Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2309 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2309 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 23/01/2024
Oggetto: tributi IVA – operazioni soggettivamente inesistenti – onere della prova
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24184/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME , titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, Sez. distaccata di Caltanissetta, n. 1034/21/16, depositata in data 14 marzo 2016
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 17 gennaio 2024.
RILEVATO CHE
La contribuente COGNOME NOME , titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE ed esercente l’attività di commercio di autoveicoli, ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2005, con il quale, a seguito di PVC (che, come risulta dalla sentenza impugnata, era stato notificato in data 16 dicembre 2008), si disconoscevano acquisti relativi alle fatture emesse dal fornitore COGNOME NOME in quanto « inesistenti », con recupero di IRPEF, IRAP e IVA. In particolare, si evidenziava che il fornitore COGNOME, che commercializzava autovetture di provenienza intracomunitaria, era soggetto privo di organizzazione e che non aveva versato l’IVA e, inoltre, aveva nella specie rivenduto le autovetture a un prezzo inferiore a quello di mercato e in alcuni casi anche inferiore a quello di acquisto, circostanza connotativa della fittizietà degli acquisti provenienti dal suddetto fornitore.
La CTP di Enna ha accolto parzialmente il ricorso in punto IVA e IRAP.
La CTR della Sicilia, con sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello dell’Ufficio , ritenendo che l’Ufficio non avesse assolto al proprio onere della prova. Ha ritenuto, preliminarmente, il giudice di appello che la sentenza di primo grado è stata correttamente motivata, che -trattandosi di «frode carosello» , per la quale l’Ufficio intenda disconoscere la detrazione IVA -non è stata fornita prova dell’inesistenza dell’operazione sottostante e che l’Ufficio avrebbe dovuto dimostrare sia la frode del cedente, sia la connivenza del cessionario, ancorché per presunzioni.
Propone ricorso per cassazione l’Ufficio , affidato a tre motivi; la contribuente intimata non si è costituita in giudizio.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. Osserva parte ricorrente che la sentenza impugnata sarebbe priva di motivazione o affetta da mera apparenza della motivazione nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto la sentenza di primo grado correttamente motivata in relazione alla statuizione secondo cui avrebbe considerato legittima la ripresa ai fini IRPEF e la avrebbe invece annullata ai fini IRAP e IVA, sentenza di primo grado di cui il ricorrente trascrive a pag. 7 del ricorso parte del dispositivo.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 17, primo comma e 19 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che l’Ufficio non avesse assolto , anche in via presuntiva, al proprio onere della prova in tema di operazioni soggettivamente inesistenti. Osserva, in particolare, il ricorrente che l’Ufficio avrebbe assolto al proprio onere di provare che l’acquirente sapeva di acquistare autovetture da impresa priva di organizzazione, senza dover provare che tale prova fosse certa e incontrovertibile, né attinente alla connivenza nella frode, ma purché idonea a reggere la presunzione che il cessionario fosse consapevole che l’emittente fosse partecipe di una frode IVA , ove sussistessero elementi da consentire a un operatore mediamente esperto che il fornitore fosse soggetto privo di organizzazione, così onerando il contribuente di offrire la prova contraria.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., in combinato disposto con l’art. 54 d.P.R. n. 633/1972 sotto i medesimi profili. Osserva, in particolare, il ricorrente,
di avere addotto una serie di elementi indiziari a comprova della fittizietà delle operazioni commerciali di cui alle fatture di acquisto del fornitore COGNOME, attinenti alla assenza di struttura organizzativa (mancanza di beni strumentali e locali commerciali), assenza di capitale, nonché in considerazione del fatto che la provvista degli acquisti delle autovetture era procurata dagli stessi clienti.
4. Il primo motivo è fondato. La sentenza impugnata -a fronte del motivo di appello dell’Ufficio (come indicato a pag. 8 del ricorso) con cui eccepiva l’assenza di motivazione della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva annullato le riprese ai fini IRAP e IVA, confermandole ai fini IRPEF, ha reso una motivazione meramente apparente, ritenendo che il percorso logico seguito dal giudice di primo grado fosse dettagliato e approfondito. Tale percorso logico appare meramente apparente e inidoneo a far comprendere le ragioni della adesione alle ragioni del primo giudice (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053), con conseguente nullità della decisione.
5. Il secondo e il terzo motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente attesi i profili coinvolti, sono fondati. La sentenza impugnata ha ritenuto che in caso di « frode carosello, l’Amministrazione finanziaria che intenda negare il diritto alla detrazione dell’IVA assolta in rivalsa , deve provare sia la frode del cedente, sia la connivenza del cessionario , quest’ultima anche con presunzioni semplici ». Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in parte richiamata dal ricorrente, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attiene ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, incombe sulla stessa l’onere di provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando
l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto (Cass., 20 dicembre 2021, n. 40690; Cass., Sez. V, 17 agosto 2021, n. 22969; Cass., Sez. V, 3 agosto 2021, n. 22107; Cass., Sez. V, 20 luglio 2021, n. 20648; Cass., Sez. V, 8 luglio 2021, n. 19387; Cass., Sez. VI, 11 novembre 2020, n. 25426; Cass., Sez. V, 20 luglio 2020, n. 15369; Cass., Sez. V, 28 febbraio 2019, n. 5873; Cass., Sez. V, 30 ottobre 2018, n. 27566; Cass., Sez. V, 24 agosto 2018, n. 21104; Cass., Sez. V, 20 aprile 2018, n. 9851; Cass., Sez. V, 19 aprile 2018, n. 9721; Cass., Sez. U., 12 settembre 2017, n. 21105).
6. Ciò in quanto l’evasione tributaria ai fini IVA si configura anche nel caso in cui un soggetto avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione di cui trattasi e, in particolare, con il proprio acquisto, a un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di cessione (Corte di Giustizia UE, 18 maggio 2017, Litdana, C624/15, punto 33; Corte di Giustizia UE, 18 dicembre 2014, N. 1272 .G. 6di 11 Est. F. Schoenimport «RAGIONE_SOCIALE» NOME COGNOME, C-131/13, C-163/13 e C-164/13, punti 49 e 50; Corte di Giustizia UE, 6 dicembre 2012, COGNOME, C-285/11, punti da 38 a 40; Corte di Giustizia UE, 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona, C-273/11, punto 54; Corte di Giustizia UE, 21 giugno 2012, NOME e NOME, C-80/11 e C/142/11, punto 46; Corte di Giustizia UE; 6 luglio 2006, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, C- 439/04 e C440/04, punti 45, 46, 56); ragione per cui è esigibile da un accorto operatore commerciale che adotti tutte le
misure che gli si possa ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare a una evasione di imposte (Corte di Giustizia UE, 17 dicembre 2020, n. Bakati Plus, C656/19, punto 80; Corte di Giustizia UE, Corte di Giustizia UE, 17 ottobre 2019, Unitel, C-653/18, punto 33; Corte di Giustizia UE, 28 marzo 2019, Vin, C-275/18, punto 33; Corte di Giustizia UE, 8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C-495/17, punto 41; Corte di Giustizia UE, Litdana, cit., punto 34).
7. Non è, pertanto, onere dell’Ufficio provare la connivenza del cessionario di avere preso parte a una frode IVA consumata a monte (dall’emittente o da altri) , bensì provare l’esistenza dei presupposti in base ai quali il cessionario fosse consapevole della frode IVA consumata a monte e in relazione ai quali quest’ultimo avrebbe dovuto adottare le opportune cautele, richieste a un accorto operatore professionale ed esigibili da un operatore del settore, idonee a renderlo edotto che non vi fossero elementi ai fini della propria consapevolezza di essersi reso partecipe di una frode IVA consumata a monte della catena distributiva medesima. La sentenza impugnata non si è attenuta a tale principio e va cassata con rinvio, al fine di accertare che l’Amministrazione finanziaria abbia addotto elementi idonei al fine di ritenere che il cessionario fosse consapevole, secondo la diligenza esigibile da un accorto operatore professionale, di avere preso parte a una frode IVA consumata a monte e se, in tal caso, il cessionario avesse adottato ogni opportuna cautela da lui esigibile al fine di fugare ogni dubbio circa la sua consapevolezza di far parte della consumazione della frode IVA nella catena distributiva a monte. Al giudice del rinvio è demandata anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa
composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 17 gennaio 2024