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Onere della prova operazioni inesistenti: la Cassazione

Un professionista si è visto contestare la deducibilità di alcuni costi per servizi e carburante, ritenuti fittizi dall’Amministrazione Finanziaria. La Corte di Cassazione, ribaltando le decisioni dei gradi inferiori, ha stabilito che in presenza di seri indizi di fittizietà forniti dal Fisco, l’onere della prova per le operazioni inesistenti si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni, non essendo sufficienti la mera regolarità contabile o una perizia di parte. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova per Operazioni Inesistenti: Guida all’Ordinanza della Cassazione

In materia fiscale, la deducibilità dei costi è un pilastro fondamentale per la determinazione del reddito d’impresa. Tuttavia, cosa succede quando l’Amministrazione Finanziaria contesta la realtà di tali costi, bollandoli come ‘operazioni inesistenti’? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: l’onere della prova operazioni inesistenti, chiarendo quando e come il contribuente deve dimostrare la legittimità delle proprie spese. Questo provvedimento offre spunti fondamentali per imprese e professionisti sulla corretta gestione documentale e sulla difesa in caso di contenzioso tributario.

I Fatti del Caso: Una Controversia su Costi Indeducibili

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a un professionista operante nel settore dell’ingegneria generale. L’Agenzia delle Entrate aveva rideterminato il suo reddito per l’anno d’imposta 2012, contestando la deducibilità di una serie di costi, tra cui:
1. Spese per l’acquisto di carburanti.
2. Costi per l’acquisto di materiali da costruzione e servizi di impiantistica elettrica da tre diversi fornitori, ritenuti documentazione di operazioni oggettivamente inesistenti.

In sostanza, il Fisco sospettava che le fatture emesse da questi fornitori non corrispondessero a reali prestazioni di beni o servizi, ma fossero state create al solo scopo di abbattere il reddito imponibile del professionista.

Il Percorso Giudiziario e le Decisioni dei Giudici di Merito

Nei primi due gradi di giudizio, le Commissioni Tributarie avevano dato parzialmente ragione al contribuente. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale aveva rigettato l’appello dell’Agenzia, basando la propria decisione su due argomenti principali:
– Per i costi relativi ai servizi, aveva applicato il ‘principio di non contestazione’, ritenendo che l’Ufficio non avesse mosso specifiche obiezioni nel corso del giudizio.
– Per i costi del carburante, aveva giudicato ‘verosimile’ che il combustibile fosse stoccato in una cisterna presso la sede aziendale per poi essere distribuito ai mezzi d’opera, senza però affrontare la questione della documentazione obbligatoria.

Insoddisfatta, l’Amministrazione Finanziaria ha proposto ricorso per Cassazione.

L’Onere della Prova nelle Operazioni Inesistenti secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza d’appello e delineando con precisione la ripartizione dell’onere della prova operazioni inesistenti.

Il Ruolo dell’Amministrazione Finanziaria

La Corte ha ribadito che spetta all’Amministrazione Finanziaria fornire per prima la prova che le operazioni contestate non siano mai state poste in essere. Tale prova non deve essere necessariamente diretta, ma può basarsi su ‘elementi presuntivi’, ovvero indizi gravi, precisi e concordanti. Un classico esempio è la dimostrazione che l’azienda fornitrice è una ‘cartiera’, priva di una reale struttura organizzativa (mezzi, personale, magazzini) idonea a realizzare le prestazioni fatturate.

Quando la Prova Passa al Contribuente

Una volta che il Fisco ha fornito questi elementi presuntivi, la palla passa al contribuente. A questo punto, è suo l’onere di dimostrare la fonte legittima del costo e l’effettiva esistenza dell’operazione. Questo è il fulcro della decisione: l’inversione dell’onere della prova.

L’Insufficienza delle Prove Formali

La Cassazione ha chiarito che, per assolvere a questo onere, non è sufficiente presentare prove puramente formali. L’esibizione della fattura, la regolarità delle scritture contabili o la dimostrazione del pagamento non bastano. Questi strumenti, infatti, sono spesso utilizzati proprio per dare un’apparenza di realtà a operazioni fittizie. Anche una perizia di parte, essendo un mero atto difensivo, non ha di per sé un valore probatorio autonomo e non è sufficiente a superare le presunzioni fornite dall’Agenzia.

La Questione Specifica dei Costi per Carburanti

Anche sul fronte dei costi per carburanti, la Corte ha accolto le ragioni del Fisco. Ha ricordato che la normativa all’epoca vigente (DPR 444/1997) prevedeva un meccanismo specifico e formale per la deduzione di tali costi: la ‘scheda carburante’. Questo documento doveva essere compilato con precisi requisiti, inclusa l’indicazione chilometrica, e non poteva essere sostituito da altri documenti come le fatture. La Corte ha sottolineato che la valutazione di ‘verosimiglianza’ fatta dai giudici d’appello era errata, poiché ignorava i requisiti di legge tassativi per la documentazione di tali spese.

Le Motivazioni della Decisione della Corte

La decisione della Corte si fonda su principi consolidati in materia di contenzioso tributario. In primo luogo, ha riaffermato che nel caso di operazioni oggettivamente inesistenti, una volta che l’amministrazione finanziaria fornisce elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve fornire la prova contraria, dimostrando l’effettiva esistenza delle operazioni, e non può limitarsi a prove formali come fatture e pagamenti, né a una semplice perizia di parte. In secondo luogo, la Corte ha precisato che il principio di non contestazione (art. 115 c.p.c.) va applicato con cautela nel processo tributario e non esonera il giudice dal valutare tutte le prove. Infine, per quanto riguarda i costi dei carburanti, la Corte ha sottolineato la necessità di rispettare i requisiti formali imposti dalla legge (all’epoca, la scheda carburante), che non possono essere surrogati da altri documenti o da valutazioni di mera verosimiglianza.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Imprese e Professionisti

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per tutti i contribuenti. Dimostra che la forma non può mai prevalere sulla sostanza. Per garantire la deducibilità dei costi, non è sufficiente avere una fattura e una contabilità in ordine. È essenziale poter dimostrare, in caso di contestazione, la realtà e l’inerenza dell’operazione economica sottostante. Ciò implica la necessità di adottare procedure di due diligence sui propri fornitori e di conservare tutta la documentazione idonea a provare l’effettiva esecuzione della prestazione (es. documenti di trasporto, stati di avanzamento lavori, corrispondenza commerciale, fotografie). Affidarsi a fornitori privi di una struttura adeguata espone a un rischio fiscale elevatissimo, con conseguenze potenzialmente gravi sul piano economico.

A chi spetta l’onere della prova in caso di contestazione di operazioni inesistenti?
Inizialmente, spetta all’Amministrazione Finanziaria fornire elementi presuntivi (indizi gravi, precisi e concordanti) che suggeriscano la fittizietà dell’operazione. Una volta fornita questa prova, l’onere si inverte e passa al contribuente, che deve dimostrare l’effettiva esistenza della transazione.

La regolarità formale delle fatture e dei pagamenti è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un’operazione commerciale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la regolarità formale delle scritture contabili o l’evidenza dei pagamenti non sono sufficienti, in quanto questi strumenti vengono spesso utilizzati proprio per mascherare operazioni fittizie. Il contribuente deve fornire prove sostanziali della realtà dell’operazione.

Per dedurre i costi del carburante, è sufficiente dimostrare che è stato acquistato e utilizzato per l’attività aziendale?
No. La Corte ha stabilito che la possibilità di dedurre i costi del carburante è subordinata al rispetto dei requisiti formali e di contenuto richiesti dalla legge specifica (all’epoca dei fatti, il D.P.R. n. 444/1997 con la ‘scheda carburante’). Questi requisiti non possono essere sostituiti da altri documenti o da semplici presunzioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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