Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33492 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33492 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19667/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE in virtù di procura speciale allegata al controricorso, elettivamente domiciliata presso il suo domicilio digitale all’indirizzo PEC
Oggetto: tributi -operazioni soggettivamente inesistenti -onere della prova
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, n. 1779/18/23 depositata in data 13 febbraio 2023 Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 5 novembre 2024.
RILEVATO CHE
La contribuente COGNOME ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2015 con il quale si recuperava IVA per operazioni di acquisto soggettivamente inesistenti. L’accertamento traeva origine da altro accertamento a carico del fornitore RAGIONE_SOCIALE società che risultava avere effettuato ingenti acquisti intracomunitari nonostante si trattasse, ad avviso dell’Ufficio, di soggetto meramente interposto e privo di organizzazione, il quale aveva intrattenuto rapporti con diversi clienti, tra cui l’odierna contribuente ; a seguito di invito a comparire nei confronti della contribuente , l’Ufficio aveva ritenuto indebita la detrazione IVA.
La CTP di Napoli ha accolto il ricorso.
La CGT di secondo grado della Campania, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello dell’Ufficio. Ha ritenuto il giudice di appello non provata la consapevolezza della contribuente di avere preso parte a una frode IVA e di avere intrattenuto rapporti con un soggetto privo di organizzazione , attesa l’assenza di contiguità territoriale tra fornitore e contribuente, nonché l’esistenza di pagamenti con metodi di pagamento tracciabili e l’esistenza di fatture di commercializzazione. Ha, poi, ritenuto il giudice di appello irrilevante il prezzo di commercializzazione dei prodotti.
Propone ricorso per cassazione l’Ufficio, affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso la contribuente intimata, ulteriormente illustrato da memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., nullità della sentenza per grave carenza e mera apparenza della motivazione in v iolazione dell’art. 111, sesto comma, Cost., art. 132, secondo comma n. 4, cod. proc. civ., art. 118 disp. att. cod. proc. civ. nonché artt. 1, comma 2, 36, comma 2, d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ritenendo che la sentenza impugnata abbia reso una motivazione meramente apparente, non dando contezza di quali elementi sarebbero stati oggetto di valutazione ai fini del mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’Ufficio.
Il primo motivo è infondato, atteso che la nullità della sentenza può essere predicata solo in caso di assoluta carenza o incomprensibilità del percorso logico seguito dal giudice ai fini della decisione (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053). La motivazione della sentenza impugnata appare comprensibile, ove ascrive all’esistenza di determinati elementi indiziari (mancanza di contiguità territoriale, esistenza di pagamenti con mezzi tracciabili e prova della commercializzazione dei prodotti acquistati) l’assenza di consapevolezza della contribuente di avere preso parte a una frode IVA consumata a monte.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., v iolazione o falsa applicazione dell’art. 19 e dell’art. 54 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in combinato disposto con gli artt. 2727, 2729 e 2697 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che l’Ufficio non avrebbe fornito la prova circa la consapevolezza della contribuente di avere preso parte a una frode IVA commessa a monte. Osserva parte ricorrente che l’Ufficio aveva fatto ricorso nell’atto impugnato e nella documentazione istruttoria allegata a presunzioni gravi, precise e concordanti, quali l’assenza di organizzazione del fornitore in relazione anche al periodo di imposta
oggetto di accertamento, fondata su diversi elementi (omesso deposito dei bilanci, l’assenza di struttura produttiva, di mezzi di trasporto, di personale, con capitale sociale irrisorio in relazione agli acquisti intracomunitari compiuti per oltre 5 milioni di Euro, assenza di un sito web permanente) ; l’Ufficio ricorrente rimarca che le circostanze evidenziate sarebbero nella disponibilità di qualsiasi accorto operatore economico e, quindi, non potevano essere ignorate alla contribuente, la quale non avrebbe potuto, in tesi, non rendersi conto di intrattenere rapporti con un soggetto meramente interposto. Osserva, inoltre, come la prova contraria non possa che vertere su circostanze oggettive legate a uno standard di diligenza di accorto operatore economico e non su circostanza meramente soggettive.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 19, 21, 26 d.P.R. , osservandosi come la natura di fattura inesistente debba attribuirsi anche alla fattura per la quale vi sia divergenza sostanziale tra realtà ivi rappresentata e operazione sottostante, come nel caso in cui uno dei due soggetti del rapporto venga rappresentato come falso o inesistente, con conseguente diniego della detrazione.
Il secondo e il terzo motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati. Va ribadito il principio -relativo alla valutazione dei fatti noti addotti dall’Ufficio (gli elementi indiziari) -secondo cui spetta al giudice del merito apprezzare l’efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, i quali vanno valutati sia analiticamente (dando un adeguato peso ponderale a ciascun elemento), sia sinteticamente nella loro globalità, valutando se la combinazione di tali elementi sia in grado di fornire una valida prova presuntiva (Cass., Sez. V, 17 settembre 2020, n. 26802; Cass., Sez. V, 17 settembre 2020, n. 19353; Cass., Sez. V, 31 maggio 2019, n.
14980; Cass., Sez. VI, 23 giugno 2017, n. 15777; Cass., Sez. VI, 2 marzo 2017, n. 5374; Cass., Sez. V, 9 agosto 2016, n. 16719). Deve, pertanto, effettuarsi una valutazione degli indizi in termini globali, in modo che i vari elementi addotti consentano al giudice del merito di cogliere e apprezzare il quadro complessivo ( framework ) che l’Amministrazione finanziaria ha inteso dare al coacervo degli stessi fatti indiziari, al fine di trarre la presunzione del fatto ignoto, quale la consapevolezza di partecipare a una frode IVA (Cass., Sez. V, 12 luglio 2022, n. 22003).
6. In secondo luogo con particolare riferimento all’oggetto della prova (il fatto ignoto) – ove l’Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti ai fini del disconoscimento della detrazione sull’IV A a monte da parte del contribuente, incombe sulla stessa l’onere di provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione di imposta. Ciò comporta che incombe all’Ufficio dimostrare che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a tale onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta a evadere l’IVA, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto (Cass., 20 dicembre 2021, n. 40690; Cass., Sez. V, 17 agosto 2021, n. 22969; Cass., Sez. V, 3 agosto 2021, n. 22107; Cass., Sez. V, 20 luglio 2021, n. 20648; Cass., Sez. V, 8 luglio 2021, n. 19387; Cass., Sez. VI, 11 novembre 2020, n. 25426; Cass., Sez. V, 20 luglio 2020, n. 15369; Cass., Sez. V, 28 febbraio 2019, n. 5873; Cass., Sez. V, 30 ottobre 2018, n. 27566; Cass., Sez. V, 24 agosto 2018, n. 21104; Cass., Sez. V, 20 aprile 2018, n. 9851;
Cass., Sez. V, 19 aprile 2018, n. 9721; Cass., Sez. U., 12 settembre 2017, n. 21105).
Questi principi sono conformi al diritto dell’Unione , secondo cui l’evasione tributaria ai fini IVA si configura anche nel caso in cui un soggetto passivo avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione di cui trattasi e, in particolare, con il proprio acquisto, a un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di cessione (Corte GUE, 18 maggio 2017, Litdana, C624/15, punto 33; Corte GUE, 18 dicembre 2014, N. 1272 .G. 6di 11 Est. F. RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, C-131/13, C-163/13 e C164/13, punti 49 e 50; Corte GUE, 6 dicembre 2012, Bonik, C-285/11, punti da 38 a 40; Corte GUE, 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona, C273/11, punto 54; Corte GUE, 21 giugno 2012, COGNOME e NOME, C-80/11 e C/142/11, punto 46; Corte GUE; 6 luglio 2006, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, C- 439/04 e C440/04, punti 45, 46, 56, richiamata dal ricorrente).
Il contribuente deve, pertanto, conformarsi a standard di diligenza rigorosi, ritenendosi esigibile in capo al contribuente l’adozione di tutte le misure che si possano richiedere a un accorto operatore commerciale al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare a una evasione di imposte (Corte GUE, 17 dicembre 2020, n. Bakati Plus, C-656/19, punto 80; Corte GUE, 17 ottobre 2019, Unitel, C-653/18, punto 33; Corte GUE, 28 marzo 2019, Vin, C-275/18, punto 33; Corte GUE, 8 novembre 2018, RAGIONE_SOCIALE, C-495/17, punto 41; Corte GUE, Litdana, cit., punto 34).
Né può avere rilievo al riguardo la regolarità della contabilità, come anche l’effettività dell’esecuzione delle prestazioni e dei relativi pagamenti, posto che oggetto della prova dell’Ufficio (e della prova contraria del contribuente) è una frode commessa a monte della catena
distributiva e non dal contribuente (Cass., Sez. V, 30 ottobre 2018, n. 27566; Cass., Sez. V, 24 agosto 2018, n. 21104; Cass., Sez. V, 20 aprile 2018, n. 9851).
Ne consegue che gli elementi di prova valutati dal giudice di appello devono essere considerati alla luce del complessivo quadro indiziario che, in particolare, atteneva ad acquisti effettuati da un fornitore che aveva eseguito operazioni attive per diversi milioni di Euro (che la stessa controricorrente a pag. 5 della memoria quantifica in € 8.629.614,00), a fronte dell’ assenza di struttura organizzativa dello stesso fornitore, nonché di assenza di adeguato patrimonio ( pari ad € 900,00 , come dedotto dall’Ufficio) .
In accoglimento del secondo e del terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio per l’esame del complesso degli elementi indiziari addotti dall’Ufficio a sostegno della insussistenza di uno standard di diligenza oggettivo della contribuente nella misura in cui ha preso parte a una frode IVA consumata a monte, nonché per la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo, rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 5 novembre 2024