Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5001 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 5001  Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 18603/2017 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE,  nella  persona  del  Direttore pro  tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO.
– ricorrente –
 contro
NOME NOME;
– intimato – avverso  la  sentenza  della  Commissione  tributaria  regionale  della CAMPANIA,  n.  197/2017,  depositata  in  data  13  gennaio  2017,  non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria provinciale di Caserta, con sentenza n. 1387/2015, aveva accolto in parte il ricorso presentato da COGNOME NOME, esercente l’attività di lavori generali di ingegneria, avverso l’avviso di accertamento con il quale era stato rideterminato un maggior reddito , per l’anno di imposta 200 9, in euro 260.664,52, a fronte di costi non deducibili ritenuti non inerenti e non documentati, nonché relativi ad operazioni oggettivamente inesistenti, ritenendolo fondato con riferimento alle operazioni commerciali intrattenute con la società RAGIONE_SOCIALE.
La Commissione tributaria regionale, adita da entrambe le parti, ha rigettato  sia  l’appello  principale  proposto  dall’Ufficio,  sia  l’appello incidentale proposto da NOME NOME.
I giudici di secondo grado, per quel che rileva in questa sede, hanno ritenuto corretta la decisione dei giudici di primo grado con specifico riferimento ai rapporti con la società RAGIONE_SOCIALE in applicazione  del  principio  della  non  contestazione  dei  pagamenti comprovati da fatture bonifici della Monte Paschi, applicabile anche nel processo tributario.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
NOME NOME non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE
Il  primo  mezzo  deduce  la  nullità  della  sentenza  per  omessa  e/o apparente motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La sentenza impugnata aveva risolto le contestazioni dell’RAGIONE_SOCIALE, relative ai rapporti fittizi fra la ditta RAGIONE_SOCIALE e la
RAGIONE_SOCIALE, richiamando esclusivamente il principio di non contestazione, con riferimento ai pagamenti effettuati dallo RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, mentre i motivi di impugnazione attenevano  non  già  alla contestazione  in  fatto  degli  avvenuti pagamenti,  quanto  alla  loro  irrilevanza  ai  fini  dell’assolvimento dell’onere della prova relativamente alla non fittizietà RAGIONE_SOCIALE operazioni gravante sul contribuente.
Il secondo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 e dell’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, nonché dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ.. La sentenza impugnata non aveva fatto buon governo dei principi dettati in tema di riparto dell’onere della prova riguardante operazioni oggettivamente inesistenti, alla luce degli elementi debitamente illustrati e descritti nel PVC, alle pagine 31 e seguenti (depositato agli atti di causa nel giudizio primo grado) e trascritti alle pagine 11 -13 del ricorso per cassazione, secondo cui la prova della sussistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, in presenza di detti elementi presuntivi, spettava al contribuente, e non poteva consistere nei meri pagamenti effettuati.
2.1 I motivi, che vanno trattati unitariamente perché connessi, sono fondati.
2.2 E’ utile precisare, infatti, c on specifico riferimento all’ipotesi, di cui alla presente controversia, in cui l’amministrazione finanziaria contesti l’inesistenza di operazioni assunte a presupposto della deducibilità dei relativi costi e di detraibilità della relativa imposta, che questa Corte ha espresso il consolidato orientamento secondo cui la stessa ha l’onere di provare che l’operazione commerciale documentata dalla fattura non è stata in realtà mai posta in essere, indicando gli elementi presuntivi o indiziari sui quali fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte
legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, strumenti che vengono di solito adoperati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia. Più in particolare, la dimostrazione a carico dell’amministrazione finanziaria è raggiunta qualora siano forniti validi elementi che, alla stregua dell’art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600/1973, e dell’art. art. 54, comma 2, d.P.R. n. 633/1972, possono anche assumere la consistenza di attendibili indizi, per affermare che le fatture sono state emesse per operazioni fittizie, ovvero che dimostrino in modo certo e diretto la inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati ovvero la inesattezza RAGIONE_SOCIALE indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione. Infatti, nell’ordinamento tributario, gli elementi indiziari, ove rivestano i caratteri di gravità, precisione e concordanza, danno luogo a presunzioni semplici le quali, proprio a mente degli univoci precetti dettati dalle sopra indicate previsioni normative, sono idonee, di per sé sole considerate, a fondare il convincimento del giudice. Assolto in tal guisa l’onere della prova incombente sull’amministrazione finanziaria, grava poi sul contribuente la dimostrazione dell’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’amministrazione finanziaria, estrinsecando in motivazione i risultati del proprio giudizio; solo in un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, a tanto onerato dall’art. 2697, comma secondo, cod. civ. (Cass., 18 ottobre 2021, n. 28628).
2.3 Più in particolare, in tema di IVA, una volta che l’Amministrazione finanziaria dimostri, anche mediante presunzioni semplici, l’oggettiva
inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass., 18 ottobre 2021, n. 28628, in motivazione, citata; Cass., 5 luglio 2018, n. 17619).
2.4 Al fine di individuare, poi, quali elementi presuntivi possono essere forniti dall’amministrazione finanziaria per assolvere al proprio onere di prova in caso di operazioni ritenute oggettivamente inesistenti, gli stessi devono condurre a ritenere, mediante procedimento inferenziale, che l’operazione non sia mai stata posta in essere e, sotto tale profilo, costituisce valido elemento indiziario la circostanza che il soggetto che ha emesso la fattura era privo di idonea struttura organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze), posto che è ragionevole inferire che dalla suddetta mancanza degli elementi essenziali per potere operare quale operatore commerciale possa farsi discendere la considerazione conclusiva della mancata realizzazione dell’operazione indicata in fattura (Cass. civ., 20 aprile 2018, n. 9851).
2.5 La sentenza impugnata, laddove ha fondato il motivo di rigetto dell’appello principale proposto dall’Amministrazione finanziaria, con specifico riferimento ai rapporti con la società RAGIONE_SOCIALE, sulla applicazione del principio della non contestazione dei pagamenti comprovati da fatture bonifici della Monte Paschi, non è conforme ai principi suesposti. I giudici di secondo grado, infatti, da un lato hanno tralasciato di considerare tutti gli elementi di natura presuntiva posti a fondamento della ritenuta inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni con la società RAGIONE_SOCIALE e dall’altro hanno sostanzialmente posto a carico
dell’Ufficio  l’onere  di  dimostrare  l’effettiva  esistenza  RAGIONE_SOCIALE  operazioni contestate che, per quanto già detto, spetta al contribuente.
2.6 Peraltro, il principio di non contestazione di cui all’art. 115 cod. proc. civ., che opera anche nel processo tributario, deve essere coordinato con quello, correlato alla specialità del contenzioso, secondo cui la mancata specifica presa di posizione dell’Ufficio sui motivi di opposizione alla pretesa impositiva svolti dal contribuente non equivale ad ammissione dei fatti posti a fondamento di essi, né determina il restringimento del « thema decidendum » ai soli motivi contestati, posto che la richiesta di rigetto dell’intera domanda del contribuente consente all’Ente impositore, qualora le questioni da questo dedotte in via principale siano state rigettate, di scegliere, nel prosieguo del giudizio, tra tutte le possibili argomentazioni difensive rispetto ai motivi di opposizione (Cass., 13 marzo 2019, n. 7127; Cass., 23 luglio 2019, n. 19806).
Per  le  ragioni  di  cui  sopra,  il  ricorso  va  accolto;  la  sentenza impugnata  va  cassata  e  la  causa  va  rinviata  alla  Corte  di  giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione,  cui  demanda  di  provvedere  anche  sulle  spese  del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 24 gennaio 2024.