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Onere della prova IRAP: a chi spetta dimostrarlo?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5036/2025, ha stabilito un principio fondamentale sull’onere della prova IRAP. In un caso riguardante un medico che chiedeva il rimborso dell’imposta, la Corte ha ribaltato la decisione dei giudici di merito, affermando che è il contribuente, e non l’Amministrazione Finanziaria, a dover provare l’assenza dei presupposti impositivi, ovvero la mancanza di un’autonoma organizzazione. La sentenza di merito è stata cassata con rinvio.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova IRAP: la Cassazione ribadisce a chi spetta

L’ordinanza n. 5036/2025 della Corte di Cassazione affronta una questione cruciale per professionisti e lavoratori autonomi: a chi spetta l’onere della prova IRAP in caso di richiesta di rimborso? La Corte, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha riaffermato un principio consolidato: è il contribuente a dover dimostrare l’assenza di un’autonoma organizzazione, e non l’Amministrazione Finanziaria a doverne provare l’esistenza.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso di un medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale contro il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle Entrate su un’istanza di rimborso-compensazione delle somme versate a titolo di IRAP per diverse annualità. Il professionista sosteneva di non essere soggetto all’imposta in quanto privo del requisito dell’autonoma organizzazione.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione al contribuente. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale (C.T.R.) aveva ritenuto che l’onere di provare la sussistenza di un’autonoma organizzazione incombesse sull’amministrazione fiscale, non potendosi chiedere al contribuente di fornire una prova negativa.

Il Ricorso e l’Onere della Prova IRAP secondo l’Agenzia

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione della C.T.R. davanti alla Corte di Cassazione, sollevando tre motivi di ricorso. I primi due, di natura procedurale, contestavano l’ammissibilità stessa del ricorso originario. Il terzo motivo, invece, entrava nel merito della questione, denunciando la violazione dell’art. 2697 del codice civile.

Secondo l’Agenzia, la C.T.R. aveva errato nell’invertire l’onere della prova IRAP. In base ai principi generali e alla giurisprudenza consolidata, chi agisce in giudizio per ottenere un rimborso ha il dovere di dimostrare i fatti che costituiscono il fondamento della propria pretesa. In questo caso, il contribuente avrebbe dovuto provare l’assenza del presupposto impositivo, cioè la mancanza di un’autonoma organizzazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i primi due motivi di ricorso, ritenendoli carenti di autosufficienza. Ha invece accolto il terzo motivo, considerandolo fondato.

La Corte ha ribadito con fermezza il suo orientamento costante in materia. Citando l’art. 2697 c.c., ha spiegato che, in tema di rimborso di imposte, il contribuente assume la posizione di attore. Di conseguenza, spetta a lui fornire la prova dei fatti costitutivi del suo diritto alla restituzione. Nel contesto dell’IRAP, ciò si traduce nella necessità di dimostrare l’assenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione.

La Cassazione ha chiarito che l’autonoma organizzazione sussiste quando il contribuente:
1. È il responsabile dell’organizzazione e non è inserito in strutture altrui.
2. Impiega beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività o si avvale in modo non occasionale del lavoro altrui che superi la soglia delle mansioni meramente esecutive.

Invertire questo onere, come fatto dalla C.T.R., costituisce una violazione delle regole fondamentali del processo. Pertanto, la Corte ha cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame che dovrà uniformarsi a questo principio di diritto.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di fondamentale importanza pratica. I professionisti e i lavoratori autonomi che ritengono di non essere soggetti all’IRAP e intendono chiederne il rimborso devono prepararsi a un ruolo attivo nel processo. Non è sufficiente affermare l’assenza di un’autonoma organizzazione; è indispensabile raccogliere e presentare prove concrete a sostegno della propria tesi (ad esempio, documentazione sui beni strumentali utilizzati, contratti di lavoro, analisi dei costi). La decisione della Cassazione serve come un chiaro monito: nell’ambito delle richieste di rimborso fiscale, l’onere della prova IRAP grava interamente sulle spalle del contribuente.

A chi spetta l’onere della prova in una causa di rimborso IRAP?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova spetta al contribuente. È lui che, agendo come attore per ottenere il rimborso, deve dimostrare i fatti a fondamento della sua richiesta, ossia l’assenza del presupposto dell’autonoma organizzazione.

Cosa si intende per “autonoma organizzazione” ai fini IRAP?
L’autonoma organizzazione si verifica quando un professionista si avvale di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio della sua attività o utilizza il lavoro altrui in modo non occasionale e non limitato a mansioni puramente esecutive, creando così un valore aggiunto che va oltre la sua capacità personale.

La sentenza della Commissione Tributaria Regionale è stata confermata?
No, la sentenza è stata cassata. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione della C.T.R. che aveva erroneamente attribuito l’onere della prova all’Agenzia delle Entrate e ha rinviato il caso a un altro collegio dello stesso grado per una nuova valutazione basata sui corretti principi di diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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