Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31327 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31327 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
COGNOME NOMECOGNOME
COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al controricorso,
-controricorrenti – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia -sezione staccata a Siracusa n. 5083/04/2020, depositata il 28 settembre 2020;
DINIEGO RIMBORSO IRPEF 1990/1991/1992
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24053/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-ricorrente – contro
udita la relazione della causa svolta nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 13 settembre 2024 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME
– Rilevato che:
In data 30 novembre 2004 COGNOME NOME e COGNOME Angela presentavano all’Agenzia delle Entrate -Ufficio di Lentini istanza di rimborso di € 7.980,35, oltre interessi, pari al 90% di quanto versato, negli anni di imposta 1990, 1991 e 1992, a titolo di IRPEF e di ILOR, in relazione agli eventi sismici avvenuti nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa il 13 ed il 16 dicembre 1990.
Proposto dai contribuenti ricorso avverso il silenzio -rifiuto dell’Amministrazione, la Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa, con sentenza n. 1738/03/2015, depositata il 19 maggio 2015, lo rigettava, non ritenendo raggiunta la prova dell’avvenuto versamento delle somme chieste a rimborso.
Interposto gravame dai contribuenti, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia – sez. staccata di Siracusa, con sentenza n. 5023/04/2020, pronunciata il 14 settembre 2020 e depositata in segreteria il 28 settembre 2020, accoglieva l’appello ed ordinava il rimborso richiesto, con compensazione delle spese di giudizio.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, sulla base di tre motivi (ricorso notificato il 21 settembre 2021).
Resistono con controricorso COGNOME NOME e COGNOME NOME.
La discussione del ricorso è stata fissata dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 7 luglio 2023, ai sensi degli artt. 375, comma 2, e 380bis .1 c.p.c.
Con ordinanza interlocutoria n. 31578 del 13 novembre 2023 questa Corte ha disposto l’acquisizione dei fascicoli dei gradi di merito.
Con decreto del 22 maggio 2024 è stata quindi fissata nuovamente la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 13 settembre 2024, ai sensi degli artt. 375, comma 2, e 380bis.1 c.p.c.
– Considerato che:
Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate eccepisce l’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti , in relazione all’art. 360, comma 1, num. 5), c.p.c., nonché violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. , in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4), dello stesso codice.
Deduce, in particolare, l’Ufficio che il giudice di seconde cure avrebbe riconosciuto il diritto al rimborso ad entrambi i ricorrenti, nonostante avesse presentato, in sede di controdeduzioni di appello, i seguenti elementi ostativi: i ) COGNOME NOME non avrebbe presentato alcuna istanza di rimborso per le imposte versate rispetto ai propri redditi, non sussistendo così neppure un atto di diniego dell’Amministrazione da impugnare; ii ) l’istanza di rimborso di RAGIONE_SOCIALE sarebbe generica e non documentata; iii )
la contribuente non avrebbe provato il versamento delle imposte chieste a rimborso, esibendo in giudizio solo le imposte dichiarate e non anche quelle versate; iv ) entrambi i ricorrenti sarebbero titolari di reddito di impresa e non avrebbero dimostrato né di aver subito danni legati al c.d. Sisma Sicilia, né di non aver superato il limite degli aiuti de minimis in ciascun triennio mobile.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso l’Ufficio eccepisce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 18, 19, 21, 22 e 27 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 , in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4, c.p.c., nonché violazione e/o falsa applicazione dell’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., in relazione, rispettivamente, all’art. 360, primo comma, num. 1) e num. 4), dello stesso codice; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 del d.lgs. 546/1992 e dell’art. 113 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), dello stesso codice.
Ritiene, in primo luogo, che la C.T.R. avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità del ricorso introduttivo a causa dell’assoluta genericità della domanda di rimborso presentata da COGNOME Angela, rispetto alla quale sarebbe stata allegata in giudizio solo la ricevuta di presentazione dell’istanza , da cui non risulterebbe neanche l’annualità cui si riferirebbe il rimborso. L’invalidità della domanda , inoltre, avrebbe impedito la formazione del silenzio -rifiuto, con la conseguente inesistenza dell ‘ atto impugnabile stesso.
In secondo luogo, il giudice a quo avrebbe ritenuto dimostrati in giudizio fatti (i.e. il versamento delle imposte chieste a rimborso) di cui non sarebbe stata data prova né in
sede amministrativa né contenziosa, operando un’illegittima inversione dell’onere della prova sull’erroneo assunto che ‘la prova dei versamenti effettuati si trovava materialmente nell’altrui disponibilità’, cioè nella disponibilità dell’Amministrazione.
In terzo luogo, la C.T.R. avrebbe erroneamente pronunciato un giudizio ‘secondo equità’ , non rientrando tale tipo di decisione tra i poteri del giudice tributario, secondo quanto previsto dall’art. 7 del d.lgs. n. 546/1992 e in virtù della natura dispositiva del processo tributario.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dell’art. 1, comma 665, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (così come modificato dall’art. 1 della L. n. 123/2017, di conversione del d.l. n. 91/2017), nonché delle norme e dei principi generali fissati dal Regolamento UE della Commissione n. 1407/2013 del 18 dicembre 2013 (c.d. regolamento de minimis ).
Deduce, in particolare, che il giudice di seconde cure avrebbe errato nel ritenere sussistenti i presupposti ex art. 9, comma 17, della l. n. 289/2002, essendo COGNOME NOME e COGNOME NOME titolari di redditi di impresa e non avendo gli stessi dimostrato né il mancato superamento, in ciascun triennio mobile, del limite fissato per gli aiuti c.d. de minimis , né l’entità dei danni subiti e il nesso di causalità tra gli stessi e il sisma del 1990.
Procedendo quindi allo scrutinio dei motivi di ricorso, osserva la Corte quanto segue.
2.1. Il primo motivo di ricorso è fondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «l ‘articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in l. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia)» (cfr. Cass. 18 luglio 2022, n. 22524).
Nel caso di specie, l’Amministrazione finanziaria ha introdotto in giudizio fatti che, interessando l’integrazione o meno dei requisiti previsti per il riconoscimento del diritto al rimborso in questione, sono di per sé decisivi.
In particolare, la corte regionale non ha esaminato la circostanze relative alla mancata presentazione, da parte di COGNOME Francesco, di una istanza di rimborso, ed alla produzione, da parte di COGNOME Angela, soltanto della ricevuta di presentazione della domanda di rimborso (senza depositare l’istanza, e senza alcun riferimento alle annualità di riferimento); inoltre, non sono state esaminate le questioni attinenti alla natura dei redditi (da lavoro dipendente o d’impresa), e se quindi erano o non er ano superati i limiti del c.d. de minimis .
Per tale ragione, il mancato esame dei fatti in questione integra la violazione dell’art. 360, primo comma, num. 5), cod. proc. civ., dato che il loro esame avrebbe potuto portare a una decisione diversa.
2.2. Anche il secondo motivo di ricorso è fondato.
L’art. 1, comma 2, del d.l.gs. 546/1992, prevede che «I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile».
In materia di onere della prova, in particolare, una lettura estensiva della disposizione appena citata, che non si limiti a un richiamo meramente formale delle norme contenute nel codice di procedura civile, ma che ricomprenda anche quelle riguardanti il processo civile, porta all’applicazione nel processo tributario anche dell’art. 2697 c.c.
Quest’ultimo, in particolare, al primo comma prevede che: «Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda ».
Per ragioni di completezza, è necessario precisare che, in occasione della riforma del processo tributario, l ‘art . 6 della l. 31 agosto 2022, n. 130 ha introdotto, all’interno dell’art . 7 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, il comma 5bis , che, in materia di onere della prova, testualmente prevede: «l ‘amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della
richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati».
Ciò posto, nel caso in cui il contribuente voglia far valere il proprio diritto al rimborso, è necessario che lo stesso ne provi il ricorrere di tutti gli elementi costitutivi. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, «in tema di contenzioso tributario, ove la controversia abbia ad oggetto l’impugnazione del rigetto dell’istanza di rimborso di un tributo, il contribuente è attore in senso non solo formale ma anche sostanziale, con la duplice conseguenza che grava su di lui l’onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato» (cfr. Cass. 18 maggio 2018, n. 12291).
Nel caso di specie, invece, il giudice di seconde cure ha ritenuto che «affidare la risoluzione delle controversie al principio generale di cui all’art. 2697 c.c. non sempre rappresenta la soluzione idonea a garantire il risultato più ‘giusto’ , per rispondere al meglio agli interessi sostanziali delle parti. (…) Nella fattispecie in causa, non è ipotizzabile escludere, a priori, che la parte privata, non essendo riuscita a dimostrare i versamenti delle imposte effettuate, relative agli anni 1990/1991 e 1992, non sia legittimata a richiedere il rimborso di quella parte dei tributi indebitamente versati per gli anni in contestazione, atteso che la prova dei versamenti effettuati si trovava materialmente nell’altrui disponibilità».
Così ritenendo, tuttavia, il giudice a quo ha operato un’illegittima inversione dell’onere della prova in capo all’Amministrazion e e ha accolto l’appello proposto anche
senza il raggiungimento della prova sulla spettanza del diritto al rimborso.
Va rilevato, a tal proposito, che COGNOME NOME non ha presentato alcuna istanza di rimborso; anche con riferimento a COGNOME NOME non risulta provata la presentazione di una specifica istanza di rimborso, essendo stata allegata soltanto la ricevuta di presentazione di tale istanza, da cui non risultano neanche le annualità di riferimento.
2.3. Il terzo motivo deve ritenersi assorbito.
Tanto considerato, la sentenza impugnata va quindi cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatti, stante l’insussistenza dei presupposti per il rimborso, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso originario dei contribuenti.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza dei contribuenti, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Spese compensate per i gradi di merito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario proposto da COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Condanna COGNOME NOME e COGNOME Angela alla rifusione, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 2.400,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Spese compensate per i gradi di merito.
Così deciso in Roma, il 13 settembre 2024.