Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32260 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32260 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16649/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende ;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. NAPOLI n. 699/2022 depositata il 17/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
L’Agenzia delle entrate aveva notificato alla RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento relativo all’anno 2005, con cui procedeva al recupero dell’IVA detratta in relazione ad acquisti di carne da società “cartiera” contestando che le operazioni fossero soggettivamente inesistenti.
La RAGIONE_SOCIALE impugnava detto avviso davanti alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Napoli, che respingeva il ricorso.
La Commissione tributaria regionale (CTR) della Campania rigettava l’appello proposto dalla società e confermava la sentenza di primo grado.
La RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR e questa Corte, con ordinanza n. 14267/2020, accoglieva il quarto motivo, rigettando o dichiarando assorbiti gli altri.
La contribuente ha riassunto il giudizio davanti alla CTR della Campania che, con la sentenza in epigrafe, ha accolto l’appello della società annullando l’atto impugnato.
Avverso questa pronunzia ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate che si è affidata ad un motivo.
E’ rimasta intimata la società.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., dell’art. 54 d.P.R. n. 633/1972 e dell’art. 39 d.P.R. n. 600/1973.
E’ bene premettere che, con l’accoglimento del quarto motivo del ricorso per cassazione la Corte aveva statuito quanto segue: « la CTR aveva infatti espressamente affermato che la buona fede non assume alcun rilievo, essendo il contribuente tenuto a contrastare la pretesa impositiva dimostrando la correttezza delle detrazioni e l’effettività delle operazioni a cui le stesse si riferiscono; in tal modo, cioè completamente svalutando la prova dell’elemento soggettivo e appesantendo il contenuto della prova a carico del contribuente, la CTR ha violato le regole sull’onere della prova per
come sopra delineate dalla più recente giurisprudenza della S.C., anche alla luce delle pronunce della Corte di giustizia Ue».
Il Giudice del rinvio, chiamata a riesaminare la questione, ha osservato che l’avviso di accertamento aveva motivato il coinvolgimento della ricorrente sulla base delle dichiarazioni rese in sede penale da NOME COGNOME, autore della frode attraverso una serie di società ‘cartiere’, il quale aveva riferito dei « rapporti di restituzione dell’IVA intervenuti con COGNOME NOME, dipendente ed amministratore di fatto della società , nell’ordine del 50% dell’IVA non versata ». Ha rilevato che con sentenza definitiva del Tribunale di Trento n. 833/2016 si era accertato che il COGNOME non aveva ricevuto dal COGNOME alcuna somma ed il predetto era stato assolto perché il fatto non costituiva reato.
3.1. La CTR ha concluso che, « in assenza di altri elementi da cui presumere, anche indiziariamente, che RAGIONE_SOCIALE sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza e alla luce della qualificata posizione professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta», dovesse essere riconosciuto alla società il diritto alla detrazione IVA.
La censura non offre elementi che possano inficiare questa decisione e risulta inammissibile in quanto, dietro il paradigma della violazione di legge, si tenta in realtà di rimettere in discussione l’accertamento in fatto svolto dal giudice di merito (Cass. sez. un. n. 34476 del 2019), incensurabile come tale nel giudizio di legittimità, con affermazioni che non colgono la ratio decidendi e risultano infondate in diritto.
Si afferma che le dichiarazioni rese in sede penale da NOME COGNOME non era l’unico indizio su cui si era fondata la contestazione delle operazioni soggettivamente inesistenti ma la CTR ha solo osservato che tali dichiarazioni erano l’unico indizio che
comprovava la partecipazione della RAGIONE_SOCIALE nella frode e, caduto quello, restava sfornita di prova l’asserita conoscibilità della frode da parte della cessionaria.
Del tutto erroneamente, poi, si sostiene che, una volta provata, anche indiziariamente, la frode, era onere del cessionario, che reclama il diritto alla detrazione, dimostrare che non sapeva o non poteva sapere di partecipare ad una operazione fraudolenta. Il principio di diritto sul punto invece afferma che « l’amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che il destinatario era consapevole, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente; incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi » (Cass. n. 24471 del 2022; Cass. n. 15369 del 2020; Cass. n. 27555 del 2018; Cass. n. 27566 del 2018; Cass. n. 9851 del 2018).
Quindi, è onere dell’Amministrazione dare la prova, anche indiziaria, della consapevolezza o conoscibilità della frode, prova che, secondo l’insindacabile accertamento del giudice del merito, non è stata fornita.
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato e non vi è da provvedere sulle spese poiché la contribuente è rimasta intimata.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 02/07/2024.