Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32270 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32270 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3317/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. NAPOLI n. 5815/2022 depositata il 09/08/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
L’Agenzia delle entrate in data 6 novembre 2009 ha notificato alla RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento relativo all’anno 2004, con cui ha proceduto al recupero dell’IVA detratta in relazione ad acquisti di carni dalla RAGIONE_SOCIALE, sul presupposto che
tale ultima società fosse una cd. “cartiera” e che le fatture di acquisto fossero soggettivamente inesistenti.
La RAGIONE_SOCIALE ha impugnato detto avviso davanti alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Napoli, che ha respinto il ricorso. La Commissione tributaria regionale (CTR) di Napoli, davanti alla quale la società ha interposto appello, con sentenza depositata il 6 maggio 2013 ha rigettato l’appello e confermato la sentenza di primo grado.
La RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, affidato a cinque motivi, e la Corte, con ordinanza n. 13480/2020, ha accolto il quarto motivo di ricorso, cassando di conseguenza la sentenza e rinviando al giudice del merito.
La società ha riassunto il giudizio e la CTR, con la sentenza in epigrafe, ha accolto l’appello e ha annullato l’atto impugnato.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione di questa sentenza fondato su due motivi.
E’ rimasta intimata la contribuente.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 54 del d.P.R. n. 633/72 e 39 del d.P.R. n. 600/73.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Va premesso che con l’accoglimento del quarto motivo di ricorso questa Corte aveva cassato la precedente sentenza della CTR per non aver rispettato i canoni in tema di prova a carico dell’Amministrazione finanziaria, relativamente all’elemento soggettivo, cioè della mala fede o dell’ignoranza inescusabile del cessionario nel caso concreto, laddove aveva affermato che la buona fede non assume alcun rilievo e che il contribuente è tenuto a contrastare la pretesa impositiva dimostrando la correttezza delle detrazioni e l’effettività delle operazioni a cui le stesse si
riferiscono. Aveva aggiunto che in tal modo, cioè completamente svalutando la prova dell’elemento soggettivo e appesantendo il contenuto della prova a carico del contribuente, la CTR aveva « violato le regole sull’onere della prova per come sopra delineate dalla più recente giurisprudenza della S.C., anche alla luce delle pronunce della Corte di giustizia Ue» .
1.3. Il Giudice del rinvio, chiamato a riesaminare la questione, ha osservato che l’avviso di accertamento aveva motivato il coinvolgimento della ricorrente nella frode sulla base delle dichiarazioni rese in sede penale da NOME COGNOME, autore della frode attraverso una serie di società ‘cartiere’, il quale aveva riferito « di aver restituito al sig. COGNOME (dipendente della società ricorrente) metà dell’IVA versata dalla RAGIONE_SOCIALE » . Ha rilevato che con sentenza definitiva del Tribunale di Trento n. 883/2016 si era accertato che il COGNOME non aveva ricevuto dal COGNOME alcuna somma ed il predetto era stato assolto perché il fatto non costituisce reato, concludendo che, « i n assenza di altri elementi da cui poter presumere, anche per via indiziaria semplice, che la RAGIONE_SOCIALE sapeva o avrebbe potuto sapere che l’operazione si inseriva in un’evasione di imposta », dovesse essere riconosciuto alla società il diritto alla detrazione IVA.
1.4. La censura non offre elementi che inficino questa decisione e risulta inammissibile in quanto, dietro il paradigma della violazione di legge, si tenta in realtà di rimettere in discussione l’accertamento in fatto svolto dal giudice di merito, incensurabile come tale nel giudizio di legittimità (Cass., Sez. Un., n. 34476 del 2019), c on affermazioni che non colgono la ratio decidendi e risultano pure infondate in diritto.
1.5. Si afferma che le dichiarazioni rese in sede penale da NOME COGNOME non costituivano l’unico indizio su cui si era fondata la contestazione delle operazioni soggettivamente inesistenti, ma la CTR si era limitata ad osservare che tali dichiarazioni erano l’unico
indizio che comprovava la partecipazione della RAGIONE_SOCIALE nella frode e, caduto quello, era rimasto sfornito di riscontro l’assunto della conoscibilità della frode da parte della cessionaria.
1.6. Del tutto erroneamente, poi, si sostiene che, una volta provata, anche indiziariamente, la frode, era onere del cessionario, che reclama il diritto alla detrazione, dimostrare che non sapeva o non poteva sapere di partecipare ad una operazione fraudolenta. Il principio di diritto sul punto afferma invece che « l’amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che il destinatario era consapevole, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente; incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi » (Cass. n. 24471 del 2022; Cass. n. 15369 del 2020; Cass. n. 27555 del 2018; Cass. n. 27566 del2 018; Cass. n. 9851 del 2018).
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 654 c.p.p. e dell’art. 19 dpr 26.10.1972, n. 633. art. art. 360 n. 3 c.p.c. -per aver la CTR basato la propria decisione sull’unico, debole, elemento dell’assoluzione del COGNOME nel procedimento penale trascurando i numerosi elementi oggettivi che l’Amministrazione aveva offerto al fine di dimostrare che le dette cessioni integravano operazioni, oggettivamente inesistenti, nelle quali, appunto, il fornitore NOME
spa svolgeva il ruolo di «cartiera», ossia di ente fittiziamente interposto tra l’effettiva cedente estera e l’effettiva cessionaria.
2.1. Il motivo è inammissibile per plurime ragioni.
2.2. E’ generico e fuori fuoco rispetto alla ratio della decisione, che non ha negato che le operazioni contestate costituissero operazioni soggettivamente inesistenti ma ha affermato che, rimaste prive di riscontro le dichiarazioni accusatorie del COGNOME a seguito degli accertamenti del giudice penale, non vi erano elementi indiziari che dimostrassero la conoscibilità della frode da parte della società.
2.3. Inoltre, ancora una volta, si cerca di rimettere in discussione l’accertamento in fatto svolto dalla CTR. Invero, in tema di scrutinio di legittimità del ragionamento sulle prove adottato del giudice di merito, la valutazione del materiale probatorio -in quanto destinata a risolversi nella scelta di uno (o più) tra i possibili contenuti informativi che il singolo mezzo di prova è, per sua natura, in grado di offrire all’osservazione e alla valutazione del giudicante – costituisce espressione della discrezionalità valutativa del giudice di merito ed è estranea ai compiti istituzionali della S.C. (con la conseguenza che, a seguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non è denunciabile col ricorso per cassazione come vizio della decisione di merito), restando totalmente interdetta alle parti la possibilità di discutere, in sede di legittimità, del modo attraverso il quale, nei gradi di merito, sono state compiute le predette valutazioni discrezionali (Cass. n. 37382 del 2022).
3.3. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato e non vi è da provvedere sulle spese atteso che la contribuente è rimasta intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 02/07/2024.
Il Presidente
NOME COGNOME