Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21462 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21462 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20294/2017 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-ricorrente principale, controricorrente incidentale- contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente, ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della PUGLIA n. 3285/2016 depositata il 21/12/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/04/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, grossista di articoli per fotografia e ottica, l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale Ufficio Controlli di Taranto emetteva tre avvisi di accertamento, recanti i nn. TVP03I100791/2014, TVP03I100799/2014 e TVP03I100800/2014, rispettivamente per gli anni d’imposta 2005, 2006 e 2007. Con gli avvisi in parola l’ufficio accertava una maggior imposta Iva, ritenuta indebitamente detratta in quanto relativa ad operazioni soggettivamente inesistenti.
In particolare, la verifica condotta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE scaturiva dalle indagini finanziarie svolte dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Rimini, dalle quali era emerso un sistema fraudolento costruito attraverso l’interposizione di società cartiere e filtro. All’esito delle indagini, emergeva che la società verificata, nel ruolo di “interponente finale’, utilizzava fatture per operazioni soggettivamente inesistenti in relazione alla commercializzazione di prodotti fotografici; le fatture erano emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE
La contribuente impugnava con distinti ricorsi gli avvisi di accertamento dinanzi alla CTP di Taranto, che con le sentenze nn. 888/2015, 1067/2015 e 889/2015 accoglieva parzialmente i primi due ricorsi e rigettava il terzo.
Avverso tale pronuncia, la ricorrente con distinti ricorsi proponeva appello dinanzi alla CTR della Puglia, la quale, con sentenza n. 3285/16 del 23/09/2016 depositata il 21/12/2016, previa riunione dei ricorsi, li accoglieva annullando gli atti impositivi.
L’Agenzia propone ora ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Resiste la contribuente con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato affidato ad un unico motivo. Resiste l’Ufficio con controricorso a ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 36, secondo comma n. 4) Dlgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360 n. 4) c.p.c., per aver la CTR reso una pronuncia affetta da motivazione illogica e apparente laddove afferma che nulla sia emerso a carico della controparte perché essa ” risulta coinvolta solo quale destinataria finale ” con ciò presupponendo che il “destinatario finale” delle operazioni inesistenti sia un soggetto per definizione inconsapevole; nonché laddove valorizza, al fine di escludere la frode e/o la consapevolezza di essa da parte della società, elementi del tutto inconferenti, quali la bassa incidenza degli acquisti contestati su quelli totali; ovvero laddove invoca l’ulteriore dato , privo di rilevanza, relativo all’acquisto a prezzi di mercato da parte della società-filtro; infine nella parte in cui pretende di escludere la consapevolezza della verificata a fronte della ritenuta mancanza di ” immediatezza dei rapporti tra cedente/prestatore e cessionario/committente “, desumendo quest’ultima, da un lato, dall’assenza di ” alcuna contestazione di natura contabile in ordine alla regolarità della documentazione fiscale attinente ai pagamenti effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE ‘ e, dall’altro, dall’inserimento della società filtro tra cartiere ed acquirenti, asseritamente finalizzata “a nascondere la frode perpetrata ai successivi acquirenti’, così trascurando che la moltiplicazione dei soggetti interposti è essa pure di regola disposta dagli interponenti e mira a nascondere l’illecito.
Con il secondo motivo di ricorso si adombra la violazione degli artt. 19 e 21 D.P.R. n. 633/72 e 2700 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3)
c.p.c., per avere la CTR fatto malgoverno dei principi in tema di ripartizione dell’onere probatorio in ipotesi di operazioni inesistenti. Con un unico motivo di ricorso incidentale condizionato si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 57 del D.P.R. n. 633/1972, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., per non aver la CTR riconosciuto la tardività degli avvisi di accertamento impugnati bensì, in assenza dei presupposti richiesti dalla legge, applicato al caso in esame il raddoppio dei termini di cui agli artt. 43 D.P.R. 600/1973 e 57 D.P.R. 633/1972.
Il primo motivo del ricorso principale è infondato.
La sentenza ben lascia cogliere la propria ratio decidendi. Va, d’altronde, rammentato che non sono ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. n. 7090 del 2022; Cass. n. 22598 del 2018). Questa Corte ha incisivamente affermato che ‘ In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi -che si convertono in violazione
dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza -di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia ‘ (Cass. n. 23940 del 2017). Nella specie, la soglia del ‘minimo costituzionale’ non è infranta.
Il secondo motivo è infondato.
Come chiarito a più riprese da questa Corte ‘ In tema di detrazione dell’IVA, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti l’amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che il destinatario era consapevole, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente; incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi ‘ (Cass. n. 24471 del 2022). In altri termini, ‘ in tema di IVA, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attiene ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, incombe sulla stessa l’onere di
provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto ‘ (Cass. n. 15369 del 2020; Cass. n. 27566 del 2018).
Consta un accertamento di fatto che esclude proprio la presenza di elementi presuntivi suscettibili di deporre per l’inesistenza soggettiva delle operazioni, quindi idonei a provare la conoscenza o conoscibilità della frode in capo alla contribuente e ad innescare l’onere della prova da parte sua in ordine all’estraneità alla frode medesima. Quindi, non solo non vi è un capovolgimento degli oneri probatori, ma la CTR si è adeguata al quadro dei principi nomofilattici sopra esposti, rilevando la mancata dimostrazione di circostanze suscettibili di deporre per la conoscibilità in capo alla contribuente della fittizietà del suo fornitore.
Sotto questo aspetto la CTR evidenzia che ‘ Nel caso di specie, la contribuente non ha affatto acquistato, negli anni di imposta oggetto di accertamento, direttamente dalle società “cartiere” bensì dal soggetto filtro ltaparica interposto ulteriormente tra reale fornitore, cartiera e acquirente finale al fine -come detto- di creare uno schermo per impedire una più compiuta ricostruzione dei passaggi effettuati attraverso le diverse ‘cartiere’ ‘; ‘ nella presente vicenda abbiamo che gli acquisti dalla RAGIONE_SOCIALE -come affermato anche dal giudice di primo grado- corrispondono a non più del 10% circa del volume di affari della RAGIONE_SOCIALE negli anni in
contestazione e con prezzi che non si discostano da quelli praticati dal fornitore principale della RAGIONE_SOCIALE (ovvero la RAGIONE_SOCIALE)’ ; ‘l’aver acquistato da RAGIONE_SOCIALE a prezzi di mercato è un ulteriore indice che smentisce la ricostruzione dell’Amministrazione tanto più che è circostanza incontroversa emergente dagli atti che la RAGIONE_SOCIALE, al momento degli acquisti contestati, fosse un società regolarmente presente sul mercato, con una sua sede sociale, che provvedeva al regolare deposito dei bilanci e che, quindi, esercitava un’attività del tutto coerente con le vendite di prodotti fotografici. Da quanto esposto, quindi, non emerge affatto il coinvolgimento della Fotomarket nel meccanismo fraudolento nè .vi sono elementi probatori pregnanti atti ad affermare che l’odierna appellante, nel rapportarsi con la RAGIONE_SOCIALE, abbia tenuto un comportamento contrario all’ordinaria diligenza ‘; ‘ manca il necessario rapporto di immediatezza tra acquirente e cartiera, essendo stato inserito nel meccanismo frodatorio sin qui descritto un ulteriore passaggio attraverso la società filtro RAGIONE_SOCIALE atta, appunto, a nascondere la frode perpetrata ai successivi acquirenti (nella presente vicenda la RAGIONE_SOCIALE) dei beni dalla stessa commercializzati ‘.
Il ricorso incidentale condizionato, proposto dalla parte risultata in appello totalmente vittoriosa, è inammissibile per carenza sopravvenuta di interesse.
In ultima analisi, va rigettato il ricorso principale. L’incidentale resta assorbito. Le spese sono regolate dalla soccombenza e liquidate nella misura esplicitata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale . Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 8.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso spese forfettarie nella misura del 15 % e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 30/04/2025.