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Onere della prova IVA: diligenza del contribuente

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14102/2024, ha chiarito i limiti dell’onere della prova in capo al contribuente in caso di operazioni soggettivamente inesistenti. Viene stabilito che l’Amministrazione Finanziaria deve provare la consapevolezza della frode da parte del cessionario, il quale non è tenuto a svolgere indagini complesse sulla struttura del fornitore. La Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva negato la detrazione IVA basandosi solo sulla presunta inadeguatezza organizzativa del cedente, ribadendo che l’onere della prova del contribuente scatta solo dopo che l’Ufficio ha fornito elementi oggettivi sulla sua malafede.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova e Frodi IVA: Quali Verifiche deve fare l’Imprenditore?

L’ordinanza n. 14102/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento in materia di frodi IVA e operazioni soggettivamente inesistenti, definendo i confini della diligenza richiesta all’imprenditore e la ripartizione dell’onere della prova tra Fisco e contribuente. La vicenda riguarda una società a cui era stata negata la detrazione dell’IVA su acquisti da un fornitore ritenuto privo della necessaria struttura organizzativa. La Corte ha accolto le ragioni dell’azienda, stabilendo un principio fondamentale: non si possono pretendere dal contribuente verifiche complesse e approfondite, tipiche degli organi ispettivi.

I Fatti di Causa: L’accertamento per operazioni inesistenti

Una società operante nel settore manifatturiero si è vista recapitare un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava l’IVA su acquisti effettuati nell’anno 2007. La contestazione si fondava sulla presunta natura soggettivamente inesistente delle operazioni. Secondo il Fisco, l’impresa fornitrice, una ditta individuale, era una mera ‘cartiera’, priva di adeguata manodopera e delle attrezzature (macchine da cucire) necessarie per eseguire le lavorazioni commissionate. Di conseguenza, l’Amministrazione Finanziaria ha ritenuto che la società acquirente fosse, o dovesse essere, consapevole di partecipare a un meccanismo fraudolento, negandole il diritto alla detrazione dell’imposta.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Onere della Prova

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione della Commissione Tributaria Regionale, accogliendo i motivi di ricorso della società. Il punto centrale della pronuncia risiede nella corretta applicazione delle regole sull’onere della prova. Secondo la giurisprudenza consolidata, sia nazionale che europea, spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare, anche tramite presunzioni, che il contribuente fosse a conoscenza della frode o che avrebbe dovuto conoscerla usando l’ordinaria diligenza professionale.

I Limiti della Diligenza Richiesta all’Imprenditore

Il principio di diritto enunciato dalla Corte è netto: le cautele che un imprenditore accorto deve adottare non possono spingersi fino a ‘verifiche complesse e approfondite, analoghe a quelle che l’amministrazione finanziaria avrebbe i mezzi per effettuare’. La Corte ha censurato la sentenza di merito per aver addossato alla società la responsabilità di non aver verificato adeguatamente la struttura produttiva del fornitore. Al contrario, elementi come la regolare iscrizione del fornitore al Registro delle Imprese e l’assenza di anomalie commerciali (es. prezzi fuori mercato) depongono a favore della buona fede dell’acquirente. L’imprenditore non dispone degli stessi poteri ispettivi dell’Ufficio o della Guardia di Finanza.

L’Utilizzo delle Prove dal Processo Penale

Un altro aspetto rilevante toccato dall’ordinanza è l’ammissibilità nel giudizio tributario delle dichiarazioni rese da terzi (in questo caso, i dipendenti della società) in un parallelo procedimento penale. La Corte ha affermato che tali dichiarazioni, sebbene non possano costituire prova piena, rappresentano elementi indiziari che il giudice tributario deve valutare insieme a tutte le altre prove, in ossequio al principio della parità delle armi tra accusa e difesa.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha fondato la sua decisione sulla costante giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e nazionale. Si è ribadito che, per negare la detrazione IVA, non è sufficiente dimostrare l’assenza di struttura del fornitore, ma è necessario provare che il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere della frode. Gli indizi valorizzati dalla CTR (mancanza di manodopera e falsità delle fatture di acquisto dei macchinari del fornitore) attengono alla sfera organizzativa interna del cedente, aspetti che il cessionario non ha i mezzi per investigare a fondo. L’onere della prova del Fisco deve concentrarsi su elementi oggettivi e specifici che dimostrino la consapevolezza della frode. Solo una volta assolta questa prova, l’onere si sposta sul contribuente, che dovrà dimostrare di aver adottato tutte le misure ragionevoli per assicurarsi che l’operazione non facesse parte di un’evasione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa ordinanza rafforza la tutela del contribuente in buona fede. Le imprese sono tenute ad un comportamento diligente nella scelta dei partner commerciali, che si traduce in controlli ragionevoli: la verifica dell’iscrizione alla Camera di Commercio, la congruità dei prezzi e delle condizioni contrattuali rispetto al mercato. Non può essere richiesto loro di agire come investigatori privati o come sostituti degli organi di controllo fiscale. La decisione riequilibra il rapporto tra Fisco e contribuente, ancorando la ripartizione dell’onere della prova a criteri di ragionevolezza e proporzionalità e proteggendo gli operatori economici da responsabilità per condotte fraudolente altrui, di cui non potevano essere a conoscenza.

Quando può essere negata la detrazione IVA per operazioni soggettivamente inesistenti?
La detrazione IVA può essere negata quando l’Amministrazione Finanziaria prova che il contribuente acquirente sapeva, o avrebbe dovuto sapere usando l’ordinaria diligenza professionale, di partecipare a un’operazione inserita in una frode fiscale.

Qual è l’onere della prova a carico del contribuente in caso di contestazione di frode IVA?
L’onere della prova per il contribuente sorge solo dopo che il Fisco ha fornito elementi oggettivi e specifici che dimostrino la sua consapevolezza o colpevole ignoranza della frode. A quel punto, il contribuente deve dimostrare di aver adottato tutte le misure ragionevolmente esigibili per non essere coinvolto.

Che tipo di verifiche deve fare un’azienda sui propri fornitori per non rischiare contestazioni?
Un’azienda deve adottare cautele ragionevoli, come controllare la regolare iscrizione del fornitore al Registro delle Imprese e assicurarsi che le condizioni commerciali (prezzi, modalità di pagamento) siano in linea con le normali pratiche di mercato. Non è tenuta a svolgere indagini complesse e approfondite sulla struttura organizzativa e produttiva interna del fornitore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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