LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Onere della prova frode IVA: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate in un caso di presunta frode IVA per operazioni soggettivamente inesistenti. I giudici hanno stabilito che l’onere della prova della consapevolezza della frode da parte del contribuente spetta all’Ufficio. La Corte ha confermato la decisione di merito che riteneva insufficienti gli indizi forniti dall’Agenzia, valorizzando invece la diligenza della società contribuente, che aveva condotto verifiche sul fornitore. La valutazione complessiva e motivata degli elementi probatori da parte del giudice di merito non è sindacabile in sede di legittimità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova nella Frode IVA: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Valutazione Globale degli Indizi

L’onere della prova frode IVA è un tema centrale nel contenzioso tributario, specialmente quando si discute di operazioni soggettivamente inesistenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali riguardo al ruolo dell’Agenzia Fiscale e alla valutazione delle prove da parte dei giudici di merito. L’ordinanza analizza il caso di una società accusata di indebita detrazione IVA, fornendo chiarimenti cruciali sulla diligenza richiesta all’imprenditore e sui limiti del sindacato della Suprema Corte.

Il Contesto: Accertamento per Operazioni Inesistenti

Il caso nasce da un avviso di accertamento notificato a una società di elettrotelecomunicazioni per l’anno d’imposta 2014. L’Agenzia Fiscale contestava l’indebita detrazione dell’IVA derivante da operazioni ritenute soggettivamente inesistenti, ossia transazioni reali avvenute però con un soggetto diverso da quello indicato in fattura, inserito in un meccanismo fraudolento.

La società contribuente si è difesa sostenendo la propria buona fede e l’assenza di elementi che potessero farle sospettare di essere coinvolta in una frode IVA. Dopo una prima decisione sfavorevole, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) ha accolto l’appello della società, annullando l’accertamento. Secondo i giudici di secondo grado, gli indizi presentati dall’Ufficio non erano sufficienti a dimostrare la consapevolezza della frode da parte della contribuente.

La Valutazione dell’Onere della Prova nella Frode IVA

L’Agenzia Fiscale ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione delle norme sull’onere della prova frode IVA (art. 2697 c.c.) e sulla valutazione delle presunzioni (art. 2729 c.c.). Secondo l’Ufficio, i giudici di merito avrebbero erroneamente omesso di valutare globalmente una serie di elementi indiziari, tra cui:

1. L’operatività della società in un nuovo settore (prodotti informatici) esclusivamente con fornitori coinvolti in frodi.
2. La gestione dei rapporti commerciali esclusivamente tramite email.
3. L’assenza di contatti diretti con il fornitore principale, che era privo di magazzini propri.
4. Un ricarico sulle vendite (mark-up) ritenuto troppo basso, presumibilmente azzerato da una provvigione “in nero” a un intermediario.

La Difesa della Società Contribuente

I giudici d’appello, al contrario, avevano dato peso agli elementi portati dalla società contribuente. Avevano ritenuto che il mark-up non fosse anomalo, considerando che l’azienda era in fase di start-up in quel specifico mercato e che altre aziende, nello stesso campione analizzato dall’Ufficio, presentavano margini ancora più bassi. Inoltre, era stato provato che la società aveva svolto una due diligence sul fornitore, inclusa una verifica logistica, appurando che quest’ultimo si avvaleva di magazzini esterni per lo stoccaggio e che la merce veniva regolarmente controllata presso la sede della contribuente.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso dell’Agenzia inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. I magistrati hanno chiarito che il ricorso dell’Ufficio mirava a una rivalutazione dei fatti e delle prove, un’operazione preclusa in sede di legittimità. La sentenza impugnata aveva correttamente ritenuto, con un accertamento in fatto non censurabile, che il ricarico non fosse anomalo.

La Corte ha sottolineato come i giudici d’appello avessero esaminato e motivato la loro decisione, considerando irrilevante la comunicazione via email alla luce delle verifiche logistiche effettuate. Queste verifiche avevano dimostrato la realtà dei rapporti e consentito di ritenere la società estranea alla frode. Gli elementi indiziari indicati dall’Agenzia erano stati quindi effettivamente valutati, ma considerati, nel complesso del quadro probatorio, non sufficienti a superare le prove della diligenza e buona fede della contribuente. La valutazione del giudice di merito, se congruamente motivata, non può essere messa in discussione dalla Cassazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Aziende

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: l’onere della prova frode IVA e della consapevolezza del contribuente grava interamente sull’Amministrazione Finanziaria. Non è sufficiente presentare una serie di indizi; questi devono essere gravi, precisi e concordanti e devono essere valutati nel loro complesso, tenendo conto anche degli elementi a discarico forniti dal contribuente.

Per le aziende, emerge l’importanza fondamentale di adottare procedure di due diligence adeguate sui propri partner commerciali. Poter dimostrare di aver agito con la diligenza di un operatore accorto, effettuando verifiche sulla struttura, l’operatività e la logistica dei fornitori, costituisce un elemento difensivo potente per provare la propria buona fede e l’estraneità a eventuali meccanismi fraudolenti consumati a monte.

In un caso di operazioni soggettivamente inesistenti, chi ha l’onere di provare la consapevolezza della frode?
L’onere della prova spetta interamente all’Amministrazione Finanziaria. Deve essere l’Ufficio a dimostrare, sulla base di elementi oggettivi, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza, di partecipare a un’operazione implicante una frode IVA.

Un ricarico (mark-up) basso è sufficiente a dimostrare il coinvolgimento in una frode?
No. Secondo questa ordinanza, un mark-up non significativamente inferiore alle medie di mercato non è di per sé una prova sufficiente, specialmente se l’azienda è in una fase di start-up in un nuovo settore. La valutazione deve considerare il contesto specifico e non può basarsi su presunzioni non supportate da altri elementi.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e gli indizi valutati dal giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Non può effettuare una nuova valutazione delle prove o dei fatti. Il suo compito è verificare che il giudice di merito abbia applicato correttamente la legge e abbia motivato la sua decisione in modo logico e coerente. Se la valutazione degli indizi è ben motivata, è incensurabile in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati