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Onere della prova IVA: chi deve provare la frode?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32260/2024, ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria in un caso di presunte operazioni soggettivamente inesistenti. La Corte ha ribadito che l’onere della prova IVA spetta all’amministrazione, che deve dimostrare non solo la frode a monte ma anche la consapevolezza o conoscibilità della stessa da parte del cessionario. In assenza di prove sufficienti, il diritto alla detrazione IVA del contribuente in buona fede è salvo.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova IVA: la Cassazione fissa i paletti per l’Amministrazione Finanziaria

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 32260/2024 affronta un tema cruciale per le imprese: l’onere della prova IVA in caso di contestazioni per operazioni soggettivamente inesistenti. In un contesto economico dove le frodi fiscali, come quelle carosello, sono purtroppo frequenti, questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale a tutela dei contribuenti che operano in buona fede. La Corte chiarisce che non basta la semplice esistenza di una frode per negare il diritto alla detrazione dell’IVA; è necessario molto di più.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine da un avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione Finanziaria a una società del settore carni. L’ufficio contestava la detrazione dell’IVA relativa ad acquisti effettuati da una cosiddetta ‘società cartiera’, sostenendo che le operazioni fossero soggettivamente inesistenti. L’accertamento si basava principalmente sulle dichiarazioni rese in sede penale dall’autore della frode, il quale aveva indicato un presunto accordo per la restituzione del 50% dell’IVA con un amministratore di fatto della società acquirente.

Il percorso processuale è stato complesso: dopo una doppia sconfitta nei primi due gradi di giudizio, la società contribuente aveva ottenuto un primo annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione. Il giudice del rinvio, riesaminando il caso, aveva infine accolto le ragioni della società, annullando l’atto impositivo. Contro questa decisione, l’Amministrazione Finanziaria ha proposto un nuovo ricorso per cassazione, portando la questione di nuovo davanti ai giudici di legittimità.

La Decisione della Corte e il corretto Onere della Prova IVA

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, confermando la decisione favorevole al contribuente. Il punto centrale della pronuncia riguarda la corretta ripartizione dell’onere della prova IVA. I giudici hanno stabilito che l’onere di provare la frode e il coinvolgimento del cessionario grava interamente sull’Amministrazione Finanziaria.

L’Amministrazione non può limitarsi a dimostrare che il fornitore era una società fittizia. Deve fornire prove, anche indiziarie, che il destinatario della fattura era consapevole della frode o che avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza. Solo una volta che l’Ufficio ha fornito tali prove, l’onere si sposta sul contribuente, che dovrà dimostrare di aver agito in totale assenza di consapevolezza e di aver adottato tutte le cautele esigibili da un operatore accorto.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha ritenuto l’operato del giudice del rinvio corretto e incensurabile. Quest’ultimo aveva attentamente valutato gli elementi probatori, rilevando come l’unica prova a sostegno della tesi dell’Amministrazione Finanziaria fossero le dichiarazioni dell’ideatore della frode. Tuttavia, queste dichiarazioni erano state smentite da una sentenza penale definitiva, che aveva assolto l’amministratore della società acquirente dall’accusa di aver ricevuto somme di denaro, perché il fatto non costituiva reato.

Venuto meno l’unico indizio, l’impianto accusatorio dell’Ufficio è crollato. La Cassazione ha sottolineato che, in assenza di altri elementi, anche indiziari, che potessero far presumere la conoscenza della frode da parte della società, il diritto alla detrazione dell’IVA doveva essere riconosciuto. L’Amministrazione Finanziaria, quindi, non ha fornito la prova necessaria a dimostrare la consapevolezza o la colpevole negligenza del contribuente, fallendo nel suo onere probatorio.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale fondamentale per la certezza del diritto e la tutela delle imprese. Le aziende che operano correttamente e in buona fede non possono essere penalizzate per frodi commesse da terzi, a meno che l’Amministrazione Finanziaria non dimostri, con prove concrete, il loro coinvolgimento, anche solo a titolo di negligenza. La decisione riafferma che il sistema tributario non si basa su presunzioni di colpevolezza. Per le imprese, ciò significa che mantenere una contabilità regolare e adottare procedure di verifica dei fornitori, secondo criteri di ragionevolezza, costituisce una solida difesa contro contestazioni di questo tipo. L’onere di costruire un quadro probatorio grave, preciso e concordante resta saldamente in capo a chi accusa.

A chi spetta l’onere della prova in caso di contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti ai fini IVA?
Secondo la Corte, l’onere della prova spetta all’Amministrazione Finanziaria. Essa deve dimostrare non solo l’esistenza della frode (ad esempio, che il fornitore era una ‘società cartiera’), ma anche che il cessionario (l’acquirente) era consapevole di partecipare alla frode o avrebbe dovuto saperlo usando l’ordinaria diligenza.

È sufficiente la dichiarazione dell’autore di una frode per provare il coinvolgimento dell’acquirente?
No, non è sufficiente, specialmente se tale dichiarazione rimane isolata e viene smentita da altri elementi, come una sentenza di assoluzione in un procedimento penale correlato. L’Amministrazione deve fornire un quadro probatorio solido basato su più indizi gravi, precisi e concordanti.

Cosa deve fare il contribuente per difendere il proprio diritto alla detrazione IVA?
Una volta che l’Amministrazione Finanziaria ha fornito indizi sufficienti sulla potenziale consapevolezza del contribuente, quest’ultimo ha l’onere di fornire la ‘prova contraria’. Deve cioè dimostrare di aver agito in assenza di consapevolezza e di aver adottato la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per non essere coinvolto nella frode.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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