LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Onere della prova nel rimborso IVA: la Cassazione decide

Una società finanziaria, cessionaria di un credito IVA da una procedura fallimentare, si è vista negare il rimborso dall’Amministrazione Finanziaria. Dopo un lungo iter giudiziario, la Corte di Cassazione ha annullato la decisione di merito che aveva dato ragione alla società. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’onere della prova sull’esistenza e l’ammontare del credito grava sempre sul contribuente. Il giudice di rinvio aveva ignorato questo mandato, omettendo di verificare le prove documentali. La sentenza è stata cassata con un nuovo rinvio al giudice di secondo grado per un esame fattuale della richiesta.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova nel Rimborso IVA: La Cassazione Ribadisce i Principi Fondamentali

Il tema del rimborso dei crediti IVA rappresenta un’area di frequente contenzioso tra contribuenti e Amministrazione Finanziaria. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto l’occasione per ribadire un caposaldo del diritto tributario: l’onere della prova grava sempre su chi richiede il rimborso. L’introduzione di questo concetto è cruciale per comprendere come, anche di fronte a un silenzio o a un diniego dell’ufficio, sia il contribuente a dover dimostrare in modo inequivocabile la fondatezza della propria pretesa.

Il Caso: Una Lunga Battaglia per un Credito IVA

La vicenda trae origine dalla richiesta di rimborso di un cospicuo credito IVA avanzata dal curatore fallimentare di una società. Successivamente, tale credito veniva ceduto a una società finanziaria specializzata. L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, negava il rimborso, adducendo la mancanza di documentazione giustificativa e la mancata presentazione di alcune dichiarazioni IVA annuali.

Iniziava così un complesso iter giudiziario. In primo grado, i giudici davano ragione alla società finanziaria. Anche in appello, la Commissione Tributaria Regionale confermava la decisione, ma la Corte di Cassazione, adita dall’Agenzia, annullava la sentenza con rinvio. In quella prima occasione, la Suprema Corte aveva già chiarito che spetta al contribuente dimostrare i fatti costitutivi del credito e che l’Ufficio può difendersi “a tutto campo”, contestando l’esistenza stessa del credito anche con argomentazioni nuove in appello.

La Decisione del Giudice di Rinvio e il Nuovo Ricorso

Il giudice del rinvio, tuttavia, disattendeva il mandato ricevuto dalla Cassazione. Invece di procedere a una verifica fattuale sulla sussistenza della prova del credito, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado rigettava nuovamente l’appello dell’Agenzia, basando la propria decisione su un diverso principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite, ritenuto erroneamente pertinente al caso. In pratica, il giudice ometteva completamente di valutare se la società avesse adempiuto al proprio onere della prova.

Di fronte a questa palese violazione del mandato, l’Amministrazione Finanziaria proponeva un nuovo ricorso per cassazione, lamentando proprio la mancata osservanza dell’ordinanza di rinvio e la violazione delle norme sull’onere della prova (art. 2697 c.c.).

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando per la seconda volta la sentenza e rinviando nuovamente la causa al giudice di merito. Le motivazioni sono nette e proceduralmente rigorose. La Suprema Corte ha censurato il giudice di rinvio per aver completamente ignorato il compito che gli era stato affidato: accertare “in fatto” se il contribuente avesse fornito la prova rigorosa dell’esistenza e dell’ammontare del credito IVA.

Il giudice di merito non può sostituire l’accertamento fattuale, richiesto dalla Cassazione, con l’applicazione di principi di diritto non pertinenti al mandato ricevuto. Il cuore della questione, come sottolineato dai giudici di legittimità, risiede nell’articolo 2697 del codice civile, che pone l’onere della prova a carico di chi vuol far valere un diritto in giudizio. Nel contesto tributario, questo significa che non è sufficiente esporre un credito nella dichiarazione fiscale per vederlo riconosciuto. La dichiarazione è una mera esposizione della pretesa; il diritto al rimborso nasce dal “meccanismo fisiologico di applicazione del tributo”, che deve essere documentato con prove contabili e fattuali concrete (fatture, registri, ecc.). L’onere di fornire tali prove è rimasto, nel caso di specie, “totalmente inadempiuto”.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Contribuenti

Questa ordinanza rafforza un messaggio cruciale per tutti i contribuenti, persone fisiche e società: la gestione dei crediti fiscali richiede precisione e una solida base documentale. Chiunque avanzi una richiesta di rimborso deve essere pronto a dimostrare, senza ombra di dubbio, la legittimità della propria pretesa. Non è possibile invertire l’onere della prova, sperando che sia l’Amministrazione Finanziaria a dover dimostrare l’inesistenza del credito. La sentenza insegna che la diligenza nella conservazione e produzione dei documenti giustificativi non è un’opzione, ma un requisito imprescindibile per tutelare i propri diritti di fronte al Fisco e, successivamente, in sede contenziosa.

Su chi ricade l’onere della prova in una richiesta di rimborso IVA?
L’onere di provare i fatti costitutivi dell’esistenza e dell’ammontare del credito d’imposta richiesto a rimborso ricade interamente sul contribuente. Non è sufficiente la semplice esposizione del credito nella dichiarazione fiscale.

L’Amministrazione Finanziaria può sollevare nuove contestazioni in appello riguardo a una richiesta di rimborso?
Sì. Secondo la giurisprudenza citata, nel processo tributario l’Amministrazione Finanziaria può difendersi “a tutto campo” anche in grado di appello, sollevando rilievi e argomentazioni finalizzate a contestare la fondatezza della pretesa del contribuente, senza essere vincolata a una specifica motivazione di rigetto iniziale.

Cosa succede se il giudice di rinvio non segue le indicazioni della Corte di Cassazione?
Se il giudice di rinvio non si attiene al principio di diritto e al mandato stabiliti dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza di rinvio, la sua sentenza è viziata e può essere nuovamente impugnata e cassata per violazione dell’art. 384 del codice di procedura civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati