Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 869 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 869 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27697/2022 R.G., proposto
DA
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
l’Agenzia delle Entrate, c on sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;
CONTRORICORRENTE
E
l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, con sede in Roma, in persona del Presidente del Comitato di Gestione pro tempore ;
INTIMATA
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio il 17 novembre 2022, n. 5216/03/2022;
SPESE GIUDIZIALI SOCCOMBENZA
Rep .
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19 dicembre 2023 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio il 17 novembre 2022, n. 5216/03/2022, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di cartella di pagamento in dipendenza di avvisi di liquidazione dell’imposta di registro su un atto giudiziario, per l’importo di € 1.417,67, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia delle Entrate Riscossione avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Roma il 5 ottobre 2021, n. 10673/27/2021, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali;
il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure -che aveva rigettato il ricorso originario -sul presupposto che gli avvisi di liquidazione dell’imposta di registro fosse ro stati regolarmente notificati alla contribuente e che il decorso del termine di prescrizione decennale fosse stato tempestivamente interrotto dalla notifica della cartella di pagamento;
l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso, mentre l’Agenzia delle Entrate Riscossione è rimasta intimata;
la ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale;
CONSIDERATO CHE:
il ricorso è affidato a due motivi;
1.1 con il primo motivo, si denuncia violazione degli artt. 2697, cod. civ., 112, 115 e 116 cod. proc. civ., 76, comma 1, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in relazione (verosimilmente)
all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che gli avvisi di liquidazione prodromici alla cartella di pagamento fossero stati regolarmente notificati, non essendone stata fornita la prova dall’agente della riscossione, e che l’ente impositore fosse decaduto dall’esercizio del potere impositivo per d ecorso del termine quinquennale dal giorno in cui la richiesta di registrazione avrebbe dovuto essere presentata, non essendo stata provata la regolare notifica degli avvisi di liquidazione;
1.2 con il secondo motivo, si denuncia violazione degli artt. 91, 92 e 112 cod. proc. civ., in relazione (verosimilmente) all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la contribuente potesse essere condannata alla rifusione delle spese dei giudizi di primo grado e di secondo grado, sebbene l’ente impositore e l’agente della riscossione fossero costituiti a mezzo di propri funzionari;
il primo motivo è inammissibile sotto un duplice profilo;
2.1 anzitutto, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non, invece, laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del ‘ nuovo ‘ art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.) (tra le tante: Cass., Sez. 3^, 29 maggio 2018, n. 13395; Cass., Sez. 5^, 10 aprile 2019, nn.
10011 e 10012; Cass., Sez. 6^-3, 31 agosto 2020, n. 18092; Cass., Sez. 5^, 19 ottobre 2023, nn. 29087, 29089 e 29116); 2.2 nella specie, invece, la censura non attinge un’erronea statuizione del giudice di merito circa la ripartizione dell’onere probatorio in ordine alla notifica degli avvisi di liquidazione, che è stato correttamente ritenuto gravare a carico dell’ente impositore, bensì investe il risultato della prova fornita dalla parte onerata, che è stato genericamente contestato con riguardo alla notifica di alcuni avvisi di liquidazione; in tal modo, però, il mezzo si risolve nella pretesa alla revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito, che esula dal controllo sulla legalità e sulla logicità della sentenza impugnata;
2.3 per cui, a fronte dell’accertamento del giudice di appello che « l’Agenzia delle Entrate, nel corso del giudizio di primo grado, così come in quello di appello, ha fornito la prova dell’intervenuta notifica alla contribuente degli avvisi di liquidazione », la contribuente ha finito con il sollecitare un mero riesame dell’accertamento di fatto sotto l’apparente deduzione di una violazione di legge;
2.4 inoltre, la doglianza relativa alla decadenza dell’ente impositore dall’esercizio del potere impositivo per la notifica degli avvisi di liquidazione, dopo il decorso del termine quinquennale ex art. 76, comma 1, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, che è fondata in parte qua sull’interruzione della prescrizione decennale ex art. 78 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, mediante la notifica della cartella di pagamento, proprio sul presupposto della regolare notifica degli avvisi di liquidazione; 2.5 per cui, la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza
impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366, n. 4, cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso, che è rilevabile anche d’ufficio ( tra le tante: (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 21 luglio 2020, n. 15517; Cass., Sez. 5^, 22 settembre 2020, n. 19787; Cass., Sez. 6^-5, 22 dicembre 2021, n. 41220; Cass., Sez. 5^, 29 marzo 2022, n. 10004; Cass., Sez. 5^, 31 maggio 2022, n. 17509; Cass., Sez. 5^, 31 agosto 2023, n. 25526);
il secondo motivo è, in parte, inammissibile e, in parte, infondato;
3.1 anzitutto, non risulta dal ricorso né dalla sentenza impugnata che la condanna alla rifusione delle spese giudiziali nel procedimento di primo grado sia stata oggetto di motivo di appello da parte della contribuente, là dove, per giurisprudenza pacifica di questa Corte, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa; i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (tra le tante: Cass., Sez. 2^, 9 agosto 2018, n. 20694; Cass., Sez. 2^, 18 settembre 2020, n. 19560; Cass., Sez. 5^, 9 dicembre 2020, n. 28036; Cass., Sez. 6^-5, 23
marzo 2021, n. 8125; Cass., Sez. 5^, 5 maggio 2021, n. 11708; Cass., Sez. 6^-5, 18 ottobre 2021, n. 28714; Cass., Sez. 5^, 29 ottobre 2021, n. 30863; Cass., Sez. 5^, 24 novembre 2021, n. 36393; Cass., Sez. 2^, 21 dicembre 2021, n. 40984; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8362; Cass., Sez. 5^, 15 settembre 2023, n. 26679);
3.2 per il resto, ad ogni modo, è inconferente il richiamo alla costituzione dell’ente impositore o dell’agente della riscossione a mezzo di un proprio funzionario, giacché l’opzione per la difesa ‘domestica’ ex art. 11, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non esclude che la soccombenza del contribuente ne giustifichi la condanna alla rifusione delle spese giudiziali, potendo al più incidere sulla misura dei compensi liquidabili ex art. 15, comma 2sexies , del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (nel testo novellato dall’art . 9, comma 1, lett. f, n. 2, del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156), essendo pacifico che, nel processo tributario, alla parte pubblica assistita in giudizio da propri funzionari o da propri dipendenti, in caso di vittoria della lite spetta la liquidazione delle spese, la quale deve essere effettuata mediante applicazione della tariffa ovvero dei parametri vigenti per gli avvocati, con la riduzione del venti per cento dei compensi ad essi spettanti, atteso che l’espresso riferimento ai compensi per l’attività difensiva svolta, contenuto nell’art. 15, comma 2bis , del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, conferma il diritto dell’ente alla rifusione dei costi sostenuti e dei compensi per l’assistenza tecnica fornita dai propri dipendenti, che sono legittimati a svolgere attività difensiva nel processo (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 17 settembre 2019, n. 23055; Cass., Sez. 5^, 11 ottobre 2021, n. 27634; Cass., Sez. 5^, 1 giugno 2022, n. 17816; Cass., Sez. 5^, 24 ottobre 2023, n. 29439);
alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi l’infondatezza o l’inammissibilità d ei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato;
quanto alla regolamentazione delle spese giudiziali:
nei rapporti tra ricorrente e controricorrente, esse seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo;
nei rapporti tra ricorrente ed intimata, esse non devono essere liquidate, non essendo stata svolta attività difensiva dalla parte vittoriosa;
6 . ai sensi dell’ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di € 600,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito; dà atto dell’obbligo, a carico della ricorrente, di pagare l’ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 19 dicembre