Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12859 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12859 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 10/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5064/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F.), in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimato –
Oggetto: tributi
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, n. 7306/03/21, depositata in data 13 ottobre 2021, notificata in data 21 dicembre 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 marzo 2024 dal Consigliere Relatore NOME COGNOME .
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE, esercente l’attività di commercio all’ingrosso di carni, ha impugnato un avviso di accertamento con metodologia induttiva a termini dell’art. 39, secondo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, relativamente al periodo di imposta 2002, con il quale si accertava un maggior valore della produzione e recupero di maggiori imposte e sanzioni, oltre accessori. L’avviso faceva seguito alle risultanze di diversi PVC e atti di un procedimento penale a carico di terzi, che avevano individuato alcune società prive di organizzazione fornitrici della società contribuente.
La CTP di Napoli ha rigettato il ricorso, con sentenza confermata dalla CTR della Campania.
La sentenza di appello è stata cassata con rinvio con sentenza di questa Corte (Cass., Sez. V, 15 luglio 2020, n. 14984), che ha accolto il quinto motivo di ricorso per cassazione, con cui si denunciava il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’Ufficio circa la consapevolezza della società contribuente di avere preso parte a una frode IVA. La CTR della Campania, con sentenza qui impugnata, ha accolto in sede di giudizio di rinvio l’appello della società contribuente, ritenendo non provata la consapevolezza del contribuente di avere preso parte a una frode IVA, in quanto prova fondata unicamente sulle dichiarazioni di terzi (nella specie, amministratore della società fornitrice), le quali, peraltro, non avrebbero trovato riscontri nell’ambito d el parallelo giudizio penale.
Propone ricorso per cassazione l’Ufficio , affidato a un unico motivo; la società intimata non si è costituita in giudizio.
E’ stata emessa in data 20 ottobre 2023 proposta di definizione accelerata, ritualmente opposta dal ricorrente.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 54 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e dell’art. 39 d.P.R. n. 600/1973. Il ricorrente deduce violazione del diritto di difesa e delle regole di riparto dell’onere della prova, tenuto conto degli atti di innesco dell’atto impositivo e degli atti acquisiti al procedimento penale, dai quali sarebbe emersa l’esistenza di operazioni effettuate in assenza di fatturazione. In particolare, la ricorrente rimarca come gli acquisti siano provenuti da soggetto imprenditoriale privo di organizzazione e che non sia stata fornita prova né dell’effettiva esistenza delle operazioni sottostanti, né della buona fede della contribuente. Sottolinea, inoltre, con riferimento all’assolvimento dell’onere della prova, che l’Ufficio avrebbe addotto a sostegno dell’atto impositivo anche la rilevanza quantitativa delle operazioni condotte con il medesimo fornitore.
Il ricorso è inammissibile nella parte in cui deduce erronea valutazione degli elementi in base ai quali la società ricorrente avrebbe fornito la prova contraria, nonché nella parte in cui la società non avrebbe fornito prova dell’effettività delle operazioni sottostanti (profilo, peraltro, di per sé estraneo al tema delle operazioni solo soggettivamente inesistenti). Entrambe tali argomentazioni sono estranee alla ratio decidendi della sentenza impugnata, che si è incentrata -in conformità al principio di diritto enunciato dalla pronuncia rescindente -sul mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’Ufficio circa la consapevolezza del cessionario,
odierna intimata, di avere preso parte a una frode IVA commessa a monte della catena distributiva; adempimento che, peraltro, si dimostra propedeutico e preliminare al supposto erroneo esame delle circostanze addotte a prova contraria da parte del contribuente.
Il ricorso è inammissibile nella parte in cui deduce violazione delle regole di riparto della prova e di diritto di difesa, in quanto il ricorrente, attraverso la violazione di norme di legge, intende censurare la valutazione degli elementi di prova operata da parte del giudice di appello, che è attività che spetta al giudice del merito e che non è censurabile in sede di legittimità.
Il ricorso è, parimenti, inammissibile per difetto di specificità nella parte in cui il ricorrente deduce l’erronea ripartizione dell’onere della prova per non avere il giudice di appello tenuto conto del complessivo impianto indiziario addotto dall’Ufficio, che nella specie -si nutrirebbe (ad avviso del ricorrente) della rilevanza quantitativa delle operazioni commerciali compiute con il fornitore privo di organizzazione. Parte ricorrente si limita, difatti, a dedurre che tale elemento indiziario sarebbe rinvenibile nella menzionata rilevanza quantitativa delle operazioni condotte con il medesimo fornitore, ma non indica specifici elementi per contestualizzare (in assoluto e in relazione al fatturato complessivo della società contribuente) tale dedotto elemento indiziario.
Il ricorso va, pertanto, rigettato in conformità alla proposta di definizione accelerata; nulla per le spese in assenza di costituzione dell’intimato . Al rigetto del ricorso in conformità alla proposta consegue l’applicazione della disposizione di cui agli artt. 380bis , terzo comma, 96, comma quarto cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 22 settembre 2023, n. 27195; Cass., Sez. U., 27 settembre 2023, n. 27433), che viene liquidata come da dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento dell’importo di € 1.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 25 marzo 2024