LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Onere della prova IVA: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito a favore di un’azienda, ribadendo un principio chiave sull’onere della prova IVA. In caso di operazioni con ‘società cartiere’, non è sufficiente per l’Amministrazione Finanziaria dimostrare la frode, ma deve anche provare, con elementi concreti, che l’acquirente ne fosse a conoscenza o non potesse ignorarla. L’assoluzione penale di un dipendente dell’azienda ha indebolito in modo decisivo la tesi accusatoria dell’Agenzia, che non ha fornito altre prove valide.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova IVA: La Cassazione Fissa i Paletti in Caso di Frode

L’ordinanza della Corte di Cassazione analizzata oggi affronta un tema cruciale per ogni impresa: la detrazione dell’IVA in presenza di fatture emesse da una presunta ‘società cartiera’. La pronuncia è fondamentale perché chiarisce in modo netto l’onere della prova IVA che grava sull’Amministrazione Finanziaria, la quale non può limitarsi a contestare la natura fraudolenta del fornitore, ma deve andare oltre. Vediamo insieme come i giudici hanno sciolto questo complesso nodo giuridico.

I Fatti del Caso: Una Complessa Vicenda di IVA e Fatture Sospette

Una società operante nel settore delle carni si è vista notificare un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava la detrazione dell’IVA relativa a una serie di acquisti effettuati da un’altra società. Secondo il Fisco, quest’ultima era una ‘società cartiera’, interposta fittiziamente in operazioni commerciali per consentire una frode fiscale.

Il contenzioso ha attraversato diversi gradi di giudizio. Inizialmente, le commissioni tributarie avevano dato ragione all’Amministrazione Finanziaria. Tuttavia, la società contribuente ha portato il caso fino in Cassazione, la quale, con una prima ordinanza, aveva annullato la decisione dei giudici di merito. Il motivo? Avevano errato nell’applicare le regole sull’onere della prova IVA, appesantendo ingiustamente la posizione del contribuente e trascurando di valutare l’elemento soggettivo, ovvero se la società acquirente fosse o meno a conoscenza della frode.

Il giudizio è stato quindi rinviato alla Commissione Tributaria Regionale, che, riesaminando il caso alla luce dei principi della Cassazione, ha accolto l’appello della società, annullando l’avviso di accertamento. L’Agenzia delle Entrate, non soddisfatta, ha nuovamente proposto ricorso in Cassazione, dando origine alla pronuncia che analizziamo oggi.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Onere della Prova IVA

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la sentenza favorevole al contribuente. I giudici hanno stabilito che la Commissione Tributaria Regionale aveva applicato correttamente i principi di diritto, in particolare quelli relativi alla ripartizione dell’onere della prova IVA.

L’Amministrazione Finanziaria, infatti, non può limitarsi a provare che il fornitore sia un soggetto fittizio. Ha il dovere di dimostrare, anche tramite indizi, che l’acquirente era consapevole della frode o che avrebbe potuto esserlo usando l’ordinaria diligenza di un operatore economico accorto.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su punti chiari e rigorosi. Il perno della tesi dell’Agenzia delle Entrate erano le dichiarazioni rese in sede penale dall’ideatore della frode, il quale aveva affermato di aver restituito parte dell’IVA a un dipendente della società acquirente. Tuttavia, questo castello accusatorio è crollato quando, in un separato procedimento penale, il dipendente in questione è stato assolto con formula piena perché il fatto non sussiste.

La Commissione Tributaria Regionale, nel suo giudizio, ha correttamente rilevato che, venuto meno questo indizio fondamentale, l’Amministrazione Finanziaria non aveva fornito alcun altro elemento, neppure presuntivo, per dimostrare che la società acquirente ‘sapeva o avrebbe potuto sapere’ di essere parte di un’operazione fraudolenta. La Cassazione ha ritenuto questa valutazione incensurabile, sottolineando che il tentativo dell’Agenzia di rimettere in discussione l’analisi dei fatti svolta dal giudice di merito non è ammissibile in sede di legittimità.

La Corte ribadisce un principio consolidato: l’onere di provare la frode e la consapevolezza del cessionario spetta all’Amministrazione. Solo dopo che tale prova è stata fornita, la palla passa al contribuente, che dovrà dimostrare di aver agito con la massima diligenza per non essere coinvolto nella frode.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione per le imprese. Conferma che, sebbene sia necessario mantenere un alto livello di diligenza nelle relazioni commerciali per evitare di essere coinvolti in frodi carosello, il contribuente non parte da una posizione di ‘colpevolezza presunta’. Spetta all’Amministrazione Finanziaria costruire un quadro probatorio solido che non si limiti a dimostrare l’irregolarità del fornitore, ma che provi in modo convincente la partecipazione, anche solo a titolo di colpa, dell’acquirente. La decisione sottolinea inoltre come l’esito di un procedimento penale, pur distinto da quello tributario, possa avere un impatto determinante sulla valutazione delle prove anche in quest’ultimo.

In caso di operazioni con una ‘società cartiera’, su chi ricade l’onere di provare la consapevolezza della frode da parte dell’acquirente?
L’onere ricade sull’Amministrazione Finanziaria. Secondo la Corte, l’Agenzia deve provare non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che l’acquirente era consapevole della frode o avrebbe potuto saperlo usando l’ordinaria diligenza, fornendo a tal fine indizi idonei.

Un’assoluzione in sede penale può influenzare un accertamento fiscale per operazioni soggettivamente inesistenti?
Sì, può avere un’influenza decisiva. Nel caso specifico, l’assoluzione di un dipendente dell’azienda acquirente ha fatto venir meno il principale indizio su cui si basava l’accusa dell’Agenzia delle Entrate, portando i giudici a concludere che mancava la prova della consapevolezza della frode da parte della società.

È sufficiente per l’Amministrazione Finanziaria dimostrare l’esistenza di una frode IVA per negare la detrazione a un’azienda?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha chiarito che la sola prova della frode a monte non basta. È necessario che l’Amministrazione dimostri anche il coinvolgimento soggettivo dell’acquirente, cioè la sua mala fede o la sua ignoranza inescusabile riguardo alla natura fraudolenta dell’operazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati