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Onere della prova frode IVA: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 20487/2024, ha cassato una sentenza di merito, chiarendo l’onere della prova in materia di frode IVA e deducibilità dei costi. L’Amministrazione finanziaria deve fornire indizi della frode, dopodiché spetta al contribuente dimostrare la propria buona fede e diligenza. L’ordinanza affronta anche la deducibilità del compenso dell’amministratore, dei costi per operazioni inesistenti e la nullità della sentenza per motivazione apparente sui costi non inerenti.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della prova nella frode IVA: la Cassazione chiarisce i ruoli

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione interviene su un tema cruciale del diritto tributario: l’onere della prova in caso di contestazioni per frode IVA e deducibilità dei costi. La decisione ribalta un verdetto di merito, fornendo principi guida fondamentali per contribuenti e Amministrazione finanziaria, e sottolineando come una valutazione superficiale degli indizi possa portare a un’errata inversione dell’onere probatorio a danno dell’Erario.

I Fatti di Causa

Il caso origina da un avviso di accertamento notificato a una società a responsabilità limitata per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2006. Le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate erano molteplici e complesse:

1. Operazioni soggettivamente inesistenti: L’utilizzo di fatture emesse da soggetti fittizi nell’ambito di una presunta frode fiscale.
2. Costi indeducibili: Diverse voci di costo erano state ritenute non deducibili, tra cui il compenso dell’amministratore, spese di marketing, e i costi per l’acquisto di un’autovettura di lusso e di alcuni quadri.

Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto il ricorso dell’azienda. Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale aveva confermato la decisione, respingendo l’appello dell’Amministrazione finanziaria. Secondo i giudici di secondo grado, l’Erario non aveva fornito prove sufficienti a dimostrare la consapevolezza della frode da parte della società contribuente. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando l’errata applicazione delle norme sull’onere della prova.

La Decisione della Corte e l’Onere della Prova

La Corte di Cassazione ha accolto tutti i motivi di ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa a un nuovo esame. Vediamo i punti chiave della decisione.

L’Onere della Prova nella Frode IVA

Il punto centrale della pronuncia riguarda la ripartizione dell’onere della prova nelle frodi IVA. La Corte ribadisce il suo consolidato orientamento: l’Amministrazione finanziaria ha il compito di dimostrare, anche tramite presunzioni e indizi, non solo la fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza (o la colpevole ignoranza) del destinatario della fattura. Elementi indiziari come la vendita sottocosto, la frequenza dei rapporti con soggetti interposti e la mancanza di documentazione degli ordini sono sufficienti a tal fine.

Una volta che l’Amministrazione ha fornito questi elementi, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare di aver agito con la massima diligenza per non essere coinvolto nella frode. La Corte ha criticato la Commissione Regionale per essersi fermata alle risultanze di una consulenza tecnica, senza valutare complessivamente tutti gli indizi forniti dall’Agenzia, operando così una surrettizia inversione dell’onere probatorio.

Indeducibilità del Compenso dell’Amministratore

Un altro motivo di ricorso accolto riguarda il compenso dell’amministratore. La società lo aveva dedotto nel 2006, ma il pagamento era avvenuto il 13 febbraio 2007. La Corte ha riaffermato la validità del cosiddetto “principio di cassa allargato”, secondo cui i compensi sono deducibili nell’anno di riferimento solo se pagati entro il 12 gennaio dell’anno successivo. Poiché il pagamento era avvenuto oltre tale data, il costo non era deducibile per il 2006.

Fattura per Prestazioni di Marketing

La Corte ha anche riformato la decisione sulla deducibilità di una fattura per servizi di marketing emessa dal fratello del legale rappresentante della società. L’Agenzia aveva contestato l’operazione come oggettivamente inesistente. I giudici di legittimità hanno chiarito che, di fronte a seri indizi di inesistenza (come la mancanza di documentazione a supporto della prestazione), spetta al contribuente provare l’effettiva esecuzione del servizio. La semplice regolarità formale della fattura o dei pagamenti non è sufficiente.

Nullità per Motivazione Apparente

Infine, la Cassazione ha dichiarato nulla la sentenza di secondo grado per “motivazione apparente” riguardo alla deducibilità dei costi per un’autovettura di lusso e per dei quadri. La Commissione Regionale si era limitata ad affermare genericamente che l’auto serviva all’attività aziendale e i quadri a “dare decoro” ai locali, senza indicare alcun elemento concreto a supporto di tali affermazioni. Una motivazione di questo tipo, che non rende percepibile il fondamento della decisione, equivale a una sua totale assenza e vizia la sentenza.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su principi consolidati in materia tributaria. In primo luogo, viene riaffermata la centralità della collaborazione probatoria tra Fisco e contribuente. L’Amministrazione Finanziaria non ha un onere probatorio assoluto, ma deve fornire un quadro indiziario grave, preciso e concordante. A questo punto, è il contribuente, in virtù del suo dovere di diligenza professionale, a dover dimostrare di aver fatto tutto il possibile per verificare la legittimità delle operazioni. La Corte sottolinea come l’imprenditore onesto e mediamente esperto debba essere in grado di riconoscere i segnali di un’operazione anomala.

In secondo luogo, la Corte applica con rigore il principio di cassa per la deducibilità di alcuni redditi, senza ammettere deroghe basate sulla data di valuta o altre circostanze. Infine, la decisione censura severamente la prassi delle motivazioni generiche e stereotipate, che non permettono di ricostruire l’iter logico-giuridico seguito dal giudice. La motivazione di una sentenza deve essere effettiva e sostanziale, non un mero simulacro formale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici per le imprese. Evidenzia la necessità di implementare procedure di due diligence sui propri partner commerciali per ridurre il rischio di essere coinvolti in frodi fiscali. Sottolinea l’importanza di una rigorosa documentazione che attesti non solo l’esistenza, ma anche l’inerenza di ogni costo sostenuto. Infine, ricorda l’inderogabilità delle scadenze fiscali, come quella prevista dal principio di cassa allargato, il cui mancato rispetto comporta la perdita del diritto alla deduzione per l’anno di competenza.

In caso di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, chi deve provare la consapevolezza della frode?
L’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo la fittizietà del fornitore, ma anche che il contribuente destinatario della fattura sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva in un’evasione d’imposta. Una volta forniti tali indizi, l’onere passa al contribuente.

Quando è deducibile il compenso dell’amministratore pagato con bonifico?
Secondo il principio di cassa allargato, il compenso è deducibile nell’esercizio in cui le somme vengono accreditate sul conto del beneficiario. Per essere deducibile nell’anno fiscale precedente, il pagamento deve avvenire entro il 12 gennaio dell’anno successivo. La data della disposizione o della valuta non sono rilevanti.

Cosa si intende per ‘motivazione apparente’ di una sentenza?
Si ha una motivazione apparente quando, pur essendo graficamente presente, essa contiene argomentazioni così generiche, stereotipate o tautologiche da non rendere comprensibile il ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice per arrivare alla sua decisione. Una tale motivazione rende la sentenza nulla.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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