. 27811). Il sistema del ‹‹redditometro›› collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il
metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in RAGIONE_SOCIALE, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass.
21/10/2015, n. 21335). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in RAGIONE_SOCIALE, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588). Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente ‹‹sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere››; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti
redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. 28/12/2022, 37985; Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass. 16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. 8995).
I due motivi, da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, sono fondati.
La RAGIONE_SOCIALE non ha fatto buon governo dei principi testè illustrati in quanto, dopo aver ritenuto acclarato il dato della oggettiva incongruità del reddito dichiarato dal contribuente, pari a zero, rispetto a quanto accertato dall’Ufficio erariale, ha affermato che la produzione del quadro RN della dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 2007 fosse una integrazione motivazionale in sede contenziosa dell’avviso di accertamento con conseguente mutamento del giudizio e che, inoltre, all’atto impositivo non era applicabile l’art. 21 octies, secondo comma, della legge n. 241 del 1990 perché trattavasi di un provvedimento (ossia l’atto impositivo) valutativo della contestata incongruità dei redditi dichiarati. Invero, il richiamo alla norma testè richiamata non appare pertinente atteso che, nel caso in esame, l’avviso di accertamento adottato non viola le norme sul procedimento né una particolare forma che l’accertamento avrebbe dovuto avere così dimostrando i giudici d’appello di non distinguere la motivazione della prova.
Nella fattispecie in  esame,  non  è  stata  proprio  affrontata  la valutazione  della  prova  posta  a  carico  del  contribuente  che  il maggior  reddito,  determinato  o  determinabile  sinteticamente,  era
costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute  alla  fonte  a  titolo  di  imposta  o,  ancora,  più  in  RAGIONE_SOCIALE, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.
 In  conclusione,  il  ricorso  va  accolto,  la  sentenza  cassata  va impugnata  con  rinvio  del  giudizio  al  giudice  a  quo  affinché,  in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio  alla  Corte  di  giustizia  tributaria  di  secondo  grado  della Campania  affinché,  in  diversa  composizione,  proceda  a  nuovo  e motivato esame nonché provveda anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 9 gennaio 2024.