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Onere della prova frode IVA: la Cassazione decide

In un caso di operazioni soggettivamente inesistenti, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’onere della prova della frode IVA a carico dell’Amministrazione finanziaria è assolto se si dimostra, anche tramite presunzioni, che l’acquirente sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare a un’evasione. La sentenza impugnata è stata annullata perché, nel confermare la decisione di primo grado, si era limitata a una motivazione apparente, senza esplicitare le ragioni della propria adesione. Di conseguenza, il carico probatorio si sposta sul contribuente, che deve dimostrare di aver usato la massima diligenza.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova Frode IVA: La Cassazione Stabilisce Nuovi Principi

La lotta all’evasione fiscale, in particolare nel campo dell’IVA, si basa su principi giuridici precisi, tra cui spicca la corretta ripartizione dell’onere della prova frode IVA. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito e chiarito i criteri che l’Amministrazione Finanziaria deve seguire per contestare la detrazione dell’IVA in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, spostando il focus dalla prova della ‘connivenza’ alla dimostrazione della ‘conoscibilità’ della frode da parte dell’acquirente.

I Fatti di Causa: Un Acquisto di Autoveicoli Sotto la Lente del Fisco

Il caso esaminato riguarda un’impresa individuale attiva nel commercio di autoveicoli. L’Agenzia delle Entrate aveva emesso un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2005, disconoscendo la deducibilità dei costi e la detraibilità dell’IVA relativi ad acquisti di autovetture da un determinato fornitore. Secondo l’Ufficio, le operazioni erano ‘soggettivamente inesistenti’.

L’Amministrazione Finanziaria ha evidenziato diversi elementi indiziari a sostegno della sua tesi:
* Il fornitore era un soggetto privo di una reale organizzazione aziendale.
* Non versava regolarmente l’IVA.
* Le autovetture venivano rivendute a un prezzo inferiore a quello di mercato e, in alcuni casi, persino inferiore al costo di acquisto.

Questi fattori, nel loro complesso, configuravano un quadro di fittizietà degli acquisti, inseriti in un più ampio schema di frode.

L’Onere della Prova nella Frode IVA secondo i Giudici di Merito

La Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate, sostenendo che l’Ufficio non avesse assolto al proprio onere probatorio. Secondo i giudici di secondo grado, per negare la detrazione IVA in un contesto di ‘frode carosello’, l’Amministrazione avrebbe dovuto dimostrare non solo la frode del cedente, ma anche la ‘connivenza’ del cessionario, ovvero la sua partecipazione attiva e consapevole all’illecito. Inoltre, la Corte di Cassazione ha censurato la sentenza della CTR, ritenendola viziata da ‘motivazione meramente apparente’. I giudici d’appello si erano limitati ad affermare che la decisione di primo grado fosse ben motivata, senza però spiegare le ragioni del proprio convincimento né analizzare criticamente le censure mosse dall’Ufficio.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza e chiarendo in modo definitivo i principi sull’onere della prova frode IVA.

I giudici hanno stabilito che, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, l’Amministrazione Finanziaria non è tenuta a provare la collusione o la partecipazione dolosa dell’acquirente alla frode. È invece sufficiente che fornisca elementi oggettivi e specifici, anche di natura presuntiva, dai quali si possa desumere che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza professionale, che l’operazione si inseriva in un’evasione dell’imposta.

Una volta che l’Ufficio ha fornito tali elementi (come la mancanza di struttura del fornitore, prezzi anomali, etc.), l’onere della prova si inverte. Spetta quindi al contribuente dimostrare di aver agito con la massima diligenza esigibile da un operatore accorto e di aver adottato tutte le cautele necessarie per assicurarsi che la transazione non facesse parte di uno schema fraudolento. La semplice buona fede non è sufficiente; è richiesta una diligenza qualificata, proporzionata alle circostanze del caso concreto.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso e allineato ai principi della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Per le imprese, il messaggio è chiaro: la scelta dei partner commerciali non può essere superficiale. È fondamentale implementare procedure di ‘due diligence’ sui fornitori, specialmente in settori a rischio. Verificare la struttura aziendale del partner, la sua regolarità fiscale e la congruità dei prezzi non sono più solo buone prassi commerciali, ma diventano requisiti essenziali per tutelarsi da contestazioni fiscali e per non vedersi negato il diritto alla detrazione dell’IVA. In definitiva, l’imprenditore è chiamato a essere un custode attivo della legalità della catena commerciale in cui si inserisce.

Cosa deve provare l’Agenzia delle Entrate in caso di operazioni soggettivamente inesistenti?
L’Agenzia delle Entrate non deve provare la partecipazione dolosa (connivenza) dell’acquirente alla frode, ma è sufficiente che dimostri, anche tramite presunzioni, che l’acquirente sapeva o avrebbe dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza, che l’operazione faceva parte di un’evasione IVA.

Quale diligenza è richiesta al contribuente per poter detrarre l’IVA?
Al contribuente è richiesta la massima diligenza esigibile da un operatore accorto e professionale. Deve adottare tutte le cautele ragionevoli e proporzionate alle circostanze per assicurarsi che la transazione non sia coinvolta in una frode, fugando ogni dubbio sulla legittimità dell’operazione.

Cosa significa che la motivazione di una sentenza è ‘meramente apparente’?
Significa che la sentenza, pur presentando un testo graficamente assimilabile a una motivazione, non espone le ragioni logico-giuridiche della decisione. Si tratta di una motivazione che non permette di comprendere l’iter argomentativo seguito dal giudice per arrivare alla sua conclusione, rendendo di fatto la sentenza nulla.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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