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Onere della prova operazioni inesistenti: la Cassazione

In un caso di costi detratti per operazioni ritenute fittizie, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione di merito. L’ordinanza stabilisce che, una volta che l’Amministrazione Finanziaria fornisce elementi presuntivi sulla non esistenza delle transazioni, l’onere della prova operazioni inesistenti si sposta sul contribuente. Quest’ultimo non può limitarsi a presentare fatture e documenti formalmente corretti, ma deve dimostrare la reale effettività delle prestazioni. La sentenza è stata cassata con rinvio.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della prova operazioni inesistenti: la forma non basta, serve la sostanza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia fiscale: di fronte a un accertamento per operazioni fittizie, non basta esibire fatture formalmente perfette. L’onere della prova operazioni inesistenti, una volta che l’Agenzia delle Entrate ha fornito sufficienti indizi, grava interamente sul contribuente, che deve dimostrare la reale esistenza della prestazione. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

La controversia nasce da alcuni avvisi di accertamento notificati a un imprenditore individuale per gli anni d’imposta 2013 e 2014. L’Amministrazione Finanziaria contestava la deduzione di costi derivanti da operazioni commerciali con un’altra ditta, ritenendole oggettivamente inesistenti sulla base di processi verbali di constatazione redatti dalla Guardia di Finanza.

Sia in primo che in secondo grado, i giudici tributari avevano dato ragione al contribuente. La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, aveva confermato la decisione iniziale, ritenendo che le fatture fossero “adeguatamente descrittive” e i documenti di trasporto “regolarmente compilati e sottoscritti”. Secondo la Corte di merito, a fronte di tali documenti, gli indizi forniti dall’Ufficio non erano sufficienti a provare l’inesistenza delle operazioni. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione e il corretto riparto dell’onere della prova operazioni inesistenti

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame. Il cuore della decisione risiede nel secondo motivo di ricorso, che lamentava l’errata attribuzione dell’onere della prova.

I giudici di legittimità hanno censurato la superficialità della Corte territoriale, la quale si era limitata a un esame puramente formale della documentazione contabile ed extracontabile. Questo approccio, secondo la Cassazione, è errato in diritto. La Corte ha richiamato la sua costante giurisprudenza, secondo cui:

1. L’Amministrazione Finanziaria ha il compito di dimostrare, anche tramite presunzioni semplici, l’oggettiva inesistenza delle operazioni contestate.
2. Una volta che l’Ufficio ha fornito un quadro indiziario sufficiente, la palla passa al contribuente.
3. Spetta a quest’ultimo provare l’effettiva esistenza delle transazioni, ai fini della detrazione dell’IVA e della deduzione dei costi.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte è netta e si fonda su un principio di realtà. Affermare che la regolarità formale dei documenti (fatture, scritture contabili, mezzi di pagamento) sia sufficiente a vincere la presunzione di fittizietà è un errore logico e giuridico. Infatti, chi pone in essere un’operazione fittizia ha tutto l’interesse a creare un’apparenza di regolarità formale proprio per mascherare la frode.

Il giudice di merito, invece, si era fermato a questo aspetto esteriore, senza “porre attenzione alla realtà concreta delle operazioni per verificarne la loro esistenza in natura”. Aveva inoltre svalutato gli indizi forniti dall’Ufficio, contrapponendovi genericamente la testimonianza dei dipendenti del contribuente, senza un’adeguata valutazione comparativa e complessiva di tutti gli elementi di prova disponibili. Questo modo di procedere costituisce un’erronea attribuzione del difetto di prova e un mancato esame degli elementi indiziari, che dovevano essere considerati e valutati nel loro insieme.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame è un monito importante per imprese e professionisti. In materia di onere della prova operazioni inesistenti, la forma non può mai prevalere sulla sostanza. Di fronte a contestazioni da parte del Fisco, è indispensabile essere in grado di fornire prove concrete e materiali che attestino l’effettività delle operazioni economiche. Non ci si può trincerare dietro la mera esibizione di una fattura. Occorre essere pronti a dimostrare l’avvenuta consegna della merce, l’effettiva esecuzione di un servizio e, in generale, la realtà economica sottostante al documento contabile. In caso contrario, il rischio di vedersi disconoscere costi e detrazioni IVA è estremamente elevato.

A chi spetta l’onere della prova in caso di contestazione di operazioni inesistenti?
Inizialmente, spetta all’Amministrazione Finanziaria fornire elementi, anche presuntivi, che facciano dubitare della realtà dell’operazione. Una volta fornito questo quadro indiziario, l’onere della prova si sposta sul contribuente, che deve dimostrare l’effettiva esistenza della transazione.

È sufficiente presentare fatture e documenti di trasporto formalmente corretti per difendersi?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la regolarità formale delle fatture, delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento non è di per sé sufficiente, poiché tali documenti sono tipicamente utilizzati proprio per creare un’apparenza di realtà a operazioni fittizie.

Cosa significa che la sentenza è stata “cassata con rinvio”?
Significa che la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del giudice precedente (in questo caso, della Commissione tributaria regionale). La causa dovrà essere decisa nuovamente da un’altra sezione dello stesso organo giudiziario, la quale dovrà attenersi ai principi di diritto stabiliti dalla Cassazione, in particolare riguardo alla corretta ripartizione dell’onere della prova.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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