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Onere della prova operazioni inesistenti: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5001/2024, chiarisce l’onere della prova in caso di operazioni inesistenti. L’Amministrazione Finanziaria deve fornire elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti per contestare la fittizietà delle operazioni. Successivamente, spetta al contribuente dimostrare l’effettiva esistenza della prestazione, non essendo sufficiente la sola prova del pagamento delle fatture. La Corte ha cassato la decisione di merito che si era basata erroneamente sul principio di non contestazione dei pagamenti, senza valutare gli indizi di fittizietà forniti dall’Agenzia.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della prova operazioni inesistenti: Non basta pagare la fattura

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, torna a fare chiarezza su un tema cruciale del diritto tributario: l’onere della prova operazioni inesistenti. La pronuncia sottolinea un principio fondamentale: per un contribuente, dimostrare di aver pagato una fattura non è sufficiente a provare che l’operazione commerciale sottostante sia realmente avvenuta. L’Amministrazione Finanziaria, dal canto suo, può basarsi su solidi elementi presuntivi per contestare la deducibilità dei costi e la detraibilità dell’IVA.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un avviso di accertamento notificato a un imprenditore operante nel settore dell’ingegneria. L’Agenzia delle Entrate aveva rideterminato il suo reddito per l’anno d’imposta 2009, contestando la deducibilità di costi per oltre 260.000 euro, ritenuti relativi a operazioni commercialmente inesistenti con una società fornitrice.

Nei primi due gradi di giudizio, le Commissioni Tributarie avevano dato parzialmente ragione al contribuente. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale aveva rigettato l’appello dell’Ufficio basandosi sul cosiddetto “principio di non contestazione”: poiché il contribuente aveva fornito prova dei pagamenti tramite bonifici bancari e l’Agenzia non aveva contestato l’effettivo avvenimento di tali pagamenti, la corte di merito aveva ritenuto corretta la deduzione dei costi. Una decisione che, tuttavia, non ha superato il vaglio della Suprema Corte.

La Decisione della Cassazione e l’onere della prova operazioni inesistenti

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione lamentando, in sostanza, due vizi della sentenza d’appello:

1. Motivazione apparente: I giudici di secondo grado si erano limitati a richiamare il principio di non contestazione sui pagamenti, ignorando completamente il cuore della contestazione dell’Agenzia, che non riguardava i flussi finanziari, ma la reale esistenza delle prestazioni fatturate.
2. Violazione delle norme sull’onere della prova: La sentenza aveva erroneamente applicato le regole sulla ripartizione dell’onere della prova in caso di operazioni inesistenti.

La Corte di Cassazione ha accolto entrambi i motivi, ritenendoli fondati e strettamente connessi, e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito il suo consolidato orientamento in materia. La ripartizione dell’onere probatorio in questi casi segue un percorso ben definito in due fasi.

In primo luogo, spetta all’Amministrazione Finanziaria fornire la prova che l’operazione commerciale non è mai stata posta in essere. Tale prova non deve essere necessariamente diretta, ma può essere raggiunta attraverso elementi presuntivi e indiziari, purché gravi, precisi e concordanti. Tra questi elementi, assume particolare rilevanza la dimostrazione che il soggetto emittente la fattura era una società “cartiera”, priva di una reale struttura organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze) idonea a realizzare la prestazione fatturata.

Una volta che l’Ufficio ha assolto a questo onere, la palla passa al contribuente. A questo punto, è quest’ultimo che deve fornire la prova contraria, ossia dimostrare l’effettiva esistenza e legittimità dell’operazione. La Corte chiarisce in modo inequivocabile che, a tal fine, non è sufficiente esibire la fattura formalmente regolare o le evidenze contabili dei pagamenti. Questi strumenti, infatti, sono spesso utilizzati proprio per creare un’apparenza di realtà a operazioni fittizie.

I giudici di merito avevano errato nel fermarsi al primo dato (la prova del pagamento), tralasciando di considerare tutti gli elementi presuntivi che l’Agenzia aveva posto a fondamento della sua pretesa e che indicavano l’inesistenza delle operazioni.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per imprese e professionisti. Di fronte a una contestazione di costi per operazioni ritenute inesistenti, la strategia difensiva non può limitarsi alla dimostrazione formale dei pagamenti. È indispensabile raccogliere e conservare tutta la documentazione idonea a provare la realtà materiale della prestazione ricevuta o del bene acquistato: documenti di trasporto, stati di avanzamento lavori, corrispondenza commerciale, fotografie, perizie e qualsiasi altro elemento che possa attestare che l’operazione non è stata solo pagata, ma anche effettivamente eseguita. In assenza di una prova robusta sulla sostanza dell’operazione, il rischio di vedersi negare la deducibilità dei costi e la detrazione dell’IVA è estremamente concreto.

In caso di contestazione di operazioni inesistenti, chi deve provare cosa?
L’onere della prova è ripartito in due fasi: inizialmente, l’Amministrazione Finanziaria deve provare, anche tramite presunzioni gravi, precise e concordanti, che l’operazione è fittizia. Successivamente, l’onere si sposta sul contribuente, che deve dimostrare l’effettiva esistenza e la realtà economica dell’operazione contestata.

La prova del pagamento di una fattura è sufficiente a dimostrare che l’operazione è reale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sola esibizione della fattura e la prova del relativo pagamento non sono sufficienti a dimostrare l’effettività dell’operazione, poiché tali elementi sono spesso utilizzati proprio per creare un’apparenza di realtà per transazioni fittizie.

Cosa può usare l’Amministrazione Finanziaria per dimostrare che un’operazione è fittizia?
L’Amministrazione può utilizzare elementi presuntivi e indiziari. Un elemento indiziario valido e rilevante è la circostanza che il soggetto che ha emesso la fattura fosse privo di un’idonea struttura organizzativa (come locali, mezzi, personale e utenze) per poter eseguire la prestazione o fornire il bene indicato in fattura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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