Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26291 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26291 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32370/2020 R.G. proposto da : COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende (EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che la rappresenta e difende -controricorrente- nonché contro RAGIONE_SOCIALE
-intimata-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA, sez. dist. CATANIA n. 1945/2020 depositata il 21/04/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/07/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. dist. Catania ( hinc: CTR), con la sentenza n. 1945/2020 depositata in data 21/04/2020, ha respinto l’appello proposto dal sig. NOME COGNOME hinc: il contribuente) contro la sentenza n. 484/2013 con cui la Commissione tributaria provinciale di Ragusa aveva, a sua volta, respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento avente ad oggetto il recupero dell’IVA in relazione a due fatture.
La CTR ha ritenuto infondate le censure relative alla nullità della notificazione dell’avviso di accertamento, all’omessa comunicazione della possibilità di avvalersi di un professionista abilitato, alla nullità dell’avviso di accertamento per mancanza di PVC, alla nullità dell’avviso di accertamento per carenza di motivazione. Sotto quest’ultimo profilo, in particolare, la CTR ha rilevato come il giudice di prime cure, una volta verificato che le fatture riguardavano operazioni inesistenti e che spettava al contribuente fornire la prova contraria, avesse correttamente rigettato il ricorso, evidenziando la legittimità della rettifica operata dall’amministrazione finanziaria. Difatti, il contribuente non aveva dato prova contraria in relazione alle evidenti inesistenze delle operazioni contestate e del mancato pagamento dell’IVA portata illegittimamente a credito.
Contro la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso in cassazione con un motivo.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso è stata denunciata « la violazione e/o falsa applicazione norme di diritto ed in particolare dell’art . 112 cod. proc. civ., dell’art. 17, comma 1, 18, comma 19, comma 1 DPR 633/72, e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 comma 3 c.p.c.»
1.1. Il ricorrente espone che nel caso di specie l’avviso di accertamento scaturisce dalla contestazione di due fatture registrate dal contribuente e, in particolare, la fattura n. 7 del 01/10/2008 (emessa dalla ditta RAGIONE_SOCIALE per l’importo di Euro 118.000, IVA inclusa) e la fattura n. 168 del 09/10/2008 emessa dalla ditta RAGIONE_SOCIALE (per l’importo di Euro 26.400, IVA inclusa). Per entrambe le operazioni la detraibilità dell’IVA era riconosciuta solo ed esclusivamente per la parte per cui risultava documentato il pagamento, sottoponendo a recupero, in quanto indetraibile, la parte residua. Tale motivazione contrasta con l’art. 19 d.P.R. n. 633 del 1972 nella parte in cui prevede che il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile, non rilevando, invece, il momento in cui interviene il pagamento delle operazioni.
1.2. Diversamente, la decisione della CTR non solo travisa il thema probandum -dato che l’atto impositivo non contesta al contribuente di aver realizzato operazioni soggettivamente inesistenti -ma riversa indebitamente l’onere della prova sul contribuente stesso.
La sentenza impugnata è viziata sotto un duplice profilo: non ha riconosciuto che il diritto alla detrazione sorge, ai sensi dell’art. 19, comma 1, d.P.R. n. 633 del 1972, nel momento in cui l’operazione viene effettuata e ha inteso i fatti di causa in termini di contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti.
Passando all’esame del motivo di ricorso, occorre rilevare, in via preliminare, che l ‘amministrazione finanziaria come emerge dallo stesso avviso di accertamento trascritto dalla parte ricorrente -ha contestato la detrazione dell’IVA in relazione a due fatture , contestando la sovrafatturazione e, di conseguenza, il carattere parzialmente inesistente delle operazioni sottese alle fatture contestate. Dalla lettura dell’avviso di accertamento risulta, infatti,
che con il rilievo di pagamenti inferiori agli importi riportati nelle fatture l’Amministrazione ha contestato la prova dell’esistenza ( e, quindi, la parziale inesistenza) delle operazioni documentate da tali fatture, non già il momento dell’insorgenza del diritto alla detrazione.
Ciò premesso il motivo di ricorso è inammissibile, in quanto non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata che, nel confermare la pronuncia del giudice di prime cure, ha concluso evidenziando che: « Appare allora evidente come la sentenza impugnata abbia correttamente evidenziato che il contribuente non ha dato prova contraria in relazione alle evidenti inesistenze delle operazioni contestate e del mancato pagamento dell’IVA portata illegittimamente a credito.»
3.1. Il motivo non coglie la ratio decidendi neppure laddove si riferisce ad operazioni soggettivamente inesistenti: ciò è confermato non solo dalla conclusione appena riportata ma anche dall’affermazione secondo cui: « La CTP, in applicazione di questi princìpi, verificata la circostanza che le due fatture contestate furono emesse per operazioni inesistenti, e che era onere del contribuente dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni (Cass. n. 21953 del 2007; Cass. n. 4046 del 2007; Cass. n. 19109 del 2005), prova che non è stata fornita, ha correttamente rigettato il ricorso …» .
Invero, con la contestazione di una ipotesi di sovrafatturazione (e l’emissione di fattur e per un importo superiore al valore dei beni o servizi prestati) si deduce la parziale inesistenza oggettiva dell’operazione riportata nella fattura . Il giudice di seconde cure ha ritenuto che il contribuente non avesse fornito, come suo onere, la prova contraria del carattere parzialmente inesistente dell’operazione. Il punto dirimente non era, quindi, il momento in cui sorge il diritto alla detrazione, quanto quello relativo all ‘effettiva esistenza delle operazioni indicate nelle fatture per le quali
l’amministrazione finanziaria ha negato, in parte qua , la detraibilità dell’IVA.
La parte ricorrente non ha speso nel motivo di ricorso alcuna argomentazione idonea a scalfire la ratio decidendi della sentenza impugnata, con la conseguente inammissibilità del motivo di ricorso proposto.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è infondato e deve essere rigettato, con la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese legali del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2,400,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo un ificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 10/07/2025.
Il Presidente NOME COGNOME