Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5012 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5012 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 17101/2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO.
– ricorrente –
contro
NOME, rappresentato e difeso dal AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, alla INDIRIZZO, giusta procura speciale a margine del controricorso.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, n. 10061/2017, depositata in data 29 novembre 2017, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria provinciale di Caserta, con sentenza n. 2730/2016, depositata in data 29 aprile 2016, aveva accolto in parte il ricorso presentato da COGNOME NOME, esercente l’attività di lavori generali di ingegneria, avverso l’avviso di accertamento con il quale era stato rideterminato un maggior reddito , per l’anno di imposta 2012, in euro 71.875,00, a fronte di costi non deducibili relativi ad acquisto di carburanti, costi ritenuti non inerenti in relazione a spese generali, spese di rappresentanza e pedaggi autostradali; costi indeducibili per operazioni oggettivamente inesistenti relativamente all’acquisto di materiali da costruzione dalla ditta RAGIONE_SOCIALE e costi indeducibili per operazioni oggettivamente inesistenti relativamente agli acquisti di servizi di lavori di impiantistica elettrica dalle ditte RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ritenendolo fondato con riferimento ai costi di carburante per i soli mezzi d’opera, ai costi ritenuti non inerenti tranne che per i pedaggi pagati a mezzo telepass e agli acquisti effettuati dai fornitori RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME.
La Commissione tributaria regionale, adita da entrambe le parti, ha rigettato l’appello principale proposto dall’Ufficio , considerato che, per quanto riguarda le prestazioni di servizio rese alla RAGIONE_SOCIALE e alla RAGIONE_SOCIALE, l’Ufficio non aveva effettuato alcuna contestazione sia in sede di giudizio di primo grado, che in grado di appello e che doveva
ritenersi applicabile il principio di non contestazione di cui all’art. 115 cod. proc. civ. invocato dalla parte resistente.
I giudici di appello hanno, poi, ritenuto verosimile che il carburante venisse depositato presso la sede della ditta in una cisterna per poi essere prelevato e distribuito ai mezzi utilizzati per l’attività aziendale, richiamando la circolare MEF 39/362701.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a tre motivi.
NOME NOME resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Il primo mezzo deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La sentenza impugnata aveva risolto le contestazioni dell’RAGIONE_SOCIALE, relative ai rapporti fittizi fra la ditta RAGIONE_SOCIALE e le ditte RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, richiamando esclusivamente il principio di non contestazione, mentre il motivo di appello non si incentrava sulla esistenza o meno dei pagamenti effettuati e sulla regolarità della contabilità, in quanto tali circostanze erano del tutto irrilevanti ai fini dell’assolvimento dell’onere della prova gravante sul contribuente. Inoltre, la circostanza che nel l’atto di appello fosse citata la sola società RAGIONE_SOCIALE non limitava la portata del gravame, che si riferiva comunque, genericamente, a tutte le operazioni inesistenti contestate nell’avviso di accertamento oggetto del giudizio.
Il secondo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 e dell’art. 54 del d.P.R. n.633 del 1972, nonché dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ.. La sentenza impugnata non aveva fatto buon governo dei principi dettati in tema di riparto dell’onere della prova riguardante
operazioni oggettivamente inesistenti, alla luce degli elementi debitamente illustrati e descritti nel PVC, alle pagine 36 e ss., trascritti alle pagine 11 -15 del ricorso per cassazione, secondo cui la prova della sussistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, in presenza di detti elementi presuntivi, spettava al contribuente, e non poteva consistere nei meri pagamenti effettuati. I giudici di secondo grado, dunque, non potevano confermare la sentenza di primo grado, con riferimento alla effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni, sulla base della semplice perizia di parte, risultando del tutto errata in diritto la pronuncia nella parte in cui aveva ritenuto assolto l’onere della prova incombente sul contribuente con il deposito della perizia giurata di parte.
2.1 I motivi che vanno trattati unitariamente perchè connessi, sono fondati.
2.2 E’ utile precisare, infatti, c on specifico riferimento all’ipotesi, di cui alla presente controversia, in cui l’amministrazione finanziaria contesti l’inesistenza di operazioni assunte a presupposto della deducibilità dei relativi costi e di detraibilità della relativa imposta, che questa Corte ha espresso il consolidato orientamento secondo cui la stessa ha l’onere di provare che l’operazione commerciale documentata dalla fattura non è stata in realtà mai posta in essere, indicando gli elementi presuntivi o indiziari sui quali fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, strumenti che vengono di solito adoperati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia. Più in particolare, la dimostrazione a carico dell’amministrazione finanziaria è raggiunta qualora siano forniti validi elementi che, alla stregua dell’art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600/1973, e dell’art. art. 54, comma 2, d.P.R. n. 633/1972, possono anche assumere la
consistenza di attendibili indizi, per affermare che le fatture sono state emesse per operazioni fittizie, ovvero che dimostrino in modo certo e diretto la inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati ovvero la inesattezza RAGIONE_SOCIALE indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione. Infatti, nell’ordinamento tributario, gli elementi indiziari, ove rivestano i caratteri di gravità, precisione e concordanza, danno luogo a presunzioni semplici le quali, proprio a mente degli univoci precetti dettati dalle sopra indicate previsioni normative, sono idonee, di per sé sole considerate, a fondare il convincimento del giudice. Assolto in tal guisa l’onere della prova incombente sull’amministrazione finanziaria, grava poi sul contribuente la dimostrazione dell’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’amministrazione finanziaria, estrinsecando in motivazione i risultati del proprio giudizio; solo in un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, a tanto onerato dall’art. 2697, comma secondo, cod. civ. (Cass., 18 ottobre 2021, n. 28628).
2.3 Più in particolare, in tema di IVA, una volta che l’Amministrazione finanziaria dimostri, anche mediante presunzioni semplici, l’oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass.,
18 ottobre 2021, n. 28628, in motivazione, citata; Cass., 5 luglio 2018, n. 17619).
2.4 Al fine di individuare, poi, quali elementi presuntivi possono essere forniti dall’amministrazione finanziaria per assolvere al proprio onere di prova in caso di operazioni ritenute oggettivamente inesistenti, gli stessi devono condurre a ritenere, mediante procedimento inferenziale, che l’operazione non sia mai stata posta in essere e, sotto tale profilo, costituisce valido elemento indiziario la circostanza che il soggetto che ha emesso la fattura era privo di idonea struttura organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze), posto che è ragionevole inferire che dalla suddetta mancanza degli elementi essenziali per potere operare quale operatore commerciale possa farsi discendere la considerazione conclusiva della mancata realizzazione dell’operazione indicata in fattura (Cass. civ., 20 aprile 2018, n. 9851).
2.5 La sentenza impugnata non è conforme ai principi suesposti; i giudici di secondo grado, invero, con specifico riferimento alle prestazioni di servizio rese alle ditte RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, hanno fondato il motivo di rigetto dell’appello principale proposto dall’Amministrazione finanziaria, ritenendo genericamente che trovasse applicazione il principio della non contestazione; mentre, avuto riguardo alla RAGIONE_SOCIALE hanno preso atto del deposito nel giudizio di primo grado di una perizia giurata atta a dimostrare l’utilizzo di materiali edili per l’esecuzione di lavori anche per diversi enti pubblic i, oltre che della sentenza n. 1971/2017 ( rectius : 197/2017) della Commissione tributaria regionale, oggetto peraltro di ricorso per cassazione (n. RG 18603/2017). Così facendo, i giudici di secondo grado, infatti, da un lato hanno tralasciato di considerare tutti gli elementi di natura presuntiva posti a fondamento della ritenuta inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni effettuate con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e la RAGIONE_SOCIALE e dall’altro hanno sostanzialmente
posto a carico dell’Ufficio l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate che, per quanto già detto, spettava al contribuente.
2.6 Peraltro, il principio di non contestazione di cui all’art. 115 cod. proc. civ., che opera anche nel processo tributario, deve essere coordinato con quello, correlato alla specialità del contenzioso, secondo cui la mancata specifica presa di posizione dell’Ufficio sui motivi di opposizione alla pretesa impositiva svolti dal contribuente non equivale ad ammissione dei fatti posti a fondamento di essi, né determina il restringimento del « thema decidendum » ai soli motivi contestati, posto che la richiesta di rigetto dell’intera domanda del contribuente consente all’Ente impositore, qualora le questioni da questo dedotte in via principale siano state rigettate, di scegliere, nel prosieguo del giudizio, tra tutte le possibili argomentazioni difensive rispetto ai motivi di opposizione (Cass., 13 marzo 2019, n. 7127; Cass., 23 luglio 2019, n. 19806).
2.7 In ultimo, va osservato, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, che la perizia stragiudiziale di parte ha natura di mero atto difensivo ed è priva di autonomo valore probatorio (cfr. Cass., Sez. U., 3 giugno 2013, n. 13902; Cass., 9 febbraio 2018, n. 3207).
Il terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 109, comma 5, TUIR e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La decisione, laddove aveva rigettato l’appello proposto dall’Ufficio relativamente al recupero dei costi per carburanti, ritenendo verosimile che il carburante acquistato fosse stato depositato in una cisterna presso la sede della ditta accertata, per poi essere prelevato o distribuito ai mezzi utilizzati per l’attività aziendale, era errata, essendo necessario produrre le schede carburanti, compilate e rilasciate dall’addetto alla distribuzione, complete in ogni loro parte e debitamente sottoscritte e, in ogni
caso, che il contribuente fornisse la prova dell’esistenza e dell’inerenza di costi oggetto di deduzione.
3.1 Anche il terzo motivo è fondato.
3.2 In proposito, deve richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte che ha affermato che « l’art. 1 del d.P.R. n. 444 del 1997, riguardante il regolamento recante norme per la semplificazione RAGIONE_SOCIALE annotazioni da apporre sulla documentazione relativa agli acquisti di carburante per autotrazione, prevede esclusivamente il meccanismo della «scheda carburante» per la registrazione degli acquisti, e non consente, nemmeno in via interpretativa, di ritenere possibile l’equipollenza, ai fini fiscali, di altri strumenti o procedimenti di registrazione come le fatture » (Cass., 30 marzo 2023, n. 9052; Cass., 26 settembre 2018, n. 22918; Cass. 18 dicembre 2014, n. 26862) e che « in tema di imposte dirette ed IVA, la possibilità di detrarre dall’imposta dovuta quella assolta per l’acquisto di carburanti destinati ad alimentare i mezzi impiegati per l’esercizio dell’impresa, è subordinata al fatto che le cosiddette «schede carburanti», che l’addetto alla distribuzione è tenuto a rilasciare, rispettino i requisiti di forma e di contenuto richiesti dalla legge e, quindi, siano redatte in conformità al moRAGIONE_SOCIALE allegato al d.P.R. n. 444 del 1997, compresa l’indicazione chilometrica, necessaria a fini antielusivi, non surrogabile da altri documenti » (Cass., 21 ottobre 2021, n. 29416; Cass., 20 aprile 2018, n. 9855; Cass., 30 novembre 2016, n. 24409 del 2016).
3.3 Anche il profilo relativo alla violazione dell’art. 109 del d.P.R. n. 917 del 1986 è fondato, stante che, come evidenziato pure di recente da questa Corte « In tema di imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE società, la deducibilità di costi ed oneri richiede la loro inerenza all’attività di impresa, da intendersi come necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità – anche solo potenziale ed
indiretta – secondo valutazione qualitativa e non quantitativa, la cui prova, in caso di contestazioni dell’amministrazione finanziaria, è a carico del contribuente, dovendo egli provare e documentare l’imponibile maturato e, quindi, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto di impresa perché in correlazione con l’attività di impresa e non ai ricavi in sé » (Cass., 18 agosto 2022, n. 24880).
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 24 gennaio 2024.