Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8124 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8124 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27637/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliata ‘ex lege’ in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del LAZIO-ROMA n. 3057/2022 depositata il 01/07/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Il curatore del fallimento di RAGIONE_SOCIALE verificava l’esistenza di un credito IVA per l’importo di € 42.784,00 e ne richiedeva il rimborso.
Con atto in data 28 gennaio 2008, notificato all’Agenzia delle entrate e ad RAGIONE_SOCIALE cedeva il credito a RAGIONE_SOCIALE
Con provvedimento n. 126830 del 3 novembre 2014 notificato al curatore in data 19 novembre 2014, l’Agenzia ‘ha rilevato la mancanza di documentazione giustificativa del presupposto atta a valutare la corretta formazione del credito e che non sono state presentate le dichiarazioni iva per gli anni 2007 e 2008’: pertanto denegava il rimborso.
La CTP di Roma, adita da RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 804 del 2017, accoglieva il ricorso.
L’Ufficio proponeva appello, rigettato dalla CTR del Lazio, con sentenza n. 4214 del 2018, ritenendo che il medesimo avesse eccepito solo in appello, con nuove argomentazioni, l’inesistenza e la mancanza di prova del credito.
La S.C. di cassazione, adita dall’Ufficio, con ordinanza n. 18830 del 2020, in accoglimento del ricorso, cassava con rinvio la sentenza d’appello, osservando:
secondo la giurisprudenza di legittimità , nel processo tributario, il contribuente, quando impugna il silenzio rifiuto formatosi su di un’istanza di rimborso, deve dimostrare che in punto di fatto non sussista alcuna delle ipotesi che legittimano il rifiuto, mentre l’amministrazione finanziaria può, da parte sua, difendersi a tutto campo, senza doversi ritenere vincolata ad una specifica motivazione di rigetto, sì che le eventuali incongruenze del ricorso introduttivo possono
legittimamente essere eccepite dall’ufficio anche in grado di appello, a prescindere dalla preclusione posta dall’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, trattandosi comunque di rilievi pur sempre attinenti all’originario tema del decidere e cioè la sussistenza o meno di presupposti idonei a legittimare il rifiuto del chiesto rimborso; invero, il divieto di proporre nuove eccezioni in appello, di cui all’art. 57 comma 2 del d.lgs. n. 546 del 1992, ha ad oggetto le eccezioni in senso tecnico e cioè quegli strumenti processuali con i quali il contribuente, quale convenuto in senso sostanziale, fa valere un fatto giuridico avente efficacia modificativa od estintiva della pretesa fiscale, ma non limita la possibilità dell’ufficio di difendersi dalle contestazioni già dedotte in giudizio; invero le difese, le argomentazioni e le prospettazioni finalizzate a contestare la fondatezza di un’eccezione, non possono qualificarsi, a loro volta, come eccezioni in senso tecnico.
La CGT II del Lazio, quale giudice di rinvio, con la sentenza in epigrafe, respingeva l’appello dell’Agenzia, così motivando:
Ritiene la Commissione di dover considerare che sulla materia del diritto al rimborso del credito IVA esposto in dichiarazione si è verificato un contrasto interpretativo.
Da un lato infatti si è sostenuto che fosse dirimente il rilievo del decorso del tempo rispetto al momento in cui un determinato credito IVA fosse stato esposto dal contribuente nella sua dichiarazione; con la conseguenza che, in assenza di accertamenti posti in essere dall’Ufficio, dovesse ritenersi consolidato il diritto al rimborso dell’esposto credito IVA.
Da altro lato si è ritenuto che fosse comunque onere del contribuente dimostrare la sussistenza dei presupposti del diritto al rimborso mediante la produzione di idonei documenti giustificativi.
Non può allora omettersi di considerare che la Corte di Cassazione è di recente nuovamente intervenuta sull’argomento, affermando il seguente principio di diritto: ‘In tema di rimborso dell’eccedenza detraibile di IVA l’amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente in dichiarazione, che non derivi dalla sottostima dell’imposta dovuta, anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del potere di accertamento o di rettifica dell’imponibile e dell’imposta dovuta, senza che abbia adottato alcun provvedimento’ (così Cass. SS. UU. 21765/2021, anche in richiamo a Cass. SS. UU. 5069/2016).
Ritiene questa Commissione che la Corte, attraverso il richiamato principio di diritto, abbia inteso insegnare che l’Agenzia delle Entrate sia tenuta a verificare nel rispetto dei termini di legge se l’importo esposto in
dichiarazione davvero corrisponda all’acquisto di beni o di servizi inerenti all’attività di impresa, sì da risultare concretamente detraibili.
Ne consegue che nel caso di specie l’appello dell’Agenzia delle Entrate non può trovare accoglimento.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia con un motivo, cui resiste RAGIONE_SOCIALE con controricorso, spiegando altresì ricorso incidentale condizionato con un motivo. In data 27 febbraio 2025, RAGIONE_SOCIALE deposita altresì memoria, in via di ulteriore ampia illustrazione delle proprie ragioni.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 384 (cod. proc. civ. e 2687 del cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ.
1.1. ‘Il rinvio al giudice di appello era stato effettuato proprio per l’accertamento ‘di fatto’ in relazione alla sussistenza effettiva del credito IVA chiesto a rimborso e contestato dall’Ufficio’. La CGT II ‘ha omesso del tutto di vagliare la sussistenza del detto credito IVA, esprimendo un principio di diritto contrario – ed errato rispetto a quello espresso da codesta Suprema con l’ordinanza di rinvio’.
1.2. Preliminarmente deve rilevarsi che, a differenza di quanto opinato in controricorso, il motivo è ammissibile.
L’erroneo richiamo all’art. 2687, anziché 2697, cod. civ., è il frutto di un mero errore materiale, che non inficia minimamente la comprensione del motivo, alla luce del successivo sviluppo argomentativo, volto a rappresentare come la CGT II non abbia verificato avere la contribuente fornito la prova del credito, perciò violando giust’appunto l’art. 2697 cod. civ.
Inoltre, la contemporanea sussunzione delle censure sotto i numeri 3 e 4 del comma 1 dell’art. 360 cod. proc. civ. non inficia l’intelligibilità, separatamente, delle medesime, assumendo l’Agenzia ricorrente che la CGT II, oltre ad aver violato, come testé
detto, il principio dell”onus probandi’, ha altresì disatteso il mandato affidatole dall’ordinanza di rinvio, con conseguente violazione, altresì, ma distintamente, dell’art. 384 cod. proc. civ.
1.2. Detto ciò, il motivo è fondato.
Alla base della decisione, la CGT II ha richiamato il principio di diritto di cui a Sez. U, n. 21765 del 2021, senza alcuna attinenza, giust’appunto, al mandato affidatole dall’ordinanza di rinvio.
Avendo la S.C., nell’ordinanza rescindente, ritenuto che correttamente l’Agenzia avesse dedotto l’eccezione di inesistenza e comunque di mancanza di prova del credito richiesto a rimborso, specifico compito della CGT II era quello di verificare se la contribuente – su cui, per regola generale, incombe l’onere di precisamente documentare esistenza ed ammontare del credito (cfr., tra le altre, Cass. n. 27580 del 2018: ‘Incombe sul contribuente, il quale invochi il riconoscimento di un credito d’imposta, l’onere di provare i fatti costitutivi dell’esistenza del credito e, a tal fine, non è sufficiente l’esposizione della pretesa nella dichiarazione, poiché il credito fiscale non nasce da questa, ma dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo’) – lo avesse fatto oppure no: onere, tuttavia, rimasto totalmente inadempiuto.
L’accoglimento del ricorso principale dà ingresso alla disamina del ricorso incidentale condizionato.
Con l’unico motivo di questo si denuncia ‘error in procedendo. Violazione dell’art. 112 c.p.c. nonché dell’art. 115 c.p.c. omessa corrispondenza tra chiesto pronunciato e nullità della sentenza. Violazione dell’art. 360 c. 1 nr. 4 c.p.c.’.
3.1. ‘Nel caso non creduto in cui codesta Ecc.ma Corte dovesse ritenere ammissibile il ricorso proposto dall’Agenzia dovrà ciò non di meno, cassando la sentenza gravata, rinviare una seconda volta al Giudice di Merito affinché questi pronunci sulle pretese di rimborso reiterate da RAGIONE_SOCIALE in sede di rinvio sulle quali la
CTR capitolina non ha deciso, ritenendo di efficacia assorbente applicare i principi espressi dalla S.C. a Sezioni Unite successivamente al deposito dell’ordinanza 18830/2020′. ‘La ricorrente incidentale ha diffusamente argomentato le ragioni tutte che consentivano al Giudice di Merito di ritenere accoglibili le proposte domande, rilevando che già la CTP con sentenza 804/22/2017 aveva ritenuto certo, liquido ed esigibile il credito chiesto a rimborso ed altresì che la Commissione Regionale con sentenza 4214/17/2018 aveva ritenuto che tutta la documentazione probatoria risultava già versata in atti’. ‘Ciò non di meno con la decisione in questa sede gravata la Commissione Tributaria Regionale ha omesso di pronunciare sulla formulata domanda ‘.
3.2. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del motivo del ricorso principale esaminato in precedenza: infatti, poiché, in accoglimento di questo, il secondo giudice di rinvio dovrà, ottemperando all’ordinanza rescindente, rieditare ‘funditus’ la disamina dei temi riguardanti esistenza e prova del credito, sarà ovviamente in quella sede il medesimo tenuto a vagliare, per vero con priorità logica, allegazioni e prove introdotte dalla contribuente (siccome, come detto, onerata di dimostrare esistenza ed ammontare del credito), onde, poi, sottoporle a vaglio critico alla luce di eventuali controdeduzioni dell’Agenzia.
In definitiva, in accoglimento del ricorso principale, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per (ulteriore) nuovo esame e per le spese, comprese quelle del presente grado di legittimità.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso principale, assorbito l’incidentale, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 13 marzo 2025.