Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16603 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16603 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/06/2025
Oggetto: provocatio ad opponendum -processo tributario – onere prova
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9165/2019 R.G. proposto da COGNOME rappresentato e difeso in proprio quale Avvocato cassazionista (indirizzo PEC: EMAIL, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, n. 7337/9/2018, depositata il 17.8.2018 e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 13 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, n. 7337/9/2018 veniva accolto l’appello proposto dall ‘Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Avellino n. 1029/5/2017 per IRPEF, Addizionali, IRAP, IVA, sanzioni ed interessi afferenti al periodo d’i mposta 2011.
Si legge nel ricorso, ove è riprodotta parte dell’avviso, che questo veniva emesso nel quadro di un accertamento analitico-induttivo ex artt.39, comma 1, lett. d), d.P.R. n.600 del 1973 e 54 del d.P.R. n.633 del 1972 che portava all’emersione di maggior reddito evaso per il periodo di imposta.
Il giudice di prime cure accoglieva il ricorso, ritenendo nullo l’avviso per assenza di allegazione della delega di firma del sottoscrittore ai sensi de ll’art.42 d.P.R. n.600 del 1973 e la successiva produzione non poteva avere effetto sanante. Il giudice affermava anche, nel merito , che vi era una «sostanziale infondatezza dell’attività accertativa». La decisione veniva integralmente riformata dal giudice d’appello che riteneva superabile la questione della delega di firma e della della motivazione dell’avviso ; nel merito, confermava le riprese ad imposizione.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente deducendo quattro motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Considerato che:
Il primo motivo di ricorso lamenta, in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art.42 del d.P.R. n.600/73, nonché l’omessa o insufficiente motivazione per avere il giudice di seconde cure ritenuto valido l’atto impugnato nonostante l’assenza di valida delega alla sottoscrizione da parte del capo dell’ufficio , basandosi sull’erroneo presupposto dell’esistenza di un ordine di servizio.
Il motivo è affetto da concorrenti profili di inammissibilità e di infondatezza.
2.1. Quanto alla prospettata violazione di legge, la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 ha natura di delega di firma – e non di funzioni – poiché realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante (Cass. Sez. 5, sentenza n. 11013 del 19/04/2019; conforme Cass. Sez. 6 – 5, ordinanza n. 28850 del 08/11/2019). Ne consegue che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa.
Il relativo provvedimento (cfr. Cass. n. 12916/2024) non richiede l’indicazione n é del nominativo del soggetto delegato, n é della durata della delega che, pertanto, pu ò avvenire mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, ex post , la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto.
Se poi il contribuente contesta la legittimazione del soggetto, diverso dal dirigente, alla sottoscrizione dell’atto, l’Amministrazione finan-
ziaria ha l’onere di dimostrare, in omaggio al principio di cd. vicinanza della prova, il corretto esercizio del potere producendo, anche nel corso del secondo grado di giudizio (Cass. Sez. 5, sentenza n. 19190 del 17/07/2019).
Ci ò̀ è quanto avvenuto nel caso di specie, come accertato dal giudice il quale ha stabilito, tra l’altro, che è stato prodotto in giudizio l’ordine di servizio, ed è capziosa e generica la difesa del ricorrente nella parte in cui afferma che il giudice si sarebbe limitato ad affermare l’esistenza dell’atto senza esaminare i requisiti di forma prescritti e il suo contenuto, ma senza precisare in cosa sarebbe carente l’atto prodotto in giudizio e senza riprodurla in ricorso al fine di dimostrare specificamente la decisività della propria prospettazione.
2.2. Il mezzo di impugnazione è poi inammissibile perché incompatibile con il quadro normativo vigente, nella parte in cui la censura fa riferimento all’omessa o insufficiente motivazione. L’art. 54, comma primo, lett. b), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla l. 7 agosto 2012, n. 134, ha riformato il testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., e si applica nei confronti di ogni sentenza pubblicata dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto e, dunque, dall’11 settembre 2012. La novella trova dunque applicazione nella fattispecie, in cui la sentenza impugnata è stata depositata il 17 agosto 2018 e, nel testo applicabile, il vizio motivazionale dev ‘ essere dedotto censurando l’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» e non più l’«omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione» circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio come precedentemente previsto dal ‘vecchio’ n.5, con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso il quale non ha tenuto conto del mutato quadro normativo processuale (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 19881 del 2014).
3. Per le medesime ragioni riportate al punto che precede è inammissibile anche il motivo terzo che, in riferimento all’art.360, primo comma, n.5 cod. proc. civ., il quale esplicitamente censura l’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza facendo riferimento ad un quadro normativo processuale superato ratione temporis nei termini sopra esposti.
Il secondo motivo prospetta, in relazione all’art.360, primo comma, nn.3, 4 e 5 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt.112, 116, 132 cod. proc. civ. e 36 d.l.gs n.546/1992, nonché l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza, «per aver la CR omesso ogni pronuncia sulle specifiche deduzioni difensive sollevate dal contribuente nei propri atti difensivi, limitandosi a poche apodittiche affermazioni» (p.16 ricorso).
Il motivo è inammissibile.
5.1. Quanto alla tecnica di formulazione, la censura è onnicomprensiva e compendia un coacervo di paradigmi processuali di doglianza che spaziano dalla violazione di legge, alla motivazione apparente alla censura motivazionale. Va ribadito al proposito (cfr. Cass. 28 novembre 2014 n. 25332)che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti.
5.2. Infatti, il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie
logiche previste dall’art. 360 cod. proc. civ., sicché è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito (tra le tante, Cass. 22 settembre 2014 n. 19959).
5.3. Il mezzo di impugnazione in disamina è inestricabilmente contraddittorio fin dalla sua formulazione, perché se vi è motivazione apparente non vi è omessa pronuncia e se la censura è declinata come vizio motivazionale, non può logicamente e utilmente contenere anche una deduzione di violazione di legge.
Il quarto e ultimo motivo deduce, sotto l’angolo della violazione di legge e del vizio motivazionale, la violazione e falsa applicazione degli artt.2697 e 2722 cod. civ. e 36 d.l.gs n.546/1992, per aver il giudice «inopinatamente e arbitrariamente (…) ritenuto non giustificate le circostanze fattuali contestate» (cfr. pp.31 e 32 ricorso), giungendo così a confermare le riprese ad imposizione.
7. Il motivo è fondato.
7.1. Il passaggio motivazionale della CTR rilevante è il seguente: «Nel merito va poi rilevato che il riscontro del maggior reddito dell’appellato non ha trovato da parte di quest’ultimo valida giustificazione. Incombe invero sul contribuente l’onere di provare l’erroneità di un tal rilievo dell’ufficio tributario e ciò nell’ottica di una precisa inversione probatoria che peraltro non contrasta con la regola generale di cui all’art.2697 cod. civ. che impone di provare i fatti costitutivi della pretesa creditoria. Essa inversione infatti si colloca nella precipua logica della prova di fatti estintivi o impeditivi incombente, sempre in base alla norma testé citata, sul debitore, e ciò anche e segnatamente nell’ottica della provocatio ad opponendum che connota il giudizio tributario. Di certo poi, per com’è intuitivo, l’inversione innervata sulla detta provocatio presuppone che l’atto in cui si sostanzia ed esterna il credito vantato dal soggetto attivo del rapporto sia fondato, come del resto prescrive l’art.7 della legge
n.212/00 su chiari e circostanziati presupposti fattuali e giuridici, presupposti peraltro da portare a conoscenza del contribuente proprio perché possa esercitare la facoltà impositiva che gli compete, per cui in difetto di tanto, la stessa provocatio risulterebbe improponibile. Ma ciò non è nel caso di specie in cui la pretesa tributaria si è giovata di sufficiente dotazione esplicativa e cioè di una bastevole motivazione, il che, per dirla più chiaramente, sta a significare che l’atto impositivo è legittimo sotto tale profilo».
7.2. Il giudice così argomentando non tiene conto che la motivazione dell’avviso di accertamento o di rettifica, presidiata dall’art. 7 della legge 27 luglio 2002, n. 212, ha la funzione di delimitare l’ambito delle contestazioni proponibili dall’Ufficio nel successivo giudizio di merito e di mettere il contribuente in grado di conoscere l’ an ed il quantum della pretesa tributaria al fine di approntare una idonea difesa, sicché il corrispondente obbligo deve ritenersi assolto con l’enunciazione dei presupposti adottati e delle relative risultanze, mentre le questioni attinenti all’idoneità del criterio applicato in concreto attengono al diverso piano della prova della pretesa tributaria (Cass., n.9810 del 07/05/2014, reiterata, da ultimo, anche da Cass. n.25321 del 20/09/2024).
La sentenza apoditticamente afferma che incombe sul contribuente l’onere di provare l’erroneità dei rilievi operati dall’Amministrazione finanziaria in violazione delle norme riportate nella rubrica del motivo. Al contrario, quanto all’onere della prova, nella fase processuale successiva alla presentazione del ricorso, eccezion fatta per quanto dispongono specifiche discipline normative come quella in materia di rimborso IVA dove il contribuente è attore sostanziale e non applicabili alla presente fattispecie, è l’Amministrazione finanziaria ad essere onerata di fornire la prova dei fatti costitutivi della pretesa impositiva nei confronti della parte privata, innanzitutto riversando gli elementi di prova richiamati nell’atto impositivo e, eventualmente, deducendone di nuovi nei limiti del principio di consequenzialità in
rapporto agli avversi motivi di ricorso. Di tale riparto dell’onere della prova terrà conto il giudice del rinvio.
9. La sentenza impugnata è perciò cassata e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, rigettati i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 13.3.2025