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Onere della prova inagibilità: chi deve dimostrarlo?

Un contribuente ha impugnato avvisi di accertamento IMU, richiedendo la riduzione del 50% per un immobile ritenuto inagibile. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che l’onere della prova inagibilità spetta esclusivamente al contribuente, il quale deve fornire idonea documentazione tecnica a supporto della sua richiesta, non essendo sufficiente una mera dichiarazione.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Riduzione IMU: spetta al contribuente l’onere della prova inagibilità

Ottenere una riduzione dell’IMU per un immobile inagibile è un diritto, ma a quali condizioni? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: l’onere della prova inagibilità grava interamente sul contribuente, che non può limitarsi a una semplice dichiarazione. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso

Un contribuente si è visto recapitare quattro avvisi di accertamento per il mancato versamento dell’IMU relativa agli anni dal 2013 al 2017 per un immobile di sua proprietà. Il contribuente ha impugnato gli avvisi, sostenendo che l’imposta non fosse dovuta nella misura richiesta, in quanto l’immobile versava in uno stato di inagibilità e, pertanto, avrebbe dovuto beneficiare della riduzione del 50% della base imponibile.

Il caso è stato esaminato prima dalla Commissione Tributaria Provinciale e poi da quella Regionale, le quali hanno entrambe respinto le ragioni del contribuente. I giudici di merito hanno evidenziato come la richiesta di riduzione fosse basata su una mera dichiarazione, priva di adeguata documentazione tecnica che ne attestasse l’effettivo stato. Di fronte a queste decisioni sfavorevoli, il contribuente ha deciso di ricorrere in Cassazione, sollevando diverse questioni di natura sia procedurale che sostanziale.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorrente ha presentato sei motivi di ricorso alla Suprema Corte. Tra i principali, lamentava:
1. La tardiva costituzione in giudizio del Comune, che a suo dire avrebbe dovuto invalidare la produzione documentale dell’ente.
2. L’errata valutazione delle prove, in particolare di una documentazione catastale (DOCFA) che, a suo avviso, non comportava variazioni nel classamento.
3. La violazione delle norme che regolano la riduzione dell’imposta per inagibilità, sostenendo che l’onere di provare il contrario spettasse al Comune, una volta presentata la richiesta.
4. L’illegittimità dell’applicazione di sanzioni e interessi, data la presunta buona fede del suo comportamento.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha esaminato e rigettato tutti i motivi di ricorso, fornendo importanti chiarimenti su diversi aspetti del contenzioso tributario.

Onere della prova inagibilità: la responsabilità del contribuente

Il punto centrale della decisione riguarda proprio l’onere della prova inagibilità. I giudici hanno ribadito con fermezza un principio consolidato: chi vuole beneficiare di un’agevolazione fiscale ha il dovere di dimostrare l’esistenza di tutti i presupposti richiesti dalla legge. Nel caso della riduzione IMU per inagibilità, non è sufficiente presentare una dichiarazione o una richiesta al Comune. Il contribuente deve produrre prove concrete e oggettive, come una perizia tecnica redatta da un professionista abilitato, che descriva in modo dettagliato le condizioni di degrado strutturale o di pericolo che rendono l’immobile non utilizzabile. La Corte ha specificato che la prova deve essere rigorosa e non può basarsi su mere enunciazioni.

Validità della produzione documentale tardiva

In merito alla presunta tardività del Comune nel costituirsi in giudizio, la Cassazione ha chiarito che, nel processo tributario, la costituzione tardiva preclude la possibilità di sollevare determinate eccezioni o proporre domande nuove (riconvenzionali), ma non impedisce la produzione di documenti. Questa produzione è infatti ammissibile anche in appello, purché i documenti siano rilevanti per la decisione. Nel caso specifico, i documenti prodotti dal Comune erano peraltro un’ordinanza della stessa Cassazione e un certificato catastale, considerati comunque acquisibili d’ufficio o irrilevanti ai fini della decisione sull’inagibilità.

Irrilevanza delle circolari ministeriali

Il ricorrente aveva fatto riferimento a una circolare ministeriale per sostenere che una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà fosse sufficiente a provare l’inagibilità. La Corte ha smontato questa argomentazione, ricordando che le circolari amministrative sono atti interni alla pubblica amministrazione e non hanno valore di legge. Esse non possono imporre obblighi né creare diritti per i contribuenti o per i giudici, i quali sono vincolati solo dalla normativa primaria (leggi e decreti).

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un principio cardine in materia fiscale: la responsabilità probatoria per ottenere un beneficio fiscale è del contribuente. La decisione insegna che, per richiedere la riduzione dell’IMU per un immobile inagibile, non basta la convinzione soggettiva o una semplice comunicazione. È indispensabile dotarsi preventivamente di una solida documentazione tecnica che attesti in modo inconfutabile le condizioni dell’immobile. Affidarsi a dichiarazioni generiche o a interpretazioni di circolari amministrative espone al rischio concreto di vedersi respingere la richiesta e di dover affrontare un lungo e costoso contenzioso con l’ente impositore.

Chi deve dimostrare che un immobile è inagibile per ottenere la riduzione dell’IMU?
L’onere della prova spetta interamente ed esclusivamente al contribuente che richiede l’agevolazione fiscale. Deve fornire prove concrete e tecniche dello stato di inagibilità.

È sufficiente una semplice dichiarazione di inagibilità per ottenere lo sconto fiscale?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha stabilito che una mera dichiarazione IMU di inagibilità, non corredata da documentazione tecnica descrittiva, non è idonea a dimostrare il diritto al beneficio fiscale.

Se l’ente impositore si costituisce in ritardo nel processo, può comunque produrre documenti?
Sì. Secondo la Corte, la costituzione tardiva dell’ente nel giudizio di primo grado non impedisce la produzione di documenti in appello, in quanto tale attività non equivale a proporre nuove domande o eccezioni non rilevabili d’ufficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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