Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16057 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16057 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
Accertamento -Irpef Irap Iva -indagini bancarie -onere della prova
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3271/2018 R.G. proposto da: rappresentato e difeso
COGNOME titolare dell’omonima ditta, dal l’Avv . NOME COGNOME con indicazione di indirizzo pec;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato ;
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. LAZIO SEZIONE STACCATA DI LATINA, n. 3822/2017, depositata il 22/06/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate notificava a NOME COGNOME due questionari ex art 32 d.P.R. n. 600 del 1973 ed ex art. 51 d.P.R. n. 633 del 1972 e, sul presupposto che il contribuente avesse giustificato solo in parte le movimentazioni bancarie oggetto di controllo, notificava allo stesso avviso di accertamento con il quale accertava maggiori ricavi, rispetto a quelli dichiarati, per euro 55.995,00.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla CTP di Latina che accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo i maggiori ricavi da recuperare a tassazione ad euro 12.800,00.
L’Agenzia delle entrate spiegava appello che veniva accolto dalla CTR con la sentenza in epigrafe. La CTR rilevava che il contribuente non aveva dimostrato la correttezza delle movimentazioni e non aveva fornito dettagliata documentazione; che, in particolare, non aveva provato l’esistenza di costi non dichiarati; non aveva prodotto «assegno relativo agli incassi»; che nelle fatture non risultava attestato il pagamento. Rigettava, inoltre, «tutte le ulteriori eccezioni sollevate dal contribuente in ordin e alle deleghe ed alla firma dell’avviso di accertamento».
Avverso detta sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione -affidato a quattro motivi – e l’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
Il contribuente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 2, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che non fosse stata dimostrata la correttezza delle operazioni e fornita
documentazione a sostegno. Osserva che la CTR non ha tenuto conto della produzione di copia di alcuni assegni bancari e delle specifiche giustificazioni rese con riferimento a due movimenti relativi al conto corrente acceso presso la Banca Popolare di Aprilia. Evidenzia che la stessa Agenzia delle entrate nell’atto di appello aveva rettificato la propria posizione rispetto a quanto accertato con l’atto impositivo , riconoscendo, con riferimento a detti due prelevamenti, per euro 9.500,00, la loro giustificazione. Aggiunge che la statuizione della CTR è comunque in contrasto con l’onere a carico dell’ Agenzia di provare che quanto appreso dal contribuente, a seguito delle informazioni richieste, non fosse idoneo a d evitare l’addebito di ricavi evasi.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omessa motivazione della sentenza sul fatto controverso dell’assolvimento dell’onere probatorio a carico del contribuente.
Censura la sentenza per aver ritenuto non giustificate le movimentazioni bancarie, sebbene esso deducente avesse tentato di ricostruire le motivazioni delle operazioni di cui gli era stato chiesto conto con i questionari rimessigli. Critica, pertanto, la sentenza per non aver esplicitato l’ iter logico seguito e per non aver preso posizione sulla inutilizzabilità degli elementi giustificativi addotti.
Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ.
Censura la sentenza per non aver illustrato le ragioni giustificative della decisione in merito alle operazioni bancarie documentate e giustificate e per essersi limitata ad affermare che l’appello era fondato in quanto non era stata fornita la prova richiesta senza nemmeno argomentare il proprio convincimento.
Con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 cit.
Censura, ancora una volta, la sentenza impugnata per aver ritenuto che non avesse assolto all’onere della prova sul medesimo gravante. Osserva, in proposito, che aveva ottemperato all’obbligo di indicare il soggetto beneficiario dei prelevamenti e di fornire dati e notizie con riferimento ai versamenti elaborando elenchi giustificativi delle operazioni bancarie; che, pertanto, l’Ufficio avrebbe dovuto effettuare controlli in contraddittorio ed indagare sulla qualità rivestita dalle persone fisiche beneficiarie degli assegni prodotti.
Va, in primo luogo, disattesa l’istanza di trattazione in pubblica udienza avanzata dal ricorrente nella memoria.
Il collegio giudicante può escludere, nell’esercizio di una valutazione discrezionale, la ricorrenza dei presupposti della trattazione in pubblica udienza, in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare al caso di specie (Cass., Sez. U., 5/06/2018, n. 14437); ugualmente allorquando non si verta in tema di decisioni aventi rilevanza nomofilattica, idonee a rivestire efficacia di precedente, orientando, con motivazione avente anche funzione extraprocessuale, il successivo percorso della giurisprudenza (Cass., Sez. U., 23/04/2020, n. 8093; Cass. 21/01/2022, n. 2047; Cass. 13/01/2021, n. 392; Cass. 20/11/2020, n. 26480).
E’ quanto accade, per quanto si andrà ad esporre, nel caso in esame, in ragione di principi ormai consolidatisi.
In via preliminare, si osserva che il primo motivo è inammissibile nella parte in cui censura la sentenza impugnata per non aver rilevato che nell’appello l’Ufficio aveva ammesso la giustificazione di alcune delle movimentazioni oggetto dell’avviso di accertamento.
Nella sentenza impugnata non si fa alcun riferimento al riconoscimento da parte dell’Ufficio della giustificazione di movimentazioni per euro 9.500,00, né la circostanza è stata confermata in controricorso.
E’ noto, invece, che i motivi del ricorso per cassazione devono investire questioni che abbiano formato oggetto del thema decidendum del giudizio di secondo grado, come fissato dalle impugnazioni e dalle richieste delle parti: in particolare, non possono riguardare nuove questioni di diritto se esse postulano indagini ed accertamenti in fatto non compiuti dal giudice del merito ed esorbitanti dai limiti funzionali del giudizio di legittimità. Pertanto, secondo il costante insegnamento di questa Corte, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa: ciò che, nel caso di specie, non è accaduto (tra le più recenti Cass. 24/01/2019, n. 2038).
7. Sempre in via preliminare, deve rilevarsi che il secondo motivo, se pure formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. -il quale prevede il vizio della sentenza che abbia omesso di esaminare fatti decisivi -censura, in realtà, l’ome ssa motivazione della sentenza, e dunque error in procedendo, per aver aderito acriticamente alle allegazioni dell’Agenzia delle entrate, senza nemmeno rapportarsi alla diversa valutazione compiuta dalla CTP in merito alle giustificazioni addotte.
Ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, non costituisce condizione necessaria la corretta menzione dell’ipotesi appropriata, tra quelle in cui è consentito adire il giudice di legittimità, purché si faccia valere un vizio della decisione astrattamente idoneo a inficiare la pronuncia.
In ogni caso, le ragioni sottese al motivo sono sovrapponibili a quelle spese nel terzo motivo nel quale si fa valere per i medesimi profili il vizio di nullità della sentenza impugnata per motivazione del tutto carente, ai sensi dell’art. 3 60, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.
Fatte queste precisazioni, i motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono per il resto fondati nei termini di seguito esposti.
8.1 Per costante giurisprudenza di questa Corte, in virtù della presunzione stabilita dall’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 e da ll’art. 51 d.P.R. n. 633 del 1972 -che, data la fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici -sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari del contribuente vanno considerati come elementi positivi di reddito se questi non dimostra che ne ha tenuto conto nella determinazione della base imponibile oppure che sono estranei alla produzione del reddito (tra le più recenti, Cass. 28/04/2022, n. 13236, Cass. 23/09/2021, n. 25812, Cass. 03/03/2021, n. 5788).
A propria volta, il contribuente, che voglia superare la presunzione, ha l’onere di fornire, non una prova generica, bensì una prova analitica, idonea a dimostrare che i proventi desumibili dalla movimentazione bancaria non debbono essere recuperati a tassazione. Tale prova può essere fornita in due modi: o dimostrando che ne ha già tenuto conto nelle dichiarazioni; oppure dimostrando che si sia trattato di movimenti
non fiscalmente rilevanti, in quanto non riferiti a operazioni imponibili (Cass. 30/06/2020, n. 13112, Cass. 18/09/2013, n. 21303).
Questa conclusione non contrasta con l’art. 2697 cod. civ. in quanto l’emersione di movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base delle dichiarazioni del contribuente costituisce fatto in relazione al quale solo quest’ultimo può dimostrare che i conti stessi non siano fiscalmente rilevanti o che, comunque, non diano luogo a recuperi (Cass. 19/02/2001, n. 2435).
Quanto alle modalità tramite le quali assolvere all’onere probatorio, si è precisato che è onere del contribuente indicare e dimostrare la provenienza e la destinazione dei singoli pagamenti con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti attivi e passivi, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti (v., per tutte, Cass. 30/12/2015, n. 26111).
Si è aggiunto, tuttavia, che, alla prova offerta dal contribuente, consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle stessa per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (Cass. 30/06/2020, n. 13112; Cass. 20/02/2025, n. 4553).
8.3. La CTR, diversamente da quanto sostenuto in ricorso, ha correttamente posto a carico del contribuente l’onere di fornire prova della natura non reddituale delle movimentazioni intercettate dall’Ufficio; tuttavia, nonostante questi avesse prodotto documenti volti a giustificare alcune delle movimentazioni che l’Ufficio aveva recuperato a tassazione, non ha provveduto ad alcun esame dei medesimi, limitandosi a affermare genericamente che questi non aveva fornito riscontro. Pertanto, violando le disposizioni in esame, e rendendo motivazione non idonea ad esplicitare le ragioni del decisum, ha omesso di compiere un’accurata e puntuale verifica della idoneità dimostrativa degli elementi contrari addotti dal contribuente.
Ne consegue l’ accoglimento del ricorso nei limiti precedentemente precisati, con derivante cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione staccata di Latina, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e al regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione staccata di Latina in diversa composizione, la quale provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2025.