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Onere della prova frode IVA: la decisione della Corte

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13537/2025, ha chiarito i contorni dell’onere della prova in materia di frode IVA per operazioni soggettivamente inesistenti. La Corte ha stabilito che, per dimostrare la propria buona fede, il contribuente non può limitarsi a provare la regolarità dei pagamenti o la marginalità delle operazioni contestate rispetto al volume d’affari. È richiesta una prova più rigorosa della propria diligenza nell’evitare di essere coinvolto in schemi fraudolenti. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova Frode IVA: Quando la Buona Fede Non Basta

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione interviene su un tema cruciale per ogni imprenditore: l’onere della prova in caso di frode IVA. La pronuncia chiarisce quali elementi non sono sufficienti a dimostrare la propria buona fede quando si ricevono fatture da una “società cartiera”. La decisione sottolinea che la diligenza richiesta va ben oltre la semplice regolarità contabile, imponendo un approccio più attivo e consapevole nella scelta dei partner commerciali.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da un avviso di accertamento IVA notificato a una società per l’utilizzo di fatture relative a operazioni soggettivamente inesistenti. Tali fatture erano state emesse da un’altra azienda, ritenuta dall’Amministrazione Finanziaria una mera “società cartiera”.

Inizialmente, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva dato ragione ai soci dell’azienda, accogliendo il loro appello. La CTR aveva ritenuto provata la loro buona fede sulla base di due elementi principali:
1. La merce era stata effettivamente ricevuta e pagata tramite assegni bancari regolarmente incassati.
2. Le operazioni contestate rappresentavano una parte marginale del volume d’affari complessivo della società.

L’Agenzia Fiscale, non soddisfatta della decisione, ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che tali elementi non fossero idonei a escludere la consapevolezza della frode.

L’Onere della Prova nella Frode IVA secondo la Cassazione

La Corte Suprema ha accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, ribadendo i principi consolidati in materia di onere della prova nelle frodi IVA. Secondo la giurisprudenza, la ripartizione dell’onere probatorio funziona così:

1. A carico dell’Amministrazione Finanziaria: Spetta all’ufficio fiscale provare, anche tramite indizi, non solo la natura fittizia del fornitore (la “cartiera”), ma anche la consapevolezza del destinatario (o il fatto che avrebbe dovuto sapere con l’ordinaria diligenza) che l’operazione faceva parte di un’evasione fiscale.
2. A carico del contribuente: Una volta che l’amministrazione ha fornito questi elementi, spetta al contribuente dimostrare il contrario. Egli deve provare di aver agito senza consapevolezza di partecipare alla frode e di aver adottato la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per non essere coinvolto.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha ritenuto errata la valutazione della CTR, cassando la sentenza. Il punto centrale della motivazione risiede nell’inidoneità degli elementi valorizzati dai giudici di secondo grado a fondare la prova della buona fede.

In particolare, la Corte ha stabilito che:

La regolarità contabile non è sufficiente: Il fatto di aver pagato la merce con mezzi tracciabili e di avere una contabilità in ordine non è, di per sé, una prova decisiva. La giurisprudenza è pacifica nel ritenere che questi aspetti formali non escludono la conoscenza o la conoscibilità della frode.
La marginalità dell’operazione è irrilevante: Anche la circostanza che le fatture contestate rappresentino una piccola parte del fatturato è stata considerata un elemento “neutro” ai fini probatori. Non è dal valore delle operazioni che si può desumere la buona fede del contribuente.

In sostanza, la Corte ha affermato che entrambi gli elementi sono “indiziari inidonei a fondare la prova della mancata conoscenza o conoscibilità della frode”.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La decisione in esame ha importanti implicazioni per tutte le imprese. Essa ribadisce che la lotta alle frodi IVA richiede un livello di diligenza molto elevato. Non è sufficiente comportarsi in modo formalmente corretto; è necessario adottare cautele sostanziali per verificare l’affidabilità dei propri fornitori.

Gli imprenditori sono chiamati a essere proattivi, a porre attenzione a eventuali “indizi” che possano suggerire l’inesistenza del contraente e a dimostrare, in caso di contestazione, di aver fatto tutto il possibile per evitare di essere coinvolti in schemi fraudolenti. La sentenza impugnata è stata quindi cassata, e il caso è stato rinviato alla Corte di giustizia tributaria per un nuovo esame che tenga conto di questi rigorosi principi.

In caso di fatture da una “società cartiera”, cosa deve dimostrare l’Amministrazione Finanziaria?
L’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore è fittizio, ma anche che il destinatario della fattura era consapevole, o avrebbe dovuto esserlo con l’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva in un’evasione d’imposta.

È sufficiente per un contribuente dimostrare di aver pagato regolarmente le fatture per provare la propria buona fede in una frode IVA?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la regolarità della contabilità e dei pagamenti non è un elemento sufficiente ad assumere rilievo per dimostrare la buona fede e l’assenza di consapevolezza di partecipare a una frode.

La circostanza che le operazioni contestate siano una piccola parte del fatturato totale aiuta a dimostrare la buona fede del contribuente?
No. La Corte ha definito questo elemento come “del tutto neutro a fini probatori”. La marginalità delle operazioni non è di per sé idonea a dimostrare la mancanza di conoscenza o conoscibilità della frode da parte del contribuente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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