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Onere della prova frode IVA: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21612/2025, ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate in un caso di frode IVA carosello. La Corte ha ribadito che l’onere della prova frode IVA spetta all’amministrazione finanziaria, la quale deve dimostrare non solo l’esistenza del meccanismo fraudolento, ma anche la conoscenza o conoscibilità di tale frode da parte del contribuente che ha detratto l’IVA. Nel caso di specie, la prova della consapevolezza non è stata fornita, confermando la decisione dei giudici di merito a favore del contribuente.

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Pubblicato il 23 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Onere della Prova Frode IVA: la Cassazione Conferma i Limiti per l’Amministrazione

L’onere della prova frode IVA è un tema cruciale e spesso dibattuto nel diritto tributario. Quando un’impresa si vede contestare la detrazione dell’IVA per una presunta frode, è fondamentale capire chi deve provare cosa. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata sul punto, offrendo chiarimenti importanti sulla ripartizione di tale onere tra Fisco e contribuente, soprattutto nei casi di operazioni soggettivamente inesistenti.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato a una società operante nel commercio di autoveicoli. L’Agenzia delle Entrate contestava la detrazione dell’IVA relativa all’acquisto di una vettura di lusso, sostenendo che la fattura fosse stata emessa da un soggetto fittizio. Secondo la ricostruzione del Fisco, la società fornitrice era una ‘cartiera’ inserita in un complesso meccanismo di frode carosello, finalizzato all’evasione dell’imposta.

Tuttavia, sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione al contribuente, annullando l’accertamento. I giudici di merito avevano ritenuto che l’amministrazione finanziaria non avesse fornito una prova adeguata del coinvolgimento consapevole della società acquirente nella frode. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando una violazione delle norme sull’onere della prova.

L’Onere della Prova nella Frode IVA secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia, confermando le sentenze precedenti e consolidando un principio giurisprudenziale di fondamentale importanza. Secondo gli Ermellini, nei casi di operazioni soggettivamente inesistenti, l’onere della prova a carico dell’amministrazione finanziaria è duplice.

Le Motivazioni della Corte

Il Fisco non può limitarsi a dimostrare l’esistenza del meccanismo fraudolento e il carattere fittizio del fornitore. Deve anche fornire elementi, anche presuntivi, che provino la conoscenza o la conoscibilità della frode da parte del contribuente. In altre parole, l’amministrazione deve dimostrare che l’acquirente, usando l’ordinaria diligenza di un operatore commerciale accorto, avrebbe potuto e dovuto rendersi conto di essere parte di un’operazione illecita.

Solo una volta che l’amministrazione ha assolto a questo doppio onere probatorio, la palla passa al contribuente. A quel punto, spetterà a quest’ultimo dimostrare di aver agito in totale buona fede e di aver adottato tutte le cautele necessarie per non essere coinvolto nella frode, secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalità.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto corretta la valutazione dei giudici di merito. Essi avevano evidenziato come l’accertamento si basasse su una singola operazione, a fronte di oltre cento acquisti effettuati dalla società, senza che l’Ufficio avesse condotto indagini specifiche sulla consapevolezza o colpa dell’acquirente. Il mancato adempimento di questo onere probatorio da parte dell’Agenzia ha quindi reso legittima la detrazione dell’IVA e infondata la pretesa fiscale.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza la tutela del contribuente in buona fede. Per le imprese, il messaggio è chiaro: sebbene sia indispensabile mantenere un’elevata soglia di attenzione e diligenza nelle transazioni commerciali (ad esempio, verificando l’affidabilità dei fornitori), non si può essere chiamati a rispondere di frodi altrui se non vi è prova della propria consapevolezza o colpevole negligenza. L’onere della prova della frode IVA, per quanto riguarda l’elemento soggettivo, resta saldamente in capo all’amministrazione finanziaria, che deve fornire indizi gravi, precisi e concordanti sulla partecipazione psicologica del contribuente all’illecito.

In un caso di fattura per operazione soggettivamente inesistente, chi ha l’onere della prova?
L’onere della prova spetta all’amministrazione finanziaria, la quale deve dimostrare non solo che il fornitore era un soggetto fittizio, ma anche che il destinatario della fattura era consapevole della frode o avrebbe potuto esserlo usando l’ordinaria diligenza.

Cosa deve dimostrare il Fisco per contestare la detrazione dell’IVA?
Il Fisco deve provare, anche tramite indizi, due elementi: primo, l’esistenza di un meccanismo fraudolento e la natura fittizia del fornitore; secondo, la conoscenza o conoscibilità di tale meccanismo da parte del contribuente che ha detratto l’imposta.

Come può difendersi il contribuente accusato di coinvolgimento in una frode?
Una volta che l’amministrazione ha fornito indizi sulla sua consapevolezza, il contribuente può difendersi provando di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare all’evasione e di aver adoperato la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per non essere coinvolto in tale situazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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