Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13335 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13335 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 32429/2019 proposto da:
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
PEC: EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore , difesa e rappresentata dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura a margine del controricorso, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, INDIRIZZO
PEC: EMAIL
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della TOSCANA n. 539/09/19, depositata in data 22 marzo 2019, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso avente ad oggetto gli avvisi di accertamento, relativi ad Ires, Irap e Iva per le annualità 2009, 2010 e 2011, in relazione ad operazioni soggettivamente inesistenti relative a fatture emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione.
I giudici di secondo grado, per quel che rileva in questa sede, hanno ritenuto che l’Ufficio non aveva provato la partecipazione della società alla frode in quanto non risultavano elementi gravi, precisi e concordanti a fondamento dell’accertamento e che si doveva anche tenere conto che, per le annualità precedenti, pur nelle diversità delle obbligazioni tributarie, il giudizio di appello era sempre stato favorevole al contribuente e che, pur non potendosi affermare l’esistenza di un vero e proprio giudicato, il fatto costituiva un elemento rilevante nel determinare il convincimento del giudice che si muoveva in continuità di orientamento per fatti similari con motivazioni addotte dai giudici, peraltro, pienamente condivise dal Collegio.
L’ Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi, cui resiste la società RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Il primo motivo deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.. La sentenza della CTR aveva erroneamente affermato che l’Ufficio non aveva provato la partecipazione della società alla frode senza considerare i numerosi elementi esposti nel P.V.C. dell’11 novembre 2014, nelle motivazioni degli avvisi di accertamento, nelle controdeduzioni di primo e di secondo grado, da cui emergevano elementi tutti convergenti nella dimostrazione della conoscenza o conoscibilità della frode per operazioni soggettivamente inesistenti da parte della RAGIONE_SOCIALE La CTR, inoltre, aveva richiamato la sentenza della CTR relativa ad altra annualità e ad altri accertamenti emessi a carico della stessa società senza specificare quali erano le motivazioni condivise e le ragioni della condivisione.
Il secondo motivo deduce la violazi one e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 2727 c.c. ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. La CTR aveva fatto malgoverno del principio dell’onere della prova ritenendo che l’Ufficio non aveva provato il coinvolgimento della società nella frode, non considerando tuttavia gli elementi indicati in primo e in secondo grado, né aveva motivato in ordine alla mancata valenza probatoria di tali elementi (trascritti alle pagine 22-25 del ricorso per cassazione). Era, peraltro, la società, in presenza della prova della conoscenza e conoscibilità della frode, che doveva fornire la prova della propria buona fede, argomentazione neanche considerata dai giudici di secondo grado.
Pur non essendo fondato il primo motivo di ricorso che lamenta il difetto di motivazione della sentenza impugnata, il secondo motivo è meritevole di accoglimento.
3.1 Deve, al riguardo, ricordarsi che in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, come nel caso di specie, l’orientamento
giurisprudenziale (cfr. tra le tante, Cass., 10 aprile 2018, n. 9851; Cass., 27 febbraio 2020, n. 5339; da ultimo, Cass., 5 settembre 2023, n. 25891; in linea con Corte di giustizia dell’Unione Europea, 1 dicembre 2022, in C-512/21) è consolidato nel ritenere che in tale tipo di operazioni fraudolente, che presuppongono, da un lato, l’effettività dell’acquisto dei beni entrati nella disponibilità patrimoniale dell’impresa utilizzatrice della fattura o della prestazione dei servizi in essa indicati e, dall’altro, la simulazione soggettiva, ossia la provenienza della merce o la prestazione del servizio da soggetto economico diverso da quella risultante dalla fattura emessa, ricade sull’amministrazione finanziaria l’onere di provare che l’operazione commerciale documentata dalla fattura è stata posta in essere da soggetto diverso dall’emittente della fattura (senza necessità di individuazione del diverso soggetto), indicando gli elementi presuntivi o anche solo indiziari sui quali fonda la contestazione, tra cui, a titolo esemplificativo, che il cedente o prestatore del servizio, che ha emesso la fattura, era privo di idonea struttura organizzativa, ovvero di locali, di mezzi, di personale, di utenze (cfr., in materia di prova della natura di società cartiera, Cass. civ., 20 aprile 2018, n. 9851, punto 6.8).
3.2 L’amministrazione finanziaria deve inoltre provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, che non si sostanzia nella prova della partecipazione del soggetto all’accordo criminoso , né nella prova della sua piena consapevolezza della frode, ma solo che il contribuente « sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale (in linea con la Corte di giustizia si precisa che egli ‘disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente’) » (cfr. Cass., 10 aprile 2018, n. 9851, in motivazione).
3.3 Più specificamente, è stato affermato che « qualora l’Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attiene ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, incombe sulla stessa l’onere di provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto » (cfr. Cass., 31 gennaio 2022, n. 2922; Cass., 20 luglio 2020, n. 15369; Cass., 28 febbraio 2019, n. 5873; Cass., 20 aprile 2018, n. 9851).
3.4 In proposito, questa Corte ha evidenziato che « L’onere probatorio dell’amministrazione ben può esaurirsi nella prova che il soggetto interposto è privo di dotazione personale e strumentale adeguata all’esecuzione della prestazione fatturata (è, cioè, una cartiera), costituendo ciò, di per sé, elemento idoneamente sintomatico della mancanza di buona fede del cessionario, poiché l’immediatezza dei rapporti tra i soggetti coinvolti nella frode induce ragionevolmente ad escludere l’ignoranza incolpevole del contribuente » e che « Esclusa, infatti, una connotazione aprioristica e generalizzante di idoneità probatoria sul piano soggettivo alla sola qualità oggettiva di cartiera del soggetto interposto (in ciò superando il rigore dei citati precedenti), non può peraltro escludersi che l’effettività, suffragata da obbiettivi riscontri, dell’immediatezza dei rapporti tra i soggetti coinvolti possa
rientrare nel novero degli elementi, afferenti alla sfera del destinatario, su cui assolvere l’onere probatorio dell’Amministrazione » (Cass., 20 aprile 2018, n. 9851, in motivazione).
3.5 Ciò posto, il giudice tributario di merito, investito della controversia avente ad oggetto l’atto impositivo, deve previamente valutare, con giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità, la sussistenza dei caratteri di gravità, precisione e concordanza degli indizi motivanti l’atto medesimo, esaminandoli sia singolarmente sia nel loro complesso, ed esponendo adeguatamente l’esito di tale giudizio nella motivazione della sentenza. Quando egli ritiene, in base a deduzioni logiche di ragionevole probabilità (non necessariamente di certezza), che detti indizi sono sufficienti a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, con riguardo, nel caso delle frodi carosello, all’esistenza dell’organizzazione fraudolenta, alla partecipazione ad essa del contribuente o, quanto meno, alla consapevolezza da parte sua di avvantaggiarsi della frode con danno dell’erario, la domanda dell’amministrazione deve ritenersi provata; con la conseguenza che si sposta a carico del contribuente, secondo la regola generale ricavabile dall’ art. 2727 cod. civ. e ss., e dall’art. 2697, comma secondo, cod. civ., l’onere di provare eventuali fatti a suo favore; la mancata deduzione di idonea prova contraria, fin dall’atto introduttivo del giudizio, o l’insuccesso di essa, comportano l’accoglimento della pretesa del fisco fondata su valide presunzioni. In tale contesto, le dichiarazioni rilasciate da terzi, le risultanze delle indagini condotte nei confronti di altre società, gli atti trasmessi dalla guardia di finanza, risultanti dall’attività di polizia giudiziaria, senza esclusione di altri atti, se contenuti negli atti (come il processo verbale di constatazione) allegati all’avviso di rettifica notificato o trascritti essenzialmente nella motivazione dello stesso, costituiscono parte integrante del materiale indiziario e probatorio, che il giudice tributario di merito è tenuto a valutare dandone adeguato conto nella motivazione della sentenza. Né
in campo tributario sono previste limitazioni di efficacia degli atti trasmessi dalla polizia giudiziaria per il fatto, in particolare, che il difensore del contribuente non abbia partecipato alla formazione della prova racchiusa nell’atto trasmesso; il contenuto di tale atto, d’altronde, costituisce semplice indizio nel processo tributario, ed il giudicante di merito è tenuto a prenderlo in considerazione, a vantaggio o contro il fisco, nel quadro delle complessive acquisizioni processuali, con piena facoltà d’intervento delle difese.
3.6 Tanto premesso, nella vicenda in esame, la Commissione tributaria regionale non ha fatto piena e corretta applicazione dei principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali. Ed invero, dalla lettura del ricorso per cassazione, che, sul punto, rispetta il principio di autosufficienza, emergono da un lato, alle pagine 16 e 17, gli elementi dai quali l’Ufficio aveva dedotto la conoscenza o la conoscibilità della frode da parte della RAGIONE_SOCIALE, poi ribaditi in sede di controdeduzioni in sede di appello, pure trascritte alle pagine 23, 24 e 25 del ricorso per cassazione (« 1) le pelli acquistate sono gropponi WET BLUE di origine baltica o russa provenienti dalle società cartiere inserite nella frode; 2) l’analisi dei documenti attestanti le compravendite delle pelli non rientranti nella frode indicano che le stesse hanno seguito una procedura di trasferimento diversa rispetto a quelle rientranti nella frode; 3) nella quasi totalità dei casi la RAGIONE_SOCIALE ha emesso fattura di vendita verso RAGIONE_SOCIALE con data antecedente alla data di emissione delle fatture di acquisto del bene stesso; 4) le indagini hanno dimostrato che le operazioni di controllo e misurazione sono state effettuate, fino al 2008 compreso, nei locali della INDIRIZZO, snodo della illecita commercializzazione, seguendo proprio lo schema rilevato dai verificatori nel corso della verifica eseguita a carico della RAGIONE_SOCIALE (pag.11 P.V.C.); 5) sulle partite di merce oggetto della frode non sono stati rilevati reclami, differenze, ammanchi, difformità, restituzioni, resi od altre anomalie; 6) il trasportatore indicato nei D.D.T. riconducibili alle fatture di vendita emesse dalla RAGIONE_SOCIALE e rientranti nella frode è risultato essere ‘RAGIONE_SOCIALE di Leonardo RAGIONE_SOCIALE, protagonista di operazioni inesistenti in quanto la doc umentazione relativa ai trasporti è stata artatamente costruita, a differenza di cessioni di pellame non
rientranti nella frode dove il trasporto è affidato ad altro vettore; 7) i pagamenti della RAGIONE_SOCIALE relativi agli acquisti dalla RAGIONE_SOCIALE rientranti nella frode, sono avvenuti attraverso rimessa diretta (bonifico o assegno bancario) per favorire l’immissione di liquidita nelle societ à cartiere, mentre quelli relativi agli acquisti non rientranti nella frode sono avvenuti con effetti a scadenza 30/60 giorni; 8) le transazioni che componevano la ‘catena distributiva’ avvenivano con una tempistica eccessivamente rapida. L’acquisto dalla società cartiera, la lavorazione/controllo//misurazione presso la RAGIONE_SOCIALE, la successiva vendita alla RAGIONE_SOCIALE, potevano concentrarsi anche nell’arco di una giornata. E’ logico quindi ritenere che i passaggi intermedi siano stati artatamente costruiti (solo cartolarmente), con lo scopo di rendere più plausibile l ‘operazione nel suo complesso e nel tentativo di frapporre tra i due i veri attori della stessa (reale fornitore e consumatore finale) più schemi filtri, in modo da ostacolare l’individuazione della reale movimentazione della merce e di limitare eventuale coinvolgimenti indiretti a seguito di attività accertative effettuate nei confronti dell’una o dell’altra ») e, in ultimo, la circostanza che la società RAGIONE_SOCIALE dopo avere svolto il proprio ruolo di soggetto interposto era stata posta in scioglimento e liquidazione volontaria con atto del 20 aprile 2015, n.954, serie 1T, registrato in data 27 aprile 2015 (cfr. pag. 17 del ricorso per cassazione). Dunque, l’Ufficio ha fondato il recupero delle imposte, relativamente alle operazioni soggettivamente inesistenti sulla scorta di elementi presuntivi, che costituivano elementi tipici (che danno luogo ad una presunzione di svolgimento di operazioni soggettivamente inesistenti) e che comportavano l’inversione dell’onere della prova a carico della società contribuente, nel senso che quest’ultima avrebbe dovuto dimostrare che «non avrebbe potuto sapere» pur avendo utilizzato la massima diligenza esigibile; questi elementi, invece, sono stati (illegittimamente) trascurati dalla Commissione tributaria regionale, con il conseguente errore di diritto, correttamente censurato dall’Agenzia ricorrente. I giudici di secondo grado, nella sostanza, non hanno fatto corretto applicazione dei criteri di ripartizione dell’onere probatorio, omettendo di considerare una ulteriore varietà di elementi, introdotti dall’Agenzia in sede di
accertamento e riproposti nella sede giudiziaria, sopra indicati; la CTR, infatti, non ha considerato tutti gli elementi presuntivi addotti dall’Ufficio e non ha effettuato una valutazione unitaria e complessiva degli stessi al fine di accertare la consapevolezza della società contribuente di partecipare ad una frode carosello, affermando « Quanto al merito il ricorso merita accoglimento, l’Ufficio non ha provato la partecipazione della società alla frode, la motivazione dell’appello è fondata solo su supposizioni di cui non è oggettivamente dimostrato il fondamento. In effetti non risultano elementi gravi precisi e concordanti che l’Ufficio possa mettere a fondamento dell’accertamento» . È certo, in ogni caso, e salvo la pretesa di un maggior rigore probatorio a seconda del livello di complessità dell’organizzazione della frode , in base al riscontro di una catena più corta o più lunga rappresentativa del numero di società partecipanti all’illecito , che l’accertamento giudiziale del concreto atteggiarsi delle varie fattispecie è generalmente affidato all’allegazione di prove indiziarie, che il giudice è tenuto a vagliare secondo i principi posti a presidio del governo delle prove presuntive (Cass., 12 luglio 2023, n. 19981). Il procedimento logico-valutativo seguito dalla Commissione tributaria regionale non è, dunque, coerente con i criteri di ripartizione dell’onere probatorio come regolato dall’art. 2697 cod. civ. e con le regole di governo delle prove presuntive, poste dagli artt. 2727 e 2729 cod. civ., nei limiti in cui questa Corte, nell’esercizio della funzione nomofilattica, può controllare tale processo (Cass., 15 novembre 2021, n. 34248; Cass., 13 febbraio 2020, n. 3541).
Per le ragioni di cui sopra, va accolto il secondo motivo e rigettato il primo; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, e la causa va rinviata alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo motivo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 23 aprile 2025.