LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Onere della prova frode IVA: la Cassazione decide

L’Amministrazione Finanziaria contesta a una società delle operazioni soggettivamente inesistenti. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del Fisco, chiarisce la ripartizione dell’onere della prova frode IVA. Spetta all’Amministrazione fornire indizi gravi, precisi e concordanti sulla frode e sulla consapevolezza del contribuente, dopodiché la prova della buona fede passa a quest’ultimo. La Commissione Tributaria Regionale aveva errato nel non valutare tutti gli indizi forniti dal Fisco.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova nelle Frodi IVA: La Cassazione Chiarisce i Criteri

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione interviene su un tema cruciale del diritto tributario: la ripartizione dell’onere della prova frode IVA nei casi di operazioni soggettivamente inesistenti. La decisione sottolinea come, una volta che l’Amministrazione Finanziaria abbia fornito un quadro indiziario solido, spetti al contribuente dimostrare la propria buona fede e la diligenza adottata per evitare di essere coinvolto in una frode. Questo principio è fondamentale per le aziende che operano in catene di fornitura complesse.

I Fatti del Caso: Una Controversia su Operazioni Inesistenti

La vicenda trae origine da avvisi di accertamento emessi dall’Amministrazione Finanziaria nei confronti di una società commerciale per gli anni 2009, 2010 e 2011. L’accusa era di aver partecipato a una frode fiscale basata su operazioni soggettivamente inesistenti, avendo ricevuto fatture da una società fornitrice considerata un mero soggetto interposto (una “società cartiera”).

La Commissione Tributaria Regionale (CTR), in secondo grado, aveva dato ragione al contribuente. Secondo i giudici d’appello, il Fisco non era riuscito a provare con elementi gravi, precisi e concordanti la partecipazione della società alla frode. La CTR aveva inoltre valorizzato precedenti decisioni favorevoli al contribuente per annualità passate, ritenendole indicative di un orientamento consolidato, pur senza costituire un giudicato formale.

Contro questa decisione, l’Amministrazione Finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, lamentando principalmente la violazione delle norme sull’onere della prova (art. 2697 c.c.) e sulla valutazione delle presunzioni (art. 2727 c.c.).

La Decisione della Corte di Cassazione e l’onere della prova

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, cassando la sentenza della CTR e rinviando la causa a un nuovo esame. La Suprema Corte ha ritenuto che i giudici di merito abbiano commesso un errore di diritto nel non applicare correttamente i principi consolidati in materia di ripartizione dell’onere della prova frode IVA.

Il punto centrale della decisione è che la CTR non ha adeguatamente considerato la mole di elementi indiziari forniti dal Fisco, elementi che, se valutati nel loro complesso, avrebbero potuto costituire una prova presuntiva sufficiente a dimostrare la consapevolezza o la conoscibilità della frode da parte del contribuente.

La corretta valutazione degli indizi

La Cassazione ha evidenziato come l’Amministrazione Finanziaria avesse presentato una serie di elementi specifici, tra cui:

* La natura e l’origine della merce.
* Procedure di trasferimento e pagamento anomale rispetto alle normali pratiche commerciali.
* Tempistiche eccessivamente rapide delle transazioni.
* L’utilizzo di un trasportatore coinvolto in altre operazioni fraudolente.
* La successiva liquidazione volontaria della società fornitrice dopo aver svolto il suo ruolo nella frode.

Questi indizi, secondo la Corte, non sono stati né singolarmente né complessivamente valutati dalla CTR, che si è limitata ad affermare apoditticamente la mancanza di prova da parte del Fisco.

Le Motivazioni: La Corretta Ripartizione dell’Onere della Prova

La Suprema Corte ha ribadito il suo orientamento consolidato in materia. Nelle operazioni soggettivamente inesistenti, l’onere dell’Amministrazione Finanziaria si articola in due fasi:
1. Dimostrare la frode: Provare, anche tramite presunzioni, che l’operazione è stata posta in essere da un soggetto diverso da quello che ha emesso la fattura.
2. Dimostrare la consapevolezza: Provare che il destinatario della fattura sapeva o avrebbe dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza professionale, che l’operazione si inseriva in un’evasione fiscale.

Una volta che il Fisco ha assolto a questo onere, fornendo indizi gravi, precisi e concordanti, la palla passa al contribuente. È quest’ultimo che deve fornire la prova contraria, dimostrando di aver agito in buona fede e di aver adottato tutte le cautele necessarie per un operatore accorto per non essere coinvolto nella frode. L’errore della CTR è stato quello di fermarsi al primo stadio, negando la sufficienza degli indizi del Fisco e, di conseguenza, non procedendo alla valutazione della prova contraria che il contribuente avrebbe dovuto fornire.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale per la tutela delle imprese oneste: la necessità di una due diligence rafforzata nei rapporti commerciali. Non è sufficiente ricevere una fattura e pagare. Le aziende devono essere in grado di dimostrare di aver agito con la massima diligenza per verificare l’affidabilità e la reale operatività dei propri fornitori. La sentenza chiarisce che il giudice tributario non può ignorare un quadro indiziario solido e dettagliato presentato dal Fisco. L’analisi degli elementi probatori deve essere completa e unitaria, non parcellizzata o superficiale. Per le imprese, ciò significa implementare procedure interne di controllo e verifica dei partner commerciali per potersi difendere efficacemente in caso di contestazioni relative a frodi fiscali commesse da terzi.

Chi deve provare una frode IVA per operazioni soggettivamente inesistenti?
Inizialmente, l’onere della prova spetta all’Amministrazione Finanziaria. Essa deve dimostrare, anche tramite presunzioni, sia che la transazione è stata posta in essere da un soggetto diverso dall’emittente della fattura, sia che il destinatario (il contribuente) era consapevole della frode o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza.

Cosa deve dimostrare l’Amministrazione Finanziaria per invertire l’onere della prova?
L’Amministrazione deve fornire elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti che indichino la natura fraudolenta dell’operazione e la conoscibilità di tale frode da parte del contribuente. Esempi di tali indizi includono l’inadeguatezza della struttura del fornitore, modalità di pagamento anomale, tempistiche sospette delle transazioni e altre circostanze che un imprenditore accorto avrebbe notato.

Una volta che il Fisco ha fornito gli indizi, cosa deve fare il contribuente per difendersi?
Quando l’Amministrazione Finanziaria ha fornito un quadro indiziario sufficiente, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare di aver agito in buona fede e di aver adoperato la massima diligenza esigibile per un operatore professionale per assicurarsi di non essere coinvolto in un’operazione fraudolenta. In sostanza, deve provare di aver fatto tutto il possibile per verificare la reale operatività e affidabilità del suo fornitore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati