Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19132 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19132 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
Investimenti – Tremonti ambiente – Agevolazione Perizia giurata.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14762/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE RAGIONE_SOCIALE GRADO LOMBARDIA, n. 3648/2023, depositata il 12/12/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18
giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Nel 2010 la RAGIONE_SOCIALE realizzava un investimento per l’acquisizione di due impianti fotovoltaici (Mega Francofonte e Farfrig Palagonia) per i quali otteneva l’accesso alla c.d. tariffa incentivante, così come disciplinata dal d.m. 19 febbraio 2007.
Successivamente, valutava di poter usufruire anche dei benefici c.d. della Tremonti ambiente, di cui al l’art. 6 legge n. 388 del 2000, sul presupposto che fosse stato risolto dal legislatore con il d.m. 5 luglio 2012 -disposizione ritenuta di natura interpretativa -il dubbio in ordine alla cumulabilità della tariffa incentivante con la detassazione ambientale; pertanto, procuratasi una consulenza di parte che determinava la componente ambientale da portare in detassazione, in data 30 dicembre 2016 trasmetteva una dichiarazione integrativa nel modello Unico 2013 relativo ai redditi del 2012 compilando il quadro RX a rimborso ai sensi e per gli effetti di cui al novellato art. 2, comma 8bis, d.P.R. n. 322 del 1998 e proponeva ricorso avverso il silenzio rifiuto.
La CTP di Bergamo rigettava il ricorso con sentenza confermata in appello. La CTR, in particolare, rilevava che la perizia giurata, sulla quale si fondava la richiesta di rimborso, era priva di asseverazione e giuramento sicché non potevano ritenersi provati né il suo contenuto né la fondatezza dell’importo richiesto in restituzione; inoltre, risultava nel merito l’incoerenza con i rapporti commerciali intrattenuti con il fornitore.
Avverso detta ultima sentenza ricorre la società contribuente e l’Agenzia delle entrate resiste a mezzo controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
Osserva che la perizia depositata, in realtà, era una perizia giurata; che già la CTP era caduta in errore affermando che la stessa era priva di asseverazione e giuramento; che, di conseguenza, in appello, aveva ribadito che la perizia recava il verbale di giuramento. Per l’effetto, deduce che la CTR ha reso una sentenza sul presupposto errato circa l’assenza di giuramento dell ‘elaborato .
Con il secondo motivo la società denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., con una prima censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in combinato disposto con l’art. 6, commi da 13 a 19, legge 23 dicembre 2000 n. 388 con l’art. 7, comma 5 -bis , d.lgs. n. 546 del 1992 cit.; on una seconda censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697, secondo comma cod. civ., in combinato disposto con l’art. 115 cod. proc. civ.
Osserva che sin dal primo grado di giudizio aveva depositato ulteriore documentazione, e non solo la perizia, volta a provare i presupposti soggettivi ed oggettivi del diritto al rimborso. Aggiunge che anche la perizia stragiudiziale poteva essere valutata quale prova atipica; che l’Amministrazione non aveva specificamente contestato quanto esposto nella perizia essendosi limitata ad una generica negazione.
Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per motivazione meramente apparente.
Censura la sentenza impugnata laddove ha affermato che « risulta nel merito l’incoerenza con i rapporti commerciali intrattenuti con il fornitore della società “RAGIONE_SOCIALE” a cui risultano effettuati versamenti da parte della società appellante, che non trovano adeguata e valida giustificazione»
Osserva che la CTR si è appiattita, con tale motivazione, sulla tesi dell’Ufficio senza dare precisa indicazione dell’ iter logico giuridico seguito, onde rendere la propria decisione.
Con il quart o motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per motivazione meramente apparente laddove ha ritenuto assorbite le questioni logicamente sovraordinate rispetto a quelle decise.
Assume che la CTR avrebbe dovuto valutare anche la questione inerente il principio della generale ed illimitata emendabilità della dichiarazione dei redditi.
Il primo motivo è inammissibile.
5.1. In primo luogo nell’ipotesi di «doppia conforme», prevista dall’art. 348 -ter , comma 5, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc civ. (n el testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di riget to dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse.» (Cass. 22/12/2016, n. 26774; in senso conforme: Cass. Sez. U. 21/09/2018, n. 22430).
5.2. Nella specie, posto che il giudizio d’appello è iniziato nel 20 22, la doglianza è inammissibile poiché le decisioni dei gradi di merito, entrambe di rigetto (c.d. doppia conforme), si fondano, quanto al profilo censurato, sulle medesime ragioni di fatto e, del resto, parte ricorrente non ha nemmeno sostenuto il contrario.
E’ lo stesso ricorrente, infatti, a riferire, riportando stralcio della sentenza di primo grado, che la CTP aveva affermato che la perizia di parte non era né asseverata né giurata e che la CTR aveva reso la propria decisione sostenendo, a propria volta, la mancanza di asseveramento e giuramento della perizia.
Il secondo motivo è anch’esso inammissibile.
6.1. In primo luogo, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. si configura unicamente nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando il ricorrente intenda lamentare che, a causa di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, la sentenza impugnata abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata non avesse assolto tale onere (Cass., 21/03/2022, n. 9055).
Nella specie, la CTR, sulla base dei diversi elementi dedotti dalla parte -in particolare, sulla scorta di una perizia stragiudiziale e della incongruenza di quanto richiesto rispetto a quanto risultante dai rapporti commerciali intrattenuti con il fornitore di alcuni dei componenti dell’impianto -ha ritenuto non assolto l’onere probatorio incombente sulla contribuente circa la quantificazione del sovra-costo ambientale deducibile; in tal modo, non ha affatto violato il disposto dell’art. 2697 cod. civ.
La CTR, per altro, dopo aver rilevato la mancanza di asseverazione della perizia ed aver spiegato le ragioni di tale conclusione e della condivisione sul punto della sentenza di primo grado, ha comunque esaminato il merito della richiesta, ritenendo che la medesima non fosse adeguatamente giustificata.
6.2. In secondo luogo, la ricorrente introduce per la prima volta in sede di legittimità la questione relativa alla mancanza di una specifica
contestazione alla perizia tecnica. La sentenza, infatti, non contiene alcun riferimento alla questione relativa alla formazione della prova in ragione della mancanza di contestazione.
E’ noto, invece, che i motivi del ricorso per cassazione devono investire questioni che abbiano formato oggetto del thema decidendum del giudizio di secondo grado, come fissato dalle impugnazioni e dalle richieste delle parti: in particolare, non possono riguardare nuove questioni di diritto se esse postulano indagini ed accertamenti in fatto non compiuti dal giudice del merito ed esorbitanti dai limiti funzionali del giudizio di legittimità. Pertanto, secondo il costante insegnamento di questa Corte, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa: ciò che, nel caso di specie, non è accaduto. (cfr. Cass. 24/01/2019, n. 2038).
6.3. Infine, va rammentato che le conclusioni raggiunte in una perizia stragiudiziale, ritualmente depositata dalla parte nel processo, non possono formare oggetto di applicazione del principio di non contestazione poiché esse non assurgono a fatto giuridico suscettibile di prova, ma costituiscono un mero elemento indiziario soggetto a doverosa valutazione da parte del giudice (Cass. 28/02/2025, n. 5362).
6.4. Deve evidenziarsi che il ricorrente, pur deducendo apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo,
non consentito, terzo grado di merito (Cass. 04/07/2017, n. 8758). Oggetto del giudizio che si vorrebbe demandare a questa Corte non è l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13/05/2022, n. 17744, Cass. 05/02/ 2019, n. 3340; Cass. 14/01/ 2019, n. 640; Cass. 13/10/ 2017, n. 24155; Cass. 04/04/ 2013, n. 8315)
Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 29/10/2020, n. 23872, Cass. 07/04/2017, n. 9097).
7. Il terzo motivo è infondato.
7.1. La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., (e nel caso di specie dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si configura quando questa manchi del tutto -nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, risultante dallo svolgimento del processo, segue l’enunciazione della decisione, senza alcuna argomentazione -ovvero nel caso in cui essa formalmente esista come
parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum. (Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053; successivamente, tra le tante, Cass. 01/03/2022, n. 6626; Cass. 25/09/2018, n. 22598).
7.2. La CTR ha rigettato la domanda della contribuente rilevando per un verso che la perizia non era idonea a provare la veridicità di quanto ivi affermato e dei calcoli effettuati e, per altro verso, che vi era «incoerenza con i rapporti commerciali intrattenuti con il fornitore della società “RAGIONE_SOCIALE” a cui risultano effettuati versamenti da parte della società appellante, che non trovano adeguata e valida giustificazione». La ratio decidendi sottesa al rigetto della domanda risulta, pertanto, chiaramente esposta.
8. Il quarto motivo è inammissibile.
Poiché la CTR ha escluso nel merito la prova del diritto al rimborso, deve ritenersi che la questione relativa alla ammissibilità dell’istanza, presentata con la dichiarazione dei redditi, è stata implicitamente risolta in senso favorevole al contribuente che, pertanto, non ha interesse alla riproposizione della questione.
Il ricorso deve essere, pertanto rigettato.
Alla soccombenza segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, oltre quelle prenotate a debito.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a corrispondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.400,00 a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto Così deciso in Roma, il 18 giugno 2025.